Mentre i nostri leader si stanno sbattendo a destra e sinistra per reperire nuovo petrolio necessario a sopperire le forniture russe, rivolgendosi in particolar modo all’Arabia Saudita, ci chiediamo dove sia il loro sdegno per le morti e le sofferenze che da 7 lunghi anni i sauditi stanno infliggendo al popolo yemenita, con l’appoggio USA.
Come riporta Armed Conflict Location & Event Data Project (ACLED) – la piattaforma di raccolta dati in tempo reale di tutte le guerre, violenze politiche e eventi di protesta in tutto il mondo – in questi 7 anni più di 100.000 persone sono state uccise in Yemen a causa del conflitto e circa 85.000 a causa della susseguente carestia. Un numero esorbitante di persone completamente sottaciuto dalla comunità internazionale.
L’UNICEF ha anche rivelato che “da quando il conflitto si è intensificato nello Yemen, quasi sette anni fa, le Nazioni Unite hanno verificato che più di 10.200 bambini sono stati uccisi o feriti. Il numero effettivo è probabilmente molto più alto”.
Eppure nessuna sanzione è stata stabilita contro l’Arabia Saudita a causa di tutto ciò, niente di niente. Anzi, ora che la Russia non potrà più esportare il suo petrolio, i paesi arabi sono pronti ad ingrassare, consci della posizione di vantaggio che in questo momento hanno nei confronti dei paesi occidentali.
Non a caso in meno di 20 giorni sia il presidente Biden che Boris Johnson hanno cercato di chiedere un aumento delle esportazioni di petrolio dai paesi del Medio Oriente ma pare che, il primo più del secondo, per il momento abbiano visto rispondersi picche.
I sauditi e gli Emirati arabi d’altronde non hanno fretta, possono aspettare che l’occidente sia in ginocchio e disposto a pagare cifre astronomiche per il loro petrolio prima di venderlo, in fondo è solo una questione di business.
Il capitalismo da, il capitalismo toglie.
Massimo A. Cascone, 17.03.2022