DI STEFANO DELRIO
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A quanto pare siamo in periodo di ammissioni, e pure il buon Romano non ci risparmia qualche perla.
A suo dire, nominato al vertice dell’IRI per risanarlo, scoprì in corso d’opera di avere in realtà il mandato di smantellarlo e privatizzare tutto ciò che era possibile dell’industria di stato italiana.
Il “mandante”, racconta, fu Ciampi, su direttiva europea.
Il caro vecchio vincolo esterno, insomma.
Ci sarebbero da fare alcune considerazioni, di carattere generale e di carattere personale.
Per cominciare, una volta caduti quasi tutti gli anticorpi legati alla nostra Costituzione, pare si possa finalmente ammettere che privatizzazioni, smantellamento dell’apparato industriale e integrazione europea, fossero passi di un unico progetto, rispondente a una precisa ideologia di matrice liberista.
L’Italia, a differenza di altri paesi, ha portato in dote a tale progetto, una classe politica totalmente asservita a interessi sovranazionali, che, a voler essere buoni (ma io non credo nella buona fede, in politica), ha svolto il compitino, senza curarsi minimamente di quali avrebbero potuto essere le conseguenze a lungo temine.
Disoccupazione di massa, perdita di competitività, desertificazione industriale, crescita esponenziale delle disuguaglianze.
Dal punto di vista personale, salta all’occhio come colui che può essere considerato tra i peggiori politici dell’ultimo trentennio, sia, umanamente, un vigliacco. Incapace di rivendicare il proprio ruolo centrale nella vicenda e pronto a giustificare sé stesso con il classico “ho eseguito degli ordini”; nello specifico, gli ordini di qualcuno che non ha possibilità di replica.
Pensare che esista ancora qualcuno a sinistra che rivendica quella fase politica come una grande esperienza di governo, da l’idea di quanto sia impossibile ripartire, senza che tutto ciò che è legato in qualche modo a quel periodo storico sia completamente ridotto in cenere.
Stefano Delrio
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29.10.2019
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