DI DAVIDE GATTO
minimamoralia.it
Non mi piace alimentare la forma prima di intrattenimento dell’Italia, ovvero la politica-spettacolo di talk show, informazione paludata e maligna e girandola di commenti social che farebbero impallidire gli avventori di un vecchio Bar dello Sport.
Eppure stavolta qualcosa voglio dirla. Voglio dire qualcosa perché per la prima volta vedo con chiarezza un disegno dietro le vicende politiche degli ultimi mesi rappresentate dai media, il disegno ben orchestrato di neutralizzare il progetto di cambiamento della forza politica che alle ultime elezioni ha pressoché doppiato la percentuale di consensi dei suoi diretti avversari (32.7 contro rispettivamente 18.7 e17.4).
Gli argini alla marea montante erano stati costruiti già prima della consultazione elettorale, quando la maggioranza parlamentare uscente approvò la nuova legge elettorale – il cosiddetto Rosatellum, dal nome dell’allora deputato del partito che avrebbe poi ottenuto il 18.7-: la conta dei voti sarebbe avvenuta per coalizione, non per singola forza politica, ben sapendo che il movimento del futuro 32.7 sarebbe stato l’unico a correre da solo.
Di fatto l’argine cedette sotto la spinta delle preferenze, dato che il successo del movimento solitario finì per impedire che una delle due coalizioni raggiungesse la maggioranza parlamentare assoluta (50% + 1). L’operazione successiva è stata quindi quella di legare a corda doppio il corpo estraneo della politica italiana (annoto solo che in una democrazia compiuta non dovrebbe essere neppure concepibile l’idea di un corpo estraneo) con un compagno di cordata organico all’assetto politico tradizionale: la forza del 32.7 è stata posta sotto la tutela del partito del 17.4.
Non bisogna dimenticare che questa strana coppia dell’attuale esecutivo è pervenuta alla sua unione di fatto solo dopo che il partito del 18.7 ha pervicacemente negato il suo appoggio, nonostante gli innumerevoli addentellati programmatici che almeno la sua piattaforma ideologica avrebbe potuto consentire con le linee progettuali del movimento del 32.7.
Qualche esempio? La lotta contro i privilegi (taglio degli stipendi dei parlamentari, delle pensioni d’oro, tetto alle liquidazioni milionarie dei manager etc.), la redistribuzione del reddito a favore delle classi più deboli (quota 780 euro sia per il reddito di cittadinanza che per le pensioni minime), la salvaguardia dei diritti fondamentali (salute, lavoro, ambiente), il ripristino delle condizioni di legge in tutti gli ambiti (leggi lotta alla corruzione, all’evasione etc.). Ribadisco, a scanso di equivoci, che questi punti sono riconducibili alla piattaforma ideologica del partito del 18.7, non necessariamente al partito del 18.7.
Messa nell’angolo da queste manovre da burattinai consumati, la forza politica del 32.7 ha verosimilmente accettato l’abbraccio subdolo del partito del 17.4 per non disperdere un capitale elettorale che difficilmente avrebbe resistito agli attacchi, ai ricatti, alle lusinghe paternalistiche che sono il bagaglio storico di tutte le forze della restaurazione, del potere consolidato. Ha accettato questo abbraccio perfido sperando che la protezione di un contratto pubblico firmato da entrambi i contraenti fosse sufficiente a evitare la sua trasformazione in abbraccio mortale.
Di fatto è avvenuto nei mesi successivi e fino ad oggi un fenomeno distorsivo della rappresentazione dei fatti, come se i fatti fossero filtrati attraverso un prisma capace di deviare la loro effettiva paternità in modo da riconoscere al partito del 17.4 i meriti delle iniziative virtuose, a quello del 32.7 la responsabilità delle politiche più ciniche e riprovevoli. Gli esempi emblematici di questo processo – a mio giudizio non casuale – sono da una parte l’abbattimento del quartiere abusivo dei Casamonica realizzato dopo dieci mesi di istruttoria dalla sindaca romana della forza politica del 32.7, ma mediaticamente devoluto come un tributo al capo del partito del 17.4 in sella ad un bulldozer (fosse stato qualche decennio fa avrebbe forse esibito il petto nudo e un piccone…), dall’altra l’astio ideologico del decreto Sicurezza imputato a quella maggioritaria tra le due forze di governo, che ha dovuto tollerarlo a forza per non buttare – come si dice – il bambino insieme all’acqua sporca.
Oltre che caratterizzata da questo peculiare effetto prismatico, la rappresentazione dei fatti appare sottoposta anche a un particolare filtro di potenziamento selettivo, per cui l’uomo del bulldozer risulta ubiquo e pressoché onnipotente, la variante odierna del superuomo che i nostri anticorpi civili hanno tante volte in passato debellato ma che giace latente nel nostro organismo come una maledizione: la sua parola è l’ultima, la sua figura giganteggia in tutte le cronache, si tratti di vaccini, di infrastrutture, di appalti, di Europa, di giusto processo e naturalmente di autoscatti personali e di altrettanto personale ménage amoroso.
Qualcuno dice che viviamo in tempi di grossolanità trionfante, e alla fine deve essere vero se nessuno fa più caso a sproporzioni che sembrano parossistiche, come quella tra un partito sulla cui truffa ai danni dello Stato per 49 milioni di euro la rappresentazione mediatica tace, e una forza politica messa alla sbarra perché il padre del suo responsabile incaricato avrebbe fatto interventi edilizi abusivi su una catapecchia (disabitata) di proprietà e avrebbe corrisposto al figlio dei soldi in nero per la sua collaborazione estiva nell’azienda di famiglia: se in quest’Italia dell’illegalità diffusa tutti possiamo specchiarci nel secondo, il primo è un caso unico nella sua abnormità.
La rappresentazione generalizzata proietta dunque un cono di luce potente sul capo del partito del 17.4 (mi ostino a ritenere i fatti, il risultato elettorale, più importanti delle proiezioni statistiche, cioè gli attuali sondaggi elettorali), mentre lascia nell’ombra o distorce il profilo del responsabile incaricato della forza politica del 32.7 (tralascio le considerazioni sul Primo ministro, finalmente uno che studia e lavora invece che fare il giro delle sette chiese televisive). Perché?
Perché, banalmente, il partito del 17.4 è il partito della conservazione, da qualunque parte lo si voglia guardare: il nazionalismo è retrò, lo sviluppo legato alle grandi opere e ai grandi operatori economici è retrò, la famiglia tradizionale, la paura dell’immigrato e la noncuranza per l’ambiente sono retrò, è retrò in primo luogo la data delle sua costituzione (1988), che affonda le sue radici ben addentro a una stagione politica sconfessata da anni di movimenti dal basso e ora dal civismo confluito nella forza politica del 32.7.
D’altra parte, non vedo come si possa misconoscere la visione futuribile di quest’ultima. L’elenco sarebbe lunghissimo, ma merita almeno citare l’emancipazione dalle fonti energetiche fossili e inquinanti (è giusto spingere la transizione verso l’auto elettrica), il potenziamento della raccolta differenziata (nessuno vorrebbe un inceneritore vicino casa), il reddito di cittadinanza (sono i sociologi ad avvertire che l’efficientamento della automazione industriale richiederà misure stabili di sostegno del reddito), lo sviluppo di reti infrastrutturali ecosostenibili (banda larga, ferrovie) che rendano finalmente unita l’Italia invece che sacrificarne una parte perché l’altra possa sedere nel salotto buono e sempre più ristretto dei potenti d’Europa (a chi servono davvero TAV e TAP?); e potrei continuare a lungo.
Non si tratta qui di essere d’accordo con tutti i punti di questo programma politico, ma di coglierne la posizione dialettica rispetto all’italianissimo e gattopardesco “tutto cambi perché nulla cambi”. Dopo il crollo – colpevole – del ponte Morandi a Genova, la vecchia politica avrebbe continuato ad affidare al gestore inadempiente le autostrade italiane, con grande sconcerto di tutti noi.
Ebbene, ieri sono accaduti due fatti che mi hanno spinto a scrivere queste considerazioni. La sovraesposizione del leader del partito del 17.4 si è arricchita di due nuove tessere del mosaico strapaesano dell’uomo dei miracoli: l’abbiamo visto prima accondiscendere indebitamente alle richieste dell’associazione degli industriali, notoriamente favorevoli alla TAV e alle grandi opere, il giorno dopo il successo torinese della manifestazione no-TAV (subito scomparsa dalla scaletta dei TG), poi chiedere alla sua piazza l’investitura a trattare con l’Europa quando proprio il governo di cui fa parte come socio di minoranza ha in corso esattamente questo tipo di trattativa.
Mi si dirà che il leader del partito del 17.4 si rivolgeva al suo popolo in vista delle elezioni europee, ma la rappresentazione che dell’evento è stata data pareva sottintendere un giudizio di attuale inefficacia e una promessa di futura risoluzione di tutte le vertenze vantaggiosa per l’Italia.
E quindi ho sciolto le mie riserve, ho chiuso il mio periodo di osservazione e di valutazione: l’uomo del partito del 17.4, il piccolo uomo (politicamente) che la grancassa dei poteri consolidati ha trasformato sugli schermi in un gigante è l’antidoto programmato contro ogni evoluzione di questa nostra asfittica dimensione sociale, culturale, economica, politica. Niente di strano se tra qualche mese farà mancare il suo appoggio al governo per formarne uno nuovo con le forze di destra e di fanta-sinistra schierate per il ripristino dell’ordine, dell’inerzia e del privilegio originari.
In questo malaugurato caso il virus fascistoide e neoliberista, ora depotenziato dal contratto di governo e dalla forza politica del 32.7, sprigionerà tutti i suoi funesti effetti, di cui l’occhiolino a più riprese strizzato alle grandi lobby economiche (vedi la vicenda del Ponte Morandi e il sì alle grandi opere, inceneritori compresi) e ai grandi evasori (vedi il no alla tracciabilità di tutte le transazioni economiche con carta e il sì alla prescrizione), per non parlare della protezione offerta a Casa Pound, non è che il segno premonitore.
A fronte di questo quadro mi stupisce invece – forse questo è l’ultimo residuo di ingenuità che mi consento – che le battaglie contro l’illegalità, contro la disuguaglianza, contro il privilegio, per i valori costituzionali, per la partecipazione civica, per i diritti, che indubbiamente la forza politica del 32.7 ha ingaggiato con una intransigenza che ha a tratti il sapore di altri tempi, non vengano fatte proprie da chi è da sempre ideologicamente allineato sugli stessi valori di fondo: se il fine è lo stesso, sembra folle non collaborare alla definizione dei modi per raggiungerlo.
Davide Gatto
Fonte: www.minimaetmoralia.it
LInk: http://www.minimaetmoralia.it/wp/re-nudo-tutti-guardano-unaltra-parte/
22.12.2018