Quegli adorabili cialtroni di Virginia Raggi e Donald Trump

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DI ROSANNA SPADINI

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L’imponderabile è un evento difficile da valutare, incalcolabile, indeterminabile, indefinibile, eppure sta avvenendo giorno dopo giorno sotto gli occhi straniti del mondo intero … prima il Brexit, poi Trump, poi il suo blocco sugli ingressi da 7 paesi islamici, poi la guerra che le agenzie d’Intelligence stanno facendo al neopresidente … certo non è facile governare, ma ancora più difficile è cercare di cambiare il sistema. Anzi sembra quasi che il vento sia talmente forte, che Trump sembra aver preso lezioni da Vito Crimi, né destra né sinistra, ma pragmatismo. Per di più Gianroberto Casaleggio è assurto agli onori dei “grandi pensatori” della storia, perché da perfetto profeta nostrano aveva espresso una strana frase divenuta virale: «Un’idea non è né di destra né di sinistra. È un’idea. Buona o cattiva».

Che detta così sembra una banalità totale, invece guarda caso ora la “profezia” sta rimbalzando da un continente all’altro. Trump fa cose di destra (muri, espulsioni, autoritarismo) e di sinistra (difesa dei posti di lavoro nazionali), ma probabilmente ha sbirciato da lontano quello che stavano facendo i populisti italiani da qualche anno, così come anche nel suo piccolo Virginia Raggi sta facendo a Roma (che è tutto dire per uno sciupafemmine buzzurro e misogino come lui).

Mentre il “Virginia Show” prosegue inesorabile su tutti i teleschermi, anche il “Donald Show” sta lievitando su tutti gli audience globalizzati, tanto che siamo costantemente informati su fatti e misfatti dell’orribile pagliaccio, amori e odi, conflitti interni e congiure al cianuro, con il preciso intento di distrarre l’opinione pubblica dai veri problemi che assillano il Paese.

Anche se lei è semplicemente una sindaca della capitale d’Italia e lui è il presidente degli Stati Uniti, entrambi sono quotidianamente attaccati dai media, dalle intelligence e dalle lobby neoliberiste. Entrambe le linee politiche vanno in un senso ben preciso, addio alla globalizzazione e avanti il pragmatismo. Affinità elettive anche nel rischio che entrambi stanno correndo, infatti il Presidente Trump sta rischiando  l’impeachment, mentre la sindaca quello di essere rovesciata e di danneggiare la credibilità amministrativa del MoV.

Però, lungi dall’accettare la sconfitta, i potentati d’interesse e palazzinari di mafia capitale hanno deciso, come sempre, di alzare la posta in gioco e di imbarcarsi in una vera e propria crociata diffamatoria mediatica, modulata su tutti i network italiani, con l’aggiunta del mandato di comparizione, nei confronti della sindaca.

I motivi del contendere sono diversi, Olimpiadi, ATAC, nuovo stadio di Roma, rapporti col Vaticano. Sopravviverà la giunta Raggi allo sforzo titanico di un braccio di ferro con i veri poteri della Roma affaristico mafiosa?

–              Sulle Olimpiadi per il 2024 la sindaca ha ritirato l’appoggio alla candidatura, un NO definitivo che non ha lasciato spazio a possibili ripensamenti, attirandosi le antipatie del CONI e del suo presidente Giovanni Malagò. La prima ragione è legata allo studio realizzato dall’Università di Oxford nel 2016, che mostra come in tutte le ultime edizioni il budget iniziale dei Giochi sia stato esageratamente sforato.

La Oxford University ha analizzato gli eventi a cinque cerchi organizzati dal 1960 in avanti e il quadro pare essere preoccupante: rispetto alle previsioni, la crescita media dei costi è del 156% ma per le Olimpiadi estive si arriva al 176%. Per la candidatura romana la previsione di spesa era di 5,3 miliardi, somma che però non comprendeva i costi per le infrastrutture di trasporto, senza contare gli extra che hanno caratterizzato tutte le ultime edizioni. Una spesa insomma considerata fuori dalla portata delle casse capitoline, già in affanno nel coprire i servizi pubblici essenziali per i cittadini.

–                  Rispetto alla privatizzazione Atac, la sindaca di Roma ha scritto ai romani, e agli italiani, sulla pagina Facebook personale «Non faremo un passo indietro davanti a chi mira a privatizzare Atac, strappandola dalle mani dei cittadini. Atac è e rimarrà pubblica. Per questo siamo al lavoro per rilanciare l’azienda, renderla più efficiente e competitiva. E lo vogliamo fare insieme ai dipendenti». Quindi per il momento la sindaca cerca di mantenere la parola data in campagna elettorale, contrastando le spinte del mondo finanziario, anche straniero, che vorrebbe allungare le unghie sull’azienda che gestisce il trasporto pubblico romano, attualmente in grave crisi. L’impresa appare smisurata, ma la scorciatoia della svendita, per il momento è stata evitata.

–                  Affari miliardari anche per quanto riguarda la costruzione del nuovo stadio della Roma di Tor di Valle. La stampa sta cercando di seminare zizzania all’interno della giunta, come nel dicembre 2016, quando il Messaggero (Gruppo Caltagirone) insisteva sulla frattura tra Paolo Berdini e la Raggi. L’assessore infatti vorrebbe  ridurre le cubature del progetto.

Oggi l’assessore torna al centro della scena per le fake di altri giornalai, quali La Stampa, che inventa un’intervista mai avvenuta, in cui lui avrebbe fatto un duro affondo contro Virginia Raggi.  Da mesi si parla della possibilità che Berdini esca dalla giunta vista la sua “contrarietà” al progetto del nuovo stadio di proprietà dell’As Roma, che lui vorrebbe fosse realizzato nel quadro dei vincoli del piano regolatore, ovvero senza le tre torri (veramente oscene) e la centralità del centro commerciale previsti dal disegno attuale, imponendo forti tagli alle cubature del complesso commerciale che dovrebbe sorgere attorno all’impianto sportivo.

Berdini  smentisce le sue fantomatiche dichiarazioni sull’inadeguatezza della sindaca e sulla “corte dei miracoli” ai microfoni di Rainews24: «Mai parlato con la Stampa, un giornalista ha origliato chiacchiere private, smentisco di aver mai conosciuto questo ragazzo che si è avvicinato a un gruppo di amici che parlano. Questo mascalzone ha registrato un colloquio privato. Non ho rilasciato alcuna intervista alla stampa» …  «Sull’impreparazione io mi ci metto dentro. Non immaginavo il baratro che avrei trovato, siamo tutti impreparati e mi ci metto anche io. Questa città è in ginocchio e sia io che i colleghi di Giunta non immaginavamo che fosse messa così male. Mai dette certe cose, è repellente ragionare su questo piano. Il ragazzo avrà contraffatto con i mezzi tecnologici a disposizione. Mi sono state messe in bocca parole inaudite da questo piccolo delinquente».  Alla fine l’assessore ha rassegnato le sue dimissioni, al momento respinte con riserva da parte della sindaca.

All’appello in romanesco «Famo sto stadio» di Luciano Spalletti, l’allenatore della Roma, Berdini risponde «Se stiamo dentro le regole del piano regolatore, come dico da mesi, lo stadio si può e si deve fare, sempre che la società receda da appetiti che credo siano un po’ troppo elevati per quell’area e per questa povera città». Il tweet con cui Francesco Totti si è schierato a favore della realizzazione dell’opera? «Conta – ha detto l’assessore – però sono le regole che fanno la differenza, altrimenti è una giungla».

L’accordo tra il Comune e il costruttore risale alla giunta Marino e prevede che Eurnova Srl, società del Gruppo Parsitalia che fa capo a Luca Parnasi, costruisca lo stadio e, in cambio delle opere infrastrutturali, ottenga “a titolo di compensazione” la realizzazione di uffici e attività commerciali. «Parnasi vuole insieme allo stadio qualcosa come 600 mila metri cubi regalati – ha spiegato l’assessore– scusate, lui non fa lo stadio … Io sono a favore dello stadio della Roma, l’ho detto dieci volte, sono contro questo gioco della roulette». Il Campidoglio quindi imporrebbe alcune condizioni: una riduzione del 10/20% delle cubature con conseguente limatura di alcuni piani alle torri destinate a ospitare gli uffici e alcune palazzine dell’area commerciale.  Perché 600.000 mc di nuove costruzioni equivarrebbero a 2000 appartamenti di 100 mq e dell’altezza di 3 m.  Quindi non è tanto lo stadio che interessa, ma tutto il resto.

 

Il privato in questione è quel Luca Parnasi, erede di un impero immobiliare che spazia dal colosso di Euroma2, il megacentro commerciale le cui torri svettano sui tetti del quartiere Eur, fino ai 250mila metri quadri del terzo polo commerciale di Pescaccio, passando per le residenze della Città del Sole costruite con il gruppo Bnl-Paribas e i 10 mila metri quadrati di appartamenti realizzato dove una volta sorgeva l’ex autorimessa Atac, quartiere Tiburtino.

Ma intanto ha già messo nero su bianco il suo parere sul progetto, con un lungo documento di 76 pagine , che sottolinea carenze documentali, problemi di sicurezza, viabilità, approvvigionamento idrico ed elettrico. Praticamente il progetto dei giallorossi è un colabrodo, a detta dei tecnici capitolini. Ovvero una sproporzione generale tra i cantieri previsti e lo stadio, che vale appena il 14% del totale.

Le carenze individuate sono tantissime, ovvero la congestione della Roma-Lido e della via del Mare, due assi cruciali per la città, per cui «non si possono escludere riflessi negativi sulla già precaria situazione» … potrebbero sorgere problemi di traffico persino nell’afflusso verso il nuovo centro commerciale anche non in concomitanza delle partite.

Berdini: “Stadio della Roma? Benefici nelle casse di qualcuno, non del Comune”

«Un’opera che farà parte della storia dell’architettura», la definiva da New York il sindaco Ignazio Marino nell’agosto 2014, quando veniva perfezionato l’accordo per la realizzazione del nuovo stadio della Roma. Un’operazione immobiliare dal valore immenso, che se riuscisse, servirebbe a fare felici i tifosi giallorossi, ma soprattutto il suo deus ex machina, il costruttore Luca Parnasi, che nella vita fa l’imprenditore e giustamente punta a guadagnare.

Saliti sul palcoscenico dell’affare, il padre era il grande vecchio Sandro Parnasi, ex stagnaro e comunista, che si era fatto le ossa nel dopoguerra costruendo le palazzine delle periferie, il pargolo d’oro è Luca, cresciuto a pane e mattone nell’impero di famiglia. Un po’ come i Marchini, simpatie “rosse” e grandi affari nello scenario della Roma del primo e del secondo millennio.

Ma negli ultimi tempi, oltre alla scommessa traballante dello stadio, oltre all’inchiesta giudiziaria sull’acquisto dei terreni di Tor Di Valle, Luca è stato costretto a consegnare gran parte dei suoi beni al primo creditore, Unicredit, cedendogli le sue partecipazioni immobiliari, dalla Parsec alla Samar.

Una  spaventosa esposizione del gruppo Parnasi: 700 milioni di euro. Per questo l’affare stadio non lo si può perdere.

Spiegato il perché nel mondo globalizzato, controllato dalle fake news dei media, alimentato quotidianamente a soap opera e Sanremo, le oscure odissee di “Virginia and Donald Show” invadono i teleschermi e turbano le coscienze, alimentando la paura del cambiamento e potenziando l’edonismo della società liquida. Tutti zitti invece sulle vere problematiche che si celano dietro le sit-com, ma gli argini stanno cedendo e nuove modalità di fare politica prospettano inesorabilmente un nuovo ordine.

Quindi nel parco a tema della westworld sia nostrana che internazionale, Virginia Raggi viene definita una “patata bollente” (da Lord Vittorio Feltri), e Donald Trump l’ “orribile pagliaccio” degli Usa … ma è questa la verità ??

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

11.02-2017

 

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