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La Redazione

 

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Il ponte sul fiume Guai

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A cura di Rosanna
Il 29 Agosto 2018
915 Views

DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.com

Curiose affinità, a volte, legano i titoli, non scelti per semplice assonanza linguistica, bensì per ben precise somiglianze storiche: la battaglia del Nagaland (per la quale era essenziale, alle truppe nipponiche, proprio il famoso ponte del film) fu combattuta già in territorio indiano, e le truppe giapponesi ebbero l’appoggio di parte degli indipendentisti indiani. Vinta dagli inglesi, viene ricordata come la “Stalingrado orientale”.

Ma torniamo ai nostri ponti dei guai, i quali – se, da una parte, sembrano generare una marea di problemi, sollevando tonnellate di sabbia con la quale erano stati seppelliti veri e propri crimini di stato – dall’altra scoprono nuovi orizzonti: il governo, ha affermato di voler rivedere tutto il sistema delle cessioni in appalto ai privati ed ha speso una parola pesante, “nazionalizzazioni”. Anche se, a voler esser precisi, la proprietà del sistema autostradale è ancora dello Stato italiano.

Non riteniamo che la vicenda possa intralciare, oggi, i piani dei globalisti – proprio come i giapponesi non misero in crisi l’impero inglese – ma, almeno in Italia, il problema sta venendo a galla: difatti, tutto il problema del ponte – come ho ripetuto mille volte – è soltanto, per loro, quello che non esiste più il “corridoio” fra la penisola iberica e l’Est Europa, che transitava tutto su quel macilento ponticello in cemento armato. Come ho già ripetuto, non era stato previsto per simili stress, e il risultato s’è visto. Ma andiamo per gradi, sbucciamo lentamente la mela osservando attentamente ogni strato.

Il problema nei prossimi mesi

Se qualcuno ha ancora dei dubbi sulla fine del ponte, glieli toglierò subito. A meno di farlo saltare in brevissimo tempo, con una demolizione pianificata con l’esplosivo, gran parte del ponte verrà giù da solo.

Però, programmare un simile intervento non è cosa di pochi giorni: ci vuole un progetto preciso, per limitare al minimo i danni conseguenti. Bene ha fatto il Governo a sgombrare le case sottostanti (ma si costruisce un ponte sopra le case?!? Signori ingegneri, dove avevate la testa?) ed a cercare, da subito, una soluzione abitativa definitiva per gli sfollati: chi critica, ha ancora sul gobbo L’Aquila, Amatrice…e tutto il resto, fino al terremoto del Belice del 1968: la foto che osservate non è del lontano ’68, bensì dei nostri giorni.

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Terremoto del Belice

Trovare una soluzione abitativa per migliaia di persone, però, non è cosa facile: le case non si costruiscono con la bacchetta magica, e vedremo come se la caveranno l’attuale Governo e le amministrazioni locali, fra le quali – pare di avvertire – ci sono già alcuni screzi, dovuti alle diverse pressioni politiche che sopportano, ma ci torneremo.

Perché il ponte Morandi verrà giù?

Perché il regime dei venti, in Liguria, non è costante ma a raffiche. Ve ne rendete ben conto su una barca a vela.

La potenza che il vento “scarica” su una vela – poniamo 10 metri d’albero – è complessivamente quella di una motocicletta di 250 cc: 20-25 Cv. Già, ma con venti deboli, chiamati brezze, al massimo 10 nodi, e la barca fa 3-4 nodi di velocità.

Quando il vento aumenta, la spinta (e la conseguente potenza) aumenta: e quando arriva una raffica di mezzo minuto a 50 nodi? La vostra, modesta “250” si trasforma in una 1.000 cc da competizione e, se l’equipaggio è esperto, la barca scivola sulle onde a 10 e più nodi, una velocità notevole per una barca a vela.

Torniamo al ponte.

I due spezzoni di ponte non sono più collegati fra di loro: il castello di carte, più o meno fragile, è ora fragilissimo, per la perdita della carta centrale, che ne faceva un corpo unico. Con raffiche a 50 nodi, i piloni vengono sottoposti ad una pressione micidiale, che dura poco, mezzo minuto, un minuto…poi, la pressione del vento cala quasi a zero, e ciò innesca un’oscillazione. Terminata l’oscillazione arriva una nuova raffica, che innesca una seconda oscillazione, che in parte si somma alla prima per l’inerzia stessa (il peso del pilone che oscilla), e la frittata è fatta. Simili situazioni meteorologiche capitano in periodi ben precisi: le cosiddette “tempeste equinoziali”, che avvengono intorno al 20 di Settembre, poi all’inizio di Novembre, come Genova ben sa.

L’esimio prof. Tedeschini – docente di qui e di là – ricorda che l’appalto per la demolizione deve essere dato in “gara europea” giacché non sussistono “situazioni di urgenza e pericolo”. Immaginiamo che l’esimio prof. Tedeschini non viva sotto un ponte, magari vicino ad un ponte, forse sull’Appia Antica. Non sanno proprio più a che santo votarsi.

Il primo passo, dunque, è quello di dare una casa a quella gente…requisirla, fornire fondi per acquistarla, oppure tramite lo IACP…qui non si deve badare a spese, e chissenefrega del 3% sul deficit: vengano signori, vengano da Bruxelles a spiegare ai genovesi perché devono passare l’Inverno nelle baracche o, peggio, nelle tendopoli. Venga, Tajani, venga lei che è italiano: non viene? Ha paura? Ha ragione ad aver paura.

Le decisioni del Governo (e di Atlantia)

 E’ normale essere basiti: per fortuna, non capita tutti i giorni che un viadotto autostradale venga giù come un mucchio di ghiaia e il Governo, sulle prime, rimase proprio basito. Ma si risvegliò in fretta: si svegliò un poco incazzato, ma non perché era venuto giù il ponte, quello che li fece più incazzare fu il silenzio dei gestori, ossia dei Benetton.

L’atteggiamento dei Benetton fu possibile circoscriverlo con poche parole “non perdere soldi in questa vicenda”. Perché?

Poiché Atlantia aveva da poco lanciato un’OPA (una proposta di acquisto) per Abertis, l’omologa società spagnola che gestisce le autostrade spagnole più alcuni tratti nelle Americhe: non dimentichiamo che Abertis ha sede a Barcellona, mentre a Santander ha sede una delle banche più potenti del mondo (al 12° posto nella classifica mondiale, quando Intesa San Paolo, la più grande banca italiana, è solo al 35° posto). Questo per dire come l’operazione fosse ardita ed altamente remunerativa (e dunque costosa).

Bisogna ricordare che, nel 2007, Benetton rischiò proprio di farsi portar via “l’osso” delle autostrade italiane da Abertis ma, con “l’aiuto” dell’allora governo Prodi, riuscì ad aggiudicarsi la gara. Meglio che resti in mano italiane, qualcuno pensò: i genovesi non sono proprio d’accordo. Però, il contendente era sempre lì, sul campo e le due società si confrontarono per la gestione di tratti autostradali in America Latina.

Che fare, si pensava a Treviso?

Se non puoi fermare un nemico…trova il modo di fartelo amico…oppure: compralo!

Così, in questi ultimi 10 anni, è iniziato un piano di “risparmio” che doveva condurre ad ammucchiare un “tesoretto” per comprare gli spagnoli. Non a caso furono sempre rinviati i lavori per aggiornare i due piloni privi di stralli esterni (mentre il primo era già stato “aggiornato” dallo Stato nel 1993)…ma sì, non crollerà…compreremo Abertis e poi si vedrà…S’è visto.

Tutta la rete italiana ha bisogno di una colossale manutenzione, poiché, per anni, l’imperativo è stato “un fiorino”, ossia il pedaggio autostradale visto come una tassa, come nel noto film di Benigni e Troisi. I documenti “sensibili” – ossia i piani di manutenzione – segreti!

Date voi uno sguardo, tutte foto recenti:

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Si potrebbe continuare per pagine e pagine.

Lo stato delle autostrade italiane (e non parliamo delle strade, da quando l’ANAS non ha più avuto i proventi delle autostrade!) è degenerato: la corruzione, l’assunzione in Atlantia di manager prima statali – la secretazione degli atti!!! – ha fatto il resto.

Così, per anni, abbiamo pagato “un fiorino” affinché Benetton potesse comprare Abertis e…diventare sempre più ricco. Non s’è interessato molto del “problemino” generato a Genova – ai morti, a chi perderà la casa, anche alle difficoltà che la sua “assenza” nella manutenzione ha arrecato al primo porto italiano – no…s’è fatto vivo solo quando le azioni di Atlantia hanno iniziato a crollare in Borsa. Eh no, fate delle “comunicazioni sociali” perverse…così non si fa…mi fate perdere la possibilità d’acchiappare l’odiato rivale e diventare ancora più ricco. Alla fine, ha preferito salpare con il suo yacht: meglio stare fuori dalle acque territoriali…non si sa mai…

Il ripensamento del Governo, a questo punto, è diventato un altro: perché lasciare queste galline dalle uova d’oro in mano ai privati? Ed il ripensamento è totale, giacché qualcuno ha detto: ma…e le frequenze televisive?

Non dimentichiamo che la storia ha qualcosa di grottesco ed una parte inquietante: fra il 1984 ed il 1985 Bettino Craxi firmò la legge Mammì, ricordata da tutti come i “decreti Berlusconi”. Il grottesco è che Berlusconi era un amico e Craxi: fu, addirittura, testimone alle nozze con Veronica Lario. Il tragico è quel che avvenne dopo: un gestore di proprietà statali divenne a sua volta “principe”, e giunse alle più alte cariche dello Stato. Di quella vicenda, Vittorio Feltri ebbe a dire:

Per quattordici anni, diconsi quattordici anni, la Fininvest ha scippato vari privilegi, complici i partiti: la Dc, il Pri, il Psdi, il Pli e il Pci con la loro stolida inerzia; e il Psi con il suo attivismo furfantesco, cui si deve tra l’altro la perla denominata ‘decreto Berlusconi’, cioè la scappatoia che consente all’intestatario di fare provvisoriamente i propri comodi in attesa che possa farseli definitivamente. Decreto elaborato in fretta e furia nel 1984 ad opera di Bettino Craxi in persona, decreto in sospetta posizione di fuorigioco costituzionale, decreto che perfino in una repubblica delle banane avrebbe suscitato scandalo e sarebbe stato cancellato dalla magistratura, in un soprassalto di dignità, e che invece in Italia è ancora spudoratamente in vigore senza che i suoi genitori siano morti suicidi per la vergogna.”

(Vittorio Feltri, L’Europeo 11 agosto 1990)

Si noti: Vittorio Feltri dopo pochi anni, gravitava già nell’orbita della stampa dominata dal Cavaliere.

Qui non si tratta di giudicare Berlusconi o chi altro, bensì un principio: fino a che punto può, uno Stato di diritto, recedere ai suoi compiti per affidare settori vitali al privato? Non si discute se, lo Stato, mette sul mercato un’azienda di cioccolatini, bensì beni essenziali in una società moderna: sanità, informazione, trasporti, scuola, difesa, energia, ecc.

Si noti che, nel caso di Berlusconi, non fu stabilito nemmeno un “tetto” o delle regole per le quali, un gestore di televisioni, non poteva possedere giornali: Feltri aveva ragione nel definire quel provvedimento “roba che non capita nemmeno nelle repubbliche delle banane”, poiché – dopo l’ingresso di Berlusconi – il livello dell’informazione italiana è precipitato a livelli da terzo mondo.

E le ferrovie?

Regalate a gente come Montezemolo, con il suo “Italo”, così l’alta velocità funziona bene (finché, anche lì, non capiterà qualcosa) mentre le tratte “popolari” sono diventate carri bestiame, ferrovecchio sul quale non investire un euro. Per fortuna, anche qui il nuovo governo se n’è accorto ed ha azzerato i vertici delle Ferrovie.

E gli ospedali?

Costruiti con i soldi degli italiani e poi…voilà…divenuti “strutture sanitarie” in mano a tutta una pletora di “imprenditori della sanità” che lucrano su tutto, vecchi e bambini compresi.

I risultati di tanto “svendere” quali sono stati?

Il paradosso dei paradossi è che, oggi, uno Stato messo alle corde da questa pletora di “efficienti privati” deve, per forza, rivolgersi per la ricostruzione del ponte all’unica azienda ancora statale (Fincantieri), un antico ricordo dell’IRI e di quando le aziende statali ricostruirono l’Italia. L’alternativa?

Fidarsi di aziende che hanno partecipazioni – a vario titolo – proprio con persone e società legate al gruppo Benetton, o a suoi sodali. Da Impregilo a Gavio.

E, qui, ecco che torna un nodo politico.

La Regione Liguria è governata da un uomo di Berlusconi, il Presidente Toti. Il quale, guarda a caso, nicchia: sì, però…il ponte va bene, però…Benetton ci ha dato dei soldi…

E perché ve li ha dati?

Per la ricostruzione, per le case, per l’enorme danno alla città…

E allora? Non doveva risarcire nulla?

Eh sì, ma…per adesso, fin quando non ci sono le risultanze della magistratura, almeno della commissione parlamentare…

Ecco, la posizione ambigua di Salvini: da un lato al governo con il M5S, dall’altro in “alleanza” con un fumoso centro destra, nel quale Berlusconi impera – non tanto per le percentuali di voto – quanto per il peso dei suoi ramificati rapporti che…da dove provengono?

Da quella cessione di sovranità, dai “decreti Berlusconi” di Craxi.

E’ del tutto evidente che la responsabilità del disastro è di Atlantia, ossia di Benetton: certo…concediamogli almeno 10 anni di iter giudiziario, che se la Cassazione (come ha sempre fatto) boccerà diventeranno 20, poi 30 prima di una sentenza definitiva…

E i genovesi? Che si fottano: bisogna rispettare i tempi della magistratura. Questo raccontano dalle parti del PD e da quelle di Berlusconi.

Per ora, i due ragazzi tengono…avranno il coraggio d’andare fino in fondo? Oppure, quel continuo giocherellare con roboanti affermazioni, utili soltanto a spostare qualche numeretto nei sondaggi, li farà andare a fondo?

 

Carlo Bertani

 

Fonte: www.carlobertani.blogspot.com

Link: http://carlobertani.blogspot.com/2018/08/il-ponte-sul-fiume-guai.html

29.08.2018

 

 

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