DI FINIAN CUNNINGHAM
rt.com
Bisogna darne atto alla britannica Theresa May. Sicuramente possiede quella audace caparbietà inglese che emerge nei momenti più bui.
Tuttavia, nonostante la sua affermazione “i giorni migliori sono davanti a noi”, le prospettive non promettono nulla di buono.
Nel migliore dei casi, il Regno Unito si sta dirigendo in anni di rancore e disordine politico, che indeboliranno la società, l’economia e il governo. Nel peggiore, gli stress e le tensioni legati alla Brexit e al divorzio dall’Europa potrebbero vedere la famiglia delle quattro nazioni dividersi in una crisi costituzionale.
E’ bene ricordare che mentre alcune parti della storia culturale della Gran Bretagna hanno effettivamente una lunga ed eminente tradizione, basti pensare ad esempio alla Magna Carta che nel 1215 stabilì i diritti individuali a livello legale e politico, l’attuale struttura del “Regno Unito della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord” ha meno di 100 anni.
Il Regno Unito, così come lo conosciamo, emerse quando il resto dell’Irlanda si separò acquisendo lo status di nazione indipendente dopo la guerra di indipendenza (1919-21).
Verosimilmente, il Regno Unito è un amalgama piuttosto instabile tra Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Quest’ultima regione vide un conflitto trentennale (1968-98) con decine di migliaia di truppe britanniche che occuparono il territorio per mantenere una parvenza di ordine.
Scozia e Galles presentano entrambi movimenti separatisti, con gli scozzesi che promettono di organizzare un secondo referendum per verificare se dichiarare l’indipendenza dal governo centrale di Londra.
La dimostrazione della fragile configurazione costituzionale della Gran Bretagna è insita nel problema di un confine irlandese su cui l’intero processo della Brexit ha fallito.
L’incapacità di Londra di negoziare un divorzio pacifico dai 28 membri dell’Unione fu legato al pantano politico e costituzionale creato dalle rivendicazioni territoriali mosse dalla Gran Bretagna verso l’Irlanda del Nord.
La maggior parte delle persone nell’isola irlandese non vuole che la Brexit conduca a rigidi confini. E neppure lo vuole il resto dell’UE.
Ciò significava che il governo britannico avrebbe dovuto elaborare, con l’attuale bozza, un piano per la Brexit che mantenesse il Regno Unito all’interno della zona commerciale dell’UE così da evitare il problema del confine irlandese.
Questa è la ragione per cui coloro che supportano la Brexit all’interno del partito conservatore al governo stanno minacciando di rovesciare la leadership di Theresa May.
La bozza di accordo proposta dalla May è infatti considerata come un tradimento rispetto al risultato del referendum di Giugno 2016, risultato che indicava la separazione dalla UE, proprio perché la confusione sulla questione irlandese rappresenta un’erosione dell’integrità territoriale britannica. Ma che cos’è l’integrità territoriale britannica?
D’altra parte, anche un’ampia porzione dell’elettorato inglese, quella che vuole rimanere con l’UE, non è contenta.
Questa parte dell’elettorato vede infatti l’accordo proposto dalla May come mal pianificato e raffazzonato, una via di mezzo che non è né dentro né fuori.
Gli elettori scozzesi a favore dell’indipendenza hanno preso nota delle anomalie legate alla questione irlandese.
Con un ragionamento logico, gli scozzesi affermano che se all’Irlanda del Nord viene assegnato uno status eccezionale, rimanendo in qualche modo dentro all’UE così da evitare il problema del confine, allora anche loro richiedono delle misure eccezionali.
E’ bene notare che nel 2016 la maggioranza dell’elettorato in Scozia e nell’Irlanda del Nord espresse con il proprio voto il desiderio di rimanere parte della UE.
Il problema della Brexit è che questa riflette le profonde divisioni presenti nel Regno Unito. Queste divisioni erano probabilmente già presenti, ma erano state mascherate con una artificiosa patina di unità.
La Brexit fu essenzialmente uno slancio inglese, specialmente tra quei “piccoli inglesi” nazionalisti appartenenti alle fila del partito conservatore che nutrivano il sogno di riportare la Gran Bretagna al suo antico splendore, quando un quarto del globo era sotto l’impero inglese.
Nei quasi 40 anni di appartenenza all’UE, il Partito conservatore britannico ha vissuto una guerra civile tra gli euroscettici e coloro che desideravano far parte del blocco europeo.
Il referendum sulla Brexit fu concesso dall’ex leader dei Tory David Cameron per placare gli euroscettici all’interno del suo partito. Ciò che la maggior parte delle persone non avrebbe mai immaginato era una vittoria da parte della fazione che appoggiava l’uscita dall’UE.
Si può ipotizzare che una componente cruciale del voto sulla separazione dalla UE fu legata ad una protesta contro le autorità, sia della Gran Bretagna che di Bruxelles, e non tanto all’ appartenenza all’UE di per sé. Si trattò infatti di una protesta generale dovuta alle lamentele legate all’austerità economica e alla mancanza di rappresentanza democratica.
In altre parole, la brigata neo-imperialista inglese del partito Tory ha avuto fortuna ed ha potuto attingere a una più ampia ondata di malcontento popolare.
È seguito poi il problema in base al quale la Gran Bretagna ha avviato il processo di separazione dall’UE senza aver mai raggiunto un consenso su quali avrebbero dovuto essere i termini per un divorzio accettabile. Senza contare che quasi la metà di coloro che votarono non avrebbe mai voluto questa separazione.
Ecco perché il governo della May ha avuto un compito impossibile nel negoziare i termini della separazione. Come può Londra definire un accordo quando tutto il Regno Unito su questo argomento appare estremamente frammentato?
Theresa May stessa era favorevole a rimanere nella UE. Eppure è alla guida di un governo che sta negoziando la Brexit. C’è sicuramente un conflitto sia di interessi che di convinzioni, che si manifesta come il classico pasticcio Inglese in una crisi.
La May è in una posizione poco invidiabile. Ha il compito di raggiungere un compromesso impossibile tra fazioni inconciliabili, sia all’interno del suo stesso partito, sia nella Camera del Parlamento sia in tutto il paese.
Dopo due anni di dure trattative tra Londra e Bruxelles, il futuro per la Gran Bretagna sembra ancora più incerto e complesso.
Anche i suoi parlamentari stanno affilando i coltelli, nonostante la definiscano come “la nostra onorevole amica”. La May potrebbe sopravvivere a una sfida sulla leadership, in parte perché i Brexiteers come Boris Johnson e Jacob Rees-Mogg non sembrano avere il coraggio di prendere questo calice velenoso.
La migliore mossa per la May è forse quella di indurre il parlamento britannico a tapparsi il naso e votare per il suo accordo sulla Brexit perché l’alternativa, uscire dall’UE a marzo dell’anno prossimo, potrebbe essere catastrofica per l’economia e la società inglesi.
Di fronte a uno scenario catastrofico, i legislatori britannici provenienti dal suo partito e dai vari partiti di opposizione possono solo appoggiare i piani per la Brexit della May.
Nella migliore tradizione britannica, il paese continuerà con un progetto che pochi sostengono senza riserve. La transizione per uscire dall’UE potrebbe andare avanti per anni, discutendo su qualsiasi aspetto. Questo processo declinante porterà solo ad un’ulteriore alienazione delle persone comuni verso l’establishment politico e le istituzioni governative.
Ma il rancore fomenterà anche un dibattito sempre più aspro nelle regioni di Scozia, Galles e Irlanda del Nord in relazione alla validità della costruzione conosciuta come Regno Unito.
Già la debacle della Brexit ha reso abbondantemente chiaro che l’intera Irlanda sarebbe stata meglio come nazione unificata, indipendente dalla Gran Bretagna.
Le contorsioni sul confine irlandese dimostrano che la rivendicazione territoriale di Londra sull’Irlanda del Nord è dubbia e in violazione della giustizia naturale dovuta agli irlandesi.
Sembra solo una questione di tempo prima che le varie regioni che attualmente compongono la Gran Bretagna inizino a rendersi conto che la loro governance è migliore se sottratta al controllo di Londra.
Ed ecco l’ironia della sorte. La Brexit potrebbe essere stata ispirata dalla nostalgia inglese per reclamare la passata gloria imperiale. Ma cercando di riportare l’orologio a qualche immaginata passata gloria, i Brexiteers hanno finito per svelare il Regno Unito.
Finian Cunningham (nato nel 1963) ha scritto molto su politiche internazionali, con articoli pubblicati in diverse lingue. Originario di Belfast, Irlanda del Nord, è laureato in chimica agraria e ha lavorato come redattore scientifico per la Royal Society of Chemistry, a Cambridge, in Inghilterra, prima di intraprendere la carriera del giornalismo d’inchiesta. Per oltre 20 anni ha lavorato come redattore e scrittore per importanti gruppi editoriali, tra cui The Mirror, Irish Times e Independent. Ora è un giornalista freelance con base in Africa orientale, i suoi pezzi appaiono su RT, Sputnik, Strategic Culture Foundation e Press TV.
Fonte: www.rt.com/
Link: https://www.rt.com/op-ed/444169-brexit-may-divided-debacle/
12.11.2018
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Lorenz