DI ALESSANDRA COLLA
gallineinfabula.wordpress.com
In questa che Debord ha chiamato “la società dello spettacolo”, ogni messaggio è reso ancora più incisivo dal mezzo che lo trasmette — l’intuizione di McLuhan è oggi una realtà quotidiana.
Non conosco Caterina Simonsen, e quindi
mi atterrò semplicemente a quello che vedo — che hanno visto tutti, in queste ultime ore. L’immagine di questa ragazzina sorridente nonostante la maschera a ossigeno, vegetariana, abbracciata al suo cane, che studia veterinaria e che appoggia la sperimentazione animale è di impatto sicuro e immediato. La giovinezza violata da un male che non dà futuro è un tòpos letterario di estrema drammaticità, che non può lasciare indifferente lo spettatore còlto di sorpresa. E se una fanciulla dall’aria così dolce e così palesemente indifesa dice di amare gli animali e di essere tuttavia a favore della vivisezione, ci dev’essere del buono in questa pratica — è un sottile paralogismo che ha buona presa sull’immaginario viscerale e un po’ confuso della massa.
Perché è alla massa che si rivolgono i pro-sperimentazione animale La massa — che si emoziona facilmente, che è abbastanza pigra da preferire i luoghi comuni all’indagine, che preferisce non sapere per non porsi domande scomode — è l’interlocutrice ideale dei fautori di un modo di fare scienza che sta alla ricerca del XXI secolo come la meccanica newtoniana sta alla fisica quantistica.
Così, quando Simonsen dice che si fida dei medici che la curano e che è ancora viva grazie alla sperimentazione animale, la massa acritica recepisce 1) che bisogna fidarsi della medicina ufficiale, e 2) che la sperimentazione animale salva la vita alla gente. In realtà, fidarsi della medicina ufficiale è una scelta e non un’imposizione — non può e non deve essere altro che il frutto di una libera decisione del malato; poi nessuno, e men che meno la stessa Simonsen, può affermare in coscienza di essere ancora vivo grazie alla sperimentazione animale: dimostrare che senza la sperimentazione animale i farmaci non avrebbero funzionato è evidentemente impossibile. Con lo stesso indice di attendibilità io potrei affermare, anzi affermo, di aver visto morire familiari, amici e conoscenti a causa di malattie trattate con farmaci e procedure di sperimentazione animale rivelatesi del tutto inefficaci.
Si aggiunga che la stessa Simonsen ha detto qualche giorno fa (http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2013/12/27/STAMINA-Caterina-ecco-perche-ho-deciso-di-vivere-anche-se-so-che-non-guariro/452623/) di essere «molto amica di Giulia Corsini»: ma Giulia Corsini non è una persona qualsiasi. Giulia Corsini, anche lei studentessa di veterinaria e «amante degli animali sin da piccola» (http://www.pro-test.it/about/council.html) è la vicepresidente di Pro-Test Italia, «associazione non-profit che si occupa semplicemente di fare informazione» e che si ispira dichiaratamente all’inglese Pro-Test UK, le cui azioni «hanno avuto come risultato l’arginamento della disinformazione e del terrorismo animalista; Pro-Test Italia intende replicare il medesimo successo» (http://www.pro-test.it/about/history.html).
(Ci sarebbe forse da interrogarsi sul misterioso percorso che porta dall’amore per gli animali alla pratica della vivisezione passando per gli studi di medicina veterinaria: del resto, ho notizia fondata di un neurochirurgo che si portava a casa i gatti destinati agli esperimenti in modo che si fidassero di lui…).
Anche il fatto che Simonsen esca allo scoperto, per così dire, proprio a due settimane dal varo del decreto di cui si diceva prima e che personalmente non esito a definire vergognoso, suscita qualche legittima perplessità: l’ultima delle malattie genetiche che l’affliggono (deficit di alfa-1 antitripsina) le è stata diagnosticata nel 2009. In questi quattro anni avrebbe pur potuto dire qualcosa, se avesse voluto. Ma non l’ha fatto.
Per non concludere
Tempo fa scrivevo che se i pro-sperimentazione animale pensano di dover uscire allo scoperto è perché si sentono minacciati. Lo ripeto e ne sono convinta: la posta in gioco è altissima — un concreto potere materiale, in termini di gestione di risorse economiche e di controllo dell’opinione pubblica. Non è poco.
Ma non è poco neanche l’impegno profuso da tante persone in tanti anni e con tante energie, a favore di una visione del mondo radicalmente altra, che torni finalmente a tener conto del non-umano e dell’immenso valore che esso rappresenta su quest’arancia azzurra di cui siamo, come ogni altro vivente, abitanti e non padroni.
Se qualcuno ha raccolto le provocazioni, se qualcuno ha ceduto allo sdegno di un momento, è soltanto perché siamo ancora troppo umani. L’importante è capirlo, e non lasciare che un’intemperanza passeggera vanifichi la tenacia di una vita. Sappiamo, tutti, che siamo qui — come possiamo, per quanto possiamo — solo per loro.
Alessandra Colla
Estratto da “Umani, troppo umani”
Fonte: http://gallineinfabula.wordpress.com
Link: http://gallineinfabula.wordpress.com/2013/12/30/umani-troppo-umani/
30.12.2013