L’ora delle scelte difficili

Intervista al medico Dario Giacomini, sospeso perché non vaccinato, fondatore di "ContiamoCi!"

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di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org

Obbligo di green pass per i lavoratori privati e pubblici dal 15 ottobre, pena la sospensione dal lavoro e la perdita dello stipendio. Il Consiglio dei Ministri, nella riunione dello scorso 16 settembre, ha approvato un ulteriore d.l. che estende l’ambito applicativo della certificazione verde. Una misura in realtà non giustificata dalla situazione negli ospedali né dall’efficacia sanitaria, ma pensata per spingere le persone a farsi iniettare un farmaco sperimentale. Siamo allo smantellamento dei diritti fondamentali e il quadro sta rapidamente degenerando con il plauso festante di chi ancora non si rende conto della gravità della situazione e in questo modo rischia di avallare qualsiasi potenziale pericolosa deriva perché la tensione sociale sta salendo con conseguenze imprevedibili.

Il cerchio pian piano si stringe, ma anche il fiume lentamente si sta ingrossando e rischia di straripare. In vari ambiti non sono poche, infatti, le persone che, decidendo di non rinunciare a una libera e lecita scelta di autodeterminazione, hanno detto NO a farmaci che non garantiscono sicurezza né efficacia (tra questi anche oltre 100 mila agenti tra militari e forze di polizia).

Che faranno adesso tutti coloro che fino a questo momento non si sono fatti vaccinare?
Cederanno o resisteranno?
Quindi i “disubbidienti” saranno tutti sospesi o licenziati?

Ma se da un lato il rischio è di non avere lo stipendio a fine mese per provvedere al sostentamento della propria famiglia, dall’altro va anche considerata la possibilità di perdere la salute visti i numerosi casi di effetti avversi gravi che sempre di più stanno emergendo. Come anche è bene tenere conto che molti ambienti lavorativi potranno andare incontro a blocchi e comunque serie difficoltà per carenza di personale, se tutti coloro che fino a questo momento hanno rifiutato i sieri sperimentali continueranno a rimanere fermi nelle proprie convinzioni. Il che sarà un grosso problema che riguarderà anche chi si è vaccinato e ora sta esultando per l’estensione del green pass.

Vivere comporta sempre di fare delle scelte. E adesso è arrivato il tempo di quelle difficili. Si può scendere a patti con ciò che si ritiene ingiusto o avere il coraggio di mettere in pratica ciò in cui si crede. Alla fine siamo NOI i responsabili ultimi delle nostre valutazioni, delle nostre azioni, della nostra salute, della nostra esistenza, che è preziosa, e lascia un segno anche nelle altrui vite.

E che comporta, a volte, decisioni molto dolorose. Come quella di essere disposti a perdere un lavoro amato, per il quale si è tanto studiato e ci si è sacrificati. Cosa che sta accadendo a tanti medici e operatori sanitari per  quali il decreto legge n. 44 del 1° aprile scorso, ignorando completamente la Costituzione e i trattati internazionali, ha stabilito l’obbligo vaccinale (art. 4) prevedendo il demansionamento o la sospensione dello stipendio in caso di rifiuto.

L’epurazione è già iniziata, purtroppo, e diversi medici e infermieri sono già stati sospesi. Sono esattamente i medesimi che dal marzo 2020 al luglio 2021 hanno collaborato attivamente a contrastare il fenomeno epidemico, quelli omaggiati con stornelli dai balconi, clacson, sirene e balletti. Ma la gente, evidentemente, ha la memoria corta.
Tra i  professionisti costretti a casa, c’è anche il  dottor Dario Giacomini, medico radiologo.

 

Dottor Giacomini , da quanto tempo lei è sospeso dal lavoro? Può raccontare dove lavorava e com’è andata?

“Ero, anzi continuo ad essere, il responsabile della radiologia dell’ospedale di Arzignano, presso l’USLL 8 di Vicenza. Sono sospeso da due mesi in quanto non ho ottemperato all’obbligo vaccinale quindi io non percepisco lo stipendio da due mesi. Essendo sospeso anche dall’Ordine dei Medici teoricamente non posso lavorare neanche se volessi licenziarmi in quanto tutte le mansioni che prevedono il contatto diretto con pazienti non sono permesse. Questo riguarda un po’ tutti i sanitari, nel mio specifico ruolo come radiologo io avrei potuto tranquillamente continuare a svolgere il mio lavoro di fronte al monitor per refertare radiografie e tac visto che il contatto diretto col paziente, per gran parte del mio lavoro, non lo ho quindi avrei potuto essere limitato nelle mie mansioni, ma continuare a seguire l’ospedale ed essere utile alla collettività senza recare danno a nessuno, ma il datore di lavoro ha scelto così.”

 

Cosa succede a un medico/operatore sanitario che si trova in questa situazione?

“La legge prevede che fino al termine della campagna vaccinale o comunque non oltre il 31 dicembre 2021 si resti sospesi senza retribuzione. E si spera di poter rientrare a svolgere il proprio lavoro.”

 

Già prima di essere sospeso però lei aveva dato vita all’Associazione ‘ContiamoCi!’. Perché è nata e cosa si propone?

“Dopo il decreto legge 44 è diventato palese che c’è stato sostanzialmente un tradimento da parte della politica, dei sindacati e degli ordini nei confronti di una parte dei sanitari. Abbiamo assistito a una presa di posizione netta, e anche molto aggressiva nei termini, nei confronti dei sanitari che non avevano ottemperato, e rifiutano ancora, l’obbligo vaccinale per cui gli stessi sindacati che dovevano tutelarci sul luogo di lavoro in realtà si sono subito battuti perché venissimo sospesi ed espulsi e gli stessi ordini si sono spinti fino a chiedere pene severe per i tutti i sanitari che non si fossero vaccinati. Quindi ci siamo ritrovati tutti gli organi costituiti contro, quando noi abbiamo sempre detto che non siamo contrari genericamente alle vaccinazioni, ma semplicemente rifiutavamo queste per una questione di prudenza e di scelta  individuale chiedendo comunque subito strumenti per continuare a servire la collettività in sicurezza.
Adesso, dopo 5 mesi, si sono accorti che i vaccinati possono comunque contagiare, cosa che noi abbiamo sostenuto fin da subito. Questo dovrebbe farci riammettere immediatamente al lavoro, invece così non è perché c’è una battaglia ideologica, una furia ideologica che non aderisce assolutamente alla realtà. Sottolineo che al di là del vaccino, e comunque in questi giorni si parla già di terza dose anche per i sanitari, per non contagiare c’è l’obbligo dei dispositivi di protezione individuale e poi c’è il tampone. Noi abbiamo chiesto da subito di farci lavorare verificando il nostro stato di salute e ci è stato negato, mentre adesso stiamo vedendo, anche in questi giorni, che i vaccinati che non eseguono tamponi perché hanno il Green pass poi invece possono diventare positivi e contagiare.”

 

Dunque alla fine i vaccinati risultano potenzialmente più pericolosi dei non  vaccinati?

“Proprio così, perché chi ha il vaccino per 12 mesi non si deve controllare, mentre i non vaccinati ogni due giorni devono presentare un tampone; alla fine danno ai pazienti più garanzia di essere negativi rispetto a chi si è vaccinato e non esegue tamponi per un anno. Comunque lo scotto sicuramente lo paga il sanitario in prima persona sulla sua pelle, ma poi lo paga anche la collettività. Pensi che per ogni medico di base che viene sospeso, sono 1500 cittadini che rimangono senza un’assistenza sul territorio, per non parlare degli ospedali, delle strutture private, dei farmacisti, dei veterinari, degli psicologi e via via elencando.
Però, guarda caso, e lo denuncio qui, tutte queste persone vengono sospese molto lentamente perché le misure vengono programmate in funzione delle esigenze dell’ospedale o della struttura, a dimostrazione che è soltanto una questione ideologica, altrimenti per ottemperare alla legge avrebbero dovuto sospendere tutti dal primo di aprile. Invece stanno facendo lavorare ‘fuori legge’ dei sanitari perché diversamente tutto si bloccherebbe. Ecco che per mantenere in piedi il sistema alcuni vengono puniti a mo’ di esempio e altri vengono tenuti al lavoro. Io sono contento per chi continua a lavorare, però questa è la dimostrazione che si può continuare a lavorare. Se colleghi hanno continuato a farlo per 4-5 mesi senza creare danno ad alcuno, con le dovute cautele si può tranquillamente lavorare tutti quanti e in tutti gli ambienti di lavoro.”

 

Cosa si propone concretamente l’Associazione per aiutare i propri associati?

“Abbiamo iniziato che eravamo in pochi, ma velocemente siamo cresciuti e diventati migliaia. Ora poi, con il Green pass, il problema si è amplificato per cui ci siamo aperti a tutta la cittadinanza italiana e quindi l’associazione si proponeva e si continua a proporre innanzitutto l’idea di dare quelle risposte che la politica e i sindacati non hanno dato. Ci si sta quindi organizzando anche per avere una voce sindacale, per difendere sanitari, insegnanti e ogni categoria professionale, nei posti di lavoro.
L’Associazione ha realizzato poi una raccolta fondi che permetterà a centinaia di famiglie di essere sostenute economicamente visto che è stato perso un lavoro, sono previsti mille euro per ogni sanitario sospeso fino a esaurimento del fondo. Lo Stato ha scacciato alcuni suoi fedeli servitori che per 30 anni, magari, hanno fatto il loro dovere con abnegazione, con retribuzioni che sono quelle che sono, con ore di straordinario non retribuito e via discorrendo, eppure adesso vengono lasciati a casa senza stipendio, senza alcun sussidio. Noi li aiutiamo, quello che dovrebbe fare lo Stato, lo facciamo noi.
Infine c’è l’obiettivo di fare rete, far capire alle persone che non sono sole, dare quindi anche supporti di natura psicologica e sociale perché questa scelta di non vaccinarsi comporta subire una pressione che, alle volte, diventa quasi di mobbing e sapere che ci sono altre persone nella tua situazione aiuta molto. È importante”.

 

L’OMS considera la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”. Se questo è vero, non ritiene che in questo ultimo anno e mezzo il benessere fisico, mentale e sociale sia stato compromesso più dalle misure per contenere la diffusione del virus SARS-Cov-2 che dalla malattia stessa?

“Sicuramente ci sono state misure draconiane molto pesanti e chi ne ha subito di più le conseguenze, lo sappiamo, sono i bambini e gli adolescenti che si sono visti privati veramente della vita: socializzazione, attività sportive, studio in classe. Ora se nella prima fase, nella primavera 2020, eravamo effettivamente in grossa difficoltà perché non si conosceva bene il virus, non si capiva come si diffondeva e quindi un eccesso di prudenza potevo anche capirlo, poi c’è stata una grossa disorganizzazione: ad agosto ci si riteneva già fuori e quindi negli ospedali tutto è stato smantellato, nessuno ha pensato a garantire una riapertura intelligente delle scuole, così come anche i trasporti non sono stati ottimizzati per affrontare l’autunno del 2020 e poi l’inverno del 2021. Passata l’ondata si è pensato che tornasse tutto come prima, questo non è stato per cui poi alla fine i ragazzi è da un anno e mezzo che hanno frequentato poco e male la scuola. Il problema però non è il virus, il problema è come è stata gestita la situazione.
Adesso si parla di vaccinazione dei ragazzi, ma il problema non sono i ragazzi. Il problema è che non si è pensato al potenziamento dei trasporti e a costruire scuole con ambienti più ampi con la giusta ventilazione perché è assurdo tenere per forza aperte le finestre in una scuola per tutto l’inverno per fare, magari, ammalare gli studenti. Si poteva mettere una ventilazione meccanica controllata, ma non è stato fatto nulla né per le scuole né per gli ospedali sia dal punto di vista dell’edilizia che della gestione degli spazi. E così ci siamo trovati durante le ondate successive a lavorare faticosamente negli ospedali per creare i reparti che mancavano.
Facile poi far ricadere la colpa sul singolo sanitario o cittadino che contagia, ma la realtà dei fatti è che lo Stato non ha fatto nulla dal punto di vista programmatico, questa è la verità.”

 

 

Nel caso dei vaccini anti SARS-Cov-2 la prevenzione della malattia, la protezione dal contagio e il bilanciamento costi benefici sono ancora tutti da dimostrare. E gli studi randomizzati controllati in doppio cieco, su efficacia e sicurezza dei vaccini a mRNA, potranno dare risultati di scarsa rilevanza, in quanto, per stessa ammissione delle case farmaceutiche produttrici, anche il braccio di controllo trattato con le prime due inoculazioni di placebo, ha ricevuto al 97-98% il vaccino in sperimentazione, entro la fine del 2020 “per ragioni etiche”. Si tratta di un trattamento sanitario che, di fatto, è ancora in una fase di raccolta dati, come si può allora sostenerne l’obbligatorietà da un punto di vista scientifico?

“Io non ho tutte le competenze per poter rispondere precisamente a questa domanda, ammetto i miei limiti come tutti dovrebbero fare, invece ci sono innumerevoli persone che parlano senza averne le competenze e che si azzardano pure a fare previsioni. Io dico che qualsiasi farmaco ha controindicazioni, anche i vaccini ovviamente, e i costi benefici di questi in particolare, li vedremo sul medio-lungo periodo perché nessuno sa, a cominciare dalle case farmaceutiche,  quali possono essere le conseguenze per la genotossicità, per la cancerogenicità o gli effetti della terza dose di cui adesso si parla tanto ma che, di fatto, stanno sperimentando adesso per la prima volta sulle persone perché la verità è che non sappiamo cosa comporta sull’organismo questa ulteriore dose dal momento che sul bugiardino c’è scritto che la sperimentazione è stata fatta solo per le prime due dosi. Quindi se danni su medio lungo periodo possono esserci, lo sapremo solo strada facendo. Inoltre la maggior parte degli studi sono stati fatti solo dalle case farmaceutiche: è come dire all’oste se il vino è buono, indubbiamente dirà che è buono perché lo deve vendere, quindi vedremo.
Per tutti questi motivi il mio personale diniego non è legato al concetto di vaccinazione in sé per sé, ma a questo tipo di farmaci perché non ho chiari quali possono essere gli effetti avversi e non vorrei scoprirlo sulla mia pelle. Infine quando si legge la circolare del ministero della salute del 4 agosto 2021 che dice che anche in caso di miocardite correlata alla prima dose vaccinale,  nonostante ciò, si invita a fare pure la seconda cambiando vaccino, o ancora quando la medesima circolare dice che non è significativo fare il sierologico e di fare il vaccino nonostante la presenza di anticorpi, beh sono cose incomprensibili, la ratio dov’è?”

 

Se non sbaglio è anche il vostro codice deontologico che vi chiede di garantire la tutela della salute dell’individuo e della collettività in base alle migliori evidenze scientifiche. E se le evidenze sui trattamenti vaccinali non sono ancora forti, medici ed operatori sanitari non dovrebbero essere legittimati ad agire secondo il principio di precauzione?

“Certo! Invece non c’è un minimo di precauzione nemmeno sull’anamnesi, si inoculano questi farmaci in hub dove la gente in alcune fasi della campagna vaccinale si accalcava e in pochi minuti ti fanno la puntura senza valutare tutti i rischi. Ma sono medicinali nuovi! Se il vaccino fosse l’unico strumento possibile, allora si potrebbe eventualmente anche accettare l’ineluttabilità di questa procedura, ma non è l’unico perché ci sono i tamponi, ci sono i dispositivi di protezione individuale e c’è il distanziamento sociale. Tutte cose, tra l’altro, che si continuano a chiedere a chi si vaccina. Per quale motivo allora? Questa è la domanda da porsi.”

 

La Scienza dovrebbe essere  in grado di accogliere visioni contrastanti purché basate su dati ed eticamente rigorose, invece da un anno e mezzo a questa parte stiamo assistendo alla denigrazione e alla delegittimazione di persone e professionisti che hanno una visione non conforme a quello che è diventato un pensiero unico. Oltre alla totale mancanza di rispetto della deontologia da parte della maggior parte della stampa (che non ha più a che vedere nulla con l’informazione e va avanti tra etichette e luoghi comuni, senza cercare la verità), francamente hanno destato sconcerto le posizioni assunte dagli Ordini dei Medici e dagli Ordini delle Professioni Infermieristiche nonché dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi verso i propri iscritti che non vogliono conformarsi a un obbligo che non ritengono giusto. Tali posizioni non potrebbero rivelarsi, ad un esame da parte della magistratura, illegittime o, peggio, illegali? Vi state muovendo in tal senso come Associazione?

“No, non ci stiamo appellando alla magistratura perché stiamo vedendo che qualsiasi ricorso viene bocciato e, avendo molti di noi anche difficoltà economiche, chiedere alle persone sborsi di questo tipo senza poter dare nessuna garanzia, diventa improponibile. Quello che facciamo è far sentire la nostra voce e il nostro dissenso in altri modi: ad esempio partecipiamo alle manifestazioni nelle piazze, scriviamo lettere per rispondere alle affermazioni fatte dai politici e dagli ordini nei giornali e in televisione.
Ci piacerebbe che la scienza ritornasse nell’ambito dei convegni e dei dibattiti fatti tra colleghi in apposite sedi e non si pretendesse di farla nei salotti televisivi: è da un anno e mezzo che sentiamo ripetere tutti i giorni, dalle stesse persone, le stesse cose. I dati adesso cominciano a essere sempre più numerosi, ma manca il dibattito scientifico. Le affermazioni scientifiche non sono verità assolute ed è la scienza stessa, quella vera, che prevede che le varie affermazioni debbano essere provate e le tesi confutate. Affermare che quello che dice il virologo di turno sia verità assoluta e non permettere il dibattito, è una sconfitta della scienza e della medicina. E infatti oggi, purtroppo, sento tantissime persone dire che hanno paura di andare in ospedale. Questo è comprensibile, ma è un enorme problema perché ci sono tante malattie che non si possono curare se non in ospedale.
Non si rendono conto del danno incalcolabile che stanno facendo, sia per il sistema sanitario nazionale, che era un fiore all’occhiello dell’Italia, sia per le persone sospese che non possono più portare a casa uno stipendio né essere d’aiuto ad altri cittadini. Stanno creando sfiducia e spaccando la società. Hanno provocato una lacerazione enorme e non so se sarà una ferita che si potrà rimarginare.”

 

Si sente dire sempre più spesso di operatori sanitari con ciclo vaccinale completato che risultano poi positivi. Da uno studio preprint dell’università di Oxford pubblicato sull’autorevole rivista The Lancet emerge che gli “operatori sanitari con ciclo vaccinale completato e positivi alla variante delta del virus, sono risultati portatori di una carica virale 251 volte superiore a quella dei primi ceppi registrati.”. Ha potuto riscontrare questa informazione tra le sue conoscenze, i vaccinati si infettano e sono più contagiosi? A questo proposito ritiene che sarebbe quindi necessario un periodo di quarantena per le persone che decidono di vaccinarsi (a tutela dei propri contatti e, a maggior ragione, delle persone più fragili)?

“Sicuramente si contagiano anche vaccinati e possono finire in ospedale e anche in terapia intensiva. Sfido chiunque a sostenere il contrario. Le percentuali non le conosco perché non ho la possibilità di verificare cartella clinica per cartella clinica e comunque si crede poco ai dati ufficiali che vengono rilasciati perché, ormai, si è creata tanta sfiducia. Ovviamente il paziente fragile, il paziente pluripatologico, nel momento in cui va incontro ad un’infezione, può morire più facilmente, ma questo vale per tutte le infezioni, anche per una banale influenza, il che dimostra che c’è necessità di un controllo anche per i vaccinati perché, soprattutto se lavorano in un ambiente chiuso a contatto con le persone, devono controllarsi con un tampone, altrimenti potrebbero essere positivi asintomatici e rischiare di contagiare senza accorgersene.
Ribadisco: gli strumenti ci sono e un individuo può anche decidere autonomamente di vaccinarsi, senza pressioni, senza violenze, questo non è un problema. Basta che non ci sia discriminazione sia nel lavoro che nella vita sociale. Non è possibile che una persona non possa andare al lavoro perché non è vaccinata, né si può vincolare la libertà a un pezzo di carta, a maggior ragione se non si mettono dei limiti di tempo. Invece tutti i segnali portano verso un green pass che è fatto per restarci, allora questo vuol dire che si vuole legare la libera circolazione delle persone a uno strumento elettronico e questo non va più bene.”

 

Recentemente l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, in una sua intervista al quotidiano ‘Il Messaggero’ ha rilasciato delle gravissime dichiarazioni poi rilanciate anche dall’Agi il 31/08/2021 con il titolo “I no vax si paghino il ricovero da soli”. In pratica  l’Assessore D’Amato vorrebbe imporre il pagamento dei ricoveri nelle strutture ospedaliere del SSN della Regione Lazio alle persone non vaccinate per Sars-Cov2 che, contraendo la Covid19, abbiano necessità di usufruirne. Nello specifico l’Assessore afferma “Devono prendersi la responsabilità fino in fondo delle proprie scelte e delle proprie azioni”. Come risponde la sua Associazione a queste affermazioni che, per la verità, si sono sentite fare da altri politici? Anche il Presidente della Regione Toscana Giani ha contribuito ad alimentare il clima d’odio dicendo che “chi non intende vaccinarsi non può prendersi cura degli altri”.

“Abbiamo risposto con due lettere rivolte sia a D’Amato che a Giani, sono state pubblicate da alcune testate e sono rintracciabili sul nostro canale telegram. Il discorso è molto semplice: non si possono fare queste affermazioni. Io ho contribuito con le mie tasse a creare un sistema sanitario nazionale, ci ho anche lavorato all’interno e non ne posso essere espulso per una scelta individuale su una patologia che eventualmente riguarda la mia salute.
Soprattutto, mi si deve spiegare per quale motivo io ho giustamente curato con i soldi del sistema sanitario nazionale (cioè di tutti noi) pregiudicati, pentiti, persone che, sotto l’effetto di stupefacenti, quindi per scelta individuale, hanno magari saltato la corsia e ucciso altre persone con un incidente stradale, anche coloro che, per eccesso di fumo o alcol, sono andati incontro a patologie degenerative e adesso noi sanitari non dovremmo goderne per il capriccio di un politico. Quindi la trovo un’affermazione assolutamente infelice che rientra in un quadro di volontà persecutoria e di furia ideologica che non ha niente a che vedere con la medicina e con la salute perché noi siamo dei medici, abbiamo sempre lavorato per la salute della persona indipendentemente dalle sue scelte individuali e indipendentemente dai rischi che potevano correre.
Un sanitario non può mai tirarsi indietro, se deve aiutare qualcuno. Con questo virus invece a un certo punto abbiamo chiuso perfino le chiese e qualcuno pretende di non far accedere alle cure chi non si vaccina. Si facessero un esame di coscienza casomai loro che noi, da questo punto di vista, l’abbiamo a posto. Abbiamo sempre dato il massimo e cerchiamo di continuare a darlo. Poi, tra parentesi, lavorando in ambiente sanitario sappiamo benissimo come curare persone potenzialmente infette, viviamo normalmente tutto il giorno negli ospedali e non portiamo a casa le infezioni perché sappiamo come tutelarci e tutelare gli altri.”

 

Mentre in tanti paesi si allentano le restrizioni, tra l’altro con casi di positività analoghi e tassi di vaccinazione anche inferiori, invece in Italia si estende il green pass a qualsiasi attività lavorativa. Inoltre già si sta sentendo parlare di terza dose. Si profilano all’orizzonte mesi molto impegnativi. Lei e altri sanitari, per aver legittimamente esercitato il diritto all’autodeterminazione e non esservi piegati a un ricatto, siete rimasti senza lavoro. Si è pentito di questa sua scelta che indubbiamente l’ha penalizzata? Cosa si sente di dire alle persone che non vorrebbero vaccinarsi, ma che probabilmente cederanno nonostante i dubbi, perché altrimenti non sarebbero in grado di provvedere al sostentamento della propria famiglia?

“Non mi sono pentito della mia scelta, sicuramente è stata una scelta sofferta e ragionata e, all’inizio, ha creato non pochi problemi dal punto di vista anche psicologico perché comunque mi rendevo conto delle enormità della cosa e delle responsabilità familiari, questa infatti è una decisione che coinvolge non solo la persona, ma tutta la famiglia, quindi sicuramente è stata una scelta difficile. La rifarei però assolutamente, anche perché mi ha permesso di conoscere una realtà umana bellissima di persone che hanno ancora la forza di credere in un’idea, in un principio, e quindi anche di pagare per le scelte fatte, cosa che invece solitamente non si fa.
E’ sicuramente più semplice scendere a compromessi, invece noi rimaniamo fermi nel chiedere con forza che ci sia data la possibilità di continuare a lavorare in sicurezza per noi e per il prossimo, gli strumenti per poterlo fare ci sono. Sono convinto che non stiamo dalla parte sbagliata della storia. Facciamo una battaglia di libertà, una battaglia di diritto al lavoro, così c’è scritto nel nostro statuto, e in associazione ci sono anche persone vaccinate, persone che vogliono discutere, confrontarsi, analizzare senza preconcetti, quindi non è un discorso legato solo a questi vaccini. Siamo sicuri che le cose prima o poi prenderanno una giusta piega, si tratta solo di avere pazienza. Purtroppo non abbiamo la bacchetta magica, ma ci stiamo impegnando per poter sostenere, sia psicologicamente sia economicamente, le persone che non vogliono cedere al ricatto ‘ti vaccini o non lavori’.
A coloro che in questo momento sono in difficoltà e non sanno come fare dico di non cedere e unirsi a noi per trasformare la frustrazione e la rabbia in qualcosa di positivo perché insieme si può ancora sperare e cercare di progettare una sanità, una scuola, un mondo del lavoro e una politica che tornino ad essere rispettosi delle sensibilità di ognuno e di quei diritti che ritenevamo guadagnati per sempre ma, evidentemente, non era così.
Tutto quello che è successo si è verificato anche perché manca la solidarietà tra di noi, ma stiamo parlando di diritto al lavoro e delle libertà individuali e sono argomenti che riguardano tutti, senza distinzioni. Un domani anche chi oggi si è volontariamente vaccinato potrebbe essere costretto a fare qualcosa che non vuole, se non si mette un freno a questa deriva.”

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