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La Redazione

 

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“IO APRO, una lotta per il Lavoro e per l’Italia”

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A cura di Jacopo Brogi
Il 13 Marzo 2021
5824 Views

LA TESTIMONIANZA DI UNA RISTORATRICE AI TEMPI DEL LOCKDOWN

Di Jacopo Brogi e Guido Carlomagno, ComeDonChisciotte.org

ROMA

Vuol restare anonima, per nostra comodità ed in favore del lettore, la chiameremo Adry. È titolare di un ristorante del centro, in una zona che ormai è un cimitero di hotel e bed and breakfast (B&b). Tira di nuovo aria di zona rossa e di lockdown. Nonostante i divieti, ha riaperto da mesi il proprio locale sia a pranzo che a cena. Fa parte della rete IO APRO (gruppo Telegram), composta da imprese che hanno scelto di violare le norme contenute nei DPCM, veri e propri atti unilaterali del Presidente del Consiglio del Ministri pro tempore.

Tutto ciò, soltanto per istinto alla ribellione?

Nel 2020, per Confcommercio sono “sparite” oltre 390.000 aziende (1); secondo la FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), il settore della ristorazione ha perso complessivamente 34,4 miliardi di euro (2). E anche la CNA di Roma, lo scorso 22 febbraio, ha chiesto il conto: “per l’80% delle imprese fatturato in calo e previsioni negative. Dove sono i ristori?” (3).

Adry è un fiume in piena, una donna dalle mille risorse. IO APRO Lazio è una sua creatura.

  • Perchè, ad un certo punto, ha detto: “IO APRO”?

Le imprese della ristorazione, così come tante altre aziende del commercio e dei servizi, sono oggi discriminate.

Aprire, pur in un contesto difficilissimo, significa riconquistare il minimo indispensabile per la sopravvivenza economica, così da poter pagare una parte dell’affitto e delle utenze e, soprattutto, per non far mancare un piatto in tavola ai nostri cari. Non parlo solo di mio figlio, ho dei dipendenti.

“IO APRO”, me lo ha fatto dire la necessità di vivere. Ma ciò significa anche collettività, ossia far lavorare tantissime persone. Per capirsi: rimettersi in moto anche solo per una sera, vuol dire richiamare due camerieri dalla cassa integrazione, due cuochi, e riattivare i nostri fornitori. Tutto questo fa tornare in vita un’impresa.

  • Quanto è possibile incassare in un mese?

La mia azienda è situata in una zona centrale che era prettamente turistica: hotel e B&b. Ma anche uffici ormai in smartworking, quindi abbiamo poca gente a pranzo e pochi ordini da asporto. Riusciamo a fare dalle 300 alle 500 euro, contro spese fisse di 7.000/8.000 euro mensili. Ciò significa accumulare debiti in continuità.

  • Quindi lei sta facendo debiti e consumando risparmi?

Certo. La nostra protesta è un NO deciso ad un qualcosa che vuol farci assolutamente fallire, perché non abbiamo ricevuto sufficienti aiuti da parte dello Stato.

  • Quali e quanti aiuti pubblici vi sono arrivati (i cosiddetti “ristori”)?

Due bonus in un anno, per un totale di circa 6.000 euro. Ma la mia azienda paga 2.000 euro al mese soltanto di utenze. I nostri governanti, lo dicono spesso in tv: “abbiamo aiutato le imprese”, “le abbiamo riempite di soldi”, “milioni di euro”, ma in realtà non c’è nulla. Abbiamo delle spese fisse, non lo sanno? Non posso credere che non ne siano a conoscenza. Voglio essere buona: secondo me, è una presa in giro. Come si fa a sopravvivere con un’elemosina?

  • Potete comunque fare servizio d’asporto. Sono entrate nel mercato anche le società del food delivery a cui molti ristoranti fanno ricorso.

Queste grosse società prendono circa il 30% ad ogni ordine. Per noi, il concetto dell’asporto è quasi un’umiliazione, perché ci sono alcuni piatti che diventano improbabili se consumati d’asporto: un semplice spaghetto alle vongole diventa immangiabile dopo venti minuti. E una pizza che passa il quarto d’ora, non è più la stessa cosa. Stiamo perdendo la nostra tradizione.

"IO APRO", una lotta per il Lavoro e per l'Italia

Roma, Stazione Termini, marzo 2021

Sembrano politiche in favore di grandi soggetti economici, che oramai stanno diventando decisivi per l’intero settore. E le piccole imprese come ne traggono vantaggio?

Poche pietanze sono adatte all’asporto e l’incasso è comunque minimo. L’asporto dovrebbe essere un extra, non l’attività principale; in più, se la propria attività non risiede in un quartiere popolare, ma in un centro storico come quello di Roma, il guadagno è davvero ridotto. Stanno sicuramente agevolando delle multinazionali e discriminando le piccole imprese.

  • Il turismo è un ricordo, gli uffici sono in smartworking. Quante persone vengono al ristorante, considerando le politiche di confinamento attualmente in vigore?

Poche persone. I romani non vivono in centro ma in periferia, quindi il centro – un tempo popolato di uffici e turisti – è vuoto. Asporto? Se riesco a fare 5 o 6 pizze a settimana, ho fatto bingo.

Come possiamo vivere così? Abbiamo fatto una vita di sacrifici e dato da lavorare a tante persone per anni, oggi ci sentiamo colpiti e licenziati dallo Stato, feriti nella nostra dignità. Siamo tagliati fuori senza più soldi, senza più futuro. Una grande filiera è stata messa in ginocchio: ristoranti ma anche alberghi, B&b. Tanta gente sta piangendo perché è rimasta senza lavoro. È un disastro economico.

  • Il turismo riusciva a mascherare le problematiche di un territorio e di una popolazione ormai impoverita. Vivere esclusivamente di turismo non solo era utopia, ma forse anche un grande rischio.

Venti anni fa c’erano i residenti, c’erano i turisti, e c’erano gli uffici: l’economia del territorio girava. Poi, con l’arrivo dell’euro, siamo entrati in una crisi sempre più forte e man mano le persone hanno traslocato in periferia. Altri hanno investito in interi edifici, B&b inclusi, perché c’erano tantissimi turisti. Roma era una città dove c’era il mondo, non più il romano. Forse se non avessimo avuto bisogno di vendere patrimoni immobiliari per ottenere liquidità, visto lo stato di perenne crisi in cui ci troviamo, oggi il centro città non sarebbe così vuoto. In questa zona, sono rimasta la sola a lavorare.

Stiamo ammazzando gli artigiani, i commercianti, le piccole imprese italiane: la tradizione del nostro paese. Vi rendete conto?

  • Quali difficoltà ha incontrato e sta incontrando a tener aperto nonostante gli attuali divieti imposti dai Dpcm?

Ovviamente, se ti esponi, i controlli arrivano: cercano di fermarti e di terrorizzarti, come è successo a me. Contrastano chi cerca di alzare la testa. Non stiamo parlando di fare assembramenti o feste. Vogliamo poter lavorare in sicurezza a cena, così come ci è già concesso fare a pranzo.

Non molliamo. È una protesta pura, semplice, trasparente, per la sopravvivenza delle nostre aziende e delle nostre famiglie.

  • Diciamolo una volta per tutte: si può aprire, ma cosa si rischia?

Di sicuro non si rischia la sospensione della licenza. Lo dimostra la mia esperienza, nonostante il terrorismo e le pressioni che mi hanno fatto. Questo lo dico per tranquillizzare i colleghi che vorrebbero aprire ma hanno ancora paura: non si rischia più di una contravvenzione, che comunque verrà impugnata dai nostri legali, appartenenti alla rete IO APRO. Ci sono altissime probabilità che le eventuali multe non verranno mai pagate: i Dpcm non hanno forza di legge, sono degli atti amministrativi.

  • Quali sono le tutele legali possibili in caso di multa, sia per il ristoratore che per il cliente?

La rete IO APRO ha la fortuna di avere dei legali valorosi che, io per prima, ringrazierò sempre: senza di loro, non avremmo mai avuto il convincimento per potercela fare. Si mettono a disposizione sia del ristoratore che del cliente. I nostri avvocati raccolgono queste contravvenzioni, queste multe, e le contestano. Le persone possono venire a cena, così come a pranzo, in totale sicurezza.

Il ristoratore dice “IO APRO”, ed il cliente – che non vuole più stare segregato in casa – dice “IO ESCO”.
È partito tutto spontaneamente, ed è esploso in pochissimo tempo; e quando partecipa veramente tanta gente, ecco che si viene fermati. Anche questa iniziativa, purtroppo, è stata strumentalizzata, è stata divisa: le persone sono state terrorizzate.

  • In che modo?

Facendomi capire che se avessi riaperto, mi avrebbero tolto la licenza; e che avrebbero comunque indagato la mia azienda. Io non voglio spaventare i colleghi ristoratori, ma sono stata bloccata e ho avuto paura, perché sono stata minacciata.

  • Minacciata da chi?

Mi sono rifiutata di ospitare personaggi di ambito politico che rappresentano anche l’attuale maggioranza di governo: mi hanno terrorizzata mandandomi i controlli. All’inizio ho ceduto, perché non sapevo tante cose: “Se riapri adesso, non lo farai mai più; sarai sottoposta a ispezioni continue”. Ma ho resistito, perché mi sono informata e ho preso coscienza dei miei diritti, grazie proprio ai legali di IO APRO. All’inizio avevo paura che fosse vero, e fermando me – che avevo ideato il progetto –  hanno voluto colpirne una, per educarne cento. E una sera mi sono fermata, per poi riaprire subito dopo con una consapevolezza più forte, dei miei e dei nostri diritti.

Hanno voluto terrorizzarmi psicologicamente, ma non ci sono le basi giuridiche per dare attuazione alle loro minacce. Da allora, apro ogni giorno perchè ho capito di aver subìto soltanto intimidazioni.

  • “L’Italia e`una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art.1 della Costituzione). Per Adry, cosa significa il lavoro?

Per me “lavoro” significa quello che facevo bene fino ad un anno fa: lavoravo. Oggi, lo Stato non mi sta facendo lavorare, quindi – di fatto – viola la Costituzione. Ci tolgono la possibilità di lavorare. Non capisco come tanti italiani, nonostante tutto, abbiano accettato una cosa del genere. Ci promettono continuamente soldi che non arrivano. Voglio lavorare, per essere libera di vivere.

  • “IO APRO” è anche un atto politico, oltrechè esercitare un proprio diritto. Cosa vorrebbe dire agli altri colleghi della sua categoria che ancora non hanno mai riaperto?

Forse hanno ancora abbastanza soldi per restare chiusi, oppure sono talmente impauriti e terrorizzati che non riescono a farlo. Mi riesce difficile capire come ci stiano togliendo il lavoro e la serenità ai nostri figli, riuscendo a distanziarli ed isolarli, fino quasi a robotizzarli, e di come non esista ancora una diffusa reazione popolare di fronte a tutto questo: vivo in un’Italia che, ormai, non riconosco più.

  • Stiamo difendendo i più deboli, le persone a rischio. Non è così?

Siamo sempre state persone responsabili, in tutte le epoche. Non siamo cittadini irresponsabili.
Sicuramente rispettiamo le regole e le regole in sicurezza. Ma anche il lavoro è responsabilità, individuale e sociale.

Quale mamma non desidera che il proprio figlio riesca a respirare bene e a socializzare? I bambini non rientrano fra le categorie più a rischio, ce lo ripetono ogni giorno. Allora perché negargli il gioco? Perché negargli l’incontro con gli altri? Lasciarli così, socialmente atomizzati, significa metterli a rischio per il futuro. Di noi tutti.

Tanti adulti stanno perdendo il lavoro, i più giovani sono psicologicamente provati, molti disabili non hanno più la possibilità vitale di frequentare la piscina, gli anziani sono lasciati da soli.

Quali categorie di cittadini stiamo davvero aiutando?

  • IO APRO. Quale significato ha la sua lotta, la vostra lotta?

Faccio parte di IO APRO, del gruppo Telegram: un movimento per tutti, iniziato dai ristoratori con l’obiettivo di sensibilizzare ogni altro tipo di attività. Il mio sogno era dimostrare che il non arrendersi può coinvolgere ancora più categorie lavorative e più persone.

IO APRO vuol essere un esempio: si può aprire tutto, bisogna aprire tutto. Speravo davvero in questo sogno: che la gente, gli italiani si svegliassero ed aprissero tutto. Palestre, piscine… tutto. Anche con poca clientela, ma aprire. Aprire, aprire, aprire. Proprio per dire NO ad una dittatura come questa, ad un regime che ci sta togliendo tutto quello che ci fa star bene, quindi il benessere, il nuoto, lo sport, la socializzazione.

Qualche domanda inizia a farsi urgente: perché ci vogliono allontanare e non vogliono che la gente si incontri per parlare? Chi ci guadagna da tutta questa storia?

  • Secondo il senatore a vita Mario Monti, per molte attività «sarebbe meglio che lo Stato favorisse la ristrutturazione o la chiusura, con il necessario accompagnamento sociale, per destinare le risorse ad attività che si svilupperanno, invece che a quelle che purtroppo non avranno un domani» (4). Anche per il neo premier Mario Draghi (5), nel dopo Covid bisognerà favorire le imprese più competitive: «uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche» (6). Questi importanti politici parlano anche della sua azienda, attualmente in gravi difficoltà. Cosa ne pensa?

Certa gente crede che l’Italia non sia mai esistita; è gente che non ama l’Italia. Non aiutare gli artigiani e le piccole imprese, è come dire: “io odio l’Italia”. Tutto ciò, significa negare l’esistenza di una tradizione italiana ultrasecolare. E quindi lasciare che questa globalizzazione si prenda tutto.

Stanno completamente affondando questo Paese e non posso credere che gli italiani permettano questo.
Io non voglio elemosine dallo Stato, voglio giustizia, dignità: voglio lavorare. Non puoi obbedire a chi ti schiavizza, a uno Stato a cui non credo.

"IO APRO", una lotta per il Lavoro e per l'Italia

Mario Draghi e Mario Monti

  • Se potesse averli tutti a cena per una sera, cosa direbbe agli italiani?

Aprite gli occhi, aprite tutto. Uscite, non abbiate paura: da sempre, i rischi fanno parte della vita. Non esistono campane di vetro, siate responsabili usando le giuste precauzioni. Ma vivete.

Voi uscite, e noi apriamo.

Ultim’ora

Il famigerato Dpcm è uscito di scena, ed è arrivato il decreto legge: sarà in vigore da lunedì prossimo 15 marzo, fino al 6 aprile.

E’ nostro dovere, e più che mai da adesso in avanti, documentare e dare voce agli atti di resistenza e di libertà, sanciti peraltro dalla Costituzione Repubblicana del 1948.

Di Jacopo Brogi e Guido Carlomagno, ComeDonChisciotte.org

13.03.2021

NOTE

(1) = https://www.confcommercio.it/-/chiusure-imprese-2020

(2) = https://www.fipe.it/centro-studi/news-centro-studi/item/7663-ristorazione-persi-11-1-miliardi-di-euro-nel-iv-trimestre-2020.html

(3) = https://www.cnaroma.it/indagine-cna-di-roma-l80-delle-imprese-fatturato-calo-e-previsioni-negative-dove-sono-i-ristori

(4) = https://www.corriere.it/editoriali/21_gennaio_16/condizioni-la-fiducia-6c77e5a2-583f-11eb-ae23-b4c117d7c032.shtml

(5) = Mario Draghi presentò pubblicamente lo scorso dicembre il report del Gruppo dei Trenta, che potete leggere e scaricare qui: https://group30.org/images/uploads/publications/G30_Reviving_and_Restructuring_the_Corporate_Sector_Post-Covid.pdf

(6) = Documento programmatico che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha letto a Palazzo Madama in occasione del voto di fiducia, 17.02.2021: https://www.repubblica.it/politica/2021/02/17/news/fiducia_governo_draghi_discorso_integrale-287965484/

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Giornalista pubblicista e documentarista; freelance United Photo Press. “La realtà ha bisogno di più testimoni. Per mostrarla e per cambiarla.”
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