Dalla recinzione delle terre alla recinzione della vita – 3a Parte

Scritti di donne su Natura, beni comuni, saperi femminili, cacce alle Streghe

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Donne e Natura sono accomunate dall’oppressione e dallo sfruttamento che le società patriarcali hanno esercitato ed esercitano tuttora su di esse.

D’altro canto osserviamo che molte popolazioni che hanno organizzato la propria esistenza nel rispetto dei cicli vitali della Terra, hanno dato origine a rapporti comunitari in cui veniva riconosciuto il ruolo delle donne nella elaborazione delle strategie di sopravvivenza e rispettato il loro sapere.

Molte studiose femministe, ciascuna nel proprio campo di competenza, hanno messo in luce questi aspetti e hanno proposto nuovi modelli di conoscenza che possono rappresentare delle alternative al pensiero unico del capitalismo globale.

Dalla recinzione delle terre alla recinzione della vita – 3a parte

A cura di Anna De Nardis, ComeDonChisciotte.org

In ricordo di Joyce Lussu, maestra e amica

Parola di filosofa

Le correlazioni tra gli interessi e i progetti della nascente classe mercantile e le teorie che svalutavano la natura, le donne e i loro saperi, tracciate da Starhawk, sono state approfondite, sul piano storico e filosofico, da Carolyn Merchant, che arricchisce l’analisi con lo studio della dimensione simbolica e dimostra come il ribaltamento delle metafore che descrivono il cosmo, conseguente all’affermarsi di un nuovo soggetto dominante, il “maschio proprietario delle classi medio-alte”, sia funzionale alla costruzione di un linguaggio ostile verso la natura e alla cancellazione delle valenze positive e attive del femminile; e come le nuove metafore e i nuovi linguaggi condizionino gli atteggiamenti intellettuali e i comportamenti umani.

Nella sua prefazione a La morte della natura, Elisabetta Donini, dopo aver dichiarato

l’emozione a tutto campo, con la mente e col cuore, delle donne che da queste pagine si sentono profondamente toccate perché è collocandosi dalla loro parte che Carolyn Merchant capovolge lo sguardo sul mondo, (Merchant, 1988, p. 11)

sottolinea che

la scelta di indagare sulle metafore di riferimento si rivela felice perché nelle vicende dal passaggio dell’immaginario del mondo-organismo a quello del mondo-macchina si intreccia una pluralità di piani. (Merchant, 1988, p. 14)

Ma non a questo si limita l’interesse dell’opera di Carolyn Merchant: il libro offre anche un’approfondita analisi delle trasformazioni ambientali connesse al passaggio dall’economia feudale al capitalismo, sviluppando

un’interpretazione nuova e diversa del mutamento storico, fondata sull’assunto che gli ambienti naturale e umano formino congiuntamente un sistema interconnesso. (Merchant, 1988, p. 81)

Seguendo questo criterio, vengono studiati

l’ascesa e la caduta della popolazione, il conflitto fra signori terrieri e contadini per il controllo delle risorse naturali, l’innovazione tecnologica, il diffondersi del mercato capitalistico e il mutare degli atteggiamenti verso la natura e la terra. Particolarmente importante è il problema di come la qualità ambientale abbia risentito della transizione dal controllo delle risorse naturali a fini di sussistenza da parte dei contadini al controllo capitalistico a fini di profitto.

Quindi si evidenzia

come l’esperienza umana di una natura sempre più manipolata abbia minato il modello organico aprendo la via a un modello meccanicistico. (Merchant, 1988, p. 82)

Merchant asserisce che, nell’Europa premoderna,

la comunità contadina produsse un livello di sussistenza seguendo modelli tradizionali di cooperazione sostenuti da potenti norme culturali. Nell’Alto Medioevo queste pratiche e norme diedero di solito una produttività agricola relativamente alta, combinata con la conservazione della fertilità del suolo.

Le risorse naturali (foreste, pascoli, acqua) erano condivise da tutti coloro che vivevano in una stessa area geografica, organizzati in “comuni territoriali” ed erano amministrate con precise norme sul loro uso e con l’autoregolamentazione:

Cooperazione e interdipendenza erano il segreto della conservazione della salute dell’ecosistema. I funzionari del villaggio vigilavano sul rispetto delle regole per l’aratura, la semina, il raccolto, il pascolo e le recinzioni. (Merchant, 1988, pp. 82-83)

In seguito ai cambiamenti demografici e sociali avvenuti nel XII e XIII secolo, boschi e paludi furono convertiti in terre arabili e terre incolte furono trasformate in pascoli; si arrivò a una maggiore cooperazione e a una regolamentazione di gruppo dell’uso dell’acqua, del pascolo e della raccolta della legna, oltre che dei buoi e dei cavalli per l’aratura.

Questo sistema intensamente cooperativo poneva il bene del gruppo al di sopra dell’individuo e ogni famiglia si assoggettava ai regolamenti di gruppo amministrati dai propri funzionari eletti. (Merchant, 1988, p. 87)

L’analisi prosegue, mettendo in evidenza nella conclusione come

nell’emergente economia capitalistica di mercato era incorporata una forza inesorabilmente accelerata di espansione e di accumulazione, le quali sarebbero state conseguite, lungo termine, a spese dell’ambiente e della comunità di villaggio: le basi naturali e umane delle risorse. (Merchant, 1988, p. 92)

L’esposizione evidenzia le conseguenze negative, per la vita delle popolazioni contadine, del prosciugamento delle paludi (ecosistema in equilibrio con la vita degli animali selvatici e domestici e con l’economia di sussistenza) e dello sfruttamento delle foreste a scopo industriale.

L’impoverimento delle foreste iniziò nel XII e XIII secolo: le aree ricoperte da foreste in Inghilterra, Francia, Germania e Italia si contrassero in misura considerevole ma, grazie a un parziale recupero nel periodo del crollo demografico, questi ambienti naturali conservarono ancora un valore sociale (come ha ricordato anche Starhawk):

In Inghilterra le persone rimaste senza terra in conseguenza del movimento delle recinzioni o dell’incapacità di pagare i canoni di affitto al proprietario terriero si sistemavano spesso nella foresta. (Merchant, 1988, p. 105)

Nell’epoca mercantilistica lo sfruttamento si intensificò perché

La costruzione di navi e le industrie del sapone, del vetro, del ferro e dell’affinamento del rame dipendevano dalle foreste per la loro fonte di energia. […]

Mentre l’economia medievale si era fondata su sorgenti di energia organiche e rinnovabili – legno, acqua e vento – l’industria capitalistica emergente che stava prendendo forma nella maggior parte dell’Europa Occidentale si fondò non solo sulla fonte di energia non rinnovabile – il carbone –, ma anche su un nucleo economico inorganico – metalli: ferro, rame, argento, oro, stagno e mercurio –, l’affinazione e lavorazione dei quali dipendeva in ultima analisi dalle foreste e contribuì a esaurirle ulteriormente. (Merchant, 1988, p. 106)1

Ma l’industria più dipendente dal legno, e di importanza più determinante per l’espansione commerciale e la supremazia nazionale nel ’500, fu quella delle costruzioni navali. […]

Alla fine del Cinquecento il Mediterraneo […] aveva ormai in gran parte esaurito le sue quercete. (Merchant, 1988, p. 108)

Inoltre la corsa alla depauperazione degli ambienti naturali non si limita ai casi precedenti:

L’avvento tanto della democrazia quanto delle istituzioni economiche capitalistiche in Europa e in America dipese direttamente dallo sfruttamento di risorse naturali: metalli, suoli, erbe, legname, pellicce eccetera. Lo sconvolgimento di ecosistemi associati (foreste, praterie, paludi, laghi, oceani) e delle loro componenti umane incide sul corso della storia attraverso insurrezioni sociali, guerre, leggi e innovazioni tecnologiche, e ha un’incidenza importante sulla salute, sulla nutrizione e sul benessere dell’uomo. [In particolare, sulla sopravvivenza delle popolazioni autoctone delle Americhe].

Inversamente, l’adattamento psicologico al mutamento ambientale contribuisce a spiegare l’avvento di movimenti intellettuali, di strutture concettuali e di nuovi comportamenti umani. […] Stava facendosi strada un’estraniazione lenta ma unidirezionale dal rapporto organico quotidiano immediato che aveva formato la base dell’esperienza umana a cominciare dai tempi più antichi. A questi mutamenti si accompagnarono alterazioni sia nelle teorie sia nelle basi sperimentali dell’organizzazione sociale che avevano formato una parte integrante del cosmo organico. (Merchant, 1988, pp. 111-112)

Merchant ricostruisce come, all’inizio dell’epoca moderna, all’immagine della terra come madre si sostituì quella di

                                       un regno disordinato e caotico da soggiogare e controllare

e parallelamente si elaborò la figura della strega

simbolo della violenza della natura, [che] suscitava tempeste, causava malattie, distruggeva raccolti, impediva la procreazione e uccideva i bambini piccoli (Merchant, 1988, p. 175)

Anche sul piano cosmologico, l’ipotesi eliocentrica di Copernico spostò la Terra femmina dal centro dell’universo. Tra le varie descrizioni del cosmo coerenti con un modello organicistico, che l’autrice analizza insieme con le

proiezioni utopiche che meglio svelano valori, finalità, aspirazioni (Merchant, 1988, pp. 15, presentazione di E. Donini),

le concezioni connesse alla fede nella stregoneria presentano una loro tipicità:

Il mondo della stregoneria era antigerarchico e infuso dappertutto di spiriti. Ogni oggetto naturale, ogni animale, ogni albero contenevano uno spirito che la strega poteva evocare o utilizzare, o con cui poteva comunicare a volontà. Si pensava che le streghe o i maghi facessero dei patti personali col diavolo o con un demonio, di solito attraverso un famiglio animale. Essi non dipendevano dai complicati meccanismi gerarchici del pneuma o dello spiritus, per attrarre influenze celesti, come avveniva nel caso del mago neoplatonico. Né dipendevano da gerarchie di demoni, come un mago del tipo di Agrippa. L’immediatezza dei rapporti individuali con uno spirito o demone e la possibilità di vendetta e di controllo possono spiegare la popolarità della stregoneria fra le donne oppresse. Nessuna gerarchia si interponeva fra la strega e l’oggetto della sua volontà. (Merchant, 1988, pp. 188-190)

Questi elementi erano in aperto conflitto con la necessità di controllo che aveva il capitalismo, soprattutto nella fase di accumulazione primaria, come è stato diffusamente scritto da Silvia Federici2.

Anche per Caroline Merchant

Il controllo e la conservazione dell’ordine sociale, e del posto delle donne in esso, furono fra le molte e complesse ragioni per i processi di stregoneria. (Merchant, 1988, p. 187)

Ma la persecuzione delle streghe fu funzionale all’instaurazione del nuovo ordine del capitalismo nascente non solo nel contrastare i movimenti di ribellione: essa portò alla distruzione di un patrimonio di saperi fondati sulla necessità di conservare gli equilibri naturali, di cui le donne erano detentrici, e all’imposizione di nuovi canoni di “scientificità”.

Il processo risulta evidente nella sfera della riproduzione, dove

le levatrici stavano perdendo il loro monopolio nell’assistenza al parto a favore dei medici. Al tempo stesso, il ruolo passivo della femmina nella generazione biologica veniva riaffermato da medici e filosofi naturali. La strega e la sua controparte, la levatrice, vennero a trovarsi al centro simbolico di una lotta per il controllo della materia e della natura, controllo che era essenziale a nuovi rapporti sociali nella sfera della produzione e della riproduzione. (Merchant, 1988, p. 201)

Un esempio è dato dalla protesta delle levatrici di Londra, nel 1634, contro l’uso del forcipe, strumento riservato in precedenza solo a medici laureati, di cui si voleva concedere l’autorizzazione all’uso anche ai cerusici:

Le levatrici si erano lagnate col vescovo di Londra, sostenendo che tale pratica era spesso contrassegnata dalla violenza e che gli uomini avevano un’esperienza insufficiente del parto. (Merchant, 1988, p. 204)

Contemporaneamente si vede mutare anche il valore culturale dei simboli femminili:

Dal punto di vista del maschio, la strega era un simbolo del disordine in natura e nella società […] La levatrice simboleggiava un’incompetenza della donna nel suo stesso ambito naturale, la riproduzione, incompetenza alla quale si poteva porre rimedio con uno strumento tecnico inventato e controllato da uomini: il forcipe.

Strumento che imponeva la totale passività della donna, in un momento in cui la sua creatività avrebbe dovuto essere valorizzata.

Da un punto di vista femminile, la stregoneria rappresentava invece una forma di potere per mezzo della quale le donne della classe inferiore oppressa potevano esercitare una rivalsa nei confronti delle ingiustizie sociali, e una fonte di guarigione attraverso il ricorso a spiriti e alle forze di rigenerazione della natura. Per le donne, la levatrice simboleggiava il controllo femminile sulla funzione riproduttiva della donna. (Merchant, 1988, pp. 206-207)

Questi sono i termini di un conflitto, che non si è mai risolto del tutto. Trattando in generale il tema dell’espulsione delle donne dall’attività medica, Marisa Siccardi scrive:

La strega costituiva quindi una grande minaccia per il potere: innanzi al misticismo e al fatalismo del tempo, opponeva la sua audacia, il suo empirismo e la sua esperienza che le veniva dal contatto quotidiano con la concretezza della natura e questo non poteva essere tollerato (Siccardi, 2020, p. 70)3

Il progetto culturale del maschio proprietario delle classi medio-alte, che comportò l’espropriazione dei saperi e delle pratiche delle donne, si sviluppò intorno alla rappresentazione meccanicistica della natura e del corpo umano e animale; questa corrente di pensiero viene analizzata da Merchant attraverso lo studio dei suoi principali esponenti: Bacone, Cartesio, Hobbes. L’autrice mostra come la sintesi meccanicistica sia stata funzionale non solo a risolvere l’instabilità politica e l’incertezza intellettuale che erano sorte con l’affermazione dei nuovi assetti socio-economici, ma soprattutto a sanzionare un potere che si esercitava (e si esercita tuttora) attraverso il dominio della natura e la trasformazione dell’ambiente da bene comune da conservare a risorsa da sfruttare per l’accumulazione di capitale.

Dalla vasta gamma delle filosofie organicistiche rinascimentali, il meccanicismo accolse idee compatibili con l’ordine, il controllo e la manipolazione, rifiutando quelle associate al mutamento, all’incertezza e all’imprevedibilità. […]

[I meccanicisti] criticarono le idee associate a disordine sociale e anarchia, come la passione incontrollata, la spontaneità, criteri individuali per verità religiose, controllo sugli spiriti della natura esercitati da persone ordinarie e sette segrete “sovversive” come i Rosacroce… (Merchant, 1988, p. 249)

Si produsse quindi un sistema ideologico coerente e complessivo:

La cornice meccanicistica, con i valori associati di potere e di controllo, sanzionò l’amministrazione tanto della natura quanto della società. (Merchant, 1988, p. 292)

Dalle speculazioni sul cosmo ai rapporti sociali, tutte le concezioni e tutte le metafore furono trasformate o ribaltate:

L’avvento del meccanicismo gettò le basi di una nuova sintesi del cosmo, della società e degli esseri umani, costruiti come sistemi ordinati di parti meccaniche soggette al governo della legge e alla prevedibilità attraverso il ragionamento deduttivo. Un nuovo concetto dell’io come padrone razionale delle passioni contenute in un corpo simile a una macchina cominciò a sostituire il concetto dell’io come parte integrante di una stretta armonia di parti organiche unite al cosmo e alla società. (Merchant, 1988, p. 270)

Si costruì

una nuova immagine del mondo naturale che sembrava renderlo più razionale, più prevedibile e perciò più manipolabile.

[…] Pur essendo disponibili molte filosofie alternative (aristotelismo, stoicismo, gnosticismo, ermetismo, magia, naturalismo e animismo), l’ideologia europea dominante venne a essere governata dalle caratteristiche e dal potere empirico della macchina. […] Orologi e altre macchine dell’inizio dell’epoca moderna divennero nel seicento modelli per la filosofia e la scienza occidentali. (Merchant, 1988, pp. 284-285)

Tra i punti di forza di questa visione

ci fu il fatto di non essere solo una risposta al problema dell’ordine sociale cosmico, ma di funzionare anche come giustificazione per il potere e il dominio sulla natura. (Merchant, 1988, p. 271)

Nella società moderna e soprattutto nel mondo contemporaneo, vediamo che i due piani sono strettamente collegati: l’assunto dell’ordine e il concetto di potere

sono parte integrante della moderna visione scientifica del mondo.

(Merchant, 1988, p. 287)

Ma quest’ultima, sia nei suoi presupposti ideologici, sia nelle sue applicazioni pratiche, costituisce un pilastro fondamentale per gli attuali sistemi di dominio economico e sociale, che assumono le caratteristiche di un ‘moderno’ patriarcato.

Fine Terza Parte – Continua

A cura di Anna De Nardis, ComeDonChisciotte.org

Anna De Nardis, saggista, già insegnante di fisica, ha unito la ricerca di modalità di indagine della natura allo studio del simbolismo religioso. È una delle maggiori conoscitrici di Momolina Marconi e della sua vasta produzione.

NOTE

1 Nel saggio Scavare nel grembo della terra (Merchant, 1986, pp. 147 e segg.), Merchant indaga in particolare i risvolti ecologici e normativi delle attività minerarie:

Legittimare l’estrazione mineraria significava legittimare la violazione e l’esplorazione tecnologica della terra. Il punto di vista organicistica, per il quale l’idea della terra come madre agiva da restrizione morale nei riguardi delle miniere, fu totalmente ribaltato dalle nuove attività mercantili.

2 Argomento che sarà trattato nel prossimo capitolo.

3 L’autrice analizza in generale l’atteggiamento negativo nei confronti delle donne che lavorano nell’ambito della cura, evidenziandone la continuità fino ai giorni nostri:

L’aver relegato nel tempo le funzioni preventive e curativo-assistenziali, ovvero infermieristiche, in ruoli sempre più subalterni e aver deputato di fatto all’espletamento delle attività assistenziali sanitarie persone ricacciate, per le loro condizioni di vita, ai margini della società, ha contribuito a far apparire, nella maggior parte dei casi e ancora in epoca contemporanea, la professione infermieristica di basso livello sociale.

Il persistere così a lungo nel mantenere la formazione infermieristica di base e quindi la professione a livelli subalterni, negando sul piano giuridico-economico e di immagine il ruolo che le compete, è da ritenersi ancora oggi elemento determinante nella battaglia politica e di potere, a cui hanno fatto riferimento le ricercatrici Ehrenreich ed English e con le quali si concorda perché: “la posta in gioco è ancora più alta oggi, quando controllo totale della medicina significa potere di decidere” (Siccardi, 2020, p. 204).

BIBLIOGRAFIA COMPLETA

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Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

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