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La Redazione

 

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L’identità del nuovo essere umano: un QR code

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A cura di Redazione CDC
Il 5 Dicembre 2021
10591 Views

di Maurizio Lucca

ComeDonChisciotte.org

 

L’ordinanza 26 novembre 2021, n. 551, della sez. I del TAR Emilia – Romagna, Bologna, interviene per sospendere l’esclusione all’ammissione ad una prova selettiva per mancato riconoscimento del QR code da parte dell’app. “Verifica C19” se il soggetto presenta una certificazione cartacea della vaccinazione.

Il Green pass (GP) supera l’identità e la sua fisicità, il digitale segna la vita dal confinamento al lavoro, senza il riconoscimento e il controllo nulla può essere svolto, ciò che un tempo appariva fantasioso o impossibile ora (adesso) è la normalità, e se il sistema di riconoscimento sanitario non regge al traffico dei dati (nella rete da remoto) siamo esclusi (espulsi) dalla possibilità del bene della vita: poter sostenere una prova d’esame, dopo la prova dell’immunità vaccinale o da tampone (test antigenico rapido o molecolare).

Il GA affronta una questiona spinosa, essendo i ricorrenti non ammessi allo svolgimento del test di ammissione al corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia – Odontoiatria e Protesi Dentaria: i protocolli anti contagio sono rigidi non tanto nel verificare la presenza del virus quanto del documento digitale verde: il nuovo parametro costituzionale (a Costituzione invariata) sul quale si fonda l’ordine democratico e la solidarietà sociale, escludendo ogni forma di discriminazione verso coloro che pensano in modo diverso dal pensiero solidale (il c.d. mainstream): una visione mondialista del genere neutro dove all’umano si sostituisce un QR code.

Nel caso di specie, i ricorrenti sono stati esclusi dalla partecipazione al test di ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia con la testuale motivazione «Green pass non valido … escluso in quanto privo del Green pass (pur avendo quest’ultimo dimostrato l’avvenuta vaccinazione il…)».

Tuttavia, la parte resistente non ha chiarito la motivazione tecnico/giuridica dell’esclusione: i giudici, infatti, riferiscono che «non è possibile evincere con esattezza le ragioni dell’asserita predetta “non validità”, in ipotesi dipendente da possibile errore di lettura da parte dell’app. Verifica C19 o da tipologia di QR Code non scansionabile».

A nulla è valso (dura lex, sed lex) da parte dei ricorrenti la produzione (analogica) in sede di ammissione del “lasciapassare”, di cui al comma 2 dell’articolo 9, Certificazioni verdi COVID-19, del decreto legge del 22 aprile 2021 n. 52, munita di QR code.

Nell’ordinanza si osserva che:

«la contestata esclusione appare “prima facie” illegittima dal momento che il mancato riconoscimento del QR code da parte dell’app.VerificaC19 (in assenza di fondati dubbi sulla relativa autenticità) appare sanabile mediante esibizione della certificazione, comunque fidefaciente, circa l’avvenuta effettuazione del vaccino».

In termini più concreti, si evidenzia che la presentazione non digitale della certificazione di aver effettuato il siero legittima l’ingresso al test, visto che diversamente «opinando l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito (artt. 33 e 34 Cost.) quale il diritto allo studio o l’accesso ai pubblici uffici (artt. 51 e 97 Cost.) sarebbe inopinatamente condizionato dal funzionamento di un applicativo mobile»: disponendo, conseguentemente, l’ammissione urgente con riserva a sostenere la prova d’esame per l’accesso al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, anche in sovrannumero rispetto ai posti disponibili.

In assenza della certificazione vaccinale cartacea si viene lecitamente esclusi dalla partecipazione alle prove d’ingresso, ai sensi dell’art. 9 bis, lett. i) del decreto legge del 22 aprile 2021 n. 52, che a far data dal 6 agosto 2021 è consentito l’accesso ai concorsi pubblici esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19, di cui all’articolo 9, comma 2 e che, ai sensi dell’art. 13 DPCM 17 giugno 2021 [1].

Conclude il Tribunale che il ritardo nell’emissione della certificazione potrà essere oggetto di eventuale responsabilità civile del Ministero della Salute.

La sentenza nella sua chiara rappresentazione consolida un dato fattuale: senza QR code possiamo rischiare l’esclusione dalla vita sociale, è indispensabile portare la prova dell’avvenuta vaccinazione (ovvero, si potrebbe aggiungere, dell’avvenuta guarigione secondo le cure mediche esistenti, non necessariamente alternative alla vaccinazione).

La vaccinazione un obbligo imposto piuttosto che una scelta consapevole.

Ed allora se questo è il principio, se la vaccinazione può escludere il green pass, viene meno la sostanziale finalità di sanità pubblica complessivamente sottesa al sistema: «esso è, infatti, efficace a fini epidemiologici nella misura in cui il certificato sia soggetto a verifiche periodiche sulla sua persistente validità; ciò che è reso possibile dal costante aggiornamento, mediante la piattaforma nazionale DGC, dei certificati in base alle risultanze diagnostiche eventualmente sopravvenute» [2].

Ed in effetti, nemmeno risulta rilevante l’attività del medico del lavoro (ex d.lgs. n. 81/2008) in relazione alla sorveglianza sanitaria in ambito lavorativo, ossia la verifica dello stato di salute del lavoratore, visto che si può limitare l’ingresso al lavoro e la sua prestazione in base ad una sola valutazione sostanzialmente giuridica, fondata su un presupposto di natura tecnico-documentale (e non, quindi, su una visita medica): l’avvenuta sottoposizione alla procedura vaccinale in assenza della quale (per talune categorie professionali, in attesa dell’estensione tout court) i lavoratori devono considerarsi temporaneamente non idonei allo svolgimento delle normali attività lavorative [3].

La vaccinazione quale condizione (temporanea, ad effetti instabili) negoziale per definire le capacità lavorative (peraltro, verificata in sede concorsuale di assunzione, ex art. 97 Cost.): un presupposto del tutto estraneo al sinallagma contrattuale, oltre ai doveri di fedeltà verso il datore di lavoro (ex art. 2105 c.c.), ma tuttavia prevista quale requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021 [4].

Invero, scaduta la promozione vaccinale e l’emergenza sanitaria la capacità professionale si riespande dal deficit professionale e l’interessato (il lavoratore o il professionista) riprende tutte le abilità temporaneamente sospese: anche questo è un effetto avverso della pandemia.

La norma del comma 5, parte finale, dell’art. 1 del D.L. n. 127/2021, consente «al fine di semplificare e razionalizzare le verifiche …, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde COVID-19», sottraendosi «per tutta la durata della relativa validità… dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro» (una visione della c.d. privacy che in altri contesti non viene ammessa dalla legge e dal Regolamento UE 679/2016) [5], confermando, di riflesso, lo scopo evidente del “salvacondotto” che non risiede nell’accertare o meno la diffusione del virus (ossia, il contagio), come nelle intenzioni originarie dello strumento (misure transfrontaliere), quanto la “spinta gentile” (c.d. nudge) all’obbligo vaccinale, con una lettura a contrario degli artt. 2 e 32 Cost.: le contrarie “convinzioni personali” dei singoli, che trova rifugio nella lettura testuale delle norme cit., non possono essere bilanciate con il dovere di solidarietà sociale, correlato alla tutela collettiva del diritto alla salute [6].

Si potrebbe argomentare che esistono due verità (due pesi e due misure, dal Libro dei Proverbi di Salomone, Pv. 20/10): due alternanze dall’intervento autoritativo del c.d. biopotere, a tutela della salute pubblica (ex art. 32 Cost.), quale interesse della collettività e nei luoghi di lavoro, un bilanciamento di lecita imposizione (il vaccino) e concessa libertà (il GP).

È quanto mai desolante comprendere che le libertà naturali e individuali, raggiunte in secoli di Storia Patria, patrimonio di Trattati internazionali e Carte dei diritti dell’uomo, si possano piegare, distendere con una lettura orientata delle fonti in nome di un dogma sanitario, che non ammette rivali, quando ognuno di noi indistintamente è proiettato al bene comune: al benessere collettivo, quale patrimonio etico dell’umanità [7].

Appare evidente, senza andare oltre alle valutazioni fattuali e ai dati epidemiologici pubblici sui soggetti che possono contagiare (vaccinati e non vaccinati), il green pass più che uno strumento sanitario è uno strumento di controllo sociale, di sospensione temporanea di una moltitudine di libertà (quelle di movimento e di manifestare sono alcune), di intrusione abnorme e ingiustificata sulla sfera privata, addomesticando le menti al controllo del QR code, e correlato tracciamento[8], quale strumento necessario e utile di convivenza sociale: nel nostro interesse, d’altronde il vaccino è gratis (cosa pretendere? not else).

Maurizio Lucca

 

[1] La verifica delle certificazioni verdi COVID-19 è effettuata mediante la lettura del codice a barre bidimensionale, utilizzando esclusivamente l’applicazione mobile, che consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione, e di conoscere le generalità dell’intestatario, TAR Emilia – Romagna, Bologna sez. I, ord. 27 ottobre 2021, n. 496. Vedi, anche, D.P.C.M. 12 ottobre 2021, Adozione delle linee guida in materia di condotta delle pubbliche amministrazioni per l’applicazione della disciplina in materia di obbligo di possesso e di esibizione della certificazione verde COVID-19 da parte del personale.

[3] Cfr. TAR Veneto, sez. III, 14 settembre 2021, n. 1084 e Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, dove annota che «la profilassi vaccinale è efficace nell’evitare non solo la malattia, per lo più totalmente o, comunque, nelle sue forme più gravi, ma anche il contagio». Sul punto, vedi, AIFA, Informazioni generali sulla vaccinazione per COVID-19, aggiornamento 26 novembre 2021, FAQ 4, «Le persone vaccinate possono trasmettere comunque l’infezione ad altre persone? Lo scopo degli studi registrativi era di valutare l’efficacia dei vaccini nel proteggere dalla malattia COVID-19. Gli studi per stabilire se le persone vaccinate, infettate in modo asintomatico, possano contagiare altre persone sono in corso. Poiché è possibile che, nonostante l’immunità protettiva, in qualche caso il virus possa persistere nascosto nella mucosa nasale, le persone vaccinate e quelle che sono in contatto con loro devono continuare ad adottare le misure di protezione anti COVID-19».

[4] Cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. II, 5 agosto 2021, n. 480.

[5] Vedi, Garante Privacy, Green Pass, le palestre non possono conservarne copia né registrare la data di scadenza, garanteprivacy.it, 3 settembre 2021, dove un componente del Garante per la protezione dei dati personali, evidenziava che «la disciplina sul Green Pass prevede che lo stesso debba – nei soli luoghi nei quali è necessario ai sensi di quanto previsto dalla legge – essere semplicemente esibito all’ingresso e debba essere letto dagli incaricati esclusivamente attraverso l’apposita App Verifica Covid-19 messa a punto dal Governo», escludendo il «titolo per acquisire la data di scadenza del Green Pass e conservare gli altri dati personali contenuti nel medesimo documento».

[6] Cfr. Cons. Stato, sez. III, ord., 11 novembre 2021, n. 6098 e TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 10 novembre 2021, n. 333, sul bilanciamento delle libertà individuali e il limite nell’adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene, dove l’obbligo vaccinale garantirebbe che il diritto al lavoro del singolo si eserciti nel rispetto dell’interesse alla tutela della salute collettiva.

[7] I vincoli dell’uomo dovrebbero spingersi ad un fine comune, «le cose hanno verso l’uomo il rapporto di mezzo, le persone il rapporto di fine. Da questi due rapporti fondamentali discendono tutte le leggi morali che devono indirizzare il comportamento dell’uomo verso le cose e le persone… “L’uomo deve trattare le persone come un fine, cioè come aventi un proprio fine”», ROSMINI, Filosofia della politica, Siena, 2021, pag. 139 ss.

[8] Inteso come sorveglianza, con una proiezione verso la privazione della privacy personale dovuta al costante monitoraggio, «un nuovo cittadino che sia “programmabile”; un individuo che abbia rinunciato alla propria personalità… e che sia sempre “connesso” (quindi tracciato e schedato in tutti i suoi movimenti e abitudini) e che sia un entusiasta sostenitore dell’innovazione», PERUCCHIETTI, Cyberuomo. Dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità, Bologna, 2019, pag. 92.

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