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La Redazione

 

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L’esercito israeliano si serve anche di cani per attaccare i civili palestinesi

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A cura di Davide
Il 9 Marzo 2019
1630 Views

FONTE: ENGLISH.PNN.PS

Un report di B’Tselem, gruppo per i diritti israeliani, riferisce che l’esercito ha illegalmente usato la forza durante dei raid in Cisgiordania, effettuati in rappresaglia all’uccisione di un rabbino il mese scorso.

I cani sguinzagliati hanno ferito tre palestinesi, tra i quali una donna, oltre ad aver terrorizzato i bambini.

Il report cita un raid nel quale l’esercito israeliano ha demolito quattro case a Jenin, una delle quali demolita con i residenti ancora all’interno. B’Tselem riporta anche l’assalto di due case nei villaggi della zona, durante il quale i cani sono stati incitati ad attaccare tre donne, poi perquisite durante le incursioni dell’alba.

Vengono anche riportati terrificanti dettagli sull’uso dei cani da parte degli agenti di occupazione. Il 3 febbraio 2018, alle 6 del mattino, dozzine di soldati hanno fatto irruzione nella città di Burqin a Jenin, circondando la casa di Mabrouk ed Inas Jarrar (40 e 37 anni). I militari hanno fatto saltare la porta d’ingresso dell’edificio, svegliando i residenti col suono delle esplosioni. I due hanno in fretta e furia portato i propri bambini (3 e 9 anni) in camera da letto. Qualche minuto dopo i soldati hanno fatto saltare la porta della casa al secondo piano.

Dopo l’esplosione, un cane è stato rilasciato in camera da letto, dove ha morso il padre (Mabrouk) sulla spalla sinistra e lo ha abbattuto. Inas ha cercato di liberare il marito dalla morsa del cane ma non c’è stato alcunché da fare. I ragazzi si sono nascosti dietro il letto ed hanno cominciato a piangere.

In una dichiarazione giurata ad Abd al-Karim Sa’di, inviato di B’Tselem, il 4 febbraio 2018, Inas ha descritto cos’è accaduto poi: “Sono corsa alla porta per chiedere aiuto. Ho visto soldati in cima alle scale che si dirigevano verso la nostra abitazione. Mi hanno urlato in arabo di portare tutti fuori di casa; uno di loro ha chiesto che Ahmed Jarrar (il giovane ricercato) venisse portato fuori allo scoperto. Li ho implorati di salvare mio marito dai cani, ma sono rimasti lì senza muovere dito […]”.

Nella sua testimonianza del 14 febbraio 2018, Mabrouk Jarrar ha descritto cosa gli è successo dopo che i soldati lo hanno fatto cadere dalle scale: “Uno di loro mi ha tolto il cane di dosso. Poi ne è arrivato un altro che mi ha sferrato due pugni sul naso. Mi hanno portato in una delle stanze al primo piano. Per tutto questo tempo mi scorreva sangue dal braccio sinistro e dal naso. Alla fine, è comparsa una grossa ufficiale donna, che sembrava sorpresa da quello che il cane mi aveva fatto. Mi mostra dal suo cellulare ed ordina di togliermi le manette – che nel frattempo mi erano già state messe. L’ufficiale parlava in ebraico, qualcosa l’ho intuito”.

Solo due ore e mezza dopo, i soldati lo portano all’ospedale di Afula, dove gli legano le gambe al letto. Una settimana dopo, gli tolgono le manette e lo informano che è libero. Il 13 febbraio viene trasferito all’ospedale Rafidia per ulteriori trattamenti.

L’8 febbraio, quando Mabrouk è ancora all’ospedale di Afula, circa 20 soldati irrompono a casa sua verso le 3 del mattino. Inas era a casa con la suocera (Houria, 75 anni) e la cognata (Dalal, 50), entrambe venute per sostenerli ed aiutarli a gestire quanto era accaduto. Dal giorno dell’incidente, i figli vivevano a casa della prima moglie del padre.

I soldati hanno preso d’assalto la porta del primo piano e sono saliti al secondo. Quando Inas ha aperto loro la porta, questi sono entrati ed hanno chiesto se ci fosse un uomo in casa. Le hanno anche chiesto se avesse soldi, perché, in caso di risposta affermativa, “erano di Hamas e dovevano essere confiscati”.

Lei ha risposto che non c’era denaro. Quelli hanno quindi cominciato a perlustrare la casa. Non trovando alcunché, le hanno ordinato di andare in camera da letto per essere perquisita. Lì, le hanno chiesto di denudarsi completamente. Poi, allo stesso modo, hanno perquisito le altre due donne che erano in casa. Dice Inas:

“La soldatessa mi ha chiesto di togliermi tutti i vestiti, ed io ho fatto quanto mi era stato chiesto. Ho pensato che mi avrebbe perquisito solo passando uno scanner; invece mi ha chiesto di togliermi anche le mutande. Dopo essermi tolta i vestiti, mi ha ordinato di voltarle le spalle. Ero nuda. Mi sentivo umiliata. Volevo morire, stavo per scoppiare. Mi ha ordinato di mettermi in ginocchio, mentre lei è rimasta lì per due o tre minuti – i più lunghi che abbia mai vissuto. Ad un certo mi dice che posso rivestirmi. Non credo che questa persona abbia un’anima”.

Houria Jarrar descrive ciò che le è accaduto dopo aver lasciato la stanza con il soldato: “Inas e la soldatessa sono entrate nella stanza in cui ci trovavamo. La soldatessa mi dice che vuole perquisirci. Sono scoppiata a piangere e le ho detto: ‘Cosa vuole da me?! Sono una donna anziana e mi muovo con difficoltà, dovrebbe vergognarsi!’. Inas è costretta a togliermi i vestiti mentre io siedo sul letto. Mi sentivo impotente. Come può una giovane soldatessa costringere una donna anziana a togliersi i vestiti e rivelare le proprie nudità in questo modo? Dopo l’ispezione, ordina ad Inas di aiutarla a denudare anche mia figlia Dalal. Lei lo fa e la soldatessa inizia la perquisizione. Non riuscivo a smettere di piangere”.

In un’altra storia, intorno alle 4, le forze di sicurezza hanno preso d’assalto la casa di Nur al-Din e Samahar ‘Awad, 48 e 42 anni, e dei loro quattro bambini. I soldati hanno assediato la porta di casa. Quando Samaher si è svegliato per il rumore, ha visto un cane in piedi nella propria camera da letto, ed ha cominciato ad urlare per lo spavento. Suo marito si è svegliato ed è immediatamente salta addosso all’animale per farlo uscire dalla stanza. Il cane l’ha poi morso sulla mano destra, il tutto mentre i militari che stavano in piedi alla porta della camera non hanno mosso un dito.

I soldati hanno ordinato ai membri della famiglia di non uscire di casa. Dopo alcuni minuti se ne sono andati. Nella propria testimonianza del 4 febbraio, Samaher Awad descrive quanto accaduto dopo: “Tenevo in braccio mio figlio Karam, di due anni, che stava piangendo. Ho aperto la porta, come mi avevano ordinato i soldati: un cane mi ha attaccato saltandomi al seno, facendo cadere a terra mio figlio. Il nostro cane è riuscito a tenerlo lontano da me, ma quello mi ha afferrata per la coscia sinistra. Ho raccolto tutte le mie forze e sono riuscita a respingerlo. Tutto questo mentre i soldati stavano in piedi a braccia conserte. Per tutto il tempo mio marito li implorava di prendere il cane”.

“Uno dei soldati ha detto qualcosa in ebraico al cane, che poi mi ha attaccato e mi ha afferrato dalla mano sinistra, tenendola per diversi minuti, fino a che non è arrivato un altro soldato”, dice Samaher. “Ho iniziato a sanguinare pesantemente. Mio marito ha chiesto loro di aiutarmi, ma a loro semplicemente non importava”.

 

Fonte: http://english.pnn.ps

Link: http://english.pnn.ps/2018/02/19/btselem-israeli-army-brutally-using-dutch-dogs-to-attack-palestinian-civilians/?fbclid=IwAR1tA7ylQRGAMlqOZ92Pn7DatXTA3zvSuZ9BwjisVMFgefTQIRuSteUEWeY

19, 02.2019

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di HMG

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