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La Redazione

 

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Buone notizie: con l’uscita di scena di Fauci potrebbe tornare il buon senso.

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A cura di Redazione CDC
Il 24 Agosto 2020
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Buone notizie: con l’uscita di scena di Fauci potrebbe tornare il buon senso.

Il Dottor Scott Atlas

(N.d.T. Come a suo tempo suggerito al presidente Trump dal Dr. Ron Paul, ex candidato alla presidenza per il partito Repubblicano, finalmente Anthony Fauci è stato estromesso dall’entourage di consiglieri sanitari presidenziali. Non possiamo che rallegrarcene, anche se ci augureremmo un’ancor più immediata e più definitiva “uscita di scena” di quello che, a tutti gli effetti, è da oltre trenta anni l’inamovibile “boss dei boss” della mafia sanitaria statunitense all’interno dell’Amministrazione, al servizio di altri noti criminali e psicopatici al soldo o azionisti/comproprietari delle grandi aziende farmaceutiche (sapevate che anche Google ne possiede un paio?). Riguardo alle politiche criminali di queste ultime raccomando sempre la lettura di “Medicine Letali e Crimine Organizzato” del Dr. Peter Gotsche. Aggiungo anche che, data la brevità di entrambi i testi, ho ritenuto utile accorparli nello stesso articolo, ricordando a tutti che l’articolo del Dr. Atlas è stato pubblicato il 22 aprile 2020: questo è un dato particolarmente importante perché conferma che già al tempo si potevano evitare morti di persone e distruzione di aziende. E di questo la responsabilità ricade su Fauci e su tutti coloro che lo hanno ascoltato passivamente ed in maniera totalmente acritica, anche e soprattutto nel nostro Paese.)

 

Dr. Ron Paul – The UNZ Review – 17 agosto 2020

In questi giorni sembra che non ci siano molte buone notizie. La gente è ancora nel panico per il coronavirus, i governi stanno ancora calpestando le libertà civili in nome della lotta contro il virus, l’economia – già sull’orlo del collasso – è stata atterrata da quello che la storia può registrare come uno dei peggiori disastri causati dall’uomo di tutti i tempi: chiudere il Paese per combattere un virus del raffreddore.

Ecco perché prendiamo le buone notizie dove riusciamo a trovarle e l’inserimento del Dr. Scott Atlas, da parte del Presidente Trump, a capo della sua task force per il coronavirus potrebbe essere proprio la buona notizia di cui avevamo bisogno. Come hanno riportato i media, il presidente Trump ha messo da parte Anthony Fauci a favore di Atlas, l’ex capo della neuroradiologia del Medical Center dell’Università di Stanford.

Ricordiamo che Fauci è stato “l’esperto” che qualche mese fa ci ha detto che non avremmo più potuto stringerci la mano. (N.d.T. Al riguardo qui alcuni commenti di persone a proposito su quanto Fauci “ci abbia preso”).

I consigli, le previsioni e le valutazioni di Fauci si sono rivelati del tutto sbagliati, contraddittori e semplicemente bizzarri: non indossate la mascherina! Bisogna indossare una mascherina. Le mascherine sono importanti come simbolo. Mettete gli occhiali di protezione. Rimanete a casa! L’accesso alle chiese deve essere severamente limitato, ma le marce di Black Lives Matter e gli incontri con gli sconosciuti incontrati su Internet vanno benissimo.

Quando Anthony Fauci ha chiesto un blocco dell’economia per un periodo indefinito, di fatto sembrava ignorare il caos che ciò avrebbe provocato sull’economia e sulla vita delle persone. Persone come Fauci e altri che chiedevano l’isolamento e le norme di permanenza a casa incassavano ancora le loro buste paga; cosa gli importava degli altri?

Il dottor Scott Atlas non è stato soltanto un medico di alto livello e l’amministratore di un ospedale: in qualità di membro anziano della Hoover Institution comprende anche le implicazioni politiche della chiusura di un paese.

Il 22 aprile, il Dr. Atlas ha scritto un editoriale su The Hill dal titolo: “I dati ci dicono: fermare il panico e porre fine all’isolamento totale“. Nell’articolo ha definito cinque punti principali, validi oggi come quando li ha scritti:

la stragrande maggioranza delle persone non corre il rischio di morire di Covid; proteggere gli anziani impedisce il sovraffollamento degli ospedali; l’isolamento di una popolazione impedisce di fatto l’immunità di gregge necessaria per sconfiggere il virus; le persone muoiono perché non vengono curate per malattie non covid; sappiamo quale parte della popolazione è a rischio e possiamo proteggerla.

Immaginate quante migliaia di vite avrebbero potuto essere salvate se l’Amministrazione avesse ascoltato il Dr. Atlas in aprile. Il mese scorso il direttore del CDC Robert Redfield ha ammesso che le chiusure stavano uccidendo più americani che Covid. “Primum, non nocere” è stato buttato dalla finestra e quasi sei mesi di politica sbagliata hanno procurato al Paese un danno forse irreparabile.

Il Sud Dakota e la Svezia non hanno fatto praticamente nulla per bloccare o limitare la circolazione della popolazione, e se la sono cavata meglio degli altri stati americani che hanno chiuso. Hanno avuto tassi di mortalità più bassi, i loro ospedali non sono mai stati sovraffollati di pazienti Covid, e hanno un’economia a cui tornare.

Speriamo vivamente che il dottor Atlas non “modererà” il suo messaggio per compiacere la marmaglia di Washington. Grazie a Fauci, le politiche anti-Covid di Trump a questo punto hanno causato più danni che benefici. Con Fauci fuori dai giochi abbiamo finalmente la possibilità di cambiare le cose.

https://www.unz.com/rpaul/good-news-faucis-out-and-common-sense-might-be-returning/

I dati ci dicono: fermare il panico e porre fine all’isolamento totale

SCOTT W. ATLAS, TheHill – 22 aprile 2020

La tragedia della pandemia COVID-19 sembra entrare nella fase di contenimento. Decine di migliaia di americani sono morti, ed il popolo è adesso alla disperata ricerca di politici di buon senso che abbiano il coraggio di ignorare il panico e di basarsi sui fatti. I leader devono esaminare i dati accumulati per vedere cosa è realmente accaduto, piuttosto che continuare a enfatizzare proiezioni ipotetiche; combinare queste prove empiriche con i principi fondamentali della biologia stabiliti da decenni e poi rimettere il Paese in funzione.

Cinque fatti chiave vengono ignorati da coloro che chiedono di continuare l’isolamento quasi totale.

Fatto 1: la stragrande maggioranza delle persone non ha un rischio significativo di morire a causa di COVID-19.

Il recente studio dell’Università di Stanford sugli anticorpi stima ora che il tasso di mortalità in caso di infezione è probabilmente dello 0,1-0,2 per cento, un rischio molto più basso rispetto alle precedenti stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che erano da 20 a 30 volte superiori e che hanno motivato le politiche di isolamento.

A New York, epicentro della pandemia con più di un terzo di tutti i decessi negli Stati Uniti, il tasso di mortalità per le persone tra i 18 e i 45 anni è dello 0,01 per cento, ovvero 10 su 100.000 nella popolazione. D’altra parte, le persone di 75 anni e oltre hanno un tasso di mortalità 80 volte superiore. Per le persone di età inferiore ai 18 anni, il tasso di mortalità è pari a zero su 100.000.

Di tutti i casi mortali nello stato di New York, due terzi erano in pazienti di età superiore ai 70 anni; più del 95% aveva più di 50 anni; e circa il 90% di tutti i casi mortali aveva una malattia di fondo. Su 6.570 decessi confermati per COVID-19, 6.520, o il 99,2 per cento, aveva una malattia di fondo. Se non avete già una malattia cronica di fondo, le probabilità di morire sono minime, indipendentemente dall’età. E i giovani, gli adulti e i bambini in condizioni di salute normali non sono quasi a rischio di malattie gravi da COVID-19.

Fatto 2: la protezione delle persone anziane e a rischio elimina il sovraffollamento degli ospedali.

Possiamo conoscere l’utilizzo degli ospedali dai dati di New York City, il focolaio di COVID-19 con più di 34.600 ricoveri ad oggi. Per chi ha meno di 18 anni, il ricovero per il virus è dello 0,01 per cento, ovvero 11 per 100.000 persone; per chi ha tra i 18 e i 44 anni, il ricovero è dello 0,1 per cento. Anche per le persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni, solo l’1,7% è stato ricoverato in ospedale. Da un esame su 4.103 pazienti confermati COVID-19 con sintomi abbastanza gravi da richiedere cure mediche, la dott.ssa Leora Horwitz del NYU Medical Center ha concluso che “l’età è di gran lunga il fattore di rischio più forte per il ricovero ospedaliero”. Anche i primi rapporti dell’OMS hanno rilevato che l’80% di tutti i casi erano lievi, e studi più recenti mostrano un tasso di infezione molto più diffuso e un tasso più basso di malattie gravi. La metà delle persone risultate positive all’infezione non presenta alcun sintomo. La stragrande maggioranza delle persone più giovani, altrimenti sane, non ha bisogno di cure mediche significative se prende questa infezione.

Fatto 3: la fondamentale immunità della popolazione è impedita dalle politiche di isolamento totale, prolungando la durata del problema.

Decenni di scienza medica ci hanno insegnato che l’infezione stessa permette alle persone di generare una risposta immunitaria – gli anticorpi – che consentono di controllarla in tutta la popolazione creando la cosiddetta “immunità di gregge”. In effetti, questo è lo scopo principale dell’immunizzazione diffusa in altre malattie virali: aiutare l’immunità della popolazione. Nel caso di questo virus, sappiamo che le cure mediche non sono nemmeno necessarie per la stragrande maggioranza delle persone infette. È così lieve che la metà delle persone infette è asintomatica, come dimostrano i primi dati della nave Diamond Princess, e poi dell’Islanda e dell’Italia.

Questo è stato falsamente descritto come un problema che richiede un isolamento di massa. Infatti, le persone infette senza gravi malattie sono il veicolo immediatamente disponibile per stabilire un’immunità diffusa. Trasmettendo il virus ad altri del gruppo a basso rischio che poi generano gli anticorpi, bloccano la rete di percorsi verso le persone più vulnerabili, ponendo fine alla minaccia. Estendere l’isolamento dell’intera popolazione impedirebbe direttamente lo sviluppo di questa immunità diffusa.

Fatto 4: Molte persone stanno morendo perché non vengono prestate altre cure mediche a causa di ipotetiche proiezioni.

L’assistenza sanitaria critica per milioni di americani viene ignorata e la gente muore perché bisogna fare posto per i “potenziali” pazienti COVID-19 e per paura di diffondere la malattia. La maggior parte degli stati e molti ospedali hanno interrotto bruscamente le procedure e gli interventi chirurgici “non essenziali”. Questo ha impedito la diagnosi di malattie potenzialmente letali, come lo screening del cancro, le biopsie di tumori ormai sconosciuti e gli aneurismi cerebrali potenzialmente mortali. Sono stati inoltre tralasciati i trattamenti, comprese le cure d’emergenza, per le malattie più gravi. I pazienti affetti da cancro hanno rinviato la chemioterapia. Si stima che l’80% dei casi di chirurgia cerebrale sia stato saltato. I pazienti affetti da ictus acuto e infarto del miocardio hanno perso le loro uniche possibilità di trattamento, alcuni sono morti e molti sono ora affetti da disabilità permanente.

Fatto 5: abbiamo una popolazione a rischio chiaramente definita che può essere protetta con misure mirate.

Le prove schiaccianti in tutto il mondo mostrano costantemente che un gruppo chiaramente definito – persone anziane e altre con condizioni di base – ha più probabilità di avere una grave malattia che richiede il ricovero ospedaliero e più probabilità di morire a causa del COVID-19. Sapendo questo, è un obiettivo comune e raggiungibile indirizzare la politica di isolamento a quel gruppo, compreso il monitoraggio rigoroso di coloro che interagiscono con loro. I residenti in case di cura, il rischio più elevato, dovrebbero essere i più semplici da proteggere sistematicamente dalle persone infette, dato che vivono già in luoghi confinati con ingressi altamente limitati.

La politica appropriata, basata sulla biologia di base e sulle evidenze già in atto, è quella di istituire una strategia più mirata come quella descritta in precedenza: Proteggere rigorosamente i noti soggetti vulnerabili, isolare i soggetti con sintomatologia modesta ed aprire la maggior parte dei luoghi di lavoro e delle piccole imprese con alcune prudenti precauzioni per i grandi gruppi. Questo permetterebbe all’essenziale socializzazione di generare immunità tra coloro che hanno un rischio minimo di gravi conseguenze, salvando vite umane, prevenendo il sovraffollamento degli ospedali e limitando gli enormi danni aggravati dal continuo isolamento totale. Smettiamola di sottovalutare l’evidenza empirica e sopravvalutare invece i modelli ipotetici. Sono i fatti quelli che contano.

Il Dr. Scott W. Atlas, Medico Chirurgo, è Membro Anziano della Hoover Institution presso la Stanford University ed ex primario di neuroradiologia dello Stanford University Medical Center.

Link: https://thehill.com/opinion/healthcare/494034-the-data-are-in-stop-the-panic-and-end-the-total-isolation

 

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