Alan MacLeod
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“Un anno dopo gli attentati del 7 ottobre, Netanyahu ha segnato una serie di vittorie consecutive”. Così recita il titolo di un recente articolo di Axios che descrive come il primo ministro israeliano sia passato invitto da un trionfo all’altro. Questi sbalorditivi “successi” militari, osserva l’autore, Barak Ravid, includono il bombardamento dello Yemen, l’assassinio del capo di Hamas Ismail Haniyeh e del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, e l’attacco in Libano con i cercapersone.
Lo stesso autore è diventato recentemente virale per un articolo in cui sosteneva che gli attacchi israeliani contro Hezbollah “non sono destinati a portare alla guerra, ma sono un tentativo di raggiungere la ‘de-escalation attraverso l’escalation'”. Gli utenti dei social media hanno deriso Ravid per questo ragionamento bizzarro e orwelliano. Ma quello che è sfuggito a quasi tutti è che Barak Ravid è una spia israeliana, o almeno lo era fino a poco tempo fa. Ravid è un ex analista dell’agenzia di spionaggio israeliana Unit 8200 e, fino all’anno scorso, era ancora un riservista delle Forze di Difesa israeliane.
L’Unit 8200 è l’organizzazione di spionaggio più grande e forse più controversa di Israele. È stata responsabile di molte operazioni di spionaggio e terrorismo di alto profilo, tra cui il recente attacco con i cercapersone che ha ferito migliaia di civili libanesi. Come rivelerà questa indagine, Ravid è ben lungi dall’essere l’unica ex-spia israeliana che lavora presso i più importanti organi di informazione statunitensi, impegnandosi a fondo per ottenere il sostegno occidentale alle azioni del suo Paese.
L’INSIDER ALLA CASA BIANCA
Ravid è diventato rapidamente una delle persone più influenti del corpo dei giornalisti di Capitol Hill. In aprile aveva vinto “per l’eccellenza complessiva nella copertura della Casa Bianca” il prestigioso White House Press Correspondents’ Award, uno dei più alti riconoscimenti del giornalismo americano. I giudici erano rimasti colpiti da quello che avevano descritto come il suo “livello profondo, quasi intimo, di conoscenza delle fonti negli Stati Uniti e all’estero” e avevano scelto sei suoi articoli come pezzi di giornalismo esemplari.
La maggior parte di queste storie consisteva semplicemente nella pubblicazione di fonti anonime della Casa Bianca o del governo israeliano, facendole apparire come buone e utilizzandole per far credere al pubblico che il Presidente Biden intendeva prendere le distanze dagli orrori dell’attacco israeliano alla Palestina. In quanto tali, non c’era praticamente alcuna differenza tra questi articoli e i comunicati stampa della Casa Bianca. Ad esempio, un articolo scelto dai giudici era intitolato “Scoop: Biden dice a Bibi che una pausa di 3 giorni nei combattimenti potrebbe aiutare a garantire il rilascio di alcuni ostaggi“, e presentava il 46° Presidente degli Stati Uniti come una persona umana, impegnata a ridurre le sofferenze [dei palestinesi]. Un altro descriveva la “frustrazione” di Biden nei confronti di Netanyahu e del governo israeliano.
I manifestanti [pro Palestina] avevano invitato i reporter a snobbare l’evento in solidarietà con i loro colleghi caduti a Gaza (al momento in cui scriviamo sarebbero almeno 128 i giornalisti uccisi). Non solo non c’era stato alcun boicottaggio dell’evento, al contrario, gli organizzatori avevano dato il loro massimo riconoscimento a un funzionario dei servizi segreti israeliani trasformatosi in reporter, con la fama di essere forse il più ossequioso stenografo del potere di Washington.
Ravid aveva ricevuto il premio dal Presidente Biden in persona, che lo aveva abbracciato come un fratello. Il fatto che una nota (ex) spia israeliana avesse potuto abbracciare Biden la dice lunga non solo sull’intima relazione tra Stati Uniti e Israele, ma anche sulla misura in cui i media dell’establishment tengono in pugno il potere.
It was a moving and special night that I never imagined even in my wildest dreams. It wouldn’t have been possible without my editors at @axios who made my stories better, my sources who trusted me, my family that came with me to Washington, and you, the readers. Thank you pic.twitter.com/aMQd2prsam
— Barak Ravid (@BarakRavid) April 28, 2024
Ravid si era fatto un nome pubblicando acriticamente informazioni lusinghiere fornitegli dal governo americano o israeliano e spacciandole per scoop. In aprile aveva scritto che ” nella telefonata di giovedì il presidente Biden ha posto un ultimatum al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu: se Israele non cambierà rotta a Gaza, ‘non saremo in grado di sostenervi'” e che [Biden] “stava facendo tutto il possibile per porre fine ai combattimenti a Gaza dopo sei mesi di guerra,” avvertendo per la prima volta che la politica degli Stati Uniti sulla guerra sarebbe stata condizionata dall’adesione di Israele alle sue richieste, che includevano “un cessate il fuoco immediato“. A luglio, aveva ripetuto che, secondo le sue fonti anonime, Netanyahu e Israele si stavano impegnando per “una soluzione diplomatica” – un’altra affermazione altamente dubbia. Altri articoli di Ravid che seguono lo stesso schema sono:
- Scoop: Biden tells Bibi he’s not in it for a year of war in Gaza
- Scoop: White House cancels meeting, scolds Netanyahu in protest over video
- Biden “running out” of patience with Bibi as Gaza war hits 100 days
- Biden-Bibi clash escalates as U.S. accused of undermining Israeli government
- Biden and Bibi “red lines” for Rafah put them on a collision course
- Biden on hot mic: Told Bibi we needed “come to Jesus” meeting on Gaza
- Scoop: White House loses trust in Israeli government as Middle East spirals
- Israeli minister lambasted at White House about Gaza and war strategy
- Scoop: Biden told Bibi U.S. won’t support an Israeli counterattack on Iran
Questa implacabile sbianchettatura dell’amministrazione Biden ha suscitato una diffusa derisione in rete:
“ESCLUSIVA AXIOS: dopo aver venduto a Netanyahu armi per milioni di dollari, Biden ha cantato – ad alta voce – ‘Bad Blood‘ di Taylor Swift. ‘Tutti hanno potuto ascoltarla’, ha detto una fonte vicina a Biden”, ha twittato l’utente X David Grossman. “Continua a maneggiare grandi quantità di denaro e armi, ma scuotendo la testa in modo che tutti sappiano che, in un certo senso, non è d’accordo”, ha commentato il comico Hussein Kesvani, in risposta all’ultimo articolo di Ravid, secondo cui Biden sarebbe diventato “sempre più diffidente” nei confronti del governo israeliano.
Nel corso di questa presunta spaccatura tra Stati Uniti e Israele, l’amministrazione Biden ha continuato a dare un sostegno entusiasta alle offensive israeliane, a bloccare alle Nazioni Unite le risoluzioni per il cessate il fuoco e la creazione di uno Stato palestinese, e, negli ultimi 12 mesi, ha inviato a Israele armi per 18 miliardi di dollari. Quindi, per quanto discutibili siano questi rapporti di Axios, essi svolgono un ruolo vitale per Washington, permettendo all’amministrazione Biden di prendere le distanze da quello che gli organismi internazionali hanno etichettato come un genocidio. La funzione di Ravid è quella di creare consenso per il governo tra le élite liberali che leggono Axios, consentendo loro di continuare a credere che gli Stati Uniti siano un onesto mediatore per la pace in Asia occidentale piuttosto che un importante sostenitore di Israele.
Ravid non nasconde il suo aperto disprezzo per i palestinesi. A settembre aveva retwittato un post che affermava:
“Questo è il modo di fare dei PaliNazi… intascano concessioni senza dare nulla in cambio e poi usano quelle concessioni come base per il prossimo round di negoziati.I PaliNazi non sanno dire la verità.”
Meno di una settimana dopo, aveva sostenuto l’affermazione, molto dubbia, del Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, secondo cui le Forze di Difesa israeliane avrebbero trovato una foto del leader delle Brigate al-Qassam Mohammed Sinwar che festeggiava davanti a un’enorme immagine di aerei che si schiantano contro il World Trade Center. Gallant aveva dichiarato di aver trovato questa foto (nel chiaro e falso tentativo di associare i palestinesi all’11 settembre) in un tunnel “dove i fratelli Sinwar si nascondevano come topi“.
this is amazing. Barak Ravid, who is considered by the Western media class to be the greatest most objective neutral “journalist” on the ongoing Gaza genocide even though he served in Israeli military intelligence and constantly launders Israeli propaganda, is now openly… pic.twitter.com/lYldfmVqaC
— ☀️👀 (@zei_squirrel) September 6, 2024
UNA INFAME AGENZIA SPIONISTICA
Fondata nel 1952, l’Unità 8200 è la divisione più grande e controversa dell’esercito israeliano.
Responsabile delle operazioni segrete, dello spionaggio, della sorveglianza e della guerra informatica, dal 7 ottobre 2023 il gruppo è al centro dell’attenzione mondiale. È ampiamente conosciuto come l’organizzazione dietro il famigerato attacco con i cercapersone in Libano che ha causato almeno nove morti e circa 3.000 feriti. Mentre molti in Israele (e lo stesso Ravid) l’hanno salutata come un successo, l’operazione è stata condannata in tutto il mondo come un grave atto di terrorismo, anche dall’ex direttore della CIA Leon Panetta.
L’Unità 8200 ha anche redatto una lista di uccisioni per Gaza utilizzando l’intelligenza artificiale, che ha identificato decine di migliaia di individui (compresi donne e bambini) da assassinare. Questo software è stato il principale meccanismo utilizzato dall’IDF per la scelta dei bersagli nei primi mesi del suo attacco alla striscia densamente popolata.
Descritta come la Harvard israeliana, l’Unità 8200 è una delle istituzioni più prestigiose del Paese. Il processo di selezione è altamente competitivo; i genitori spendono fortune in corsi di scienze e matematica per i loro figli, nella speranza che vengano scelti per prestarvi servizio, con la prospettiva di una carriera lucrativa nel fiorente settore hi-tech israeliano.
L’Unità 8200 è anche il fulcro del futuristico apparato repressivo dello Stato israeliano. Utilizzando quantità gigantesche di dati raccolti sui palestinesi, tracciando ogni loro movimento attraverso telecamere per il riconoscimento facciale e monitorando le loro telefonate, i messaggi, le e-mail e i dati personali, l’Unità 8200 ha creato una rete distopica che utilizza per sorvegliare, molestare e sopprimere i palestinesi.
L’Unità 8200 compila dossier su ogni palestinese, compresa la sua storia medica, la sua vita sessuale e le sue ricerche, in modo che queste informazioni possano poi essere utilizzate per estorsioni o ricatti. Se, ad esempio, un individuo tradisce il coniuge, ha un disperato bisogno di un’operazione medica o è segretamente omosessuale, questo può essere usato come leva per trasformare i civili in informatori e spie per Israele. Un ex agente dell’Unità 8200 aveva raccontato che, come parte del suo addestramento, gli era stato assegnato il compito di memorizzare diverse parole arabe per “gay”, in modo da poterle riconoscere durante le intercettazioni.
Gli operatori dell’Unità 8200 hanno creato alcune delle app più scaricate al mondo e molti dei programmi di spionaggio più famosi, tra cui Pegasus. Questo programma è stato utilizzato per sorvegliare decine di leader politici in tutto il mondo, tra cui il francese Emmanuel Macron, il sudafricano Cyril Ramaphosa e il pakistano Imran Khan.
Il governo israeliano aveva autorizzato la vendita di Pegasus alla Central Intelligence Agency e ad alcuni dei governi più autoritari del pianeta. Tra questi, l’Arabia Saudita, che aveva utilizzato il software per sorvegliare il giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi prima del suo assassinio da parte di agenti sauditi in Turchia.
Una recente indagine di MintPress News [tradotta su CDC] ha rilevato che gran parte del mercato mondiale delle VPN è di proprietà e gestito da un’azienda israeliana diretta e co-fondata da un ex agente dell’Unità 8200.
Nel 2014, 43 riservisti dell’Unità 8200 avevano firmato una dichiarazione congiunta in cui dichiaravano di non essere più disposti a prestare servizio nell’unità a causa delle sue pratiche immorali, tra cui quella di non fare distinzione tra comuni cittadini palestinesi e terroristi. Nella lettera si faceva anche notare che le loro informazioni venivano passate a potenti politici locali, che le utilizzavano a loro piacimento.
Questa dichiarazione pubblica aveva lasciato Ravid schiumante di rabbia nei confronti dei suoi colleghi. Sulla scia dello scandalo, Ravid era andato alla radio dell’esercito israeliano per attaccare gli informatori. Ravid aveva affermato che opporsi all’occupazione della Palestina significava opporsi a Israele stesso, poiché l’occupazione era una “parte” fondamentale di Israele. “Se il problema è davvero l’occupazione“, aveva detto, “allora anche le vostre tasse sono un problema – finanziano il soldato al posto di blocco, il sistema educativo… e l’8200 è un’ottima mossa“.
Tralasciando i commenti di Ravid, la domanda sorge spontanea: è davvero accettabile che membri di un gruppo progettato per infiltrarsi, sorvegliare e prendere di mira le popolazioni straniere, che ha prodotto molte delle tecnologie di spionaggio più pericolose e invasive del pianeta e che è ampiamente ritenuto responsabile di sofisticati attacchi terroristici internazionali, scrivano le notizie su Israele e Palestina lette dagli americani? Quale sarebbe la reazione se figure di spicco dei media statunitensi venissero smascherate come agenti dei servizi segreti di Hezbollah, Hamas o dell’F.S.B. russo?
NOTIZIE SU ISRAELE, DIRETTAMENTE DA ISRAELE
Ravid non è però l’unico giornalista influente in America con profondi legami con lo Stato israeliano. Shachar Peled ha trascorso tre anni come ufficiale dell’Unità 8200, guidando un team di analisti in materia di sorveglianza, intelligence e guerra informatica. Ha anche lavorato come analista tecnologico per il servizio di intelligence israeliano Shin Bet. Nel 2017 è stata assunta come produttrice e scrittrice dalla CNN e ha trascorso tre anni a realizzare segmenti per i programmi di Fareed Zakaria e Christiane Amanpour. In seguito Google l’ha assunta come Senior Media Specialist.

L’ex spia israeliana Shachar Peled ha lavorato presso l’emittente israeliana i24 News prima di approdare alla CNN e successivamente a Google
Un altro agente dell’Unità 8200 che ha lavorato per la CNN è Tal Heinrich. La Heinrich è stata per tre anni agente dell’Unità 8200. Tra il 2014 e il 2017, era stata produttrice sul campo e in redazione per l’ufficio di Gerusalemme della CNN, notoriamente filoisraeliano, dove era stata una delle principali giornaliste che avevano contribuito a vendere agli americani l’operazione Protective Edge, il bombardamento di Gaza da parte di Israele che aveva ucciso più di 2.000 persone e lasciato centinaia di migliaia di sfollati. La Heinrich aveva poi lasciato la CNN ed è ora la portavoce ufficiale del Primo Ministro Benjamin Netanyahu.
La propensione della CNN ad assumere figure dello Stato israeliano continua ancora oggi. Tamar Michaelis, ad esempio, lavora attualmente per la rete, producendo molti dei suoi contenuti su Israele/Palestina. Questo nonostante avesse precedentemente prestato servizio come portavoce ufficiale dell’IDF nelle Forze di Difesa israeliane.
Il New York Times, nel frattempo, ha assunto Anat Schwartz, una ex ufficiale dell’Air Force Intelligence israeliana con zero esperienza giornalistica. La Schwartz aveva collaborato alla stesura del famigerato e ormai screditato articolo “Urla senza parole“, in cui si affermava che, il 7 ottobre, i combattenti di Hamas avevano sistematicamente violentato i prigionieri israeliani. Lo stesso personale del Times si era ribellato per la mancanza di prove e di fact-checking nel pezzo.
Molti dipendenti del New York Times, tra cui l’editorialista David Brooks, hanno figli che hanno prestato servizio nell’IDF; nonostante questo riferiscono o offrono opinioni sulla regione e il Times non ha mai rivelato ai suoi lettori questi evidenti conflitti di interesse. Né ha rivelato di aver acquistato a Gerusalemme per il suo capo ufficio una casa che era stata sequestrata nel 1948 alla famiglia dell’intellettuale palestinese Ghada Karmi.
Lo scorso anno, MintPress News aveva intervistato Karmi sul suo ultimo libro e sui tentativi israeliani di metterla a tacere. L’ex scrittore del New York Times Magazine e attuale caporedattore di The Atlantic, Jeffrey Goldberg, (americano) aveva abbandonato l’Università della Pennsylvania per fare il volontario come guardia carceraria dell’IDF durante la Prima Intifada (rivolta) palestinese. Nelle sue memorie, Goldberg ha rivelato che, mentre prestava servizio nell’IDF, aveva contribuito a coprire gli abusi sui prigionieri palestinesi.
Anche le società di social media sono piene di ex agenti dell’Unità 8200. Una indagine di MintPress del 2022 aveva trovato non meno di 99 ex agenti dell’Unità 8200 che lavoravano per Google.
Anche Facebook impiega decine di ex-spie della controversa unità. Tra questi c’è Emi Palmor, che fa parte del consiglio di sorveglianza di Meta. Questo gruppo di 21 persone decide in ultima istanza la direzione di Facebook, Instagram e delle altre offerte di Meta, decidendo quali contenuti consentire, promuovere e quali sopprimere. Meta è stata formalmente condannata per la sistematica soppressione delle voci palestinesi sulle sue piattaforme da Human Rights Watch, che ha documentato oltre 1.000 casi di censura palesemente anti-palestinese solo nei mesi di ottobre e novembre 2023. Una misura di questa parzialità è evidenziata dal fatto che, ad un certo punto, Instagram ha inserito automaticamente la parola “terrorista” nei profili degli utenti che si definivano palestinesi.
Nonostante le diffuse affermazioni dei politici statunitensi, secondo cui TikTok sarebbe un focolaio di razzismo anti-Israele e antisemita, anche questa piattaforma impiega molti ex agenti dell’Unità 8200 nelle posizioni chiave della sua organizzazione. Ad esempio, nel 2021 aveva assunto Asaf Hochman come responsabile globale della strategia di prodotto e delle operazioni. Prima di entrare in TikTok, Hochman aveva trascorso oltre cinque anni come spia israeliana. Ora lavora per Meta.
LA CENSURA AUTORITARIA PRO-ISRAELE
Quando si tratta dell’attacco israeliano ai suoi vicini, i media aziendali hanno sempre mostrato un pregiudizio pro-Israele. Il New York Times, ad esempio, si astiene regolarmente dall’identificare l’autore della violenza quando questo è l’esercito israeliano e ha descritto il genocidio del 1948 di circa 750.000 palestinesi come una semplice “migrazione”. Uno studio sui termini utilizzati da quotidiano ha rilevato che parole come “strage”, “massacro” e “orribile” compaiono 22 volte più frequentemente quando si parla di morti israeliane rispetto a quelle palestinesi, nonostante la gigantesca disparità nel numero di persone uccise da entrambe le parti.
Nel frattempo, riferendosi ad un episodio in cui i soldati israeliani avevano sparato 335 proiettili contro un’auto che trasportava una bambina palestinese, prendendo poi di mira i soccorritori che erano venuti a salvarla, la CNN aveva pubblicato l’articolo con il titolo “Bambina palestinese di cinque anni trovata morta dopo essere rimasta intrappolata in auto con i genitori morti” – un titolo che avrebbe potuto essere interpretato come la descrizione di un tragico incidente.
Questo tipo di reportage non nasce per caso. Al contrario, viene direttamente dall’alto. Una nota del New York Times trapelata lo scorso novembre aveva rivelato che la direzione dell’azienda aveva dato esplicite istruzioni ai suoi giornalisti di non usare parole come “genocidio”, “massacro” e “pulizia etnica” in riferimento alle azioni di Israele. Il personale del Times nei suoi servizi deve astenersi dall’usare parole come “campo profughi”, “territorio occupato” o persino “Palestina”, rendendo quasi impossibile trasmettere al pubblico alcuni dei fatti più elementari.
Anche il personale della CNN è sottoposto a pressioni simili. Lo scorso ottobre, il nuovo amministratore delegato, Mark Thompson, aveva inviato a tutto il personale un promemoria in cui si intimava di assicurarsi che Hamas (e non Israele) fosse presentato come responsabile delle violenze, di usare sempre l’appellativo “controllato da Hamas” quando si parlava del Ministero della Salute di Gaza e delle cifre relative ai morti tra i civili, ed era vietato riferire il punto di vista di Hamas, che, secondo il direttore senior degli standard e delle pratiche giornalistiche, non era “degno di nota” ed equivaleva a “retorica infiammatoria e propaganda”.
Sia il Times che la CNN hanno licenziato diversi giornalisti per la loro opposizione alle azioni israeliane o per il loro sostegno alla liberazione della Palestina. A novembre, Jazmine Hughes del Times era stata licenziata dopo aver firmato una lettera aperta contro il genocidio in Palestina. L’anno precedente il giornale aveva rescisso il contratto di Hosam Salem dopo una campagna di pressione del gruppo pro-Israele Honest Reporting. E il conduttore della CNN Marc Lamont Hill era stato bruscamente licenziato nel 2018 per aver invocato la liberazione della Palestina in un discorso alle Nazioni Unite.
Le grandi organizzazioni come Axios, CNN e New York Times sanno ovviamente chi stanno assumendo. Si tratta di alcuni dei posti di lavoro più ambiti del giornalismo e probabilmente centinaia di persone si candidano per ogni singola posizione. Il fatto che queste organizzazioni scelgano di selezionare ex spie israeliane prima di tutti gli altri solleva seri interrogativi sulla loro credibilità giornalistica e sui loro scopi.
Assumere agenti dell’Unità 8200 per produrre notizie per gli americani dovrebbe essere impensabile, tanto come assumere combattenti di Hamas o Hezbollah come reporter. Eppure, ex-spie israeliane sono incaricate di informare il pubblico americano sulle offensive in corso del loro Paese contro Palestina, Libano, Yemen, Iran e Siria. Cosa dice questo della credibilità e dei pregiudizi dei nostri media?
Visto che Israele non potrebbe continuare a portare avanti questa guerra senza l’aiuto americano, la battaglia per la mente degli americani è importante quanto le azioni sul campo. E, mentre la guerra di propaganda va avanti, i confini tra giornalista e combattente si confondono. Il fatto che molti dei più importanti giornalisti che ci forniscono notizie su Israele/Palestina siano letteralmente ex agenti dei servizi segreti israeliani non fa che sottolinearlo.
Alan MacLeod
Fonte: mintpressnews.com
Link: https://www.mintpressnews.com/revealed-israel-unit-8200-spies-american-media/288457/
16.10.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org