Rassegne Italia – 13 settembre 2021
Da Calabria7 – “I dati dell’Istituto Superiore della Sanità sono inconfutabili e non possono passare, pericolosamente, sotto traccia. 1.848 operatori sanitari contagiati negli ultimi 30 giorni: numeri preoccupanti, se si pensa che sono trascorsi ben 17 mesi dall’inizio della Pandemia, e il 70% degli italiani, ovviamente compresi infermieri e medici, sono stati sottoposti alle due dosi di farmaco anti-Covid.
Cosa succede? Certo non ci troviamo solo di fronte alla problematica, fin troppo sottovalutata, della non totale efficacia dei vaccini. Lo sapevamo, noi infermieri, quando abbiamo deciso di sottoporci, coscientemente, in massa, alle somministrazioni. Ne erano e ne sono a conoscenza i cittadini. Ma non ci vengano a dire, di fronte all’esplodere delle varianti, che è tutto sotto controllo e che dovevamo aspettarcelo”. Così in una nota stampa Antonio De Palma, presidente Nazionale del Nursing Up.
La categoria con più decessi
“La rabbia di un sindacato delle professioni sanitarie come il nostro – si legge -, che da sempre lotta al fianco degli infermieri, non sta tanto nell’apprendere dei nuovi contagi, perché siamo abituati alla lotta, alla sofferenza. Abbiamo pagato in termini di infezioni e vite umane come nessuno, e certo continueremo a farlo. Ma ci indigna non sapere cosa sta accadendo realmente.
L’INAIL parla chiaro: l’82% degli operatori sanitari che si ammalano, nel comparto sanità, sono ancora infermieri. La categoria, che oggi, in assoluto, è al primo posto come numero di decessi, tra tutti i lavoratori italiani, è la nostra. Qui non si tratta di sterili polemiche, siamo quelli abituati a combattere e a farlo nel silenzio delle stanze e delle corsie degli ospedali. Ma se ad oggi, 50 infermieri al giorno, quasi tutti vaccinati, si ammalano ancora di Covid, abbiamo diritto a una spiegazione.
Vogliamo che sia fatta luce su quanto sta accadendo. Le Direzioni sanitarie italiane, chiariscano immediatamente quanto sta accadendo nelle ultime settimane nei loro ospedali. In particolare, nella Regione Lazio, le cronache giornalistiche, supportate dalle indagini interne dei nostri referenti, ci raccontano di situazioni non del tutto chiare. Prima quella del Sant’Eugenio, dove ben tre reparti, Nefrologia, Geriatria e una parte di Medicina, avrebbero vissuto nei giorni scorsi un vero e proprio focolaio. Il condizionale resta d’obbligo, perché nessuno ha voluto rispondere ai nostri quesiti, e noi ci chiediamo perché. Con tanto di richieste ufficiali, abbiamo preteso di conoscere, è nei nostri diritti, il numero degli operatori contagiati al Sant’Eugenio“.
“Vogliamo conoscere la verità”
“I giornalisti con i quali condividiamo questa tipologia di indagine incrociata – continua De Palma -, hanno ipotizzato che si sia arrivati a 6 contagi di operatori sanitari. Ma è davvero la verità? L’unica replica ufficiale che è arrivata ci ha lasciato di sasso: è tutto risolto! Quando per due giorni i nostri referenti ci hanno messo al corrente di decine di operatori sanitari in fila al drive in per effettuare i tamponi. Adesso, al caso Sant’Eugenio, si aggiunge quello dell’Ospedale dei Castelli, con il reparto chirurgia chiuso a nuovi ricoveri. Vogliamo conoscere la reale situazione dei professionisti della sanità, in merito ai nuovi contagi, in particolare di chi è stato già vaccinato a inizio anno.
Vogliamo comprendere fino a che punto gli infermieri già vaccinati si stanno ammalando di nuovo, vogliamo sapere se questa impennata di casi è stata presa in considerazione dagli organismi di vigilanza al fine di valutare la reale efficacia del vaccino. Insomma, se in un contesto tanto ristretto, cioè quello degli ospedali italiani, dove il rischio di imbattersi nel virus è superiore, in un solo mese il numero dei nuovi operatori sanitari infettatati è schizzato a quota 2.000 nonostante tutte le norme di prevenzione oggi applicate, dalle mascherina alle tute e quant’altro, cosa accadrebbe ai normali cittadini vaccinati, se ci fosse una recrudescenza di pervasività del Sars-Cov 2, e quindi se il virus tornasse a circolare, anche per poco tempo, nelle scuole, negli uffici o nei locali pubblici italiani dove non c’è lo stesso livello di utilizzo degli strumenti di prevenzione come invece accade nei nosocomi?”
“Chiarezza sulla terza dose”
“Se il numero di cittadini re-infettati in rapporto al loro numero complessivo fosse percentualmente analogo a quello degli infermieri che oggi si infettano negli ospedali – conclude il presidente del sindacato degli infermieri italiani -, potremmo davvero essere certi dell’attuale, dichiarato, livello di protezione attribuito ai vaccini? I dati dell’ISS vanno presi sul serio: nessuno ha il diritto di nascondere la verità, quando in ballo c’è la salute degli infermieri e dei cittadini. Vogliamo sapere cosa succede nelle aziende sanitarie pubbliche. Troppo comodo chiudere a qualsiasi informazione verso l’esterno. Chi ha paura dell’opinione pubblica? Chi ha paura dell’azione del sindacato e di quella degli organi di stampa?
Gli screening sulle condizioni di salute degli operatori già sottoposti alle somministrazioni, e in particolare il controllo dei loro livelli anticorpali, ci risultano sporadici, salvo rari casi. Non possiamo certo aspettare le esplosioni dei focolai per effettuare tamponi di massa tra i dipendenti del SSN. Così come occorre chiarezza, una volta per tutte, in merito alla terza dose. Lo abbiamo già chiesto espressamente con un recente comunicato. Appare evidente che, alla luce dei nuovi contagi, siamo di fronte oggi ad una potenziale riduzione dell’immunità per gli infermieri che si sono vaccinati tra gennaio e febbraio 2021. Cosa stiamo aspettando a prendere decisioni risolutive, e soprattutto certe e valide per tutti?”