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La Redazione

 

Un assalto a sorpresa alla Siria, ma potrà durare?

Questa settimana, con l'irruzione ad Aleppo di numerosi estremisti sostenuti dall'estero, i tentativi di destabilizzazione del nemico sono passati dal Libano alla Siria. Israele aveva avvertito che la Siria sarebbe stata la prossima vittima, ma potranno i militanti fare oggi quello che non erano riusciti a fare per quasi un decennio?
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A cura di Markus
Il 2 Dicembre 2024
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Haidar Mustafa
thecradle.co

Nel discorso con cui aveva annunciato l’accordo di Israele per il cessate il fuoco con il Libano, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu aveva minacciato direttamente il Presidente siriano Bashar al-Assad, avvertendolo che stava “giocando con il fuoco“. Queste parole erano arrivate poche ore prima che le fazioni terroristiche armate di Idlib lanciassero un’offensiva shock sulle posizioni dell’esercito siriano nella zona di de-escalation, nella periferia occidentale di Aleppo. L’operazione era guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS), incarnazione del Fronte Al-Nusra – il franchising siriano di Al-Qaeda – capeggiata da Abu Muhammad al-Julani, con la partecipazione di altre organizzazioni terroristiche internazionali come il Partito Islamico del Turkistan (TIP).

L’esercito siriano si sta preparando a contrastare le aggressioni

La mattina del 27 novembre, gruppi di estremisti armati hanno lanciato violenti attacchi contro le posizioni dell’esercito siriano nelle vicinanze del 46° Reggimento e verso i villaggi di Orem al-Kubra, Orem al-Sughra, Basratun, Anjara e le aree circostanti, situati a breve distanza dall’autostrada M5 Aleppo-Hama-Damasco.

Nel loro primo attacco a sorpresa, nell’ambito dell’operazione denominata “Deterrenza dell’aggressione”, i militanti sono riusciti a entrare in alcuni villaggi che le forze dell’esercito siriano avevano evacuato per poter essere in grado di tamponare la breccia. Questo attacco è una flagrante violazione degli accordi di de-escalation del 2019 tra Turchia, Russia e Iran.

Gli scontri si sono rapidamente estesi alla strada internazionale e alla città di Aleppo. Una fonte della sicurezza turca, citata da Middle East Eye, finanziato dal Qatar, ha dichiarato che l’obiettivo dell’operazione militare lanciata da HTS e dai suoi alleati è il recupero delle posizioni conquistate dalle forze siriane con il sostegno della Russia durante le battaglie del 2017-2020.

I militanti sostengono che le “violazioni” degli accordi di de-escalation da parte dell’esercito siriano e di quello russo – e l’intensificazione dei loro attacchi su Idlib – li avrebbero costretti ad intraprendere queste operazioni militari per riprendere il controllo di queste aree. Secondo loro, la ritirata dell’esercito siriano nella campagna occidentale di Aleppo avrebbe galvanizzato i militanti, inducendoli a lanciare ulteriori attacchi verso la zona rurale a est di Idlib.

In tre giorni, i gruppi estremisti armati sono riusciti a raggiungere il cuore di Aleppo e a dichiarare il coprifuoco per 24 ore. Con l’intensificarsi degli scontri, i cacciabombardieri siriani e russi hanno lanciato una serie di violenti raid contro i siti e le linee di rifornimento di HTS e dei turcomanni a Darat Azza, Al-Atareb, Sarmin e in altre aree. Questi attacchi aerei sono ancora in corso, con filmati che rivelano pesanti perdite nelle file delle fazioni estremiste, mentre diverse fonti mediatiche confermano la morte di oltre 200 membri di HTS e di altri gruppi militanti nelle regioni di Aleppo e Idlib.

L’espansione degli attacchi aerei da parte delle forze siriane e russe ha portato, giovedì mattina, ad una battuta d’arresto tra le forze di HTS, che ha subito perdite umane e materiali. Fonti in prima linea rivelano anche l’arrivo di ingenti rinforzi militari nella principale zona di scontro, che si estende per oltre 26 chilometri nella parte occidentale di Aleppo – truppe e rifornimenti siriani che stanno pianificando un contrattacco per ripristinare lo status quo. L’esperto militare Haitham Hassoun ha spiegato a The Cradle che l’esercito siriano si è raggruppato su linee di difesa più arretrate, a una profondità di 7-8 chilometri, in preparazione del contrattacco.

Quali erano stati i preparativi dell’attacco?

In realtà, l’operazione di HTS non è stata affatto un’offensiva improvvisata, piuttosto il risultato di anni di preparativi guidati dall’intelligence statunitense e turca per unificare i ranghi di varie fazioni estremiste nel nord della Siria. Questo progetto era andato avanti sotto la diretta supervisione dell’esercito turco, che mirava a far convergere i gruppi militanti di Idlib e della campagna di Aleppo e a mettere il potere decisionale nelle mani dei due attori principali: il cosiddetto Esercito nazionale siriano (SNA), fedele ad Ankara, e Hay’at Tahrir al-Sham, l’affiliato di Al Qaeda in Siria.

In questo insieme di organizzazioni del terrore si inseriscono i gruppi “jihadisti” turcomanni e uiguri, utilizzati principalmente come forze d’attacco in specifiche operazioni militari, cosa che soddisfa in larga misura gli interessi dei loro finanziatori statunitensi e turchi.

L’esperto militare, il generale di brigata Haitham Hassoun, conferma che i preparativi per lanciare questa operazione erano iniziati “da molto tempo” e che i gruppi partecipanti avevano istituito una sala operativa congiunta circa un mese e mezzo fa. Ritiene che, nei giorni precedenti l’offensiva shock, per camuffare le loro intenzioni e i loro movimenti, i militanti abbiano beneficiato di operazioni di “depistaggio” e di guerra elettronica mediatica condotte dall’intelligence turca e dalle forze di occupazione turche all’interno della Siria. I militanti hanno inoltre beneficiato di informazioni sofisticate che li hanno aiutati a sfruttare le lacune esistenti sul terreno ed erano consapevoli dei vuoti nelle posizioni dell’esercito siriano, che hanno poi portato a questa breccia e alla confusione nelle linee di difesa.

Chi ha preso la decisione e qual è l’obiettivo?

Le scene di oggi a Idlib e Aleppo ricordano ai siriani un periodo che pensavano di essersi lasciati alle spalle dopo la liberazione di Aleppo del 2016 e le intese di de-escalation del 2019. Ma queste intese, faticosamente raggiunte, sono sempre state fragili, dato che la Turchia ha disatteso i suoi impegni di epurare la zona dell’autostrada M5 dai gruppi terroristici. La presenza nel nord della Siria di gruppi di terroristi serve ad Ankara per mantenere la pressione su Damasco. Questo spiega anche l’operazione armata di questa settimana, un’azione che, secondo i turchi, dovrebbe costringere il governo siriano a negoziare sotto il fuoco, soprattutto se gli estremisti armati dovessero rientrare ad Aleppo o interrompere la critica via di collegamento internazionale.

D’altra parte, uno degli obiettivi dell’operazione potrebbe essere la decisione degli Stati Uniti di mantenere uno stato di conflitto nella regione e di riorientare la pressione verso la Russia e i suoi alleati regionali in vista del ritorno alla Casa Bianca del presidente eletto Donald Trump.

Come molti commentatori hanno sottolineato, l’operazione militare è stata lanciata all’indomani delle esplicite minacce di Netanyahu ed è probabilmente collegata alla guerra regionale di Israele e alla determinazione di Tel Aviv di interrompere la rotta siriana per i membri dell’Asse della Resistenza. L’offensiva sembra essere stata coordinata con la Turchia, membro della NATO, sotto la direzione delle autorità di occupazione e dei servizi di intelligence turchi, che da anni gestiscono e sostengono i vari gruppi estremisti nel nord della Siria.

Secondo una stima preliminare, quello che sta accadendo è un ritorno alla situazione precedente al 2019, una reinvasione che, di fatto, cerca di far deragliare tutti i risultati del processo di pace di Astana. Ciò merita, a sua volta, una risposta altrettanto dura e radicale: una controffensiva militare siriana che non solo recuperi le posizioni occupate dalle forze dell’esercito siriano pochi giorni fa, ma che si spinga con decisione fino a Darat Izza e oltre, fino al valico di frontiera di Bab al-Hawa con la Turchia, tagliando le vie di comunicazione dei militanti nelle regioni di Aleppo e Idlib e riportando gli interi governatorati sotto il controllo del governo siriano.

Quello che è iniziato come un assalto shock potrebbe aver creato un’opportunità per porre fine allo stato di limbo in cui era piombato il nord del Paese alla fine della guerra siriana e potrebbe fornire a Damasco e ai suoi alleati un modo per evitare improduttivi accordi di de-escalation e dare allo Stato siriano una giustificazione legittima, legale e morale per liberare tutti i territori dalle organizzazioni terroristiche.

Finché ciò non avverrà, Aleppo ovest e Idlib est rimarranno campi di battaglia attivi. Tuttavia, secondo fonti informate, è improbabile che i militanti rimangano a lungo in posizione di vantaggio, e questo per diverse ragioni fondamentali.

La prima è l’imminente arrivo nell’area di ingenti rinforzi militari siriani, che non permetteranno ad Aleppo di cadere nelle mani di estremisti sostenuti dall’estero.

In secondo luogo, questi gruppi militanti sostenuti dagli Stati Uniti e dalla Turchia hanno meno probabilità di raggiungere i loro obiettivi oggi rispetto ai primi anni della guerra, a causa dei cambiamenti politici ed economici in Europa, che teme la ripresa del conflitto siriano e un’altra ondata di rifugiati ai suoi confini.

In terzo luogo, Damasco è tornata all’ovile arabo, è rientrata nella Lega Araba ed è stata accolta da diversi Stati del Golfo Persico. Queste capitali non sono più interessate, in questo momento, a sostenere gli Jihadisti, a rianimare la guerra o a destabilizzare il Libano e l’Iraq, vicini e connessi alla Siria. Né sono interessate ad aprire nuovamente l’arena militare siriana a consiglieri o a forze iraniane.

Haidar Mustafa

Fonte: thecradle.co
Link: https://thecradle.co/articles/a-surprise-assault-on-syria-but-can-it-last
30.11.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedochisciotte.org

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Haidar Mustafa è un giornalista siriano e conduttore televisivo di programmi politici. Ha lavorato per diversi canali mediatici e istituzioni in Siria, Libano e Iraq. È anche autore del libro Eyewitness e si è laureato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Damasco.

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