Kit Knightly
off-guardian.org
Riceviamo un sacco di e-mail e di messaggi privati del tipo “avete una fonte per X?” o “potete indicarmi degli studi sulle mascherine?” o “so di aver visto un grafico sulla mortalità, ma non riesco più a trovarlo.” E lo capiamo, sono stati 18 lunghi mesi e ci sono così tante statistiche e dati da cercare e da tenere a mente.
Così, per far fronte a tutte queste richieste, abbiamo deciso di fare un elenco puntato e con fonti per tutti i punti chiave. Una sorta di “Bignamino.”
Ecco i fatti chiave e le fonti sulla presunta “pandemia,” che vi aiuteranno a capire cosa è successo nel mondo dal gennaio 2020, e vi potranno dare una mano ad “illuminare” i vostri amici ancora intrappolati nelle nebbie della Nuova Normalità
Parte I: “Decessi da Covid” & mortalità
1.Il tasso di sopravvivenza dalla “Covid” è superiore al 99%. I consulenti medici del governo avevano sottolineato, fin dall’inizio della pandemia, che la stragrande maggioranza della popolazione non è in pericolo di vita per la Covid.
[sottotitoli in italiano]
Quasi tutti gli studi sul rapporto infezione-fatalità (IFR) della Covid hanno dato risultati tra lo 0,04% e lo 0,5%. Ciò significa che il tasso di sopravvivenza della Covid è almeno del 99,5%.
2. Non c’è stato alcun eccesso di mortalità fuori dalla norma. La stampa ha chiamato il 2020 “l’anno più mortale per il Regno Unito dalla Seconda Guerra Mondiale,” ma questa definizione è fuorviante perché ignora il massiccio aumento della popolazione avvenuto nel frattempo. Una misura statistica più significativa della mortalità è il tasso di mortalità standardizzato per età (ASMR):
In base a questi dati, il 2020 non è stato assolutamente l’anno con la peggiore mortalità, infatti dal 1943 solo 9 anni sono stati migliori del 2020.
Allo stesso modo, negli Stati Uniti, l’ASMR per il 2020 è ai livelli del 2004:
Per una ripartizione dettagliata di come la Covid ha influenzato la mortalità in Europa Occidentale e negli Stati Uniti, cliccate qui. Gli aumenti di mortalità che abbiamo visto potrebbero essere attribuibili a cause diverse dalla Covid [punti 7, 9 e 19].
3. I conteggi delle “morti da Covid” vengono gonfiati artificialmente. I Paesi di tutto il mondo hanno definito una “morte da Covid” come una “morte per qualsiasi causa entro 28/30/60 giorni da un test PCR positivo.”
I funzionari sanitari di Italia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Irlanda del Nord e di altri Paesi hanno tutti ammesso questa pratica:
[Ngozi Ezike, direttrice del Dipartimento della salute dell’Illinois, spiega come vengono conteggiati i morti Covid – Sottotitoli in italiano]
Rimuovere ogni distinzione tra morire di Covid e morire di qualcos’altro dopo essere risultati positivi alla Covid ha portato, naturalmente, ad un numero eccessivo delle “morti da Covid.” Il patologo britannico John Lee, già la scorsa primavera, metteva in guardia su questa “sostanziale sovrastima.” Anche altre fonti mainstream lo avevano riferito.
Considerando l’enorme percentuale di infezioni “asintomatiche” da Covid [punto 14], la ben nota prevalenza di gravi comorbidità [punto 4] e la possibilità di test falsi positivi [punto 18], questo rende i dati delle morti da Covid una statistica estremamente inaffidabile.
4. La stragrande maggioranza dei morti di covid ha gravi comorbidità. Nel marzo 2020, il governo italiano aveva pubblicato statistiche che mostravano come il 99,2% dei loro “morti di Covid” avesse almeno una grave comorbidità.
Queste includevano cancro, malattie cardiache, demenza, Alzheimer, insufficienza renale e diabete (tra le altre cose). Oltre il 50% di questi pazienti aveva tre o più gravi condizioni preesistenti.
Questo modello si è mantenuto in tutti gli altri Paesi nel corso della “pandemia.” Una richiesta FOIA dell’ottobre 2020 all’ONS del Regno Unito ha rivelato che, in quel momento, meno del 10% delle morti ufficiali “per Covid” aveva Covid come unica causa di morte.
5. L’età media delle “morti per Covid” è superiore all’aspettativa di vita media. L’età media di una “morte per Covid” nel Regno Unito è di 82,5 anni. In Italia è di 86. In Germania, 83. In Svizzera, 86. In Canada, 86. Negli Stati Uniti, 78. In Australia, 82.
In quasi tutti i casi, l’età media di una “morte da Covid” è superiore all’aspettativa di vita per quella nazione.
Come tale, nella maggior parte del mondo, la “pandemia” ha avuto poco o nessun impatto sull’aspettativa di vita. All’opposto dell’influenza spagnola, che, negli Stati Uniti, aveva causato un calo del 28% dell’aspettativa di vita in poco più di un anno [fonte].
6. La mortalità da Covid segue passo passo la curva della mortalità naturale. Studi statistici del Regno Unito e dell’India hanno dimostrato che la curva dei “decessi da Covid” segue quasi esattamente la curva della mortalità naturale:
Il rischio di morte “da Covid” segue, quasi esattamente, il rischio di fondo di morte in generale.
Il piccolo aumento per alcuni dei gruppi di età più avanzata può essere spiegato da altri fattori [punti 7, 9 & 19].
7. C’è stato un massiccio aumento nell’uso di DNR “illegali”. Commissioni di vigilanza e agenzie governative negli ultimi venti mesi hanno riportato un enorme aumento delle direttive di non rianimazione (DNR).
Negli Stati Uniti, gli ospedali hanno preso in considerazione “DNR universali” per ogni paziente positivo alla Covid, e molti infermieri hanno denunciato a New York l’abuso del sistema DNR.
Nel Regno Unito c’è stato un aumento “senza precedenti” dei DNR “illegali” per i disabili; gli studi medici hanno inviato lettere a pazienti non terminali, raccomandando loro di prefirmare ordini DNR, mentre altri medici hanno firmato “DNR a tappeto” per intere case di riposo.
Uno studio dell’Università di Sheffield ha scoperto che oltre un terzo di tutti i “sospetti” pazienti Covid avevano un DNR allegato alla loro cartella clinica entro 24 ore dal ricovero ospedaliero.
L’uso generalizzato di ordini DNR forzati o illegali basterebbe, da solo, a spiegare gli aumenti di mortalità nel 2020/21. [Fatti 2 & 6].
Parte II: Lockdown
8. I lockdown non impediscono la diffusione della malattia. Ci sono poche prove (o nessuna) che i lockdown abbiano un qualche effetto nel limitare le “morti di Covid.” Se si confrontano le regioni che hanno imposto i lockdown con quelle che non l’hanno fatto, non si vede alcuna differenza
9. I lockdown uccidono. Ci sono evidenti prove che i lockdown – producendo danni sociali, economici e di salute pubblica – sono più letali del “virus.”
Il dottor David Nabarro, inviato speciale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Covid-19, nell’ottobre 2020 aveva descritto i lockdown come una “catastrofe globale”:
“Noi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non sosteniamo i lockdown come mezzo primario di controllo del virus[…] sembra che potremmo avere un raddoppio della povertà mondiale entro il prossimo anno. Ci potrebbe anche essere un raddoppio della malnutrizione infantile […] Questa è una terribile, spettrale catastrofe globale.”
Un rapporto dell’ONU dell’aprile 2020 avvertiva che 100.000 bambini avrebbero potuto morire per le conseguenze economiche dei lockdown, mentre altre decine di milioni avrebbero probabilmente dovuto affrontare povertà e carestia.
Disoccupazione, povertà, suicidi, alcolismo, uso di droghe e altre crisi sanitarie sociali/mentali stanno aumentando in tutto il mondo. Mentre gli interventi chirurgici e gli screening mancati e ritardati causeranno nel prossimo futuro un aumento della mortalità per malattie cardiache, cancro ecc.
L’effetto dell’isolamento spiegherebbe i piccoli aumenti della mortalità in eccesso [Punti 2 e 6].
10. Gli ospedali non sono mai stati più affollati del solito. L’argomentazione principale a difesa dei lockdown è che “appiattire la curva” impedirebbe un rapido afflusso di casi e proteggerebbe i sistemi sanitari dal collasso. Ma la maggior parte dei sistemi sanitari non è mai stata vicina al collasso.
Nel marzo 2020 era stato riferito che gli ospedali in Spagna e in Italia erano strapieni di pazienti, ma questo accade in ogni stagione influenzale. Nel 2017, gli ospedali spagnoli erano al 200% della capacità, e, nel 2015, i pazienti erano arrivati a dormire nei corridoi. Un articolo di JAMA del marzo 2020 faceva notare che gli ospedali italiani “nei mesi invernali tipicamente funzionano all’85-90% della capacità.”
Nel Regno Unito, il NHS, durante l’inverno, è regolarmente vicino al punto di rottura. Come parte della sua politica Covid, il NHS, nella primavera del 2020, aveva annunciato che avrebbe “riorganizzato la capacità ospedaliera secondo nuove modalità per trattare separatamente i pazienti Covid e non-Covid” e che “come risultato gli ospedali avrebbero avuto tassi di occupazione globali inferiori a quelli registrati in precedenza.”
In questo modo avevano rimosso migliaia di letti. Durante una presunta pandemia mortale, avevano ridotto la disponibilità dei letti di degenza. Nonostante questo, la pressione a cui era stato sottoposto l’NHS non aveva mai superato quella di una tipica stagione influenzale, con, a volte, il quadruplo di letti liberi rispetto al normale.
Sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti sono stati spesi milioni in ospedali di emergenza temporanei che non sono mai stati utilizzati.
Parte III: Test PCR
11. I test PCR non sono stati progettati per diagnosticare la malattia. Il test di reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa (RT-PCR) è descritto dai media come il “gold standard” per la diagnosi della Covid. Ma l’inventore del processo, vincitore del premio Nobel, non aveva mai inteso usarlo come strumento diagnostico, e lo aveva detto pubblicamente:
“La PCR è solo un processo che ti permette di ottenere un sacco di cose da qualcosa. Non ti dice se sei malato o se quello che hai ti danneggerà o cose del genere.”
12. I test PCR hanno fama di essere imprecisi e inaffidabili. I test PCR “gold standard” per la Covid sono noti per produrre molti risultati falsi positivi, reagendo con materiale genetico (DNA) non specifico del Sars-Cov-2.
Uno studio cinese aveva scoperto che lo stesso paziente poteva ottenere due risultati diversi dallo stesso test nello stesso giorno. In Germania, i test sono noti per aver reagito ai comuni virus del raffreddore. Uno studio del 2006 aveva scoperto che i test PCR per un virus rispondevano anche ad altri virus. Nel 2007, l’essersi affidati al test PCR aveva portato ad un “focolaio” di pertosse che, in realtà, non era mai esistito. Negli Stati Uniti, alcuni test avevano persino reagito ai campioni di controllo negativi.
Il defunto presidente della Tanzania, John Magufuli, aveva fatto sottoporre a test PCR campioni prelevati da capre, pawpaw e olio per motori, tutti erano risultati positivi al virus.
Già nel febbraio del 2020, gli esperti avevano ammesso che il test era inaffidabile. Il dottor Wang Cheng, presidente dell’Accademia cinese delle scienze mediche aveva detto alla televisione di stato cinese: “La precisione dei test è solo del 30-50%.” Il sito web del governo australiano aveva dichiarato: “Esistono scarse prove per valutare la precisione e l’utilità clinica dei test COVID-19 disponibili.” E un tribunale portoghese aveva stabilito che i test PCR erano “inaffidabili” e non avrebbero dovuto essere usati per la diagnosi.
Potete leggere le analisi dettagliate dei fallimenti dei test PCR qui, qui e qui.
13. I valori CT dei test PCR sono troppo alti. I test PCR sono eseguiti in cicli [raddoppi successivi], il numero di cicli usati per ottenere il risultato è noto come “soglia di ciclo” o valore CT. Kary Mullis aveva detto: “Se dovete fare più di 40 cicli […] c’è qualcosa di seriamente sbagliato nella vostra PCR.”
Le linee guida MIQE PCR sono d’accordo, affermando che: “valori [CT] superiori a 40 sono sospetti a causa della bassa efficienza implicita e, generalmente, non dovrebbero essere riportati,” lo stesso dottor Fauci aveva ammesso che qualsiasi cosa rilevata oltre i 35 cicli non era quasi mai riproducibile in colture di laboratorio.
La dottoressa Juliet Morrison, una virologa dell’Università della California, Riverside, aveva detto al New York Times:
“Qualsiasi test con una soglia di ciclo superiore a 35 è troppo sensibile… Sono scioccata dal fatto che la gente pensi che 40 [cicli] possano rappresentare una positività… Una soglia più ragionevole sarebbe da 30 a 35.″
Nello stesso articolo, il dottor Michael Mina, della Harvard School of Public Health, aveva affernato che il limite dovrebbe essere 30, e l’autore continua a sottolineare che la riduzione del CT da 40 a 30 in alcuni stati avrebbe diminuito i “casi di Covid” almeno del 90%.
Gli stessi dati del CDC suggeriscono che nessun campione oltre i 33 cicli potrebbe essere riprodotto tramite coltura, e l’Istituto Robert Koch tedesco sostiene che tutto quello che viene rilevato oltre i 30 cicli è improbabile che sia infettivo.
Nonostante questo, è noto che quasi tutti i laboratori negli Stati Uniti eseguono i loro test ad almeno 37 cicli e a volte fino a 45. La “procedura operativa standard” del NHS per i test PCR fissa il limite a 40 cicli.
Sulla base di quello che sappiamo sui valori di CT, la maggior parte dei risultati dei test PCR sono, nel migliore dei casi, discutibili.
14. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (per due volte) ha ammesso che i test PCR producono falsi positivi. Nel dicembre 2020 l’OMS aveva pubblicato una nota informativa sulle modalità di esecuzione della PCR, che istruiva i laboratori a diffidare di alti valori di Ct, proprio perchè causano risultati falsi positivi:
“Quando i campioni restituiscono un alto valore Ct, significa che sono stati necessari molti cicli per rilevare il virus. In alcune circostanze, la distinzione tra il rumore di fondo e la presenza effettiva del virus target è difficile da accertare.”
Poi, nel gennaio 2021, l’OMS aveva pubblicato un altro promemoria, questa volta avvertendo che i test PCR positivi “asintomatici” dovrebbero essere ritestati perché potrebbero essere falsi positivi:
“Quando i risultati del test non corrispondono al quadro clinico, dovrebbe essere prelevato un nuovo campione, che andrebbe ritestato usando la stessa o una diversa tecnologia NAT [nucleic acid test ].”
15. La base scientifica del test PCR per la Covid è discutibile. Il genoma del virus Sars-Cov-2 sarebbe stato sequenziato da scienziati cinesi nel dicembre 2019 e la sequenza pubblicata il 10 gennaio 2020. Meno di due settimane dopo, alcuni virologi tedeschi (Christian Drosten et al.) avevano presumibilmente utilizzato questo genoma per creare i primer per il test PCR.
Avevano redatto un documento, Detection of 2019 novel coronavirus (2019-nCoV) by real-time RT-PCR, che era stato presentato per la pubblicazione il 21 gennaio 2020 e poi accettato il 22 gennaio.
Questo significa che il documento sarebbe stato sottoposto a revisione paritaria in meno di 24 ore. Un processo che, in genere, richiede settimane.
Successivamente, un consorzio di oltre quaranta tra biologi e scienziati aveva presentato una petizione per il ritiro dell’articolo, scrivendo un lungo rapporto che illustrava in dettaglio 10 gravi errori nella metodologia dell’articolo. Avevano anche richiesto la divulgazione del rapporto di peer-review della rivista, come dimostrazione che l’articolo era veramente stato sottoposto a revisione paritaria. La rivista deve ancora rispondere.
Il protocollo Corman-Drosten è la base di tutti i test PCR Covid nel mondo. Se il documento è discutibile, anche i test PCR sono discutibili.
Parte IV: “L’infezione asintomatica”
16. La maggior parte delle infezioni Covid è “asintomatica.” Già nel marzo 2020, studi fatti in Italia mostravano che il 50-75% dei pazienti con test Covid positivo non presentava sintomi. Un altro studio britannico dell’agosto 2020 aveva rilevato che l’86% dei “pazienti Covid” non aveva alcun sintomo [di infezione] virale.
È letteralmente impossibile stabilire la differenza tra un “caso asintomatico” e un risultato falso-positivo del test PCR.
17. Ci sono pochissime prove a sostegno del presunto pericolo rappresentato dalla “trasmissione asintomatica.” Nel giugno 2020, la dottoressa Maria Van Kerkhove, capo dell’unità malattie emergenti e zoonosi dell’OMS, aveva detto:
“Dai dati in nostro possesso, sembra assai improbabile che una persona asintomatica possa effettivamente trasmettere [il virus] ad un’altra persona.”
Una meta-analisi di studi Covid, pubblicata dal Journal of the American Medical Association (JAMA) nel dicembre 2020, aveva trovato che i portatori asintomatici hanno una probabilità inferiore all’1% di infettare le persone all’interno della loro famiglia. Nel 2009, un altro studio sulla comune influenza aveva trovato:
“…prove limitate a sostegno dell’importanza della trasmissione [asintomatica]. Il ruolo di individui asintomatici o presintomatici infettati dall’influenza nella trasmissione della malattia può essere stato sovrastimato…”
Dati i noti difetti del test PCR, molti “casi asintomatici” potrebbero essere falsi positivi [punto 14].
Parte V: Ventilatori polmonari
18. La ventilazione NON è un trattamento per i virus respiratori. La ventilazione meccanica non è, e non è mai stata, un trattamento raccomandato per le infezioni respiratorie di qualsiasi tipo. Nei primi giorni della pandemia, molti medici avevano messo in dubbio l’uso dei ventilatori per trattare la “Covid.”
Scrivendo su The Spectator, il dottor Matt Strauss aveva dichiarato:
“I ventilatori non curano nessuna malattia. Possono riempire i polmoni d’aria quando non si è in grado di farlo da soli. Nell’immaginario collettivo vengono associati alle malattie polmonari, ma questa, in realtà, non è la loro applicazione più comune o più appropriata.”
Un pneumologo tedesco, il Dr Thomas Voshaar, presidente dell’Associazione delle Cliniche Pneumatologiche aveva detto:
“Quando abbiamo letto i primi studi e i primi rapporti dalla Cina e dall’Italia, ci siamo subito chiesti perché in quei Paesi la pratica dell’intubazione fosse così comune. Questo contraddiceva la nostra esperienza clinica con la polmonite virale.”
Nonostante questo, l’OMS, il CDC, l’ECDC e l‘NHS hanno tutti “raccomandato” di ventilare i pazienti Covid invece di usare metodi non invasivi.
Questa non era una prassi medica studiata per curare al meglio i pazienti, ma, piuttosto, per ridurre l’ipotetica diffusione della Covid, impedendo ai pazienti di esalare goccioline di aerosol.
19. I ventilatori uccidono la gente. Attaccare ad un ventilatore qualcuno che soffre di influenza, di polmonite, di una malattia polmonare ostruttiva cronica o di qualsiasi altra condizione che limita la respirazione o colpisce i polmoni, non allevierà nessuno di quei sintomi. Infatti, quasi certamente peggiorerà la situazione e ucciderà molti di loro.
Le cannule per intubazione sono una fonte di possibile infezione, conosciuta come “polmonite associata al ventilatore,” che, secondo alcuni studi, colpisce fino al 28% di tutti i pazienti sotto ventilazione forzata e uccide il 20-55% di quelli infettati.
La ventilazione meccanica è anche dannosa per la struttura fisica dei polmoni, con conseguenti “lesioni polmonari da ventilatore,” che possono avere effetti drammatici sulla qualità della vita, a volte anche mortali.
Gli esperti stimano che muoia il 40-50% dei pazienti ventilati, indipendentemente dalla malattia. In tutto il mondo, sono deceduti tra il 66 e l’86% di tutti i “pazienti Covid” ventilati.
Secondo questa “infermiera sotto copertura,” a New York i ventilatori venivano usati in modo talmente improprio da distruggere i polmoni dei pazienti.
Questa politica era, nel migliore dei casi, negligenza e, nel peggiore, forse anche omicidio volontario. Questo uso improprio dei ventilatori potrebbe spiegare l’aumento della mortalità nel 2020/21 [fatti 2 e 6].
Part VI: Mascherine
20. Le mascherine non funzionano. Almeno una decina di studi scientifici hanno dimostrato che le mascherine non fanno nulla per arrestare la diffusione dei virus respiratori.
Una meta-analisi pubblicata dal CDC nel maggio 2020 aveva trovato “nessuna riduzione significativa della trasmissione dell’influenza con l’uso di mascherine per il viso.”
Un altro studio su oltre 8000 soggetti aveva rilevato che le mascherine “non sembrano essere efficaci contro le infezioni respiratorie virali confermate in laboratorio, né contro le infezioni respiratorie cliniche.”
Ce ne sono letteralmente troppi per citarli tutti, ma potete leggerli qui: [1][2][3][4][5][6][7][8][9][10]. O consultare un riassunto su SPR qui.
Sono stati fatti alcuni studi che sosterrebbero l’utilità della mascherina per la Covid, ma sono tutti seriamente difettosi. Uno, per i dati si era basato su sondaggi auto-riferiti. Un altro era così mal progettato che un gruppo di esperti ne aveva chiesto il ritiro. Un terzo era stato depubblicato dopo che le sue previsioni si erano rivelate completamente errate.
L’OMS aveva pubblicato una propria meta-analisi su Lancet, ma quello studio si riferiva solo alle mascherine N95 ed esclusivamente in ambito ospedaliero. [Per un resoconto completo sui pessimi dati di questo studio cliccate qui].
A parte le prove scientifiche, c’è l’evidenza del mondo reale a sostegno del fatto che le mascherine non fanno nulla per fermare la diffusione delle malattie.
Per esempio, il Nord Dakota e il Sud Dakota hanno avuto un numero di casi quasi identico, nonostante uno avesse imposto l’obbligo della mascherina e l’altro no:
In Kansas, le contee senza obbligo di mascherina hanno avuto, in realtà, meno “casi” di Covid rispetto a quelle con in vigore il mandato. E, nonostante le mascherine siano molto comuni in Giappone, nel 2019 il Paese aveva conosciuto la peggiore epidemia di influenza degli ultimi decenni.
21. Le mascherine fanno male alla salute. Indossare una mascherina per lunghi periodi, indossare la stessa mascherina più di una volta (come altri aspetti delle mascherine in tessuto) può fare male alla salute. Uno studio a lungo termine sugli effetti dannosi derivanti dall’uso delle mascherine è stato recentemente pubblicato dall‘International Journal of Environmental Research and Public Health.
Nell’agosto 2020, il dottor James Meehan aveva riferito un aumento di polmoniti batteriche, infezioni fungine, eruzioni cutanee al viso.
Le mascherine sono anche note per contenere microfibre di plastica, che danneggiano i polmoni quando vengono inalate e possono essere potenzialmente cancerogene.
Nei bambini le mascherine incoraggiano la respirazione con la bocca, che provoca deformazioni facciali.
In tutto il mondo, si sono verificati casi di perdita di coscienza in persone che indossavano la mascherina a causa dell’avvelenamento da CO2 e alcuni bambini in Cina hanno persino subito un arresto cardiaco improvviso.
22. Le mascherine fanno male al pianeta. Da più di un anno, si utilizzano, ogni mese, milioni e milioni di mascherine usa e getta. Un rapporto dell’ONU ha scoperto che, probabilmente, la pandemia di Covid-19 provocherà nei prossimi anni il raddoppio dei rifiuti di materiale plastico, e la maggior parte di questi sono mascherine.
Il rapporto continua avvertendo che queste mascherine (e gli altri rifiuti medici) intaseranno le fognature e i sistemi d’irrigazione, e la cosa avrà effetti a catena sulla salute pubblica, l’irrigazione e l’agricoltura.
Uno studio dell’Università di Swansea ha scoperto che “quando le mascherine usa e getta vengono immerse nell’acqua rilasciano metalli pesanti e fibre di plastica.” Questi materiali sono tossici sia per le persone che per la fauna selvatica.
Parte VII: Vaccini
23. I “vaccini” Covid sono assolutamente senza precedenti. Prima del 2020 non era stato sviluppato con successo nemmeno un singolo vaccino contro un coronavirus umano. Ora ne avremmo realizzati circa 20 in 18 mesi.
Gli scienziati avevano cercato, per anni e con poco successo, di sviluppare un vaccino contro la SARS e la MERS. Alcuni dei vaccini falliti contro la SARS avevano effettivamente causato ipersensibilità al virus della SARS [negli animali da esperimento]. Infatti, i topi vaccinati potevano contrarre la malattia più gravemente di quelli non vaccinati. Un altro tentativo aveva causato danni epatici nei furetti.
Mentre i vaccini tradizionali funzionano esponendo l’organismo ad un ceppo indebolito del microrganismo responsabile della malattia, questi nuovi vaccini Covid sono vaccini a mRNA.
I vaccini a mRNA (acido ribonucleico messaggero) teoricamente funzionano iniettando nell’organismo mRNA virale, che si replica all’interno delle cellule e induce il sistema immunitario a riconoscere e produrre antigeni per le “proteine spike” virali. Erano stati oggetto di ricerca dagli anni ’90, ma, prima del 2020, nessun vaccino mRNA era mai stato approvato per l’uso.
24. I vaccini non conferiscono immunità né prevengono la trasmissione. Viene riconosciuto che i “vaccini” Covid non conferiscono immunità dall’infezione e non impediscono di trasmettere la malattia ad altri. In effetti, un articolo del British Medical Journal aveva evidenziato che gli studi sui vaccini non erano stati progettati per valutare se i “vaccini” limitavano la trasmissione.
Gli stessi produttori di vaccini, al momento di rilasciare le terapie geniche mRNA non testate, erano stati abbastanza chiari sul fatto che l'”efficacia” dei loro prodotti era basata sulla “riduzione della gravità dei sintomi.”
25. I vaccini sono stati affrettati e hanno effetti a lungo termine sconosciuti. Lo sviluppo dei vaccini è un processo lento e laborioso. Di solito, dallo sviluppo alla sperimentazione e infine all’approvazione per l’uso pubblico passano molti anni. I vaccini Covid sono stati tutti sviluppati e approvati in meno di un anno. Ovviamente, non ci possono essere dati di sicurezza a lungo termine su formulazioni farmaceutiche che hanno meno di un anno.
Pfizer stessa lo ha ammesso nel contratto di fornitura, divenuto di dominio pubblico, tra il gigante farmaceutico e il governo dell’Albania [anche su CDC]:
“Gli effetti a lungo termine e l’efficacia del vaccino non sono attualmente noti e ci possono essere effetti avversi del vaccino che non sono attualmente conosciuti.”
Inoltre, nessuno dei vaccini è stato sottoposto a test adeguati. Molti di essi avevano saltato del tutto gli studi iniziali e gli studi sull’uomo di fase tre non sono stati sottoposti a peer-review, non sono stati divulgati al pubblico, non finiranno prima del 2023 o sono stati abbandonati dopo “gravi effetti avversi.”
26. Ai produttori di vaccini è stata concessa l’mmunità legale in caso di lesioni. Il Public Readiness and Emergency Preparedness Act (PREP) degli USA garantisce loro l’immunità almeno fino al 2024.
La legislazione dellUE sulle licenze dei prodotti ha fatto la stessa cosa, e ci sono segnalazione di clausole di responsabilità riservate nei contratti che l’UE ha firmato con i produttori di vaccini.
Il Regno Unito è andato addirittura oltre, concedendo un’indennità legale permanente al governo e ai suoi dipendenti, per qualsiasi danno procurato ai pazienti in cura per Covid-19 o “sospetta Covid-19.”
Ancora una volta, il contratto albanese divenuto di domino pubblico fa capire che Pfizer aveva, come minimo, reso questa indennità una richiesta standard per le fornitura di vaccini Covid:
“L’acquirente accetta di indennizzare, difendere e ritenere indenne Pfizer […] da e contro qualsiasi causa, reclamo, azione, richiesta, perdita, danno, responsabilità, accordo, sanzione, multa, costo e spesa.”
Parte VIII: Inganno e preveggenza
27. L’UE stava preparando i “passaporti vaccinali” almeno un ANNO prima dell’inizio della pandemia. Le proposte di contromisure COVID, presentate al pubblico come misure di emergenza improvvisate, esistevano già da prima della comparsa della malattia.
Due documenti dell’UE, pubblicati nel 2018, il “2018 State of Vaccine Confidence“ e una relazione tecnica intitolata “Designing and implementing an immunisation information system”” avevano analizzato la plausibilità, a livello di UE, di un sistema di monitoraggio delle vaccinazioni.
Questi documenti erano stati unificati nella “Vaccination Roadmap” del 2019, che (tra le altre cose) aveva ribadito la necessità di uno “studio di fattibilità” sui passaporti vaccinali da iniziare nel 2019 e terminare nel 2021:
Le conclusioni finali di questo rapporto erano state diffuse al pubblico nel settembre 2019, appena un mese prima di Event 201 (vedi sotto).
28. Una simulazione aveva previsto la pandemia poche settimane prima del suo inizio. Nell’ottobre 2019, il World Economic Forum e la Johns Hopkins University avevano ospitato Event 201. Si trattava di un esercizio di simulazione imperniato su un coronavirus zoonotico che scatenava una pandemia mondiale. L’esercizio era stato sponsorizzato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates e da GAVI l’ente di cooperazione mondiale per i vaccini.
Event 20, nel novembre 2019, aveva pubblicato i suoi risultati e le sue raccomandazioni come una “chiamata all’azione.” Un mese dopo, la Cina registrava il suo primo caso di “Covid.”
29. Dall’inizio del 2020, l’influenza è “scomparsa.” Negli Stati Uniti, dal febbraio 2020, i casi di influenza sarebbero diminuiti di oltre il 98%.
E non solo negli Stati Uniti, a livello globale l’influenza sembrerebbe quasi completamente scomparsa.
Nel frattempo, una nuova malattia chiamata “Covid,” che ha sintomi identici e un tasso di mortalità simile a quello dell’influenza, sta apparentemente colpendo tutte le persone che, di solito, si ammalano di influenza.
30. L’élite ha guadagnato una fortuna durante la pandemia. Dall’inizio dei lockdown le persone più ricche sono diventate ancora più ricche. Forbes ha riferito che, “combattendo il coronavirus, ” sono stati creati 40 nuovi miliardari e che 9 di loro sono produttori di vaccini.
Business Insider ha riportato che “i miliardari hanno visto il loro patrimonio netto aumentare di mezzo trilione di dollari” dall’ottobre 2020.
Ovviamente, ora questa cifra sarà molto più alta.
Kit Knightly
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/09/22/30-facts-you-need-to-know-your-covid-cribsheet/#iii
22.09.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org