Il rischio e la certezza

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DI TONGUESSY

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Molti anni fa per visitare la Thailandia era obbligatoria la vaccinazione contro la malaria. C’era un libretto sanitario che doveva essere esibito alle autorità sanitarie che lo avessero richiesto e nel quale venivano annotate tutte le vaccinazioni. La mia vacanza thailandese inizia così, e prosegue assumendo scrupolosamente i farmaci prescritti. Ad un certo punto però le cose si complicano e sul corpo cominciano ad apparire fastidiose macchie rossastre che mi causano prurito. Do la colpa all’alimentazione, così diversa da quella a cui ero abituato. Lentamente tolgo tutti gli ingredienti fino a mangiare solo riso bollito. Ovviamente dimagrisco e mi deprimo. E comincio a pormi delle domande: non sarà per caso l’antimalarica a ridurmi così? Verso la fine della vacanza scopro che è proprio come temevo: smetto di prendere quelle maledette pastiglie e non soffro più di irritazioni cutanee. Nel frattempo mi sono perso un bel po’ di massaggi in spiaggia e di quella tranquillità che andavo cercando. Tirando le necessarie somme decido che il rischio di contrarre la malaria non vale la certezza di appestarsi di bubboni. Punto.

Quell’esperienza mi è tornata utile nella vita di ogni giorno. Valuto sempre quanto alto sia il rischio e quanto pesante sia la certezza nelle valutazioni di pro e contro. Questo approccio può essere messo in pratica anche oggi con le problematiche collegate al coronavirus. Si tratta cioè di valutare quanto alto sia il rischio di trovarci con il culo per terra come per la spagnola che infettò 500 milioni di umani nel periodo tra il 1918 ed il 1920 e ne uccise tra i 50 ed i 100 milioni (dal 3% al 5% della popolazione mondiale). Oppure quanto tale sbandierata pandemia sia in realtà più simile alle recenti “pandemie” (termine molto caro ai giornalisti, ormai tutti di stampo sensazionalista) quali la SARS, l’aviaria, ebola etc.. con i loro 800, 250 e 2000 morti nel mondo con percentuali ridicole rispetto alla popolazione mondiale.

Le recenti scelte dei governatori di Lombardia e Veneto (Fontana e Zaia, entrambi leghisti) di blindare le regioni più produttive d’Italia sono state suggerite dal timore di trovarci nella situazione del 1918 che mieté decine di milioni di vittime. Se le cose fossero davvero andate così, sarebbero eroi nazionali. Ma le cose, pur ancora sospese tra possibilità e realtà, si stanno avviando verso una conclusione positiva (per noi umani, intendo): finora i casi mortali sono 14 e tutti affetti da problematiche pregresse. Con il doveroso rispetto per le loro famiglie bisogna ammettere che è ben poca roba rispetto alle previsioni.

Non so chi abbia fatto le proiezioni catastrofiche che hanno consigliato i governatori di sospendere tutte le attività nei territori di loro competenza, ma tali proiezioni si sono rivelate, alla luce dei fatti, assolutamente sbagliate. I modelli matematici considerati si sono dimostrati fallaci, e l’escalation di infezioni/morti non ha avuto luogo. Difficile dire come sarebbero andate le cose senza le precauzioni attuate, ma i fatti dimostrano che le persone infettate senza sistema immunitario compromesso hanno ottime possibilità di guarigione. Quindi viva la precauzione? Quella stessa che mi ha rovinato la vacanza in Thailandia? Stiamo parlando di quella lì, vero?

Una piccola divagazione: secondo l’epistemologia di Popper quei modelli matematici fallaci le cui previsioni si sono dimostrate infondate dimostrano inequivocabilmente la propria appartenenza alla vera scienza proprio in virtù del principio di falsificabilità che l’ha reso famoso. Al contrario Lakatos distingueva la vera scienza dalla pseudoscienza grazie alla capacità di previsione: modelli corretti sviluppano previsioni che si dimostrano reali. Decidete voi chi è il pataccaro.

Torniamo alla Thailandia. Cioè alla pandemia da coronavirus. Una cosa che forse è sfuggita ai consiglieri governativi è che ogni etnia possiede un patrimonio immunitario unico. La storia delle coperte infette da vaiolo (una autentica bufala storica) donate ai pellerossa con lo scopo di ammazzarli spiega meglio di ogni discorso le ragioni dell’autentica mattanza degli amerindi (stime dai 50 ai 200 milioni di vittime), sterminati non tanto delle armi degli europei (che pure fecero il loro dovere) quanto dall’incontro con i puzzoni d’oltreoceano abituati da millenni a convivere con animali di ogni tipo. Quindi con sistemi immunitari corazzati rispetto ai Nativi. E non potrebbe mica essere che noi europei ancora oggi siamo più corazzati degli asiatici in quanto a sistema immunitario?

E’ giunto il momento di tirare le somme, come in Thailandia. A fronte del RISCHIO di avere la popolazione decimata i comandanti decidono di affrontare questa CERTEZZA: il blocco della produzione, quindi la recessione. Neanche le chiese si salvano dalla quarantena, il che la dice lunga sul potere delle statistiche e sulla crisi della metafisica.

Confcommercio stima una perdita di 5-7 miliardi di euro, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha stimato una riduzione del Pil dello 0,2% nell’arco di un anno mentre la società di ricerca Prometeia parla di un -0,3%. Altri analisti sfoderano previsioni ancora peggiori. Borse e turismo in caduta libera con picchi di disdette dell’80% a Milano, e l’export delle zone “rosse” del valore di quasi 140 miliardi di euro a rischio. A volere essere cinici quei 14 morti ci sono costati davvero cari.

Cosa mi aveva spinto a prendere le maledette pastiglie antimalaria? L’idea di scongiurare un rischio pesante. La realtà però mi si presentò ben diversamente: l’inibizione di quel rischio comportava una certezza non sostenibile. Alla fine non ne valeva la pena, meglio accettare il rischio del contagio che affrontare la certezza dell’eritema. Temo che i due governatori abbiano subito la stessa triste sorte: consigliati male da esperti dei vari settori hanno capitolato di fronte alle improbabili statistiche di progressione del virus. Nella realtà si sono così trovati a prendere a bastonate il loro bacino elettorale di riferimento per sventare un rischio dimostratosi inconsistente. Il millenarismo matematico non è più una novità e rappresenta il reingresso della metafisica dalla porta di servizio dopo essere stata fatta uscire dalla porta principale. Non so se l’elettorato leghista sia così solido da anteporre l’ideologia al conto della serva. In fin dei conti tutta la questione si risolve in un dogmatismo ideologico: bisogna credere nella volontà di sventare il rischio anche a costo di affrontare una certezza alquanto ingombrante e spiacevole. Certa matematica ancora una volta diventa una questione di fede e la statistica serve a dimostrare tesi preconfezionate. Poco importa se fallaci, tanto c’è Sir Popper.

Fare previsioni è una cosa molto difficile, specialmente se riguardano il futuro. Niels Bohr

 

Tonguessy

28.02.2020

 

 

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