Di ACCATTONE IL CENSORE
Comedonchisciotte.org
Gli esercenti cinematografici hanno lanciato un grido di allarme, perché le sale continuano a rimanere vuote, non capendo che non potrebbe essere altrimenti: è la nostra stessa vita ad essere diventata un film.
Siamo giunti alle ultime battute della seconda stagione di una serie che promette di non abbandonarci per molti anni a venire.
Un prodotto straordinario, alchemico, in grado di trasmutare la finzione in realtà.
La trovata geniale -ultima tappa di un processo di manifattura della percezione, che ha compiuto coi social network un salto qualitativo e quantitativo- consiste nell’eliminazione definitiva della categoria dello spettatore: sono gli spettatori, infatti, trasformati in attori inconsapevoli, che hanno mutato la finzione in realtà, col risultato di una sua completa sostituzione.
Interpreti che sono andati addirittura oltre il copione previsto dagli sceneggiatori: pensiamo a chi guida da solo in macchina con la mascherina e gli occhi iniettati di terrore, come nelle locandine degli horror anni ’50. Oppure ad esempi come il seguente: badate, non ci sono trucchi: è girato su un mezzo pubblico e non, come potrebbe sembrare, in una clinica psichiatrica:
Attori eccelsi, menzionati, purtroppo, soltanto in ordine di sparizione sulla cronaca locale.
Una volta abolito il principio di realtà, la finzione galoppa a briglie sciolte ed è in grado di sovvertire ogni logica: i sani sono malati e gli ipocondriaci innalzati ad esempio di virtù e di sollecitudine per il bene pubblico. Molière, per compiacere il potere, oggi scriverebbe: “Il sano immaginario”.
Andiamo alla trama. Dipingere l’influenza stagionale come un terribile virus letale, con la complicità di uno strumento diagnostico truffaldino, sarebbe stato sufficiente a spiegare tutto: dove è finita, infatti, l’influenza tradizionale? Non ci si ammala più a milioni come accadeva fino a qualche anno fa? Suvvia, non sarebbe stato abbastanza suggestivo per irretire ciascuno di noi, per trascinare proprio tutti dentro il film: ecco allora i misteriosi laboratori di armi chimiche, dove di nascosto si studiano “guadagni di finzione” degni di “Segretissimo”; e giochi di spie, depistaggi, palesi contraddizioni, suicidi-omicidi, falsi ricercatori…
Come è avvincente e magnetico, non si riesce a pensare ad altro…!
E nessuno che smonti l’intreccio, tutti lo assecondano: anche Putin, uno dei cattivi per antonomasia, si guarda bene dal denunciare la farsa.
I costumi sono il capolavoro di una mente superiore. Un semplice straccio – fatto pagare agli stessi attori e benedetto dai sofferenti di alitosi – trasforma, di colpo, tutti in degenti e la società in una immensa corsia di ospedale a cielo aperto. Avessero avuto questa inventiva nel cinema del passato: si buttavano carrettate di denaro per trucco ed effetti speciali, mentre oggi, per girare “La notte dei morti viventi”, basta fotografare un passante.
Quali le scene più impressionanti? La fila di camion di Bergamo? Chi a quel punto non ha accantonato gli ultimi dubbi, di fronte all’ecatombe prontamente trasmessa dalla televisione? Tuttavia, sopra ogni altra, io metterei la scena del podista inseguito sulla spiaggia da un militare in sovrappeso; o l’ignaro bagnante circondato da droni e forze dell’ordine, perché reo di prendere il sole in anticipo sulle direttive statali.
È il caso di tornare agli attori. Chi sono i più bravi?
Si fa presto a criticare i giornalisti televisivi, ma provate voi a stare, ogni giorno, sotto una feroce dettatura, con il patema di sbagliare qualche battuta o il videogioco da montare.
E i giudici? Con l’improba fatica che si è fatta per nascere figli di magistrati, volete che buttino tutto alle ortiche, per qualche banale principio giuridico?
E i politici? Ci rappresentano nei nostri difetti, con una differenza: lo stipendio. Siamo onesti: li odiamo soprattutto perché, dopo quattro anni, avranno una pensione, che, ai più fortunati di noi, sarà negata dopo quaranta.
E i sanitari, questi eroi tanto premurosi, al punto da ricoverare anche chi è senza sintomi? Anni fa, un amico medico sosteneva che anche una scimmia avrebbe potuto laurearsi in medicina; ometteva di dire che uno scimpanzé avrebbe avuto più senso morale.
E il caravanserraglio della cosiddetta “controinformazione”? Un cabaret variamente assortito del fallimento umano: rivoluzionari inconcludenti, filosofastri-grilli parlanti, pensatori della domenica pomeriggio, giornalisti improvvisati, pappagalli a gettone. Ognuno con un libro da presentare, in un Paese dove nessuno legge. Nei casi migliori, falliti nelle proprie professioni, che hanno deciso di fallire in qualcosa di diverso.
Non dimentichiamo l'”universo politico del dissenso”, dove un’omiletica infantile si profonde in reboanti proclami di voler dare “l’assalto al cielo”, arrampicandosi su scatoloni di cartone; e dove eterei partitini, osservabili con il microscopio elettronico, scompaiono, scissione dopo scissione, risucchiati dal Big Bang anale che li ha partoriti.
I sedicenti “risvegliati”? Quando non si tratti di sonnambulismo, tifosi che hanno donato ai propri beniamini della rete, oltre che soldi, un organo per essi inutile: il cervello, sperando, inutilmente, di pensare per interposta persona; incapaci – i più acuti- di redigere la lista della spesa senza errori di ortografia, giacchè, disgraziatamente, per scrivere bisogna conoscere almeno la propria lingua.
E, poi, quelli che hanno finto di inocularsi il siero; quelli del liquido fisiologico; quelli del falso greenpass; quelli che hanno cercato di ammalarsi mettendo la lingua in bocca a un positivo; quelli che “tanto non controllano”; quelli del tampone al limone; quelli che “ho un amico farmacista”; quelli scappati all’estero, che dicono a chi è rimasto in Italia cosa dovrebbe fare….
Hanno tutti seguito le regole del gioco, collaborando alla riuscita della recita e a fare in modo che la finzione sostituisse la realtà. A volte, con lazzi da pura commedia dell’arte:
Seneca e Shakespeare ci avevano già avvertito che “il mondo è un palcoscenico”: tuttavia, è necessario comprendere che, se tutto è teatro, chi non possiede il senso del teatro, non possiede nemmeno quello della realtà.
Perché, dietro le quinte -per chi ne intuisce la presenza- la realtà, quella autentica, esiste ancora e non fa sconti in biglietteria: è stata già vaccinata buona parte della mandria umana; fabbricati un problema globale, una percezione unitaria del mondo e un lasciapassare digitale, verso cui convergono tutti i dati personali. E si vogliono conferire all’OMS poteri superiori ai singoli Stati, in previsione delle prossime pandemie in programma.
Intanto, l’economia e la nostra vita vanno a rotoli, devastate da una demolizione controllata; e assistiamo, impotenti, all’incravattamento del Paese da parte degli usurai internazionali, alla sua svendita al centimetro, ai prezzi ipergonfiati, ai fallimenti, le chiusure, i licenziamenti…
E, dulcis in fundo, a una guerra che bussa alle porte dell’Europa, apparecchiata per l’esecuzione del vero canovaccio: il banchetto del Grande Reset coi suoi convitati di pietra in giacca e cravatta, giunti all’appuntamento in jet personale.
Ma noi dobbiamo goderci il film. Guai a chi si alza prima della propria fine.
Tra poco, dopo la tregua estiva (ma qualcuno, indossando la mascherina anche in spiaggia, farà in modo che non si sospenda mai l’incredulità), si ricomincia.
Bill Gates ha già annunciato che arriverà un nuovo virus e, come al solito, sarà più letale, più contagioso, più appassionante dei precedenti.
Inizia la terza stagione. In fondo, non vediamo l’ora: eravamo nulla, ma adesso combattiamo contro un nemico invisibile e micidiale, che rende un’avventura persino recarsi alle Poste (anche se, visti i servizi offerti, lo è sempre stata).
Che brividi nelle nostre vene di cartapesta…
E pensare che fino a ieri cercavamo soltanto il quieto vivere, di assomigliare ai fantocci della pubblicità e il modo migliore di fregare il prossimo. Ma c’è qualcuno che, a farlo, è molto più bravo di noi.
Accattone il Censore