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La Redazione

 

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Specie protetta, non protetta, fragile

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A cura di Redazione CDC
Il 7 Febbraio 2021
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Di Patrizia Ligabò, ComeDonChisciotte.org

Il periodo storico che stiamo vivendo, forse il più difficile dal dopoguerra, ci ha, volenti o nolenti, separato.

Gli anziani, i più fragili di ogni società, si sono ritrovati ancora più soli.

Volontà di proteggerli ingenuamente, a fronte di una sanità in ginocchio che non potrebbe provvedere; o di scansare la volontà di gestir loro e confrontarsi con la vecchiaia e tutto ciò che ne consegue?

Questo fenomeno del lasciar a sé stessi gli anziani, era già presente da prima nelle nostre società; non è certo la novità di oggi.

Si vedano i numeri nelle case di riposo, o chi vive da solo nell’abbandono più totale.

Inoltre siamo mortali, lo apprendiamo all’incirca all’età di sei anni, o forse come si vorrebbe oggi crediamo di essere immortali, perché la morte è divenuta tabù! Non si può più invecchiare, né morire, guai a noi!

Dove sia la vera motivazione, se puntiamo ad una reale protezione degli anziani o no, non è facile comprenderlo in questo marasma. Ci vorrebbe quella compassione , che ci permetterebbe di guardare oltre un corpo, un aspetto fisico, o un’età anagrafica.

“In Giappone ad esempio esistono fumetti che insegnano ai ragazzi e agli adulti quali potrebbero essere i bisogni degli anziani, ed a prendersi cura di loro” dichiara il Professor Jason Danely, docente di antropologia presso l’università di Oxford. Autore di “Aging and Loss”, che si svolge nel Giappone contemporaneo. Le persone sono messe sotto pressione volutamente, costrette fra salute e lavoro, due priorità.

Eppure queste società moderne, che tanto hanno voluto dimenticare la morte, la malattia, e l’invecchiamento, ora devono fare i conti con tutti e tre questi fenomeni contemporaneamente.

L’aggregazione sociale diviene sempre meno fattibile, gli anziani un tempo sacri, saggi e memoria storica delle famiglie, ed intoccabili, si ritrovano sempre più soli. A maggior ragione nelle città.
Senza i nipoti, senza gli amici al bar, al circolino, ai giardini, senza le loro attività tanto care nella quotidianità, soprattutto dall’età pensionabile. Quel tempo di svaghi guadagnato, dopo molti anni di sacrifici, di levatacce e lavoro. Dopo anni ad essere genitori, e lavoratori.

Restano solo i veri amici: gli animali, ed i libri. Lo stato non li supporta, o molto poco.
Ci sarebbe chi li vorrebbe segregati in casa, vittime sacrificali per salvare chi è più giovane.

Ecco ci manca solo la selezione tipo lager, a favore del più forte; una soluzione inumana e crudele.

Dario Nava, operatore Oss in Rsa ed appassionato del suo lavoro, mi racconta che molti di loro, malati terminali, chiedevano la lettura dei loro libri preferiti durante gli ultimi giorni. Volevano partire per l’altrove, insieme alle loro memorie più care. Tutto quello che restava loro.

Ecco che allora la lettura diviene compagnia; viaggiamo là dove ormai vetusti, siamo prigionieri forzatamente.
Il lettore accompagna l’uditore, siamo insieme in quegli istanti, non più soli. La crudeltà della morte ai tempi del Covid è morire da soli, un aspetto inaccettabile nel 2021.

Ho visto in parecchie situazioni familiari, dir loro: come vivere, cosa fare, cosa non fare, fino a non farli più respirare, fino a farli sentire incapaci. Certo, molti sono mossi da una sincera iper- protezione, lo comprendo bene. Direi quasi esagerata. Non ci si dovrebbe chiedere se la loro libertà non è forse importante quanto la nostra? Non dovrebbero decidere loro stessi come vivere?

Possiamo far decidere i potenti delle nostre vite come credono, senza opporci tutti uniti, e poi vogliamo fare lo stesso con i nostri anziani? Imporre, a mio avviso, è sempre sbagliato: “Lo faccio per te!”, ciò potrebbe trovare una spontanea e plausibile risposta.. “ Ma chi te l’ha chiesto?”.

Perché l’anziano sa bene che il tempo che gli resta è poco, dunque gradirebbe viverlo come più gli aggrada, finchè il fisico e la testa glielo permettono.

Secondo la SIGG Società Italiana di Geriatria e Gerontologia,  quando in tarda età arrivano i veri problemi, in molti pensano che curarsi non ne valga troppo la pena: in realtà, la spesa sanitaria è per il 40% destinata alle persone anziane e molto anziane. Si ricorda che la spesa pubblica per sanità è inferiore del 10% rispetto alla media europea e la percentuale dei costi a carico dei pazienti è la più alta (23% contro il 15%) (1).

C’è l’errata convinzione che una persona molto anziana non tragga benefici dalle terapie; quello che si sa dagli studi non sempre è applicabile ai malati veri. In Italia, la paura più grande degli anziani però non è esser curati male, ma, secondo uno studio del Censis, diventare non autosufficienti.

Se non moriranno di Covid, o di altre patologie, moriranno di solitudine , di malinconia, di depressione.
Quando questa generazione sarà scomparsa, generazione che ci ha aiutato quando eravamo in difficoltà, ci mancherà, in molti sensi. Ci ha aiutato spesso economicamente, e supportandoci in vari aspetti di una vita frenetica e competitiva. Dunque a volte sono un aiuto, a volte un peso, dipende.

Cerchiamo di averne rispetto finchè esistono e rispetto per la loro libertà d’individui, di esser grati per ciò che hanno fatto per noi.

La solitudine infine riguarda tutti noi; ma restare così soli non è già un po’ morire?

E vivere senza poter più far nulla perchè terrorizzati, si può definire vita? Perché questa comodità tanto esaltata è la peggior schiavitù, come sosteneva il Matma Ghandi.

Così vivendo potrò liberamente (si fa per dire) muovermi nel mio appartamento, ordinando tutto via web, vivendo via web, relazionandomi via web, ma certo… alla fine è tutto identico alla vita reale e… come no… da crederci veramente!

Il mio spazio di relazione si riduce, il contatto visivo, reale, fisico, viene meno ma pare che io non me ne accorga, o forse sembra che non comprenda bene ciò che sta avvenendo.
Mi illudo, ed è umano, che tutto prima o poi tornerà com’era prima, e che questo periodo infinito passerà, senza strascichi.
E potrò anche pensare che la mia solitudine mi sarà stata di giovamento, certo, se fosse una nostra scelta, non un’imposizione.
Scuserete il mio leggero sarcasmo, oggi sono proprio in vena.

Non è affatto difficile essere un autore comico – satirico , perché la realtà in giro supera di parecchio la fantasia.
Dove eravamo rimasti? Si, dicevo… potrò, grazie alle nuove tecnologie del futuro, arrivare anche a 160 anni. Ma c’è solo un dettaglio: il mio cervello è programmato per un tot di anni e basta.

Ovvio, senza dubbio.. ho fiducia nella scienza, e nel sistema, che non è affatto colluso, vai tranquilla! E come no!

E poi anche a quell’età piena/o di silicone e con il seno all’altezza dell’ascella, ed il fondoschiena sollevato, proprio naturale come gli africani, potrò pensare di dimostrare trenta, quaranta anni in meno.
Sicuramente risulterò naturale, si naturale come il vino in cartone venduto per Barolo d.o,c. Ed il rifacimento fisico riguarda entrambi i sessi, sia chiaro!

Ma siamo seri!

Ed ora, tornando alle fonti nel mondo reale: “La Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo ha condannato l’Italia per aver violato il diritto di una nonna a mantenere i contatti con la nipote, che le era stata affidata sin dalla nascita “(2). Nella sentenza i giudici indicano che tale violazione tuttavia sia stata frutto, dell’ “esistenza in Italia di un problema sistemico” per questo tipo di casi.
A ricorrere alla Corte nel giugno del 2018 è stata Emilia Terna, dopo aver tentato per anni di ristabilire i contatti con la nipote che, nel frattempo, era stata affidata ai servizi sociali.

Nella sentenza, i giudici affermano di non aver trovato prove che confermano quest’ultima tesi. I togati di Strasburgo sostengono invece che le autorità non hanno fatto quanto avrebbero dovuto per assicurare la continuazione del rapporto tra nonna e nipote, e questo, nonostante una decisione del tribunale dei minori che ha stabilito il diritto della signora Terna di incontrare la nipote, e i rapporti di vari esperti che indicavano che il mantenimento del rapporto con la nonna era positivo per la bimba. La Corte ha stabilito che lo Stato dovrà versare alla signora Terna 4 mila euro per danni morali e 10mila per coprire le spese legali.

Il saggio “Serenità. L’arte di saper invecchiare” (Edizioni Fazi) scritto da Wilhelm Schmid, ha alcuni passaggi molto interessanti sul tema:

“È sciocco pensare di aggirare il tempo che passa. Ogni età è affascinante: evitate i chirurghi plastici. Si incomincia a diventare anziani al momento del concepimento, dunque è meglio prepararsi. Come? Coltivando le amicizie, curando l’alimentazione, favorendo i contatti fisici. Abbracciarsi fa bene”.(3)

“I giovani, i giovani, i giovani. Non si parla che di giovani. Per chi fa parte di questa generica ma potente categoria dello spirito, la venerazione dell’avere poca vita dietro e molta davanti è gratificante, forse esaltante. Qui e ora. Ma, appena dopo, è un rischio serio. E nemmeno tanto dopo. “La vecchiaia inizia approssimativamente poco dopo il concepimento” (4), scrive Schmid. “Quindi sappiatelo: se vi illudete di aggirare la questione dell’invecchiamento, correte dei pericoli. Arriva sempre e sorprende. Meglio prepararsi. Può sembrare banale, ma nel mondo di oggi non lo è” (5).

Già, saper invecchiare: un filosofo che parla ai vecchi di oggi, ma anche a quelli che lo saranno domani. Per molti, però, la vecchiaia è la perdita della bellezza, della forza, del sesso.

“Non c’è perdita nell’età che avanza. C’è solo cambiamento. C’è la bellezza dell’età, se uno va d’accordo con la sua età. Se ci combatte contro, i segni sul suo volto non sono invece graziosi. Certo, è vero che invecchiando la forza si affievolisce: io suggerisco di mantenere le abitudini, le quali non richiedono forza. Quella che risparmiamo seguendo le nostre abitudini, possiamo usarla per nuove avventure.” (6)

Non facile. La società ama — o finge di amare — i giovani.

Viviamo in una società moderna. E il significato stesso di moderno è la venerazione del giovane, in quanto nuovo. Infatti, se guardiamo bene, questa esaltazione non c’è in Africa, in Asia, tra gli Inuit. È tipica delle società cosiddette moderne come le nostre. Altrove, il rapporto con la vecchiaia è diverso, per molti versi rovesciato (…) e anche da noi fino a un certo numero di anni fa era così. Eravamo giudicati sulla base dell’esperienza e della saggezza, il nuovo in quanto tale non contava. Oggi è il contrario”.(7)

Gli anziani delle società economicamente avanzate, sono dunque condannati a cercare di essere giovani?

L’«anti-aging» è fortissimo nell’industria della cosmetica come in quella della cultura e dell’informazione.

«Il termine stesso anti-aging racconta tutto: è la lotta contro l’età. Un combattimento che è perso in ogni caso: finisce comunque con la morte. È un termine senza senso. Io le contrappongo la art of aging, l’arte di invecchiare, che non è vivere l’età, ma con l’età. L’invecchiamento porta con sé inevitabilmente una certa sofferenza. Si tratta di accettare l’avanzamento dell’età e mitigare la sofferenza. Certo con la medicina, ma anche con una buona alimentazione, l’esercizio fisico, molto contatto con i giovani». Serenità e morte possono convivere?

Nei nostri tempi moderni molte persone non accettano la morte. Io propongo un test che può aiutare. Se non ci fosse la morte? Quanto vorrei vivere, cinquecento anni, mille, diecimila anni? Non c’è mai fine. E cosa faccio in mille anni? A un certo punto, tutto si ripete. A parte che i bambini continuerebbero a nascere mentre nessuno muore e ci sarebbe un terribile problema di sovrappopolazione, sarebbe anche mortalmente noioso. Meglio che ci sia un limite temporale, altrimenti dovremmo essere noi stessi a stabilirlo. E sarebbe molto difficile decidere quando è il momento giusto per la fine”. (8)

Bene, ma quando e come ci si prepara? “Si dovrebbe iniziare a vent’anni. Non per allarmarsi, ma, ad esempio, per stabilire amicizie e preservarle per il resto della vita. L’amicizia cresce di valore via via che dura. È un’esperienza meravigliosa dell’età avanzata, a 60, 70, 80 anni potere incontrarsi con gli amici e ricordare. Si può stabilire un’amicizia anche a 70 anni, naturalmente, ma è diverso, manca la memoria. Prepararsi alla vecchiaia dovrebbe essere un aspetto della vita. E a una certa età avere attorno bambini, nipoti: si usa dire che i bambini mantengono giovani. È una preparazione di lungo periodo. Non è solo un’affermazione filosofica”(9).

Consigli di lettura:

Lettere ed emozioni al tempo del Covid19. Ridisegnando il futuro“. Testimonianze raccolte da Lella Manzotti. Disponibile su : Ibs, Feltrinelli, il Libraccio.
“La morte amica” di Maria De Hennezel. Edizioni Bur.
“Una certa età. Per una nuova idea della vecchiaia” di Vittorino Andreoli Edizioni Solferino
“Il tempo senza età. La vecchiaia non esiste” di Marc Augé

Di Patrizia Ligabò, ComeDonChisciotte.org

ATTILIO ZOBBI

( il cognome è di mia zia, un omaggio anche a lei)
La tua dimora ormai disabitata, giace sconfitta ad attendere un tuo
impossibile ritorno, l’orto, la vigna, gli alveari, le arnie sono arresi.
Il prato ormai divenuto selvaggio in cui conversammo molti pomeriggi di argomenti
più vasti, il tavolino su cui si posarono i caffè , i dolci, le pagine sottolineate, le
fotografie sparse di antenate, di gioventù passate, di prigionie, e di guerre scampate.
I ricordi però restano imperterriti, vivi nelle menti, le sensazioni benefiche non ci
abbandonano, e quell’aurea di amor vero e longevo che fu tra voi due, resta ad
esempio e testimonianza che esso esiste seppur raro.
Come un fiore va curato, come un innesto preservato, e mai dimenticato.
Patrizia Ligabò

NOTE

(1)   E.Marescalco, A.Bordignon, C.Trevisan, M.Devita, A.Girardi, G.Sergi, E.Manzano, A.Coin, Fragilità ed isolamento sociale: fattori predittivi nella progressione del decadimento cognitivo. Studio pubblicato nel 2019 a cura di 64° Congresso Nazionale SIGG Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, Padova

(2) “La Corte di Strasburgo condanna l’Italia: «Impedisce i contatti nonna-nipote “, Il Messaggero, 14/01/2021

(3) Da “La lettura” inserto del Corriere della Sera, intervista del 03/05/2015 estratti dal saggio “Serenità. L’arte di saper invecchiare” (Edizioni Fazi) scritto da Wilhelm Schmid

(4) Ibidem

(5) Ibidem

(6) Ibidem

(7)Ibidem

(8) Ibidem

(9) Ibidem

Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

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