Di Cesare Fassari
Anche l’Inps, dopo Istat e Iss, ha effettuato un’analisi della mortalità generale riscontrando una crescita superiore alle attese imputabile in gran parte al Covid, sottolineando però che i morti potrebbero essere quasi 19mila in più di quelli ufficiali. La notizia ha fatto scalpore sui media ma in realtà che vi fossero più morti per Covid lo avevano già rilevato tre settimane fa proprio Istat e Iss.
IL DOSSIER INPS.
21 MAG – Secondo l’Inps il calcolo dei decessi per Covid basato solo sui dati della Protezione Civile non è attendibile perché la loro quantificazione “è influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”.
E’ quanto sottolinea un documento appena pubblicato dall’Inps contenente un’analisi della mortalità per Covid rispetto all’andamento generale della mortalità soffermandosi in particolare su due periodi distinti che vanno dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020 e dal 1° marzo al 30 aprile, in modo – si legge nel rapporto – “da evidenziare gli effetti sulla mortalità della pandemia da Covid-19 che si è diffusa prepotentemente a partire dalla fine di febbraio”.
Il documento dell’Inps rileva inoltre che “anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa”.
Fatte queste premesse l’Inps rileva, nel periodo che va dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020, un numero di decessi inferiore di 10.148 rispetto ai 124.662 attesi, mentre nel periodo dal 1° marzo al 30 aprile 2020, registra un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi.
Un balzo in avanti nel numero dei decessi rispetto a quelli previsti dal trend epidemiologico generale già rilevato il 4 maggio scorso dall’analisi sulla mortalità effettuata da Istat e Iss con i dati fino al 31 marzo e che già allora rilevava la presenza di 11.600 decessi in eccesso rispetto alle attese, non classificati come Covid ma comunque molto probabilmente ad essi correlati.
Ora, con i nuovi dati forniti da Inps, la finestra di osservazione si sposta di un mese e segnala un numero di morti per Covid dal 1 marzo al 30 aprile di 27.938 (quelle rilevate da Istat/Iss fino al 31 marzo erano 13.710).
Restano quindi da individuare le cause di morte per 18.971 decessi (pari alla differenza tra i 46.909 e 27.938 Covid) per i quali Inps non avanza ipotesi specifiche limitandosi ad osservare che, “tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto”.
In sostanza, pur senza citare mai la precedente analisi Istat/Iss (chissà perché?), l’Inps arriva alle stesse conclusioni: quei morti in più al momento non classificati come Covid perché non “tamponati”, molto probabilmente hanno a che fare con l’epidemia.
E visto che l’Inps (e ci chiediamo ancora una volta perché) sembra ignorare che l’Istituto nazionale di statistica e l’Istituto superiore di sanità su quei dati hanno e stanno lavorando e che i due stessi istituti hanno già avanzato almeno tre ipotesi al riguardo, pensiamo sia utile ricordarle qui per memoria dei nostri lettori e anche per gli statistici dell’Inps, che magari non avevano avuto modo di leggerle:
– prima possibile causa: una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone)
– seconda possibile causa: una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza)
– terza possibile causa: una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette.
Detto questo la domanda del perché anche l’Inps abbia voluto cimentarsi in queste analisi (che mi sembra non rientrino nelle sue competenze) resta, fermo restando che ovviamente la ricerca è libera, non sia mai!
Cesare Fassari
21 maggio 2020