Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org
Sabato 29 ottobre 2022 il quotidiano “Domani” ha pubblicato un articolo a piena pagina di Selvaggia Lucarelli intitolato L’ipocrisia dei partiti che scoprono i manganelli della polizia sugli studenti in cui, non solo si commenta l’aggressione della Polizia nei confronti degli studenti antifascisti che il 25 ottobre 2022 protestavano contro una conferenza di taglio esplicitamente politico, che si sarebbe dovuta tenere all’interno della Sapienza a Roma a cui partecipavano esponenti del centrodestra, ma si elencano numerosi episodi simili avvenuti negli ultimi mesi nelle città italiane (Torino, Milano, Roma) (1).
Un mese prima, il 22 settembre 2022, quindi tre giorni prima delle elezioni, su “la Repubblica” esce un articolo di Giuliano Foschini e Fabio Tonacci, anche questo a piena pagina, intitolato La polizia e le piazze: i timori di una stretta sull’ordine pubblico in cui viene stigmatizzato il violento intervento della Polizia contro un corteo di protesta nei confronti di un comizio di Giorgia Meloni a Palermo.
Intervento che quest’ultima aveva espressamente richiesto al Ministero dell’Interno ancor prima di aver vinto le elezioni (2). Colpisce certamente la tracotanza della leader di Fratelli d’Italia, ma ancora di più la servile solerzia della Ministro Lamorgese nell’ubbidire agli ordini di un esponente politico che i sondaggi davano come vincente alle elezioni che si sarebbero tenute una settimana dopo.
Nell’articolo di Foschini e Tonacci si paventa, anche sulla base delle dichiarazioni di alcuni esponenti dei sindacati di polizia citati per nome e cognome, “il rischio di una deriva autoritaria tra poliziotti e carabinieri” che nel caso in cui la Meloni avesse vinto le elezioni, e Matteo Salvini fosse diventato Ministro dell’Interno, sarebbe cambiata la gestione dell’ordine pubblico. Infatti, Foschini e Tonacci ricordano come “durante il mandato di Salvini al Viminale (giugno 2018 – settembre 2019) più volte poliziotti e vigili del fuoco sono stati costretti, nei suoi tour elettorali a cadenza quasi quotidiana, a salire su scale e balconi per rimuovere gli striscioni che i cittadini appendevano alle facciate degli edifici”.
Insomma, agli esponenti della destra non interessa tanto tutelare l’ordine pubblico, che sicuramente non è minacciato da uno striscione appeso a un balcone, ma reprimere il dissenso, la critica, la contestazione, anche quando espressi in modo totalmente innocuo.
Il fatto che due giornali di orientamento moderato molto vicini all’establishment – e sicuramente distanti dalle posizioni delle forze antagoniste e dal fronte del dissenso – esprimano una palese condanna nei confronti degli interventi delle forze di Polizia desta preoccupazione. Vuol dire che la questione è seria, molto seria, e quindi non va sottovalutata. Vediamo di capire cosa sta succedendo e perché le politiche di gestione dell’ordine pubblico vanno attentamente monitorate e presidiate.
La tesi che intendo sostenere è che la posta in gioco con il governo Meloni non è la semplice gestione della sicurezza e dell’ordine pubblico, ma la qualità della democrazia in Italia, ovvero la possibilità per l’opposizione di esprimere il suo dissenso sulle politiche del governo.
Consideriamo, anzitutto, un dato incontrovertibile: il centrodestra è maggioranza in termini di seggi al Parlamento – risicata al Senato, come si è visto durante l’elezione di Ignazio La Russa – ma è minoranza nel Paese.
Vediamo alcuni dati relativi alla Camera dei Deputati (3). Il 25 settembre 2022 gli elettori erano 46.021.956, di questi hanno votato 29.355.592 di cui solo 12.300.244 hanno dato il loro voto ai partiti della coalizione di centrodestra che hanno così ottenuto 235 seggi su 400. Quindi con il 43.79% dei voti e il 26.72% degli elettori il centrodestra ha ottenuto il 58.75% dei seggi.
Ciò significa che il 56.21% dei votanti e il 73.28% degli elettori non ha espresso la propria fiducia ai partiti che sostengono l’attuale governo. Il che, ovviamente, non vuol dire assolutamente che siano elettori di centrosinistra o del Movimento 5 Stelle, ma altrettanto sicuramente non sono simpatizzanti di Giorgia Meloni, altrimenti l’avrebbero votata. Possiamo quindi concludere che in Italia esiste una vasta opposizione al governo Meloni. In parte è manifesta ed è presente in Parlamento, anche se minoritaria in termini di seggi a causa della legge elettorale, ma in buona parte è latente, cioè non è rappresentata in Parlamento. Una sorta di mina vagante, di “polveriera” pronta ad esplodere da un momento all’altro qualora la situazione economica, sociale o internazionale dovesse peggiorare.
Ovviamente, il centro destra è pienamente consapevole di questo. E per far fronte in tempi rapidi a questa debolezza politica che, proprio perché latente, è minacciosa ed imprevedibile, adotta una strategia “a tenaglia” che, da un lato, svuota le opposizioni e, dall’altro, le reprime, o minaccia di reprimerle.
Svuota l’opposizione su tre fronti. Anzitutto, dopo aver soddisfatto i cattolici integralisti con l’elezione alla presidenza della Camera dei Deputati di Lorenzo Fontana, noto per le due posizioni omofobe e antiabortiste, consolida queste posizioni con la nomina di Eugenia Roccella al Ministero della Famiglia, Natalità e Pari Opportunità. In secondo luogo, cerca di neutralizzare il fronte no vax e no green pass con un cambiamento rapido e repentino delle politiche di contenimento della pandemia: riammessi in servizio i medici non vaccinati, sospese le multe agli over 50 renitenti all’inoculazione, abolizione quasi totale dell’obbligo di mascherina, bollettino non più quotidiano ma a cadenza settimanale (4).
Parallelamente viene annunciata la costituzione di una commissione di inchiesta sulla gestione dei precedenti governi Conte e Draghi, un chiaro messaggio “alla galassia no pass, orfana di rappresentanza parlamentare” (5). Infine, offre un sostegno immediato a quella parte dell’economia reale – il cui stato di disagio è stato più volte espresso dai partiti del dissenso, in particolare da Italexit – alzando il limite ai pagamenti in contante su cui si regge una parte dell’evasione fiscale. Insomma, un settore consistente della società civile che si era opposta ai governi Conte e Draghi oggi si trova di fronte una maggioranza parlamentare e un esecutivo molto più favorevoli. Su che basi i partiti del dissenso – da Adinolfi a Rizzo, passando per Paragone e Toscano – potranno ancora proporsi come forze di opposizione di fronte a un governo “amico”? Qui è probabile che si aprano spazi di azione su tematiche internazionali quali l’invio di armi all’Ucraina, la comminazione di sanzioni alla Russia, la revisioni dei Trattati dell’Unione europea o l’antiglobalismo. Ma molto è ancora da fare. Per ora, Giorgia Meloni ha anticipato le loro domande, li ha privati di bersagli politici immediati e ha neutralizzato almeno temporaneamente parte di una potenziale opposizione.
Passiamo, quindi, a vedere l’altro braccio della tenaglia, quello della repressione e della minaccia di repressione. Qui, per capire come agirà il governo Meloni, oltre a far riferimento agli episodi illustrati all’inizio dell’articolo, è di grande utilità riportare il testo di parte dell’intervento del deputato della Lega Stefano Candiani durante la discussione del discorso di Giorgia Meloni alla Camera dei Deputati il 25 ottobre 2022. Ne riportiamo la trascrizione letterale, anche se lunga, poiché è estremamente chiara e, soprattutto, istruttiva.
Dopo aver illustrato le riforme che il governo deve accingersi a fare Candiani afferma, rivolgendosi direttamente a Giorgia Meloni:
“e poi Presidente dobbiamo essere consapevoli che incontreremo ostacoli, troveremo ostacoli naturalmente in relazione alla grave difficoltà della congiuntura economica che abbiamo davanti, ma troveremo anche ostacoli perché non nascondiamocelo, l’abbiamo visto anche in questi giorni, c’è nel Paese una sinistra rancorosa, una sinistra che ha un atteggiamento intriso di pregiudizio fino ad arrivare addirittura a mancare nell’applauso prima ancora delle dichiarazioni. Ecco, stiamo attenti a non perdere di vista questo tipo di sinistra che cercherà di infiammare la piazza, che cercherà di spostare fuori dalle aule parlamentari il confronto e il conflitto: questo non deve essere reso possibile, dobbiamo disinnescare qualsiasi circostanza che dovesse portare a conflittualità, i problemi si risolvono nelle aule parlamentari, i problemi si risolvono mettendosi intorno a un tavolo, i problemi si risolvono con responsabilità, non andando a gettare la palla fuori dal campo, ed è una responsabilità che quindi ci sentiamo fino in fondo e diciamo a lei di tenere d’occhio oltre la piazza anche i debiti rapporti a livello europeo perché sappiamo che c’è una sinistra anche a livello europeo che strizza l’occhiolino e che quindi potrebbe essere sponda per mettere in difficoltà l’azione di governo”(6).
Il “teorema Candiani” è molto chiaro, ed altrettanto subdolo e inquietante. L’opposizione al governo può essere fatta nelle aule parlamentari, ma nelle piazze non deve essere resa possibile, deve essere disinnescata come dice il leghista. E per fare questo – lo scriviamo noi non lo ha detto Candiani – non sono necessari i picchiatori fascisti, come temeva Enrico Letta, basta la Polizia come dimostrano gli eventi degli ultimi mesi. Purtroppo, nelle aule parlamentari, l’opposizione ha qualche problema. Anzitutto, è divisa in tre tronconi. Quello Calenda-Renzi è inadatto a formare una qualsiasi alleanza in quanto totalmente inattendibile. Progettare una qualsiasi forma di opposizione con Italia Viva e Azione è come fare affidamento su un preservativo forato per evitare una gravidanza indesiderata. Può anche andare bene, ma è meglio evitare. Il Partito democratico, utilizzando le parole di Nadia Urbinati, “assomiglia a un pugile che sale sul ring facendo affidamento sulla propria reputazione di responsabilità, senza prestare attenzione alla forza dell’avversario: e resta attonito. Senza le giuste parole. Non fa opposizione. Sta all’opposizione”(7). Il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte “che oggi appare l’unico vero leader dell’opposizione” (8), da un lato, conta su un numero esiguo di parlamentari, dall’altro, data la sua storia, recente e turbolenta, fatta di successi imprevisti ed imprevedibili, alleanze ambigue, scissioni e alternarsi di fasi di movimento e di governo, deve affinare la sua capacità di fare opposizione ed ostruzionismo in Parlamento. E non è quindi un caso che si rivolga alla piazza, tanto detestata dal leghista Candiani, facendosi promotore di una grande manifestazione per la pace nei prossimi giorni.
Ma c’è dell’altro, infatti, i partiti presenti in Parlamento costituiscono solo una parte dell’opposizione, quella manifesta. A fianco di questa c’è quella latente, numericamente molto significativa, costituita da coloro che non hanno votato perché delusi o disillusi, coloro che hanno votato scheda bianca (quasi mezzo milione) e coloro che hanno votato i partiti del dissenso che non sono riusciti a superare la soglia di rappresentanza (circa ottocentomila). Questa maggioranza di non rappresentati, nelle aule parlamentari non ha voce alcuna.
Insomma, il “teorema Candiani” – opponetevi pure, ma solo nelle aule parlamentari – è un modo per impedire all’opposizione di manifestarsi e di esprimere il proprio dissenso nell’unica arena di cui oggi dispone, cioè la piazza, che è ciò che il governo Meloni teme di più, dato che le aule parlamentari le controlla. E, lo ricordiamo per chi se ne fosse dimenticato, garantire i diritti alle opposizioni è il requisito minimo affinché un regime politico possa essere definito democratico. Per questo, nei prossimi mesi, il rapporto tra la capacità di mobilitazione unitaria del fronte del dissenso, che è fatto di una miriade di associazioni, reti, movimenti e gruppi spontanei, e le politiche di gestione dell’ordine pubblico sarà lo snodo fondamentale intorno al quale si giocherà il futuro della democrazia in Italia. Sapremo allora se sia più opportuno parlare di opposizione o di Resistenza.
Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org
31.10.2022
Luca Lanzalaco è professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata. Ha recentemente pubblicato, con Giampiero Cama e Sara Rocchi, Le banche centrali prima e dopo la crisi. Politica e politiche monetarie non convenzionali (ATì editore, 2019) e Fragile Boundaries. The Power of Global Finance and the Weakness of Political Institutions (Rivista Italiana di Politiche pubbliche, 2/2015, il Mulino). E’ autore del libro L’euro e la democrazia. Dalla crisi greca al nuovo Mes (Youcanprint, Bari, 2022).
NOTE
(1) = Il fatto che alla Sapienza di Roma si sia trattato di una aggressione, e non di “scontri” come sono stati poi definiti, emerge chiaramente da un video preso a distanza ravvicinata e di lato in cui si vedono i poliziotti che attaccano per primi e alcuni loro dirigenti che cercano, a dire il vero senza troppa convinzione, di trattenerli: https://www.youtube.com/watch?v=GMSaeyvdn60.
(2) = Giorgia Meloni rivendica espressamente la sua richiesta, rivolta direttamente all’allora Ministro dell’Interno Lamorgese in un video: https://www.youtube.com/watch?v=0lm_6NjGE6M.
(3) = https://elezioni.interno.gov.it/camera/scrutini/20220925/scrutiniCI
(4) = Sulle posizioni originarie di Schillaci si veda l’intervista del 14 ottobre 2021 in https://www.youtube.com/watch?v=WqC9JkT3XXE. Sul disappunto nei confronti del governo si vedano le dettagliate e in gran parte condivisibili affermazioni di Marco Mori, esponente di spicco di Italexit: https://www.youtube.com/watch?v=7N3mLu202kk.
(5) = Vedi Stefano Iannaccone, Con l’indagine sul Covid Meloni si tiene stretti i No-vax, “Domani”, 27 ottobre 2022, p. 4.
(6) = https://www.youtube.com/watch?v=kS3FyWs1LuM [da 4:12:25 a 4:13:32].
(7) = Nadia Urbinati, Con Meloni non basta stare all’opposizione, bisogna farla, “Domani”, 29 ottobre 2002, p.1.
(8) = Barbara Spinelli, Meloni, l’album di famiglia, “Il Fatto Quotidiano”, 29 ottobre 2002, p. 18, corsivo mio.