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La Redazione

 

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I Popoli Invisibili e quelli senz’Anima

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A cura di Redazione CDC
Il 18 Dicembre 2024
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Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org

 

Quando ero ragazzo leggevo parecchio, la sera fino a tarda notte. Quello che preferivo erano i romanzieri americani: Fitzgerald, Hemingway e gli altri. Mi appassionavano molto le descrizioni della società americana dei sacrifici, di gente che combatteva per la propria crescita economica e sociale e che si scontrava in tantissime contraddizioni. Un giorno, non so come, arrivò in casa (forse l’omaggio per un abbonamento a una rivista) un libro; era di uno scrittore negro americano (Ralph Ellison).

Il titolo del libro era “Uomo invisibile”. Iniziai a leggerlo: era parecchio difficile e senza dubbio molto diverso dalla letteratura a cui ero abituato. Non riuscii a finirlo ma la parte che son riuscito, con fatica, a leggere ha lasciato in me una strana impressione. Raccontava di un negro senza nome che viveva in una grande città (New York); lui viveva, lavorava, camminava, mangiava, svolgeva tutte le azioni che caratterizzano una persona viva e aveva la impressione o, meglio la certezza, di essere invisibile. Invisibile ai consimili di razza bianca. Lui cercava di comunicare, di attirare l’attenzione, di mettersi in mostra: senza successo.

I bianchi non lo vedevano, non lo percepivano. Tutti, indistintamente, si comportavano come se lui non esistesse. Se per strada c’era lui, negro, e un altro, bianco, l’uno accanto all’altro e incrociavano un terzo, bianco, quello accennava, forse, a un saluto ma solo al suo consimile, bianco. Il nero, anche se buffamente vestito, anche se portava uno strano cappello, se aveva una ferita sanguinante alla testa, o se era per terra esamine, era comunque invisibile.

Quella impressione di vivere in un mondo inesistente, complementare a quello reale, senza avere con gli abitanti veri alcuna interazione, mi viene spesso alla mente quando vedo a un incrocio un extracomunitario alla ricerca di un parabrezza da lavare. Molti tra gli automobilisti da lui importunati non lo percepiscono e tengono lo sguardo, fisso ed assente, sul rosso del semaforo. Se lui cerca di farsi notare lo considerano come una mosca che, improvvisamente, vola di fronte al naso.

È un fatto strano, ma se ci pensiamo un secondo, realizziamo che la tecnica dell’uomo invisibile non è una efficace difesa contro gli inopportuni, ma, più tristemente, è la forma sublimare di un feroce razzismo. Si ritiene di essere superiori e destinati al comando, ma la razza inferiore non viene perseguitata, ma totalmente ignorata.

Tuttavia, il non vedere la gioia o la sofferenza di altri, casomai martirizzati da veri razzisti, è come essere senz’anima. Avere anima significa connettersi con gli altri, provare sentimenti, emozioni, percepire quelle sensazioni che fanno capire la vita reale. Rendere invisibile una parte di quello che ci circonda significa perdere l’anima.

Ora, il fenomeno dell’uomo invisibile, anche per la crescente popolarità dell’intelligenza artificiale – che è cosa senz’anima -, si è estesa anche ai popoli. Non è più una questione di razzismo quello che discrimina certe etnie, è l’indifferenza, la rimozione, anche acustica e visiva, di quello che accade ad altri, pensati inessenziali.

È una nuova brutta caratteristica di una parte dell’umanità che è fatta da gente senz’anima, che non vedo e non sente quelli che, nell’intimo, considera inferiori. Quelli, hanno un bel strepitare, agitarsi, morire in laghi di sangue, mostrare moncherini di braccia o di gambe, scavare tra i detriti di case abbattute, piangere. Nessuno, nel progredito occidente, li sente e li vede. Ed è proprio come tenere lo sguardo fisso ed assente sul rosso del semaforo… Ho detto occidente, perché, appunto, è l’occidente quello che è popolato da gente senz’anima. Non tutti, ovviamente, ma la stragrande maggioranza.

Quelli senz’anima non è che non provino sentimenti, almeno a parole. Ci sono molti politici che mostrano grande affetto per i figli. Uno di questi li ha anche è portati al giuramento del Governo. Ha una nuova compagna (si dice così per indicare la nuova morosa) e afferma ai giornalisti curiosi “Sono pronto per un altro bambino. Per sveglie notturne, pappe e pannolini.

Mi piacerebbe. Non sono come una mamma ovviamente, ma sono un papà attivo, cerco di fare il mio. Certo, a 51 anni, ho gli occhiali, il mal di schiena e non posso sollevare pesi a lungo, ma siamo pronti, magari per un maschietto”. Un’altra ha strillato: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana” e il video trasmesso da YouTube ha collezionato più di sei milioni di visualizzazioni. Un altro politico, padre di nove figli, vola alto, anzi altissimo, parla di pace e ricorda l’articolo 11 della Costituzione che promuove le organizzazioni internazionali per favorire la pace e consente a limitazioni di sovranità nazionale per questo scopo (ovvero, mandare armi per favorire la pace).

Un’altra componente politica, (di pseudo-sinistra, per par condicio) dichiara che bisogna “Stare dalla parte delle famiglie significa costruire una rete solida di servizi, lottare per la libertà e l’autodeterminazione delle donne, combattere contro ogni discriminazione e diseguaglianza, anche sociale, moltiplicare le opportunità, affermare i diritti di tutte e di tutti”. Non parliamo poi dei giornalisti, la cui stragrande maggioranza è a servizio e compare dei senz’anima.

Tutti dicono belle parole ma quando guardano dalle parti della Palestina, del Libano o della Siria, non vedono nulla: chi vive da quelle parti è invisibile, e sono anche invisibili i bambini morti, le donne che piangono, le città ridotte in macerie, gli ospedali distrutti, le scuole bombardate, le chiese e moschee abbattute.  Quelli sono popoli invisibili e, giustamente, i senz’anima non vedono nulla.

Ma c’è anche chi, scioccamente, pretende che i senz’anima provino qualche sentimento. C’è un breve filmato su X che parla di un bambino di sei anni, Mohammad Saeed, con entrambe le gambe amputate e che si trascina nella polvere del campo profughi, aiutandosi con un pattino a rotelle. A questo proposito c’è un articolo in francese che parla di assoluto fallimento morale, e dice:

 

Questo genocidio va avanti da così tanto tempo che i bambini amputati in tutta Gaza stanno studiando strategie per sopravvivere senza i loro arti.

Da uno studio recente è emerso che quasi tutti i bambini di Gaza credono che la loro morte sia imminente e la metà dei bambini intervistati ha affermato che preferirebbe morire.

Ma le loro vite continuano. Anche senza arti, spesso amputati senza morfina o anestesia, le loro vite continuano. Trascinandosi in tendopoli fangose, continuano a vivere. Ogni giorno trovano il modo di superarlo.

Questo tipo di storia potrebbe ispirarvi come testimoni passivi e non vittime della struttura di potere occidentale da cui dipendete. Per quelli di noi che vivono all’ombra dell’impero centralizzato degli Stati Uniti, è un po’ più complicato dal punto di vista emotivo che raccontare semplicemente una storia sull’indomabile determinazione del popolo palestinese, perché questa Storia ci ricorda anche la nostra incapacità di fermare questa violenza.

Quando vediamo Mohammad Saeed trascinarsi nella terra sui moncherini usando un pattino a rotelle, è la nostra civiltà che ci viene sbattuta in faccia. È la distopia genocida della bancarotta morale assoluta. Questo è ciò che siamo diventati. …

 

 

Discorso vano, lo sfogo di uno che non capisce. Non sa che quello è un bambino invisibile. I bambini, quelli che i senz’anima vedono, sono ben vestiti, accuditi con veglie notturne, che mangiano pappette gustose e giocano con giocattoli intelligenti. Anche la mamma di Mohammed è invisibile. Non si sa se sia viva o morta, ma è certamente incorporea. Mica si crederà di essere donna, madre, palestinese, e mussulmana! Suvvia, per lei la libertà e l’autodeterminazione sono cose vietate. Le pacifiche armi l’accarezzeranno!

 

In realtà, ci possono essere momenti di disgustosa visibilità, come quelli raccontati da Ralph Ellison nel prologo del suo libro:

 

 

Una notte ho urtato accidentalmente un uomo, e forse a causa della quasi oscurità mi ha visto e mi ha chiamato con un nome offensivo. Mi sono lanciato su di lui, gli ho afferrato i risvolti del cappotto e gli ho chiesto di scusarsi. Era un uomo alto biondo, e quando il mio viso si è avvicinato al suo mi ha guardato insolentemente dai suoi occhi azzurri e mi ha maledetto, il suo respiro caldo sul mio viso mentre si dibatteva. Gli tirai il mento verso il basso sulla sommità della mia testa, colpendolo con una testata come avevo visto fare dagli Indiani Occidentali, e sentii la sua carne lacerarsi e il sangue sgorgare, e urlai: “Scusati! Scusati!” Ma lui continuò a imprecare e a dimenarsi, e io lo colpii ancora e ancora finché non cadde pesantemente, in ginocchio, sanguinando copiosamente. Lo presi a calci ripetutamente, in preda alla frenesia perché continuava a pronunciare insulti nonostante le sue labbra fossero schiumose di sangue. Oh sì, gli diedi un calcio!

 

 

Cose da matti! Da punire severamente, è per questo che l’occidente manda bombe e cannoni.

 

Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org

18.12.2024

Franco MalobertiProfessore Emerito presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica e Biomedica dell’Università di Pavia; è Professore Onorario all’Università di Macao, Cina, dove è stato insignito della Laurea Honoris Causa 2023.

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