di Pat Antonini
comedonchisciotte.org
Tempo fa, per la precisione nell’aprile 2020, su un blog scalcinato è capitato di parlare del film War Games diretto da John Badham (La Febbre del Sabato Sera e altro) in toni del tutto disimpegnati. Sono passati alcuni mesi, ed in maniera imprevista è sorto il bisogno di menzionare questa pellicola per scopi più seri.
Non preoccupatevi, non sto per propinarvi una delle solite metafore mozzafiato film-realtà, magari con citazione di Orwell dietro l’angolo che va sempre forte, ma qualcosa di sottilmente diverso:
Gli scrittori di fantascienza e gli strateghi militari pensavano già molti anni fa – prima degli anni 80 – ad un sistema di centralizzazione delle informazioni da distribuire su scala globale alle basi militari in pochi secondi e per mezzo di una intelligenza robotica.
D’altro canto, dagli anni 60′ in poi, gli scrittori di fantascienza hanno mutato il loro paradigma smettendo di ricercare il “sense of wonder” avventuroso di stampo verniano-haggardiano sostituito da una attenzione assiduo allo sviluppo tecnologico militare, di guerra psicologica, di intelligence e sorveglianza per orientare la precisione delle loro distopie predittive. Hallison, Silverberg, Gibson, Vinge tra i tanti, sono una cristallina manifestazione di tutto questo. Il discorso è comprensivo anche di logiche non troppo diverse dalla “Dead Hand” tradotto in “Sistema Perimetrale” ovvero quell’arma in grado di innescare missili balistici intercontinentali usata principalmente nella logica di deterrenza “Fail Deadly” durante la Guerra Fredda.
Sappiamo bene che il conflitto tra USA e CINA ottemperante ad una linea di sviluppo imparentata con i concetti di guerra fredda ha come obiettivi primi le tecnologie intelligenti, l’esplorazione spaziale, le energie e le criptovalute. Le istanze di espansione delle tecnologie intelligenti stanno beneficiando di un potenziamento del tutto accelerato anche in ambito bellico, in aggiunta a quello civile che Shoshana Zuboff ¹ racconta nelle sue inchieste parzialmente toccate anche nel nostro articolo sulla storia partita dal protocollo IPTO e la militarizzazione dei social network.
Tra le molte cose che la la presunta pandemia è stata in grado di fare vi è quella di provocare un impedimento severo all’efficienza dei membri dei servizi sensibili degli Stati Uniti: US Air force One riportava 33.000 membri estromessi per contagio dalle loro funzioni, [1] e quel numero è aumentato. Anche questo, ma ovviamente non solo questo, ha contribuito a convincere il Pentagono a portare avanti una accelerazione di tutte le procedure per il potenziamento delle tecnologie intelligenti in ambito militare finalizzate ad operazioni critiche.Ovviamente gli sviluppi pandemici sembrano aver velocizzato tutto questo, ma non si può ignorare il sentore che la valanga avesse bisogno soltanto di una “spintarella”. Tra le linee di sviluppo in questo ambito sono previste sentinelle robotiche, droni di sorveglianza dei campi di battaglia e sottomarini autonomi. Potremmo certo identificare queste operazioni come l’occasione di imporre un metodo di sostituzione e svecchiamento di alcune armi standard con quelle dotate di I.A., ma il livello ritmico che il pentagono si prepara ad imporre è probabilmente destinato a crescere non solo nei tempi, ma anche nella capillarità e nel “grado di affidamento” alle I.A.
Secondo quelle che vengono definite “Urgenti Questioni di sicurezza per i pericoli che si stanno prospettando” sono in progetto non solo armi ordinarie intelligenti come quelle sopracitate, ma anche centri logistici, robot per la comunicazione e la diffusione di informazioni definibili in maniera sintetica come complessi software finalizzati alla creazione di ammiragli e generali robot, o se preferite qualcosa di meno cinematografico: semplicemente distributori robotici di dati su scala globale. Questi progetti rientrano nel quadro delle operazioni definite Joint All-Domain Command & Control [2] (JADC2) che è creato per relazionare sensori distribuiti e dati per espandere e rendere efficiente un comando su scala per molti riceventi. Le sue fasi di studio rendono non troppo eretica l’idea che molte delle funzioni oggi svolte da ufficiali possano essere attuate dal coordinamento di JADC2.
Secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Joint All Domain Command and Control è la perfetta espressione di connessione dei sensori di tutte le aree militari in un’unica rete centralizzata. In sostanza la reti tattiche che prima non erano in grado di interfacciarsi in un’unica rete comune – cioè marina e aeronautica – saranno in grado di farlo efficacemente con JADC 2. Non sono esclusi dal discorso ovviamente i marines, il comando informatico e la nuovissima “United States Space Force”; ossia le forze militari per le operazioni belliche nello spazio.
Anche se larga parte di questo volume di sviluppi è ancora in progettazione, uno degli elementi fondanti è stato già sottoposto a riscontri concreti. Advanced Battle Management System detto ABMS è un sistema di centralizzazione e distribuzione di dati che sarà usato non solo per fornire nozioni e dati ;come posizioni di obiettivi nemici ai piloti dei caccia, ma anche per fornire le istruzioni precise al sistema integrato di comando per la difesa aerea missilistica (IBCS) che è già in grado per progettazione di collegare i sistemi radar ai lanciatori difensivi per missili e aerei.
L’esercitazione compiuta in Germania ad Agosto [3] è stata pianificata forse anche per assecondare la pressione di numerosi appaltatori di alto profilo, che hanno forti interessi nel voler sviluppare un sistema integrato tra IBCS e l’ABMS, per costituire una colossale rete di sistemi che di certo non sarà estranea al 5G, al 6G e all’internet onnipresente degli oggetti noto come IOT (“internet of things”). L’esercitazione è consistita nell’esecuzione di artiglieria utilizzando prodotti già avanzati o fac-simili di prova dello JADC2, sfruttando in primo luogo l’invio di immagini satellitari delle truppe nemiche di prova ad un terminale di terra dotato del software “Prometheus” che ha selezionato dati utili per gli obiettivi da colpire. In una seconda fase – in estrema sintesi – l’intelligenza artificiale SHOT ha valutato l’uso di armi ottimali per l’obiettivo da colpire e la potenziale efficacia delle armi nemiche, inviando le informazioni al “Sistema dei dati tattici per l’artiglieria di campo” detto AFATDS, un rimbalzo di informazioni per una successiva azione immediata. Nell’esercitazione tuttavia vi è stato spazio anche per i comandanti umani, forse a causa dei sistemi fac-simile non ancora completi.
Le esercitazioni future sono inquadrate nell’istanza di “Project Convergence”. Di questo progetto si è parlato anche in comunicati pubblici e certamente se ne parlerà in futuro. Si cercherà di pianificare esercitazioni complesse che coinvolgeranno i satelliti, caccia militari equipaggiati con l’ABMS, droni e veicoli tattici. Il Project Convergence sarà un costitutente fondamentale per lo JADC 2. Resta da stabilire quanto gli ufficiali umani saranno partecipi delle rapide azioni militari missilistiche e aeree, sicchè quanto sarà veloce la sostituzione di ufficiali umani. I maggiori funzionari del Dipartimento della Difesa hanno sostenuto più volte che i “conflitti futuri” (visto che a quanto pare, è certo che debbano esserci…) potrebbero richiedere decisioni in lassi di tempo stringenti, addirittura anche minuti e che l’attuale organismo di comando è insufficiente, il congresso e la politica saranno sedotti dalla possibilità di avere appalti di alto profilo e di sensibilità privilegiata. Air Force One e Lockheed Martin sono un esempio piuttosto eloquente. Le menti militari statunitensi ritengono – in tutta evidenza – necessaria la sostituzione degli esseri umani con macchine tecnologiche intelligenti soprattutto per l’accrescimento della velocità decisionale, perchè questo è il concetto chiave da estrapolare da tutto questo:
“Velocità decisionale”.
Una crescita dei conflitti e dei sistemi di controllo comporta per naturale conseguenza una crescita della mole di informazioni da distribuire nelle aree militari e i sistemi attuali non riescono a centralizzare in maniera performante i risultati e la gestione delle informazioni derivate della supervisione degli sviluppi del campo di battaglia.
Tutto questo ci porta a pensare che il fattore “Velocità decisionale” è decisamente un fattore chiave e che, ciò che un tempo avveniva in giorni, tra pochi anni (o magari anche meno) potrebbe avvenire in ore, quello che invece avveniva in minuti avverrà in secondi e istanti. E in questo campo, la Cyberguerra è un argomento piuttosto sensibile. Mediante questa gestione ed elaborazione avanzata e centralizzata delle informazioni e la compressione assoluta dei tempi decisionali si può giungere ad azioni di combattimento – secondo gli strateghi degli Stati Uniti -di massima efficacia anche quando il tipo di operazione è capillare e ristretta. Tali propositi sono estesi a tutte le tipologie di guerra e di arma, compresa quella nucleare.
Arrivati a questo punto – spero perdonerete – bisogna sospendere per un istante la algida cronaca e avanzare dei commenti personali, non certo finalizzati al protagonismo, vi assicuro, ma solo per aumentare le angolazioni del contenuto che vi proponiamo:
non è un caso che i missili balistici – almeno virtualmente – non siano più l’arma di protagonismo assoluto e la corsa alle armi ipersoniche è iniziata già da tempo (qualche anno fa) in una competizione su cui Vladimir Putin è arrivato con grande slancio, preoccupando i settori difensivi di tutto il blocco di potere occidentale e del suo “complesso militare industriale”.
Forse anche semplicemente consultando Wikipedia si può dedurre che gli ufficiali con in mano le decisioni nelle aree di lancio dei missili balistici avevano circa mezz’ora di tempo tra il lancio e la detonazione per capire se un attacco ai loro danni poteva essere reale o un errore di lettura satellitare. Tempi che vengono considerati lunghi per decidere la natura di un potenziale attacco e che, con i missili ipersonici potrebbero essere ridotti sensibilmente, per poi esservi una riduzione ulteriore e risolutiva applicata con le tecnologie intelligenti.
Ma torniamo alla semplice cronaca informativa:
Il Nuclear and command control 3 rappresenta nell’attualità il sistema di comando per tutte le procedure eseguite dagli ufficiali ( e il loro supporto) e sono finalizzate a consentire anche l’uso di armi nucleari.
Ma anche in questo ambito è necessario fare alcune considerazioni:
Per mantenere la stabilità, la sicurezza ,oltre che per scopi preventivi alle accidentalità o ad operazioni non autorizzate, le decisioni di Leadership (Dipartimento o Casa Bianca) sono comunicate grazie alle direttive del sistema NCCS ed infine al sopracitato NC3 la cui gestione è ad unico appannaggio militare. La decisione chiave e unica è però affidata alla National Command Authority composta soltanto da Presidente e Segretario della Difesa.
Questo sistema è ritenuto oggi macchinoso (!!) e alcuni analisti sostengono che quel sistema che ha garantito la leadership degli USA oggi potrebbe non essere più d’avanguardia a causa della rapidità potenziale dei tempi d’attacco delle potenze militari-industriali del pianeta. O forse – aggiungiamo noi – dovremmo dire semplicemente di Russia e Cina, a meno che non venga inclusa anche l’India come potenza emergente. L’analisi compiuta dagli analisti e strateghi militari Lowther e McGiffin chiama in causa e a chiare lettere proprio il “bisogno di una Dead Hand” e di un qualcosa di simile ad una logica di deterrenza Fail-Deadly che si accennava in premessa. Viene ritenuto quindi necessario sviluppare un sistema più avanzato, basato sull’intelligenza artificiale, in grado di centralizzare e distribuire in tempi lampo le informazioni e i dati, impartendo sicchè ordini sia situazionali che predeterminati e sulla base della risposta nemica.
E’ nella piena evidenza dei fatti che il Superamento del Nuclear and Command Control System 3 è dovuto principalmente all’effetto della pressione NATO sul confine russo, che ha comportato uno slancio straordinario nella corsa alle armi – comprese quelle ipersoniche – della Russia, sino al concretizzarsi di una situazione dove gli USA – indotti a focalizzarsi sull’intelligenza artificiale per fini bellici – si sono ritrovati in un imbarazzante svantaggio e arretratezza nelle armi ipersoniche. Un fatto ovviamente incompatibile con quella istanza ideologica eccezionalistica che è a sè stante e scollegata dalle idee politiche e sociali dell’inquilino della Casa Bianca di qualsiasi periodo storico, a prescindere dalla forza o debolezza della sua leadership o dalle sue idee sociali.
Nell’estendere questi concetti ai sistemi di intelligence la sintesi non cambia, l’effetto consiste sempre nell’incrementare la capacità di centralizzare un’immensa quantità di informazioni per poi distribuirla in ordini operativi su scala in tempi stretti.
Viene spiegato dai ricercatori del congresso che più è accurata l’intelligenza artificiale delle tecnologia più i suoi algoritmi saranno in grado di restituire agli ufficiali militari delle analisi in tempo reale delle aree di battaglia consentendo loro dei menù di adattamento, che consistono in opzioni multiple fattibili, rapide anche in circostanze complesse.
Gli stratechi prevedono (o auspicano) che i conflitti con Russia e Cina avranno tempi d’attacco molto rapidi (visto che a quanto pare, sono messi in conto) e saranno di breve durata. I ricercatori del congresso non escludono affatto il problema che gli ufficiali superiori potrebbero semplicemente ritrovarsi al solo ruolo di approvare le opzioni proposte dai robot anche per l’incapacità di analizzare le informazioni in tempi eccessivamente rapidi, diventando quindi alla fine superflui se in eccessivo numero.
Abbiamo stabilito e sottolineato ciò che era stato detto anche nella premessa, ovvero che il concetto chiave di tutte queste fasi progettuali è la “velocità decisionale” che il pentagono ritiene il reale obiettivo in vista della crescita della potenza russa e di quella cinese, potenze entrambi in grado di compiere veloci manovre belliche e – nel caso della Russia – anche in vigoroso slancio sulle armi ipersoniche. Taluna velocità decisionale è in relazione all’enorme quantità di dati che la crescita e l’espansione dei conflitti procureranno, anche in vista di possibili conflitti localizzati ma con un fortissimo potenziale di escalation: Ucraina, Bielorussia, Kazakistan, Pakistan, Taiwan, Hong Kong, e in seconda battuta anche forse Venezuela o altri punti più o meno possibili da ponderare.
Conclusioni:
La conclusione più naturale che scaturisce da tutti i ragionamenti è presto detta: Gli Usa e i vassalli occidentali della UE stanno probabilmente sottovalutando – come sempre – la Russia poichè il pentagono, stimolato e totalmente influenzato dagli appaltatori di alto profilo come Lockheed & Martin, Raytheon Technologies, General Dynamics, Boing (e molti altri) opera in disarmonia perfino con la Casa Bianca, imponendo agli USA sviluppi che sono negli interessi dei summenzionati appaltatori mega-corporativi, ma non dello stato e dei cittadini, tra i quali le intelligenze artificiali da guerra, tecnologie militari che vengono poi estese al civile, e molte altre nell’ambito tecnologico, farmaceutico, e in svariati altri campi. Mentre gli appaltatori impongono alla Casa Bianca gli “Zeitgeist” spacciati per verità evangelica la Russia, la Cina e la Korea, portano a compimento una crescita nel campo missilistico – come i missili ipersonici – e nelle altre sezioni belliche. Le intelligenze artificiali robotiche sono ritenute in grado di gestire la grande mole di dati che saranno inviate e relazionate nei vari sistemi, questo è vero, ma non mancano zone critiche e sensibili da questi piani, aree che potrebbero comportare in questi sviluppi delle fasi di forte sofferenza e vulnerabilità.
Le tecnologie artificiali robotiche finalizzate alla risoluzione decisionale potrebbero non essere adeguate in strategie di “scaltrezza o di livello interpretativo avanzato” e compiere sicchè risposte spropositate o evitabili verso piani diversivi, improvvisi o di valutazione ambigua, quindi contestuale o straordinaria. Le loro fasi di sviluppo sono in molti segmenti ancora in procedura arretrata e durante gli archi di tempo di progettazione, esercitazione, Alpha e Beta testing le potenze ritenute rivali – su tutti la Russia – accrescerebbero ulteriormente i loro progressi nella Cyberwar.
Sappiamo bene che Mosca è ormai la prima potenza nella Cyberwar, con una falcata abbastanza ampia da costringere Sylicon Valley, ma anche dipartimenti come DARPA e le sue sub-aree; così come il comparto tecnologico Cinese ad inseguire con passo stentato. Il totale affidamento agli algoritmi potrebbe essere l’ultimo suicidio di una lunga serie per gli USA, a completamento della collezione dei fallimenti in medio-oriente, ad esempio, fornendo a Mosca l’opportunità di agire con vantaggio per mezzo della Cyberwar o della corsa alle armi ipersoniche, o al rinnovamento delle armi convenzionali di ultima generazione. Nonostante Hillary Clinton – come riportato da Foreign Affairs – proponga con scioltezza l’affidamento militare alle intelligenze artificiali non sussistono ad oggi alcune garanzie che la sostituzione degli ufficiali umani con intelligenze robotiche possa preservare la sopravvivenza di popoli o evitare di intensificare risposte missilistiche e aeree sproporzionate riguardo ai livelli di warfare dei conflitti, come ad esempio gli interventi nei mari a Taiwan, o le azioni capillari in zone con pericolo di escalation come Medio Oriente, Ucraina, Venezuela e paesi ex sovietici. Considerando anche alcuni flop delle I.A. è doveroso osservare che molti ragionamenti espressi dai reparti di sviluppo scientifico sembrerebbero scollegati dalla realtà e mossi da una sorta di “Nevrosi da guerra fredda” che viene ulteriormente aggravata dalla pressione degli appaltatori del pentagono.
Per i motivi sopracitati nella parte conclusiva di questo testo possiamo ritenere che nonostante la pressione del pentagono e nonostante l’accelerazione del covid-19 per favorire questa maestosa architettura di transizione tecnologica nell’ambito militare i tempi potrebbero non essere rapidi come il pentagono si augura, nè si potranno risolvere le numerose incognite di questi sviluppi senza rischiare di avvantaggiare le potenze ritenute da loro rivali. Era plausibile considerare in un’ottica di normalizzazione la volontà di Donald Trump che, espresse il desiderio di incontrare Putin, dichiarandosi favorevole a rinnovare il New Start a Start 3.0 includendo anche la Cina. Questo contesto sembra però parzialmete naufragato e privo di certezze considerando la vicinanza delle elezioni. La tavola era stata apparecchiata in parte , nell’incontro di Robert O’Brien e Nikolai Patrushev a Ginevra. Non trascurabili furono le dichiarazioni dello stesso Donald Trump [6]riguardo al pentagono, dove in sostanza si contestava l’eccessiva influenza dei reparti industriali e dei grandi appaltatori sulle forze armate.
Note
*Opera d’arte in testata di Odobenus (Deviant Art)
1 – Saggio di Shoshana Zuboff uscito nel 2019 edito da Profile Books (in italia da Luis UP)
Note al testo
[1]Star and Stripes – 14 Agosto
[3]Breaking Defense – Army Tests…
-2-Defense News – Nel Project Convergence, la US Army, tra fallimenti e soddisfazioni..
[4]War on the Rocks – Agosto 2019
[5]Foreign Affairs – Hillary Clinton
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