David McLoone – LifeSiteNews – 31 maggio 2021
“Abbiamo trovato cellule che producono anticorpi 11 mesi dopo i primi sintomi. Queste cellule vivranno e produrranno anticorpi per il resto della vita delle persone. Si tratta di una prova decisiva di immunità duratura”.
St. Louis, Missouri – Uno studio appena pubblicato sugli effetti a lungo termine dell’infezione da Covid-19 ha concluso che contrarre il virus può dare alle persone cellule che “produrranno anticorpi per il resto della loro vita” contro il virus SARS-CoV-2.
Commentando i risultati, l’autore principale dello studio, il dottor Ali Ellebedy, PhD., ha detto che la presenza di tali cellule anticorpali è “una forte prova di immunità duratura” contro la Covid-19, se si è stati precedentemente infettati.
Lo studio, intitolato “SARS-CoV-2 infection induces long-lived bone marrow plasma cells in humans” (L’infezione da SARS-CoV-2 induce plasmacellule del midollo osseo a lunga vita nell’uomo) e pubblicato il 24 maggio sulla rivista Nature, è stato condotto da un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine (WUSM) di St. Louis. Il team ha seguito lo sviluppo degli anticorpi di 77 individui precedentemente infettati, ognuno dei quali ha donato campioni di sangue a intervalli di tre mesi dal primo mese dopo il contagio con il virus SARS-CoV-2.
Il team ha scoperto che, con le infezioni lievi, i livelli di anticorpi erano inizialmente alti, ma sono scesi drasticamente entro pochi mesi, rimanendo poi costanti senza scomparire del tutto. Infatti, secondo lo studio, un piccolo numero di anticorpi era ancora rilevabile dopo 11 mesi
Ellebedy, professore associato di patologia e immunologia al WUSM, ha spiegato che un tale fenomeno è esattamente quello che ci si dovrebbe aspettare con un normale ciclo di infezione virale e non indica solo un’immunità a breve termine.
Durante una risposta immunitaria indotta da virus i livelli di anticorpi nel sangue sono costituiti principalmente da plasmablasti, formando una forte difesa iniziale ma con una durata limitata nel tempo. I livelli di anticorpi diminuiscono significativamente dopo che un virus è stato combattuto con successo, ma è fondamentale che un certo numero di cellule che creano anticorpi specifici, note come plasmacellule di lunga durata, siano immagazzinate nel midollo osseo.
Dopo l’infezione iniziale, le cellule della memoria, conosciute come cellule B (linfociti B), individuano i virus precedentemente incontrati nel flusso sanguigno. Secondo gli autori la maggior parte dei partecipanti allo studio aveva in circolo linfociti B specifici per il SARS-CoV-2 a sette mesi dal momento dell’infezione,.
“È normale che i livelli di anticorpi scendano dopo un’infezione acuta, ma non vanno a zero, si stabilizzano. Qui abbiamo trovato cellule che producono anticorpi nelle persone 11 mesi dopo i primi sintomi. Queste cellule vivranno e produrranno anticorpi per il resto della loro vita. Questa è una prova importante dell’immunità di lunga durata”, ha detto Ellebedy.
In effetti, Ellebedy ha criticato apertamente i media e le organizzazioni scientifiche mainstream per aver diffuso un’interpretazione dei dati relativi agli anticorpi bassi “a significare che l’immunità non è stata di lunga durata”. “Ma questa è un’interpretazione errata dei dati“, ha aggiunto il professore.
Rendendosi conto che il plasma del midollo osseo poteva dimostrare l’effetto a lungo termine dell’infezione da Covid e se si era acquisita l’immunità, Ellebedy si è procurato campioni di midollo osseo da 18 dei 77 partecipanti allo studio circa otto mesi dopo aver contratto per la prima volta la Covid-19. Quattro mesi dopo, cinque dei 18 donatori hanno donato un secondo campione di midollo osseo. Lo studio ha sottolineato che anche 11 individui che non avevano precedentemente contratto il SARS-CoV-2 hanno donato il midollo osseo, agendo da misura di controllo.
Quindici dei donatori Covid-positivi sono risultati avere cellule produttrici di anticorpi ancora presenti nel proprio midollo osseo; i cinque che hanno donato ulteriori campioni mostrano ancora le stesse cellule produttrici di anticorpi quattro mesi dopo. In particolare, nello stesso periodo, negli 11 donatori Covid-negativi non si sono rilevate cellule produttrici di anticorpi nel midollo osseo.
“Le persone con casi lievi di COVID-19 eliminano il virus due o tre settimane dopo l’infezione, quindi non ci sarebbe alcun virus in grado di provocare una risposta immunitaria attiva 7 o 11 mesi dopo l’infezione“, hanno scritto i ricercatori.
“Queste cellule non si stanno dividendo. Sono quiescenti, semplicemente ferme nel midollo osseo e secernono anticorpi. Lo stanno facendo da quando l’infezione si è risolta, e continueranno a farlo a tempo indeterminato“, ha spiegato il team.
Il dottor Rafi Ahmed, un immunologo della Emory University di Atlanta, Georgia, il cui team ha co-scoperto le plasmacellule del midollo osseo nel 1996, ha detto che si tratta di una osservazione “molto importante”.
Allo stesso modo, uno studio del 2020, anch’esso pubblicato sulla rivista Nature, ha dimostrato che le persone che hanno contratto il virus della SARS (noto anche come SARS-CoV-1) tra il 2002 e il 2004 hanno mantenuto un livello rilevabile di cellule (linfociti) T di memoria.
“I pazienti che sono guariti dalla SARS (la malattia associata all’infezione da SARS-CoV) possiedono cellule T di memoria di lunga durata reattive alla proteina N del SARS-CoV 17 anni dopo la comparsa della SARS nel 2003″. Data la somiglianza genetica del SARS-CoV-1 con il virus della Covid-19, i ricercatori hanno scoperto che “queste cellule T hanno mostrato una forte reattività incrociata alla proteina N del SARS-CoV-2.
Al contrario, lo studio di Pfizer sulla protezione a lungo termine offerta dal loro vaccino sperimentale Covid mRNA ha dimostrato che gli individui inoculati possono essere immunizzati per soli sei mesi dall’infezione con Covid-19.
Uno studio di riferimento israeliano, pubblicato a maggio, ha confermato che una precedente infezione da Covid-19 fornisce un livello maggiore di immunità contro il virus rispetto al vaccino di Pfizer.
Lo studio di tre mesi – seguendo quattro gruppi basati persone vaccinate, non vaccinate, precedentemente infettate e non infettate – ha mostrato che l’efficacia complessiva del vaccino mRNA di Pfizer contro l’infezione era del 92,8%, posizionandosi marginalmente più in basso rispetto all’immunità naturale da infezione precedente, che lo studio ha trovato essere del 94,8%.
Inoltre, la precedente infezione con il virus è risultata fornire una protezione leggermente maggiore contro la malattia grave al momento della reinfezione, rispetto a quella fornita dalla vaccinazione in coloro che non avevano contratto il virus, con il gruppo di guariti che ha riportato un’efficacia del 96,4% contro il 94,4% di efficacia della vaccinazione.
L’efficacia del vaccino contro la morte da Covid-19 è stata riscontrata al 93,7% negli individui completamente vaccinati, “definiti come 15 giorni o più dopo la seconda dose”. Al contrario, nessun calcolo di efficacia è stato presentato per le persone precedentemente infettate, poiché solo una persona in quel gruppo è morta durante lo studio di tre mesi. Lo studio è in attesa di revisione paritaria.
L’azienda farmaceutica americana Merck (che opera come MSD al di fuori del Nord America) ha annunciato, già a gennaio, che stava interrompendo lo sviluppo di un vaccino contro la Covid-19 dopo aver stabilito che le risposte immunitarie ottenute dai loro vaccini di prova erano “inferiori a quelle rilevate dopo l’infezione naturale”, così come quelle riscontrate in altri vaccini Covid-19.
Con attacchi anche lievi dell’infezione che danno origine a plasmacellule di lunga durata contro la Covid-19, il team del WUSM ha ipotizzato la possibilità che i pazienti asintomatici ottengano un’immunità simile alla reinfezione; tuttavia, sono necessarie ulteriori indagini sull’immunità asintomatica per confermare l’ipotesi. Il team ha avviato uno studio per verificare l’immunità a lungo termine da Covid grazie ai vaccini.
Nonostante ciò, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato di vaccinare contro il virus anche gli individui che hanno contratto la Covid-19 in tempi recenti, per proteggersi dalla reinfezione. L’OMS, l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile del monitoraggio e della consulenza sulla salute internazionale, ha propagandato la vaccinazione contro la Covid-19 come unico mezzo per creare un’immunità di gregge in modo sicuro.
“L’immunità di gregge contro la Covid-19 dovrebbe essere raggiunta proteggendo le persone attraverso la vaccinazione, non esponendole all’agente patogeno che causa la malattia”, si legge in una dichiarazione di dicembre.
L’OMS ha anche affermato, nell’ottobre 2020, che raggiungere l’immunità di gregge attraverso l’infezione naturale sarebbe “scientificamente problematico e non etico”, incoraggiando così fortemente la produzione e la distribuzione di massa di un vaccino, ignorando lo studio sulla SARS del luglio 2020 che dimostra un’immunità duratura delle cellule T.
Tuttavia, la spinta all’immunità solo attraverso il vaccino ha subito un colpo quando le Seychelles, il paese più vaccinato del mondo, ha registrato nella prima settimana di maggio il più alto numero di casi di Covid-19 a livello mondiale.
La nazione arcipelago, che comprende 115 isole al largo della costa orientale dell’Africa, aveva fornito alla maggior parte dei suoi abitanti vaccinati (circa il 57%) il vaccino prodotto da Sinopharm in Cina, ha riferito il Wall Street Journal. Quelli che non hanno avuto la versione cinese hanno ricevuto due dosi del vaccino sperimentale di AstraZeneca (circa il 43%). Nonostante ciò, nel paese sono stati registrati 336 positivi su 100.000 abitanti nella prima settimana di maggio, più del doppio rispetto alle Maldive che erano al secondo posto con 153 su 100.000.
Le Seychelles hanno persino superato il tasso di infezione dell’India in quel momento, che aveva visto circa 28 positivi al virus ogni 100.000 abitanti nello stesso periodo di tempo.
Come l’OMS, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) raccomandano alle persone di “vaccinarsi indipendentemente dal fatto che abbiano già avuto la Covid-19”. Ma i maggiori esperti di immunologia hanno sollevato gravi preoccupazioni sulla possibilità di un potenziamento anticorpo-dipendente (ADE) derivante dai vaccini contro i coronavirus.
A dicembre, l’illustre scienziato ed ex vicepresidente della Pfizer, il Dr. Mike Yeadon, insieme al collega Dr. Wolfgang Wodarg, ha presentato una petizione all’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) chiedendo l’immediata sospensione di tutti gli studi sul vaccino Covid-19 a causa delle significative preoccupazioni sulla sicurezza riguardo all’ADE.
L’ADE fa sì che gli anticorpi virali ottenuti, per esempio da un vaccino, reagiscano in modo eccessivo quando l’individuo entra in contatto con il ceppo selvaggio del virus, con la possibilità di rafforzare la malattia invece di mitigarla. Con i vaccini Covid, questo potrebbe significare che gli individui vaccinati potrebbero avere un attacco più grave della malattia e perfino subire una Sindrome da disfunzione multi organo
Children’s Health Defense ha avvertito l’anno scorso che il verificarsi di eventi ADE era una possibilità dei vaccini Covid-19, ma i trial non sono stati progettati per rilevare tale priming patogeno.
America’s Frontline Doctors (AFLDS) ha descritto l’effetto debilitante che l’ADE può avere su una persona come “particolarmente insidioso perché è una reazione ritardata”. “Inizialmente tutto sembra a posto. La persona sembra avere una buona risposta immunitaria, ma poi (questa vulnerabilità portata dal vaccino) diventa mortale quando la persona è esposta al virus selvaggio”.
“Il vaccino amplifica l’infezione piuttosto che prevenire i danni … Può essere visto solo dopo mesi o anni di utilizzo nelle popolazioni di tutto il mondo”, hanno avvertito.
Un esempio può essere il vaccino prodotto nel 2015-16 contro la febbre Dengue nelle Filippine, che ha avuto come conseguenza la morte di 600 bambini nelle Filippine a causa dell’ADE. In seguito alla tragedia sono state mosse accuse penali contro il ricercatore.
Data la portata globale della spinta a favore del vaccino Covid e il mancato rispetto del giusto procedimento, Yeadon ha commentato:
“Non ho assolutamente alcun dubbio che siamo in presenza di prodotti diabolici (una affermazione che non ho mai fatto prima in 40 anni di carriera di ricerca) e pericolosi“.
“Per esempio, se qualcuno volesse danneggiare o uccidere una parte significativa della popolazione mondiale nei prossimi anni, i sistemi che vengono messi in atto in questo momento lo permetteranno”. “È mia ponderata opinione che è del tutto possibile che ciò venga usato per lo spopolamento su larga scala“, ha avvertito.
Traduzione di Cinthia Nardelli per ComeDonChisciotte.org