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La Redazione

 

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Test PCR, come creare una pandemia dal nulla

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A cura di Markus
Il 30 Marzo 2021
8846 Views
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Niels Harrit PhD
off-guardian.org

[Nota del traduttore. Mi rendo conto che qualche lettore potrà trovare questo articolo un po’ troppo specialistico, ma ho comunque deciso di tradurlo e pubblicarlo perchè, a mio avviso, chiarisce bene perchè il test PCR si presti così bene alla manipolazione e all’uso criminale che se ne è fatto nella creazione e nel mantenimento di questa cosiddetta “pandemia” da coronavirus che, grazie ad opportune “varianti” internazionali, potrà continuare ancora a lungo (o fino a quando non avranno deciso che siamo stati vaccinati in numero sufficiente)].

* * *

L’efficacia del test RT-PCR utilizzato per identificare l’infezione da virus SARS-CoV-2 e i “casi” della malattia Covid-19 è ampiamente contestata. In queste discussioni si sostiene spesso che il test produce il 97% di falsi positivi. Per questa affermazione si fa riferimento allo studio di un gruppo di Marsiglia che aveva comunicato i suoi risultati in una lettera all’editore nel 28 settembre 2020.[1]

Il primo autore è R. Jaafar, per cui, da qui in poi, il lavoro verrà chiamato Jaafar-paper. Questo studio riporta un set di dati ampliato e ripreso da uno studio precedente[2] condotto da B. La Scola. Questa pubblicazione è denominata La Scola-paper.

In sintesi, i risultati presentati nel Jaafar-paper non forniscono una prova a sé stante del fatto che il test produca il 97% di falsi positivi. Il presente commento è un tentativo di isolare dai loro dati le conclusioni essenziali.

La stampa non specialistica crea un ulteriore motivo di confusione, perchè l’abbreviazione “RT-PCR” è talvolta indicata come “Reazione a catena della polimerasi con trascrizione inversa,” mentre in altri casi starebbe a significare “Real Time PCR.”

Valgono entrambe le interpretazioni. La dizione corretta è Real Time RT-PCR.

[Qual’è il meccanismo d’azione del test PCR?] Si parte con l’enzima trascrittasi inversa, che si lega ai frammenti di RNA a singolo filamento nel tampone e, in una serie di passaggi, li converte in DNA a doppio filamento. In seguito, l’enzima polimerasi inizia a fare copie del DNA selezionato. La selezione [dei frammenti di RNA] è determinata da una coppia di cosiddetti “primer” che sono necessari per avviare il processo.

La replicazione [del DNA] avviene per cicli. Ogni ciclo inizia con il riscaldamento del campione per separare la doppia elica di DNA ed ottenere due filamenti di DNA liberi. Questi servono come modello alla polimerasi per produrre filamenti complementari di ciascuno di essi utilizzando il materiale da costruzione [nucleotidi] presente nel brodo di coltura. Durante il raffreddamento i filamenti si ricombinano. Il ciclo è quindi concluso. Il risultato è un raddoppio del numero di molecole di DNA presenti prima del ciclo.

Durante la replicazione, al DNA viene aggiunta una molecola che funge da rilevatore e che diventa fluorescente solo quando è incorporata nel DNA. Così, il campione emette luce visibile quando viene irradiato con un laser a bassa potenza. L’intensità della fluorescenza viene registrata per ogni ciclo della PCR e serve come misura della quantità di DNA prodotto. È qui che entra in gioco il tempo reale. Quando viene raggiunto un livello predeterminato, il processo di moltiplicazione viene fermato e il test viene definito “positivo.”

Il numero di cicli necessari per produrre il livello critico di fluorescenza è chiamato soglia di ciclo, Ct, ed è caratteristico per ogni campione.

Ovviamente, se tutto il processo inizia con un numero enorme di frammenti di RNA, l’intensità di soglia della fluorescenza verrà raggiunta presto e la Ct sarà bassa. Se il carico iniziale è di poche molecole di RNA, o magari anche di un solo frammento, potranno essere necessari molti cicli per ottenere il segnale critico di fluorescenza.

Questo significa che il valore della Ct può fornire una misura quantitativa della carica virale di qualsiasi persona. Può essere conveniente se si vuole una misura quantitativa di una condizione temporanea.

Una conversazione futura potrebbe essere del tipo:

Come va?”

Sono andato al centro test. Mi hanno detto che sto bene. Oggi ho una Ct di 42.”

Da questo scambio di battute si può capire che la persona n. 2 ha avuto un raffreddore lo scorso autunno, ma, attualmente, nessun sintomo clinico.

Tutti i campioni sono positivi se vengono applicati 60 cicli perché “la PCR crea letteralmente qualcosa dal nulla,” come aveva detto una volta Kary Mullis, l’inventore della tecnologia PCR, vincitore del premio Nobel.

Questo significa che è solo una questione di cicli prima che il test diventi positivo, tutti noi abbiamo nell’organismo frammenti di DNA e/o RNA, nostri o estranei, che vengono presi di mira dai primer utilizzati nella reazione. Ad alti valori di Ct si finisce per amplificare “il rumore molecolare di fondo” provocato da frammenti genici benigni.

Tutti abbiamo sempre e comunque una Ct!

Il Jaafar-paper è un contributo all’importante discussione sull’utilità terapeutica della metodologia PCR. Più specificamente alla domanda: “Qual è il punto di svolta per la Ct al di sotto del quale una PCR fornisce un test significativo per Covid-19 e al di sopra del quale non ha senso“?

Dall’inizio dell’epidemia di Covid-19 fino alla ricerca riportata nella suddetta pubblicazione, l’istituto di Marsiglia aveva eseguito 250.566 test SARS-CoV-2 su 179.151 pazienti.

Di questi, 13.161 erano risultati positivi entro i 35 cicli di RT-PCR. Cioè il 7,3%.

Di questi campioni positivi, 3790 erano stati inoculati e preparati per la coltura. Il processo di inoculazione è, più o meno, descritto nel La Scola-paper.

Nel lavoro è riportato che “0,5 mL di liquido del tampone sono stati centrifugati e inoculati su cellule VERA (linea cellulare di rene di scimmia) e osservati per l’effetto citopatogeno,” per un numero non rivelato di giorni.

Cioè, le cellule sono morte e si sono disintegrate? Questa osservazione deve essere fatta al microscopio ottico. Se viene osservata morte cellulare, allora deve essere prelevato un campione di liquido surnatante e preparato per l’osservazione al microscopio elettronico a scansione.

Gli autori chiamano questa operazione “rilevamento presuntivo del virus nel surnatante che mostra l’effetto citopatogeno.”

Tradotto, questo significa: “Se vediamo le cellule di scimmia morire e disintegrarsi al microscopio ottico, esaminiamo il campione al microscopio elettronico e, qualsiasi cosa vediamo, quello deve essere il virus.

Tuttavia, non sono state fornite immagini al microscopio elettronico.

La presenza del virus è stata ulteriormente “confermata” con RT-PCR eseguiti sul liquido surnatante. Molto importante, i valori Ct di questi test RT-PCR eseguiti sui campioni poi sottoposti a microscopia elettronica non sono stati forniti. Se il DNA/RNA selezionato dai primer prima e dopo l’inoculazione provenisse dallo stesso virus, i Ct del test dopo inoculazione dovrebbero essere sostanzialmente più bassi dei Ct ottenuti dai tamponi grezzi.

Se così non fosse, non sapremmo davvero perché le cellule sono morte.

Ma assumiamo, per ora, che la morte delle cellule sia un criterio di valutazione per il successo dell’inoculazione e che le morti cellulari siano causate dallo stesso virus quantificato nel test RT-PCR.

Così, Jaafar et al. riportano che l’inoculazione ha avuto successo in 1941 casi sui 3790 PCR-positivi portati in coltura.

Questo ci porta alla valutazione immediata che il 49% dei test PCR positivi potrebbe essere stato falso, nel senso che la carica virale del paziente doveva essere insignificante.

Se il 51% dei campioni inoculati con successo rappresenti davvero una diagnosi positiva per la malattia chiamata Covid-19, dipende dal fatto che la SARS-CoV-2 sia davvero un’entità singola e che sia stata isolata e dimostrata essere l’agente patogeno della malattia.

In questa valutazione riserviamo quindi il termine “positivo” ad un campione che raggiunge la soglia critica di fluorescenza. I “positivi” comprendono i campioni inoculabili [con morte cellulare] e quelli non inoculabili [che non hanno causato morte cellulare una volta inoculati] (che sono falsi positivi).

I dati del Jaafar-paper sono riprodotti nella figura 1. Mostrano la distribuzione tra campioni inoculabili e non inoculabili per ogni gruppo di Ct, da 11 (Ct11) a 37 (Ct37) cicli.

È vero, gli inoculabili comprendono solo il 3% del gruppo Ct35. Ma, dal momento che c’erano solo 74 campioni da portare così lontano [fino alla soglia dei 35 cicli], non significa che il test RT-PCR produca complessivamente il 97% di falsi positivi. Il quadro è più vario.

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Figura 1. Da Jaafar et al. Mostra i campioni inoculabili (marrone) insieme a quelli non inoculabili (grigio) per ogni Ct.

Gli stessi dati sono visualizzati in modo più tradizionale in figura 2.

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Figura 2. Stessi dati della Figura 1, visualizzati in modo tradizionale. La linea nera rappresenta il numero di campioni sottoposti a coltura cellulare per ogni valore di Ct.

Cerchiamo una risposta a questa domanda: di quanti cicli dovrebbe essere lo standard se vogliamo che l’80% dei positivi rappresenti un campione inoculabile?

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Figura 3. A sinistra: Integrazione delle curve #inoculabili e #non-inoculabili della figura 2. Cioè, le somme degli inoculabili e dei non inoculabili, rispettivamente, registrati fino a un dato Ct. A destra: Stessa cosa, come percentuale della somma dei campioni coltivati per ogni singolo Ct.

Nella figura 3 (a sinistra), il numero di inoculabili e non inoculabili, rispettivamente, sono sommati al valore del Ct. Cioè, le curve della figura 2 sono integrate.

Nella figura 3 (destra) gli stessi dati sono visualizzati come percentuale del numero totale di campioni coltivati fino a quel Ct.

Si vede che a Ct25, l’80% dei campioni definiti “positivi” dal test RT-PCR sarà inoculabile. Tuttavia, se l’inoculazione è un punto di riferimento per l’efficacia della RT-PCR, il 20% dei “positivi” sarà falso. Secondo alcuni, questo sarebbe un giusto compromesso.

Quindi, se 1) esiste un singolo virus SARS-CoV-2, se 2) questo virus causa gravi sintomi respiratori, se 3) il virus è inoculabile nelle cellule VERA, se 4) le cellule VERA sono una valida replica delle cellule umane, e se 5) il test di Corman-Drosten rileva davvero la SARS-CoV-2 in modo specifico, potrebbe essere utile per un medico in ambiente clinico e con un paziente con gravi sintomi respiratori eseguire una RT-PCR fino a Ct = 25 come test supplementare.[3]

Un po’ eccessivo, non vi pare?

In realtà è tutta una questione di primer, in particolare la loro specificità e applicabilità a basse concentrazioni. Come possono selezionare il virus mortale della SARS-CoV-2 quando la sua stessa esistenza è ancora tutta da dimostrare? Inoltre, le sequenze target dei vari primer utilizzati, oltre che reperibili in circa 100 batteri, abbondano anche nel genoma umano.[4][5]

L’accoppiamento dei due filamenti di DNA (ibridazione) non deve essere perfetto per verificarsi. Se i due filamenti sono complementari, diciamo, all’80%, la costante di legame sarà ridotta. Ma l’ibridazione avverrà comunque. Quando nel test standard di Corman-Drosten[6] si usa una concentrazione esagerata di primer, vuol dire che si vuole fargli raccogliere anche il resto del DNA presente nel campione, che sia stato, o no, prodotto dalla trascrittasi inversa.[7]

Un test RT-PCR eseguito a ct25

Quale risultato ci si potrebbe aspettare SE il test di Corman-Drosten avesse rilevato un qualcosa chiamato SARS-CoV-2 e se fosse stato eseguito ad un massimo di 25 cicli?

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Figura 4. Sinistra: somma dei positivi RT-PCR messi in coltura fino al gruppo Ct (integrazione della linea nera in figura 2). A destra: stessi dati visualizzati come % della somma totale dei positivi messi in coltura (3790).

Si consideri nella figura 4 (a sinistra) come il numero totale di campioni coltivati aumenti in modo parzialmente lineare con il numero di cicli. Questo è in accordo con la nozione, che il numero di colture per gruppo Ct raggiunge il plateau oltre Ct ~ 20 (vedi figura 2) ma è degno di nota solo se la selezione dei campioni sottoposti a coltura era stata casuale.

Di questo sottogruppo (3790) sottoposto a coltura (selezionato tra quelli definiti positivi dal test RT-PCR entro 35 cicli) se fossero stati applicati solo 25 cicli, solo 1813 sarebbero stati registrati come positivi (figura 4, sinistra), corrispondenti al 48% del sottogruppo (figura 4, destra).
Poiché il 7,3% era risultato positivo al test RT-PCR entro 35 cicli, ci si può aspettare che il 7,3 x 0,48 = 3,5% risulterebbe positivo se il numero di cicli fosse limitato a 25.

Di questi, il 2,8% può essere affidabile (80% secondo l’inoculazione) mentre lo 0,7% può essere un falso positivo, SE l’inoculazione è un mezzo di conferma valido e tutte le altre condizioni sono soddisfatte!

Osservazione conclusiva

Essere malati significa avere dei sintomi. Se non si è malati, non si è contagiosi. Una volta, con il buon senso si diceva che si è sani a meno di non esserlo.

Il buon senso è andato perduto durante la presunta pandemia Covid-19. Ora si è malati finché non si dimostra di essere sani, e contagiosi per default. Il veicolo per questa truffa è il test RT-PCR eseguito a 35 cicli ed oltre. Smettete di fare i test e sopravvivete.

Niels Harrit PhD

 

Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/03/27/making-something-out-of-nothing-pcr-tests-ct-values-and-false-positives/
27.03.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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