Come Putin ha “deragliato” l’occidente

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DI MIKE WHITNEY

counterpunch.org

“Lo stato nazione come unità fondamentale della vita organizzata dell’uomo ha smesso di essere la principale forza creativa: le banche internazionali e le società multinazionali agiscono e pianificano in termini molto più avanti, che non devono più  tener conto dei concetti politici dello stato nazione”- Zbigniew Brzezinski, “Tra due ere: l’età tecnotronica, 1971”

“Continuerò a fare pressione per ottenere una no-fly zone e dei “santuari” entro i confini Siriani..Non solo per aiutare a proteggere i Siriani e prevenire la costante fuoriuscita di rifugiati, ma specialmente per acquisire maggiore potere negoziale rispetto sia al governo Siriano che ai Russi” – Ex Segretario di Stato Hillary Clinton Terzo dibattito presidenziale

Come mai Hillary Clinton è così ansiosa di intensificare il coinvolgimento USA in Siria, quando gli interventi in Afghanistan, Iraq e Libia sono andate a finire in conseguenze profondamente sbagliate?

La risposta a questa domanda è semplice. Perchè la Clinton non crede che i suddetti interventi siano andati a finire male. E non lo pensa nemmeno nessuno tra i membri dell’establishment che determina la politica estera USA (detto “The Borg”). Ai loro occhi tali guerre sono stati straordinari successi. Certo qualcuno si sarà un pò lamentato per le ripercussioni negative in termini di immagine pubblica a causa delle inesistenti armi chimico-batteriologiche Irachene (o gli errori logistici, come smantellare l’esercito Iracheno) ma perlopiù questo establishment che conta nella politica estera è soddisfatto dei suoi sforzi per destabilizzare la regione e per rimuovere qualsiasi leader provi a rifiutarsi di seguire alla cieca i diktat di Washington.

E’difficile da capire per le persone ordinarie. Non riescono ad afferrare come mai i grossi personaggi di potere abbiano un interesse in trasformare paesi stabili e discretamente “funzionanti” in discariche di macerie inabitabili in mano a estremisti armati, squadroni della morte settari, terroristi mercenari d’importazione. Non possono nemmeno capire che cosa ci abbia guadagnato Washington in 15 anni di scorribande in Medio Oriente e Asia Centrale che hanno trasformato ampie porzioni di territori strategici in terreni di coltura di terroristi? Che senso ha?

Per prima cosa dobbiamo accettare per dato di fatto che la decimazione e balcanizzazione di fatto di questi paesi era una precisa parte del piano. Se non fosse stato parte di un piano ad un certo punto si sarebbe cambiata politica e strategia. E non lo hanno mai fatto. La politica resta sempre la stessa. Il fatto che gli Stati Uniti si servano di jihadisti d’importazione estera per cercare di dare luogo a un cambio di regime in Siria, diversamente dal coinvolgimento diretto di truppe USA in Iraq, non costituisce un cambiamento rilevante nel tipo di politiche perseguite. Scopo ultimo è sempre decimare lo Stato in questione e la liquidazione del governo legittimo in carica. Lo stesso si applica ai casi di Libia e Afghanistan, entrambe gettate nel più assoluto caos per conseguenza delle azioni decise a Washington.

Ma perchè? Che cosa si guadagna dalla distruzione di interi paesi e dal generare infinita sofferenza e morte?

Ecco ciò che penso io: credo Washington ci sia dentro con tutti e due i piedi in un grande progetto per riconfigurare il mondo in un modo che rispecchi meglio i desideri dei suoi unici elettori che contano e hanno rappresentanza: banche internazionali e multinazionali. Brzezinski non soltanto allude a ciò nella citazione riportata in apertura, spiega anche cosa sta succedendo. Lo Stato nazione è in corso di liquidazione come fondamenta sulle quali l’ordine mondiale poggia. Washington cancella i confini, liquida Stati, rimuove forti leaders di ispirazione secolare capaci di mettere i bastoni tra le ruote contro le loro macchinazioni volte a imporre un nuovo ordine nella propria realtà geografica e in definitiva un nuovo ordine mondiale. La gente ai vertici di tali istituzioni d’elite mirano a creare una zona globale interconnessa dal libero commercio controllata dai Proconsoli del Grande Capitale, o in altre parole una Eurozona globale che preclude le funzioni fondamentali degli Stati (Tesoro centralizzato, indebitamento reciproco, trasferimenti federali) in modo da consentire all’entità di potere senza confini di esercitare propriamente il suo controllo.

I veri detentori del potere (Deep state powerbrokers nell’originale) che decidono realmente rispetto alle scelte più importanti dietro la cortina fumogena di un congresso, i cui membri sono in realtà null’altro che clientes di tale vero potere (bought and paid for nell’originale), sono convinti che un governo mondiale unico sia un obiettivo raggiungibile e che per raggiungerlo non serva praticamente altro che il controllo totale ed esclusivo delle fonti energetiche del pianeta e delle valute di riserva necessarie ai commerci internazionali ed essere così il giocatore dominante nella regione più popolosa e prospera nel secolo in corso, l’Asia. Ciò è essenzialmente ciò che Hillary Clinton intende parlando di “Pivot to Asia”.

Il maggior problema con i piani per instaurare un Nuovo Ordine Mondiale che circolano a Washington è che un numero crescente di Stati piuttosto potenti sono ancora attaccati al vecchio ordine mondiale e sempre più pronti a difenderlo. Ciò è quello che sta essenzialmente succedendo in Siria, dove l’improbabile alleanza di Siria, Russia, Iran ed Hezbollah hanno fermato l’opera della morte su commissione firmata USA. L’inarrestabile forza si è schiantata contro l’oggetto immobile e l’oggetto immobile ha prevalso…finora.

Naturalmente, l’establishment autore e responsabile di queste scelte di politica estera è preoccupato da questi nuovi sviluppi, e per ottime ragioni. Gli USA hanno regnato sul mondo da soli per un pò di tempo ormai, quindi il fatto che la politica estera USA sulla Siria sia costretta a fare passi indietro è certamente una sorpresa e potenzialmente è anche una minaccia. L’areonautica militare Russa è impegnata in missione in Siria ormai da oltre un anno, dal Settembre scorso, ma soltanto adesso l’America ha dimostrato che è disposta a rispondere aumentando il supporto dei suoi agenti jihadisti sul campo e attaccando l’ISIS nell’Est del paese, a Raqqa. Ma la vera escalation si attende nel momento in cui Hillary Clinton salirà al potere nel 2017. A quel punto gli USA si scontreranno direttamente contro la Russia, assumendo che i loro scontri “occhio per occhio dente per dente” restino contenuti entro i confini Siriani. Piano rischioso, ma è logicamente l’unico possibile prossimo passo in questo sanguinoso fiasco. Nessuno degli opponenti vuole un conflitto nucleare, ma Washington ritiene che non fare nulla sia l’equivalente di dargliela vinta, per cui possiamo stare certi che Hillary e i suoi consiglieri Neocon inizieranno a recitare il rosario “no fly zone”… Che dovrebbe ricordarci qualcosa.

L’assunto è che a un certo punto, se sottoposto a sufficiente pressione, Putin getterà la spugna. Ma questo è un altro errore di calcolo. Putin non è in Siria perchè lo vuole e non  per onorare un senso di amicizia nei confronti del Presidente Bashar Al Assad. Questi fattori non centrano nulla nelle scelte della Russia. Putin è in Siria perchè non aveva scelta. La sicurezza nazionale Russa stessa era direttamente minacciata. Se la strategia di Washington di disseminare terroristi per rovesciare Assad avesse successo, i prossimi palcoscenici a cui toccherà lo stesso copione saranno Iran e Russia. Putin lo sa, come sa anche che l’impiego di terroristi finanziati da paesi esteri può decimare intere regioni come la Cecenia. Sa che è meglio eliminare fisicamente questi terroristi ad Aleppo che non ritrovarsi a doverlo fare a Mosca. Non può tirarsi indietro, non c’è alcuna scelta.

D’altro canto può in una certa misura fare compromessi poichè i suoi obiettivi e quelli di Assad non sempre coincidono. Ad esempio può benissimo permettersi concessioni territoriali agli USA per favorire un possibile accordo di pace, cosa che Assad più probabilmente non farebbe.

Ma perchè farlo? Non è meglio combattere finchè l’ultimo pezzetto di territorio sovrano Siriano sia recuperato?

Non è l’ìnteresse nazionale della Russia conseguire tale obiettivo. Putin non ha mai tentato di nascondere il fatto che le forze aeree Russe sono in Siria per proteggere la sicurezza nazionale Russa. Questo è l’obiettivo principale. Non è un idealista bensì un leader pragmatico che farebbe di tutto per concludere il conflitto il prima possibile. Il che significa fare compromessi.

Ai signori della guerra a Washington tutto ciò non interessa…ancora. Ma prima o poi dovranno farci i conti. Prima o poi deve per forza esserci un accomodamento sotto qualche forma. Nessuno potrà ottenere tutti quanti i suoi obiettivi, questo è certo. Ad esempio è impossibile immaginare che Putin lanci una guerra contro la Turchia per recuperare il territorio che le forze armate Turche al momento occupano nella Siria del Nord. Infatti Putin potrebbe già evere fatto questa concessione al Presidente Turco Tayyip Erdogan in forma non pubblica nell’ambito di uno dei loro incontri recenti. Il fatto che sia aperto al compromesso non significa tuttavia che Putin non abbia precise linee che non vanno valicate, dei capisaldi nella strategia. Aleppo è la linea rossa. Alle truppe turche non sarà consentito entrare ad Aleppo.

Il corridoio occidentale, la zona industriale e le aree residenziali sono tutte “linee rosse”. Su queste non ci sarà compromesso. Putin aiuterà Assad a rimanere al potere e a mantenere la Siria perlopiù intatta. Ma riuscirà la Turchia a accaparrarsi settori a Nord? Riusciranno gli USA ad accaparrarseli nell’Ovest?

Può darsi. Sono cose che vanno negoziate diplomaticamente, ciò che è certo è che è improbabile che in confini di questa nazione restino gli stessi di quelli che erano prima della guerra. Putin potrebbe accontentarsi di una mezza vittoria ammesso che ci sia un vero cessate il fuoco e la sicurezza venga ristabilita. In ogni caso non continuerà a impegnarsi in Siria finchè l’ultimo nemico è stato impiccato.

Sfortunatamente però siamo molto lontani da una qualsiasi soluzione diplomatica per la Siria, principalmente perchè Washington è ben lungi da ammettere che il suo progetto di dominio mondiale è stato deragliato. Questo è il fatto cruciale, o no? I grandi potenti che manovrano il paese continuano con l’autonegazione di questa evidenza. Ancora non ammettono neppure a loro stessi che la guerra è persa e che il loro piano folle e criminoso di utilizzo dei jihadisti su procura ha fallito del tutto.

Ce ne vorrà di tempo prima che Washington si renda finalmente conto che il resto del mondo non è più il suo cortile di casa. Ma prima lo ammettano e iniziano a comportarsi di conseguenza, meglio sarà per tutti quanti noi.

 

Mike Whitney

Fonte: www.counterpunch.org/

Link: http://www.counterpunch.org/2016/11/01/how-putin-derailed-the-west/

1.11.2016

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI

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