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L’autopsia della Siria: Terrore, occupazione e Palestina

La cabala NATO-Israele che tifa per la caduta di Damasco avrà più di quanto si aspettasse: lotte di potere e intestine tra milizie estremiste e società civile, sostenute da attori regionali e stranieri alla ricerca della loro fetta di torta.
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A cura di Markus
Il 12 Dicembre 2024
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Pepe Escobar
thecradle.co

Un titolo breve che definisca la brusca e rapida fine della Siria come la conoscevamo potrebbe essere: Eretz Israel incontra il nuovo Ottomanismo. Il sottotitolo? Una vittoria per l’Occidente e un colpo letale contro l’Asse della Resistenza.

Ma, per citare la cultura pop americana ancora in voga, forse i gufi non sono quello che sembrano.

Cominciamo dalla resa dell’ex presidente siriano Bashar al-Assad. I diplomatici del Qatar, in via ufficiosa, sostengono che Assad aveva cercato di negoziare un trasferimento di potere con l’opposizione armata che, nei giorni precedenti, aveva lanciato una grande offensiva militare, partendo da Aleppo, per poi dirigersi rapidamente a sud verso Hama, Homs, puntando a Damasco. Questo è ciò che era stato discusso in dettaglio tra Russia, Iran e Turchia a porte chiuse a Doha lo scorso fine settimana, durante gli ultimi rantoli del moribondo “processo di Astana” per smilitarizzare la Siria.

Il negoziato sul trasferimento di potere era fallito. Di conseguenza, ad Assad era stato offerto asilo a Mosca dal Presidente russo Vladimir Putin. Questo spiega perché sia l’Iran che la Russia, mentre erano ancora a Doha, avessero immediatamente cambiato la terminologia iniziando a parlare di “legittima opposizione”, nel tentativo di distinguere i riformisti non militanti dagli estremisti armati che stavano devastando lo Stato.

Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov – il linguaggio del corpo tradiva tutta la sua rabbia – aveva letteralmente detto: “Assad deve negoziare con l’opposizione legittima, che è nell’elenco delle Nazioni Unite“.

Molto importante: Lavrov non intendeva Hayat Tahrir al-Sham (HTS), la mafia salafita-jihadista o gli Jihadisti in affitto finanziati dall’Organizzazione nazionale turca di intelligence (MIT) con armi pagate dal Qatar e pienamente sostenuti dalla NATO e da Tel Aviv.

Ciò che è accaduto dopo il funerale di Doha è piuttosto oscuro e fa pensare a un colpo di Stato telecomandato dall’intelligence occidentale, che si è sviluppato con la rapidità di un fulmine, con tanto di notizie di tradimenti interni.

L’idea originaria degli Accordi di Astana era di tenere Damasco al sicuro e di far gestire HTS ad Ankara. Tuttavia, Assad aveva già commesso un grave errore strategico credendo alle promesse altisonanti della NATO trasmesse attraverso i suoi nuovi amici, i leader arabi negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita.

Con suo stesso stupore, secondo funzionari siriani e regionali, Assad si era finalmente reso conto della fragilità della sua posizione, dopo aver rifiutato l’assistenza militare dei suoi strenui alleati regionali, Iran ed Hezbollah, con la convinzione che i suoi nuovi alleati arabi avrebbero potuto tenerlo al sicuro.

Dopo 13 anni di guerra e di spietate sanzioni statunitensi l’Esercito Arabo Siriano (SAA) era in disfacimento. La logistica era preda di una deplorevole corruzione. Il marcio era sistemico. Ma, soprattutto, mentre molti erano pronti a combattere ancora una volta i gruppi terroristici sostenuti dall’estero, gli addetti ai lavori dicono che Assad non aveva mai schierato completamente il suo esercito per contrattaccare l’assalto.

Teheran e Mosca hanno tentato di tutto, fino all’ultimo minuto. In realtà, Assad era già in grave difficoltà dopo la sua visita a Mosca del 29 novembre, che non aveva prodotto alcun risultato tangibile. L’establishment di Damasco aveva quindi considerato l’insistenza della Russia affinché Assad cessasse di opporsi alla negoziazione di una soluzione politica come un segnale indicante, di fatto, la fine.

La Turchia: “Non abbiamo nulla a che fare con tutto questo”

Oltre a non aver fatto nulla per impedire la crescente atrofia e il collasso dell’Esercito Arabo Siriano, Assad non ha fatto nulla per fermare Israele, che da anni bombarda la Siria senza sosta.

Fino all’ultimo momento, Teheran era disposta ad accorrere in aiuto: due brigate erano pronte ad entrare in Siria, ma ci sarebbero volute almeno due settimane per il loro dispiegamento.

L’agenzia di stampa Fars ha illustrato in dettaglio il meccanismo: dall’inesorabile mancanza di motivazione della leadership siriana a combattere le brigate del terrore, al fatto che Assad aveva ignorato i seri avvertimenti della Guida Suprema iraniana Ali Khamenei da giugno fino a due mesi fa, quando altri funzionari iraniani avevano avvertito che HTS e i suoi sostenitori stranieri stavano preparando una guerra lampo. Secondo gli iraniani:

“Dopo la caduta di Aleppo, è apparso chiaro che Assad non aveva reali intenzioni di rimanere al potere, così abbiamo iniziato a intavolare colloqui diplomatici con l’opposizione e abbiamo organizzato l’uscita sicura delle nostre truppe dalla Siria. Se l’Esercito Arabo Siriano non combatte, nemmeno noi rischieremo la vita dei nostri soldati. La Russia e gli Emirati Arabi Uniti erano riusciti a convincerlo a dimettersi, quindi non c’era nulla che potessimo fare”.

Non c’è bisogno di conferme da parte russa che [Putin] abbia convinto Assad a dimettersi: basta interpretare il fallito incontro a Mosca del 29 novembre. Eppure, in modo significativo, c’è la conferma che, prima di allora, sei mesi prima, la Turchia sapeva già tutto dell’offensiva di HTS.

La versione di Ankara è prevedibilmente oscura: HTS ne aveva parlato e aveva chiesto [alla Turchia] di non intervenire. Inoltre, il Ministero degli Esteri turco ha affermato che il presidente-califfo Recep Tayyip Erdogan aveva cercato di avvertire Assad (nessuna parola da Damasco al riguardo). Ankara, per bocca del ministro degli Esteri Hakan Fidan, nega fermamente di aver orchestrato o approvato l’offensiva degli Jihadisti in affitto. Potrebbe pentirsene, visto che tutti, da Washington a Tel Aviv, sono intervenuti per prendersi il merito della caduta di Damasco.

Solo la macchina propagandistica della NATO crede a questa versione, poiché HTS è stato per anni totalmente sostenuto non solo dalla Turchia, ma anche, in modo occulto, da Israele, che, come si era scoperto, pagava gli stipendi agli estremisti durante la guerra siriana e curava in ospedale i combattenti di Al-Qaeda feriti in battaglia.

Tutto ciò porta allo scenario predominante di una demolizione controllata accuratamente messa a punto da CIA/MI6/Mossad, completa di un flusso ininterrotto di armi, dell’addestramento ucraino dei takfiristi all’uso di droni kamikaze FPV e di valigette piene di denaro per corrompere funzionari siriani di alto livello.

Ancora il Nuovo Grande Gioco

Il crollo siriano potrebbe essere un classico caso di “stiramento della Russia” – e anche dell’Iran, in riferimento al cruciale ponte terrestre che lo collega ai suoi alleati nel Mediterraneo (i movimenti di resistenza libanese e palestinese). Per non parlare dell’invio di un messaggio alla Cina che, con tutta la sua retorica sulla “comunità di un futuro condiviso”, non ha fatto assolutamente nulla per aiutare la ricostruzione della Siria.

Sul piano geoenergetico, ora non ci sono più ostacoli alla risoluzione di un’epica saga del Pipelineistan – e di una delle ragioni chiave della guerra alla Siria, come l’avevo analizzata nove anni fa: la costruzione del gasdotto Qatar-Turchia attraverso il territorio siriano per fornire all’Europa un’alternativa al gas russo. Assad aveva rifiutato quel progetto, dopo di che Doha aveva contribuito a finanziare la guerra in Siria per deporlo.

Non ci sono prove che gli Stati chiave del Golfo Persico, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, accetteranno con gioia la gloria geoeconomica del Qatar, se il gasdotto verrà costruito. Per cominciare, deve passare attraverso il territorio saudita e Riyadh potrebbe non essere più disposta ad acconsentire.

Questa domanda scottante si collega a una serie di altri interrogativi, tra cui, con il gateway siriano praticamente scomparso: come riceverà Hezbollah le forniture di armi in futuro e come reagirà il mondo arabo al tentativo della Turchia di diventare neo-ottomana?

C’è poi il caso spinoso della Turchia, Stato partner dei BRICS, che si scontra direttamente con i principali membri dei BRICS, Russia, Cina e Iran. La nuova svolta di Ankara potrebbe addirittura causare il suo rifiuto da parte dei BRICS e la mancata concessione di uno status commerciale favorevole da parte della Cina.

Sebbene si possa certamente affermare che la perdita della Siria potrebbe essere devastante per la Russia e la Maggioranza Globale, per il momento bisogna aspettare. Nel caso in cui perdesse il porto di Tartous, che l’URSS-Russia gestisce dal 1971, insieme alla base aerea di Hmeimim – e quindi venisse estromessa dal Mediterraneo orientale – Mosca avrebbe delle opzioni sostitutive, con diversi gradi di fattibilità.

Ci sono l’Algeria (un partner dei BRICS), l’Egitto (un membro dei BRICS) e la Libia. Persino il Golfo Persico: che, per inciso, potrebbe entrare a far parte del partenariato strategico globale Russia-Iran, che sarà firmato ufficialmente il 25 gennaio a Mosca da Putin e dal suo omologo iraniano, il presidente Masoud Pezeshkian.

È estremamente ingenuo supporre che Mosca sia stata colta di sorpresa dalla messa in scena di un presunto Kursk 2.0. Come se tutti i mezzi di intelligence russi – basi, satelliti, intelligence di terra – non avessero scrutato per mesi un gruppo di salafiti-jihadisti che assemblavano un esercito di decine di migliaia di persone nella Grande Idlib, compresa una divisione di carri armati. Quindi, è abbastanza plausibile che quello che si sta giocando sia un classico della Russia, combinato con l’astuzia persiana. Non ci è voluto molto perché Teheran e Mosca facessero i conti di quanto avrebbero perso – soprattutto in termini di risorse umane – cadendo nella trappola di sostenere in un’altra sanguinosa e prolungata guerra di terra un Assad già indebolito. Tuttavia, Teheran ha offerto aiuto militare e Mosca supporto aereo e scenari negoziali fino alla fine.

Ora, l’intera tragedia siriana – compreso un possibile Califfato di tutto lo Sham guidato dallo Jihadista riformato e minoritario Abu Mohammad al-Julani – ricade sotto la piena responsabilità gestionale dell’accoppiata NATO/Tel Aviv/Ankara.

Semplicemente non sono preparati a navigare nell’ultra-complessa matrice siriana tribale, clanica e corrotta, per non parlare del magma di 37 organizzazioni del terrore tenute insieme, finora, solo dall’esiguo collante della cacciata di Assad. Questo vulcano esploderà certamente in faccia a tutti loro, probabilmente sotto forma di sanguinose battaglie interne che potrebbero durare anni.

Il nord-est e l’est della Siria si sono già, istantaneamente, impantanati nell’anarchia totale, con una moltitudine di tribù locali decise a mantenere a tutti i costi i loro schemi mafiosi, rifiutando di essere controllate da una Rojava composita curda-statunitense, in gran parte comunista e laica. Alcune di queste tribù si stanno già avvicinando ai Salafiti-jihadisti sostenuti dai turchi. Quest’anno, altre tribù arabe si erano alleate con Damasco contro gli estremisti e i secessionisti curdi.

Anche la Siria occidentale potrebbe essere territorio di anarchia, come a Idlib: rivalità sanguinose tra reti di terroristi e banditi, tra clan, tribù, etnie e gruppi religiosi irreggimentati da Assad, il panorama è ancora più complesso di quello della Libia dell’ex presidente Muammar Gheddafi.

Per quanto riguarda le linee di rifornimento dei tagliatori di teste, saranno inevitabilmente sovraestese – e sarà facile tagliarle, non solo dall’Iran, per esempio, ma anche dall’aviazione della NATO attraverso la Turchia/Israele quando si rivolteranno contro il Califfato, come immancabilmente accadrà se gli abusi di quest’ultimo diventeranno troppo evidenti per i media.

Nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà alla carcassa della Siria della dinastia Assad. Sopratutto dalla Turchia potrebbero ritornare milioni di rifugiati, cosa che Washington ha cercato per anni di impedire per proteggere il suo progetto di “curdificazione” nel nord – ma, allo stesso tempo, milioni di persone fuggiranno, terrorizzate dalla prospettiva di un nuovo Califfato e di una nuova guerra civile.

C’è un possibile raggio di luce in mezzo a tanta oscurità? Il leader del governo di transizione sarà Mohammad al-Bashir, che, fino a poco tempo fa, era il primo ministro del cosiddetto Governo di Salvezza Siriano (SSG) a Idlib, sotto il controllo di HTS. Ingegnere elettrico di formazione, Bashir, nel 2021, aveva aggiunto un’altra laurea al suo curriculum: La sharia e la legge.

Perdere la Siria non deve significare perdere la Palestina

La Maggioranza Globale potrebbe essere in lutto per quello che, in superficie, sembra un colpo quasi letale contro l’Asse della Resistenza. Tuttavia, è impossibile che la Russia, l’Iran, l’Iraq – e perfino la Cina, che è sempre più silenziosa – lascino prevalere un esercito per procura salafita sostenuto dalla NATO, da Israele e dalla Turchia. A differenza dell’Occidente collettivo, sono più intelligenti, più duri, infinitamente più pazienti e considerano i contorni del Grande Quadro che li attende. È troppo presto; prima o poi inizieranno a muoversi per evitare che lo Jihadismo sostenuto dall’Occidente si diffonda a Pechino, Teheran e Mosca.

L’agenzia di intelligence russa Sluzhba Vneshney Razvedki (SVR) deve ora monitorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, quale sarà la prossima destinazione della grande brigata salafita-jihadista che occupa l’Heartland in Siria, composta per la maggior parte da uzbeki, uiguri, tagiki e una manciata di ceceni. Non c’è dubbio che saranno utilizzati per “sovraestendere” (terminologia da Think Tank statunitense) non solo l’Asia centrale, ma anche la Federazione russa.

Nel frattempo, Israele sarà sovraesteso nel Golan. Gli americani si sentiranno temporaneamente al sicuro intorno ai giacimenti petroliferi da cui continueranno a rubare il petrolio siriano. Queste sono due latitudini ideali per l’inizio di quella che potrebbe essere la prima rappresaglia concertata dei BRICS contro coloro che stanno scatenando la Prima Guerra dei BRICS.

Poi c’è la tragedia finale: la Palestina. Un enorme colpo di scena ha avuto luogo proprio all’interno della venerabile moschea omayyade di Damasco. L’esercito NATO-israeliano-turco sta ora promettendo ai palestinesi di venire a liberare Gaza e Gerusalemme.

Eppure, fino a domenica scorsa, era tutto un “Noi amiamo Israele”. L’artefice di questa operazione di pubbliche relazioni – progettata per ingannare il mondo musulmano e la Maggioranza Globale – non è altro che il Califfo di al-Sham in persona, Julani.

Così come stanno le cose, il nuovo regime di Damasco sarà, a tutti gli effetti, appoggiato da coloro che sostengono e progettano Eretz Israel e il genocidio della Palestina. La cosa è già sotto gli occhi di tutti e proviene dagli stessi funzionari del gabinetto israeliano: Tel Aviv idealmente vorrebbe espellere la popolazione di Gaza e della Cisgiordania verso la Siria, anche se la Giordania sarebbe la loro destinazione preferita.

È questa la battaglia su cui concentrarsi d’ora in poi. Il defunto segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, era categorico quando insisteva sul significato più profondo della perdita della Siria: “La Palestina sarebbe persa”. Oggi più che mai, spetta a una Resistenza globale non permetterlo.

Pepe Escobar

Fonte: thecradle.co
Link: https://thecradle.co/articles/syrias-post-mortem-terror-occupation-and-palestine
10.12.2024
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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Pepe Escobar è un analista geopolitico e autore indipendente. Il suo ultimo libro è Raging Twenties. È stato politicamente cancellato da Facebook e Twitter. È possibile seguirlo su su Telegram.

 

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