L’Italia è a rischio fascismo! Lo dicono gli storici del «Miniver»

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Di Tomaso Pascucci per ComeDonChisciotte.org

Nella primavera del 2020, il panorama editoriale italiano ha registrato l’uscita di una nuova serie pubblicata da Laterza, apoditticamente denominata:

Fact Checking – la Storia alla prova dei fatti

Non risulta che l’iniziativa, che fino ad ora ha collezionato sette libri, abbia suscitato il benché minimo dibattito, né all’interno del mondo accademico, né altrove.

Eppure, l’operazione è tutt’altro che neutra e sintomatica dell’imperante esigenza formulata negli ultimi tempi dalle “democrazie” occidentali di dotarsi di un « Ministero della Verità », il cui compito, lo si intuisce, è naturalmente anche quello di controllare la narrazione della Storia. È opportuno precisare fin da subito che lo scrivente, benché storico di professione, non è specialista delle tematiche della serie Fact Checking, per cui le prossime valutazioni non riguarderanno la fondatezza delle tesi veicolate nei libri in questione quanto i presupposti della serie stessa, a cominciare dalla sua problematica denominazione.

Se l’espressione Fact Checking può passare inosservata in ambito giornalistico e televisivo, per lo meno per quanti non sono adusi a porsi troppe domande sulle cose che leggono, sentono o vedono, in campo storico rasenta il ridicolo. Per uno studioso con alle spalle una formazione universitaria da storico, l’analisi critica delle fonti e la definizione di una metodologia costituiscono un approccio talmente imprescindibile del mestiere che a nessuno verrebbe mai in mente di giustificarsene o di vantarsene.

Sarebbe come se un pescatore si mettesse in testa di prendere pesci senza attaccare un’esca all’amo della propria canna da pesca. A quest’osservazione, il curatore della serie, Carlo Greppi, replicherebbe molto probabilmente sostenendo che Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti si rivolge ad un vasto pubblico, non per forza edotto delle modalità con le quali si declina il mestiere di storico, e che, quindi, necessita della patacca Fact Checking per orientarsi tra le migliaia di pubblicazioni disponibili.

Come dichiarato da Carlo Greppi durante un’intervista nella quale introduce la serie Fact Checking, « spesso tra i libri più letti di Storia, quasi tutti sono scritti da giornalisti, senza una reale documentazione, che parlano un po’ per sentito dire, che sono fondamentalmente personaggi televisivi, come Bruno Vespa, Paolo Mieli, son tanti e questo non credo renda molto onore al mestiere di storico e alla coscienza storica del paese […] » (1).

Ammesso e non concesso che il bollino Fact Checking sia legittimo e possa aiutare i potenziali lettori ad evitare di affidarsi alle analisi di autori quali Bruno Vespa e Paolo Mieli, responsabili, secondo Carlo Greppi, di non rendere « molto onore al mestiere di storico e alla coscienza storica del paese », esso sottende une evidente pericolo.

Come non pensare che il bollino sia in grado di distogliere i potenziali lettori anche da tutti quegli studi condotti da storici veri ed onesti, ma che non sfoggiano in copertina il marchio apparentemente dirimente Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti ? Ecco il rischio insito in questa denominazione, la quale fa temere la nascita di una storiografia di Stato, eterodiretta da un « Ministero della Verità » suscettibile di relegare la storiografia non labelizzata ad una nicchia o di spazzarla via tout court. Sorge a questo punto spontaneo domandarsi se quest’iniziativa risponda ad un’esigenza meramente cognitiva e di stimolo allo studio del passato o se siano in gioco (anche) altri intenti.

Per rispondere a questo interrogativo occorre innanzitutto elencare il frutto delle fatiche storiografiche confluite nella serie :

1) Carlo Greppi, L’antifascismo non serve più a niente (2020)
2) Eric Gobetti, E allora le foibe? (2021)
3) Chiara Colombini, Anche i partigiani però… (2021)
4) Francesco Filippi, Prima gli italiani! (sì, ma quali?) (2021)
5) Pino Ippolito Armino, Il fantastico regno delle Due Sicilie. Breve catalogo delle imposture neoborboniche (2021)
6) Gianluca Falanga, Non si parla mai dei crimini del comunismo (2022)
7) Mimmo Franzinelli, Il fascismo è finito il 25 aprile 1945 (2022)

Come si evince dai titoli, volutamente provocatori, tutte le opere affrontano esclusivamente temi di Storia contemporanea italiana, e non certo i più leggeri. È infatti su queste tematiche che il dibattito politico italiano si è maggiormente polarizzato negli ultimi cinquant’anni !

Già questo singolo dato dovrebbe suggerire che questa proposta editoriale probabilmente ambisce a travalicare l’interesse culturale, anche perché le dimostrazioni portate avanti nei sette libri ricalcano le tesi generalmente difese da un singolo schieramento politico, segnatamente quello della Sinistra. Ma a sciogliere maggiormente il dubbio sul carattere tendenzioso e militante del progetto concorrono sia la pagina internet della Laterza ad esso dedicata (2) che l’intervista a Carlo Greppi già evocata.

La pagina internet non “mena il can per l’aia” e di slancio riporta, sotto il titolo della serie, la seguente frase : « Oggi la Storia è tornata ad essere un campo di battaglia ». Appare evidente che la serie si trasporta sul campo di battaglia e si fa arma. Difatti, il guanto di sfida è lanciato nel proseguo delle descrizione, attraverso un proclama sparato a bruciapelo :

Vere e proprie fake news storiche impazzano sui social network e la politica spesso utilizza il nostro passato per fomentare politiche di odio. […] È tempo di opporre a queste falsificazioni strumentali le verità che la Storia, con la sua ricerca e i suoi strumenti, ha individuato. Ed è importante che a farlo siano anche storici delle nuove generazioni, che più sentono la responsabilità della conoscenza del nostro passato, per la costruzione del mondo che verrà.

Al netto di eventuali giudizi sul contenuto dei libri, ossia sulla pertinenza delle tesi sostenute, non è possibile fare a meno di evidenziare le numerose criticità sollevate dal testo appena citato, soprattutto dal punto di vista epistemologico. Non potendo la Storia dotarsi di strumenti per fare ricerca e restituire verità – tale è il significato veicolato in prima lettura dal passo citato !  – , è ipotizzabile che quelle parole si riferiscano in realtà a Carlo Greppi e agli altri autori della serie e che, nel contempo, suggeriscano un paradosso: la Storia si rivelerebbe nelle proprie verità attraverso le penne di Carlo Greppi e collaboratori.

Per caso, Carlo Greppi e collaboratori incarnerebbero la Storia ? Contrariamente a quanto si possa pensare, la Storia non è un aggregato di fatti e date, e sono ben pochi gli avvenimenti sui quali vi è condivisione da parte degli storici rispetto alla loro natura e al loro svolgimento. Il concetto stesso di “verità” storica, qui dato per scontato, divide in realtà gli storici da più di un secolo, tra assertori « di una pluralità di verità » (3) e assertori di un possibile (anche se prudente) svisceramento della verità storica (4), senza dimenticare coloro i quali ritengono che lo storico possa sola approssimarsi alla verità, come il celebre storico del fascismo Renzo De Felice : « Secondo me oggi la storiografia italiana, contemporaneista, è malata di sicurezza. Ne ha troppa. È troppo sicura di sé, è troppo assertiva. […] Secondo me non sappiamo nulla di sicuro, di fermo. Cerchiamo di conquistare giorno per giorno la verità, cerchiamo di approssimarci ogni giorno un tantino di più alla verità »(5).

Per gli ideatori della serie Fact Checking, invece, la prudenza sembra essere un accorgimento superfluo, e alla ragionevole ricerca della verità si sostituisce un dogmatismo storico fatto di certezze da disseminare il più possibile nel tessuto sociale al fine di costruire, secondo Carlo Greppi, « una coscienza pubblica » (6). Per quale motivo ? Perché il male incombe sotto forma di « fake news storiche » che alimentano lo spettro di un ritorno, se non addirittura la proliferazione di un fascismo che non ha mai realmente disertato l’Italia, tale è in fondo il filo conduttore dell’intera serie (7). Carlo Greppi « crede fortemente nel ruolo pubblico degli storici », anzi ritiene che sia « necessario stare sul campo di battaglia, per usare una metafora bellica, parlare di Storia a più persone possibili, non evitare gli scontri quando ci sono, perché è in qualche modo così che si costruisce una coscienza pubblica, è così che ci si confronta sul nostro passato »(8).

Una tale concezione del compito devoluto allo storico, una sorta di guerriero al quale incombe la responsabilità di far prevalere il bene sul male e che si arroga il diritto di scrivere « una guida, come un libretto delle istruzioni »(9), è lungi dall’essere sposata da tutti gli storici.

Per esempio, il famoso storico medievista Marc Bloch, che forse più di tutti avrebbe potuto concepire il proprio mestiere alla stregua di una militanza politica, lui che era stato fucilato durante la Seconda guerra mondiale in quanto membro della Resistenza francese, scriveva tra il 1941 e il 1942: « La lezione dello sviluppo intellettuale dell’umanità eppure è chiara : le scienze si sono sempre mostrate tanto più feconde e, in seguito, tanto più utili, in fondo, alla pratica, quanto più deliberatamente abbandonavano maggiormente il vecchio antropocentrismo del bene e del male »(10).

Per parte sua, Bronislaw Geremek, un altro storico che si è dovuto confrontare con l’oscurantismo, ossia il regime comunista polacco, rifuggiva anch’egli dall’idea di assegnare alla Storia il ruolo di formatrice del « buon cittadino » :

Le ho già detto che la storia non insegna niente. Io mi rifiuto di mettere la storia al servizio della didattica. […] Dopo tutto si può dire che gli errori della storia si ripetano più spesso delle azioni giuste, il che è la prova che la storia non insegna niente. Ma intendo illustrare il mio pensiero. Per molto tempo ho cercato di dividere le mie competenze : c’erano lo storico Geremek, l’uomo impegnato Geremek, il politico Geremek. Tenevo a questa distinzione per salvaguardare la mia indipendenza di storico e per valorizzarla (11)

Evidentemente, Carlo Greppi e compagni non si rendono conto che il loro ostentato desiderio di dare lezioni di civiltà e di cercare lo scontro potrebbe compromettere la loro capacità di mantenere una giusta distanza rispetto alle questioni che, nella loro veste di storici, esaminano all’interno della serie Fact Checking. A mantenere l’ordine e scongiurare derive antidemocratiche dovrebbero pensare i politici, le Forze dell’ordine e la magistratura, non gli storici !

E se, dopo tutto, il progetto Fact Checking. La Storia alla prova dei fatti non fosse altro che un’impostura storiografica il cui reale obiettivo è quello di legittimare una storiografia di Stato, favorire la cancel culture (12), oltre che suscitare un nemico oramai irrilevante (i.e. il fascismo storico) per distogliere l’attenzione dagli attuali veri nemici della Democrazia ? Stupisce che l’elemento scatenante del progetto siano le false notizie circolanti su internet, ritenute capaci di fascistizzare nuovamente l’Italia.

Sarebbe opportuno comprendere, una volta per tutte, che nelle società ricche di libertà di parola e di giustizia sociale le notizie genuine finiscono per scalzare naturalmente le notizie false, secondo un principio di autorevolezza, non di autorità. Qualunque soggetto istituzionale o privato si prefigga il compito di combattere le false notizie, non coltiva la libertà di espressione ed ha lui stesso qualcosa da nascondere o falsificare !

Oltretutto, c’era veramente bisogno di un’ennesima rassegna storiografica, per giunta condotta da autori non tutti provvisti di una formazione da storici (13) ? Nonostante sul sito della Laterza si associ alla serie Fact Checking il termine « ricerca », « alla prova dei fatti » i sette libri non sono la risultante di ricerche archivistiche – si registra una sola referenza archivistica in tutto il progetto (14) –, bensì riportano fatti ed interpretazioni ricavati dalla rete e, soprattutto, dalla storiografia.

Tanta arroganza può solo nuocere ad un sereno tentativo di approssimarsi alle verità, qualunque esse siano, e delineare una forma di censura. Ma l’elemento che maggiormente stupisce è che Carlo Greppi si adoperi tanto a denunciare un fascismo latente e a fornire le « istruzioni » per riconoscerlo/contrastarlo, senza accorgersi (ufficialmente) che l’oscurantismo ha già preso piede, promosso da soggetti diversi da quelli che lui additava. Nell’intervista già citata, alla domanda su quali siano gli aspetti più rimossi del fascismo storico, Carlo Greppi risponde : « […] in generale tutto il suo carattere criminale, aggressivo, il fatto che sia stato un regime fondamentalmente sempre in guerra o che si stava sempre preparando alla guerra è sicuramente un aspetto rimosso […]».

Come leggono Carlo Greppi e collaboratori e la casa editrice Laterza il fatto che da anni il governo italiano (ma questo vale anche per tanti altri governi) restringa (o minacci di restringere) le libertà fondamentali degli Italiani con la scusa della guerra al terrorismo, al SARS-CoV-2, all’imperialista Vladimir Putin, all’uomo inquinatore e, probabilmente, al vaiolo ? Non ravvisano una similitudine con la rimozione evocata da Carlo Greppi ed un ritorno a « la via italiana al totalitarismo » (15) ?

Per limitarsi ad uno dei tanti avvenimenti inquietanti accaduti di recente, segnalato dal Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB), come leggono lorsignori il fatto che i presidenti degli Ordini delle professioni socio-sanitarie abbiano inviato una lettera « al Ministro della Salute, in data 2 maggio 2022, per denunciare gli episodi in cui le Assemblee degli Ordini medesimi […] sono diventate ‘teatro di scontro’ » (16) e per richiedere man forte al Governo al fine che quest’ultimo preveda « ‘idonei interventi per contrastare le tensioni in essere’ » (17), in pratica reprima i medici dissenzienti ? Il totalitarismo in Italia è già operativo e molto probabilmente, la serie Fact Checking: la Storia alla prova dei fatti, ne è una delle manifestazioni passate sottotraccia.

D’altronde, Enrica Perucchietti ha giustamente rilevato che un regime totalitario necessita di controllare il modo in cui la Storia viene scritta « per mantenere la stabilità e l’infallibilità »(18) di se stesso.

Di Tomaso Pascucci, storico – Université de Franche-Comté

 

NOTE

(1) =  https://www.spreaker.com/user/adilmauro/carlogreppi.

(2) = https://www.laterza.it/2021/03/15/fact-checking-la-storia-alla-prova-dei-fatti/.

(3) = Jerzy Topolski, Narrare la storia. Nuovi principi di metodologia storica, con la collaborazione di Raffaello Righini, Milano, Bruno Mondadori, 1997, p. 196.

(4) = Su quest’aspetto si è da poco espresso : Enzo Traverso, La tirannide dell’Io. Scrivere il passato in prima persona, Roma-Bari, Laterza, 2022, p. 133-135.

(5) = Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, a cura di Michael A. Ledeen, Roma-Bari, Laterza, 2001 [1975], p. 22.

(6) = https://www.spreaker.com/user/adilmauro/carlogreppi.

(7) = A riprova del pericolo prospettato, basti citare il seguente passo : « Con qualunque ‘ismo’ si voglia chiamare questo magma piuttosto compatto – e presente a diverse gradazioni in vari paesi d’Europa – l’unica cosa che possiamo sostenere con agghiacciante certezza è che non c’è niente sideralmente distante dalla cultura antifascista sulla quale si era costruita, in un percorso irto di ostacoli e conflitti, l’Italia repubblicana e democratica oggi tanto screditata ». Carlo Greppi, L’antifascismo non serve più a niente…, op. cit., pp. xiv-xv. Vedi anche l’analisi di Mimmo Franzinelli, Il fascismo è finito il 25 aprile 1945…, op. cit., pp. 99-123, sullo spettro rappresentato dall’estrema destra sia italiana che europea

(8) = https://www.spreaker.com/user/adilmauro/carlogreppi.

(9) = Carlo Greppi, L’antifascismo non serve più a niente…, op. cit., p. xvi.

(10) = Marc Bloch, Apologie pour l’Histoire, Paris, Armand Colin, 1974, p. 120. La traduzione in italiano è nostra.

(11) = Georges Duby e Bronislaw Geremek, La storia e altre passioni, a cura di Philippe Sainteny, Roma-Bari, Laterza, 1993 [1992], p. 146, ma anche p. 35.

(12) = In un’intervista rilasciata da Carlo Greppi a Francesco Filippi, il cui video è ospitato sul sito della Laterza (vedi : https://www.laterza.it/2021/12/13/casalaterza-carlo-greppi-dialoga-con-francesco-filippi/), la cancel culture è giudicata positivamente.

(13) = È il caso di Chiara Colombini, Gianluca Falanga e Pino Ippolito Armino i quali hanno condotto studi di filosofia e archivistica, per la prima, e di filologia germanica, per il secondo. Quanto a Pino Ippolito Armino, è un ingegnere e giornalista.

(14) = Vedi: Chiara Colombini, Anche i partigiani però…, op. cit., p. 143 (n. 14).

(15) = Emilio Gentile, La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma, Carocci, 2001 [1995].

(16) = CIEB, Parere sul ruolo paternalistico degli Ordini delle professioni sanitarie e socio-sanitarie al Ministro della Salute, 17 maggio 2022. Vedi : https://www.ecsel.org/wp-content/uploads/2022/05/Parere-n.-10-del-CIEB.pdf.

(17) = Ivi

(18) = Enrica Perucchietti, Fake news. Come il potere controlla i media e censura l’informazione indipendente per ottenere il consenso, Cesena, Arianna editrice, 2020, p. 23.

Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

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