DI PETER SYMONDS
Un altro segnale di tensioni in rapida ascesa tra Cina e USA e nuovo segno di rischio conflitto: il Presidente Xi Jinping ha detto ai militari del suo paese di prepararsi per la guerra. Giovedì scorso, il suo discorso al Comando del PLA – People’s Liberation Army – al Southern Theatre Command, è stato una risposta alle azioni di aggressione dell’amministrazione Trump, che si manifestano non solo in una guerra commerciale più aspra, ma preparandosi apertamente ad un conflitto militare con Cina e Russia.
Xi, che è anche Comandante in Capo dell’esercito cinese, ha sottolineato la necessità che le forze militari siano in grado di “combattere e di vincere le guerre” e ha anche detto di “concentrarsi [sui] preparativi per combattere una guerra”. Ha dichiarato: “Dobbiamo intensificare le esercitazioni per prepararci al combattimento, con esercitazioni congiunte ed con esercitazioni di scontro per migliorare le capacità dei soldati e dell’ addestramento per la guerra “.
“Voi siete quelli che lavorano costantemente in prima linea e che svolgono ruoli chiave nella protezione della sovranità territoriale nazionale e degli interessi marittimi – ha dichiarato Xi – il comando deve assumersi la “pesante responsabilità militare per poter affrontare le situazioni più complesse e per predisporre gli atti opportuni per le emergenze”.
Il PLA del comando militare del Sud è responsabile per la’area del Mar Cinese Meridionale e dello Stretto di Taiwan, due punti pericolosi dove potrebbe prender fuoco la miccia della guerra. Sotto l’amministrazione Trump, il Pentagono ha già messo in atto più provocazioni per la libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale, otto in tutto, di quante ne aveva messo in atto il presidente Barack Obama.
L’ultima provocazione USA, all’inizio di ottobre, è stata l’incontro ravvicinato tra una nave da guerra cinese e la USS Decatur, che ha deliberatamente sfidato le rivendicazioni marittime cinesi navigando entro il limite delle 12 miglia nautiche dalle Isole Spratly, un gruppo di isolotti controllati dalla Cina. Inutile dire che se le navi da guerra cinesi avessero condotto una operazione analoga al largo delle coste USA e nelle vicinanze di basi militari sensibili, questo avrebbe fatto provocato immediatamente proteste di Washington e richieste di rappresaglia.
Gli USA stanno inviando inoltre sempre più navi da guerra attraverso lo Stretto di Taiwan che separa la Cina da Taiwan, una zona che Pechino rivendica da tempo come un suo proprio territorio. L’amministrazione Trump sta deliberatamente infiammando le tensioni su Taiwan rafforzando i suoi legami militari con Taipei.
La scorsa settimana il Ministro della Difesa cinese Wei Fenghe ha dichiarato che Taiwan ” tocca i principali interessi della Cina – ed ha apertamente avvertito – “Su questo tema, è estremamente pericoloso sfidare ripetutamente quello che è considerato un bottom-line per la Cina. Se qualcuno cercherà di tagliare fuori Taiwan, l’esercito cinese intraprenderà le azioni necessarie ad ogni costo. “
Ma questo è esattamente ciò che sta facendo l’amministrazione Trump. All’inizio di questo mese, la CNN ha riferito che la Marina USA stava preparando per novembre “una grande manifestazione di forza” come monito per la Cina. La bozza del progetto raccomandava una serie concentrata di operazioni nella stessa settimana con l’invio di navi da guerra e aerei da guerra USA vicino alle acque territoriali cinesi nel Mar Cinese Meridionale e nello Stretto di Taiwan.
Questi piani fanno parte di una più ampia preparazione degli USA ad una guerra con la Cina, che – insieme alla Russia – il Pentagono ha bollato come “poteri revisionisti” e concorrenti strategici. All’inizio del mese( ottobte), il vicepresidente USA, Mike Pence, ha segnalato una drammatica escalation dell’amministrazione Trump nei confronti della Cina, cosa che ha già portato ad un peggioramento della guerra commerciale ed anche preso due importanti misure militari che sicuramente avranno fatto suonare qualche campanello d’allarme a Pechino.
Un giorno dopo il discorso di Pence, il Pentagono ha pubblicato un rapporto che può essere interpretato solo come la preparazione economica per la guerra totale. Ha sollecitato la fine della dipendenza USA dalle importazioni di materiali e armi strategiche, in particolare da rivali come la Cina, e l’istituzione di “una solida base industriale di difesa e di supply-chains resilienti” per poter sostenere un conflitto militare prolungato.
La seconda mossa — la decisione di Trump di ritirarsi dal Trattato Intermediate-Range Nuclear Forces (INF) — è ancora più incisiva. Il trattato firmato tra gli Stati Uniti e l’ex Unione Sovietica nel 1987 proibiva formalmente l’incremento di missili nucleari a corto e medio raggio. Ritirandosi dall’accordo, Donald Trump ha manifestato la sua intenzione di ampliare in modo massiccio l’arsenale nucleare USA indirizzandolo non solo contro la Russia ma, soprattutto, contro la Cina posizionando armi nucleari in Asia.
Il crescente pericolo di un conflitto nucleare tra Stati Uniti e Cina è stato oggetto di un articolo sull’ultimo numero di Foreign Affairs intitolato “Opzione nucleare Pechino: perché una guerra USA-Cina potrebbe sfuggire di mano”. L’analista Caitlin Talmadge ha concluso che qualsiasi conflitto convenzionale USA minaccerebbe necessariamente il relativamente piccolo arsenale nucleare cinese.
Se così fosse, l’esercito cinese si troverebbe di fronte alla scelta se usare le armi nucleari o se perdere la sua prerogativa di rappresaglia contro un attacco nucleare USA. Talmadge non concorda con le solite assicurazioni del Pentagono secondo cui non esiste nessun rischio di guerra nucleare tra Stati Uniti e Cina. “Usare contro la Cina, lo stile preferito dal Pentagono della guerra convenzionale [mettere fuori combattimento gli assets militari del nemico] sarebbe una ricetta per l’escalation nucleare “ ha avvertito.
Non c’è niente di eccessivo nella risposta di Xi Jinping e del Partito Comunista Cinese (PCC) a queste minacce di aggressione dagli Stati Uniti. Il regime del PCC rappresenta gli interessi del minuscolo strato di oligarchi-super-ricchi che hanno accumulato enormi ricchezze grazie ai processi di restaurazione capitalista iniziati nel 1978. Come tale, Pechino è organicamente incapace di fare appello alla classe lavoratrice sia cinese che internazionale per montare una offensiva di classe unita contro il capitalismo e contro il suo obsoleto sistema di stati nazionali. Al contrario Xi ha cercato di placare l’imperialismo USA offrendo concessioni e accelerando contemporaneamente la preparazione e lo sviluppo dell’esercito cinese: una ricetta per la guerra.
La spinta USA alla guerra contro la Cina, avviata sotto Obama e accelerata sotto Trump, è prodotta della crisi sempre più profonda del capitalismo globale, accentrata negli Stati Uniti. Nel disperato tentativo di contrastare il proprio declino storico, l’imperialismo USA considera la Cina come la principale minaccia attuale alla sua egemonia mondiale e non si fermerà davanti a nulla per subordinare la Cina ai suoi interessi economici e strategici.
Questo pericolo di guerra nucleare in continua ascesa deve essere risolto costituendo un movimento unificato di tutte le classi operaie contro la guerra, in Cina, negli Stati Uniti e a livello internazionale, un movimento che poggi su una base socialista e che sia capace di mettere fine a questo sistema capitalista che minaccia di far affogare l’umanità nella sua barbarie.
Peter Symonds
Fonte: www.wsws.org
Link: http://www.wsws.org/en/articles/2018/10/30/chin-o30.html
20.10.2018
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario