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REDDITO DI CITTADINANZA: GUFI E STRIGIFORMI

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A cura di Davide
Il 22 Maggio 2015
61 Views

DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

L’attuale dibattito sul Reddito di cittadinanza (o meglio Reddito minimo garantito) vede schierati diversi strigiformi, che si contendono la presunzione della verità: gufi reali, civette sparvieri e assioli comuni. Naturalmente i gufi reali (nome scientifico Bubo Bubo) emettono il loro verso lugubre e cupo direttamente dagli schermi televisivi, prediligono ambienti freschi e riparati (dal dibattito democratico), e rivestono ruoli istituzionali di prestigio. Le civette sparvieri invece sono quei parolai che frequentano i vari talk show nazionali, scrivono su rotoli di carta igienica, piuttosto nociva però se utilizzata per il suo fine naturale (meglio se usata per accendere il camino), e si occupano di spargere notizie-esca, per distrarre e disinformare il pubblico di massa.

Infine ci sono gli assioli comuni, che frequentano zone piuttosto bazzicate e ricche di piccoli animaletti, roditori e fastidiosi insetti, di cui si nutrono, gufano nel sottobosco della società postmoderna, cafona e disillusa, e non perdono occasione per tuonare giudizi, più o meno oscuri, col loro verso lugubre menagramo. Ecco perché vengono chiamati “uccelli del malaugurio” che portano sfiga.

Naturalmente i gufi reali gufano molto forte. Renzi infatti ha detto a proposito: «Il reddito di cittadinanza come un reddito per tutti, da Agnelli in giù, è una follia. Se invece si parla di una misura contro la povertà stiamo ragionando e siamo disponibili a ragionare con M5S e con gli altri. Se ne parla ovviamente in relazione alla prossima legge di stabilità». L’equivoco nasce dal significato intrinseco delle parole, infatti il reddito di cittadinanza è un sussidio universale su base nazionaleche si dà, semplicemente, a tutti i nati (o i cittadini, o i residenti) di un’area geografica, ma non il Reddito minimo garantito.

Ma anche i gufi sparvieri gufano piuttosto forte, come i parolai del “Foglio”, in un articolo di Luciano Capone, che bla bla bla afferma senza mezzi termini che il RdC sarebbe “irrealizzabile perché non ci sarebbero le coperture”. Al quale la senatrice del M5S Nunzia Catalfo ha replicato, dicendo che “Il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 stelle non è una misura assistenziale ma collegata al reinserimento nel mondo del lavoro, dunque la proposta prevede un sostegno economico massimo di 780 euro netti al mese per la singola persona, che va ad aumentare in base al numero di componenti del nucleo familiare. Detto sostegno è condizionato al rispetto di obblighi ben precisi.”

Infatti il “reddito di cittadinanza” non è una forma di assistenza sociale passiva, è invece esattamente l’opposto: si tratta di una forma di protezione sociale collegata direttamente al lavoro, che impone obblighi precisi per il beneficiario. Chi riceve il reddito infatti deve:

1) Rendersi disponibile a lavorare e iscriversi presso i Centri per l’Impiego pubblici ovvero gli uffici della pubblica amministrazione che gestiscono il mercato del lavoro a livello locale.

2) Iniziare, quando sia necessario, un percorso di formazione o di riqualificazione nonché iniziare un percorso di ricerca attiva di lavoro, accompagnato dagli operatori dei Servizi per l’impiego. Gli operatori si occuperanno di effettuare uno o più colloqui finalizzati alla certificazione delle competenze acquisite in ambito formale, non formale e informale, oltre che a rilevare gli interessi, le propensioni e le attitudini del beneficiario.

3) Dimostrare di essersi attivato nella ricerca di lavoro, visite periodiche presso i Centri per l’impiego, frequentare corsi di formazione e di riqualificazione coerenti con le attitudini, gli interessi del lavoratore e orientati verso i settori in cui è maggiore la richiesta di lavoro qualificato, anche in base al territorio di appartenenza.

4) Offrire un piccolo contributo a favore della collettività, in funzione delle proprie competenze, in progetti sociali organizzati dal suo Comune non superiore a 8 ore settimanali. I pensionati ed i disabili sono esonerati da questo obbligo.

Insomma il “reddito di cittadinanza” prevede di garantire un sussidio a chi è disoccupato, inoccupato, pensionato o a basso reddito, perché chi è a reddito zero riceve 780 euro al mese, mentre chi ha un reddito basso avrà un’integrazione che gli permetterà di raggiungere la soglia di 780euro. Quindi non sarebbe un vero e proprio “reddito di cittadinanza”, ovvero un sussidio universale individuale, perché se così fosse il costo di una tale operazione sarebbe pari a circa 90 miliardi di euro, invece è un “reddito minimo garantito”, ovvero un sussidio condizionato ad alcuni obblighi come appunto non rifiutare più di 3 offerte di lavoro trovate dai centri per l’impiego, frequentare corsi di formazione e fare lavori socialmente utili per otto ore settimanali.

Il sussidio inoltre non è individuale, ma basato sul nucleo familiare: non vengono dati sussidi fino a 780euro a ognuno, ma vengono ridotti se più aventi diritto fanno parte dello stesso nucleo familiare. In questo modo il costo complessivo stimato sarebbe di 17 miliardi annui, una somma molto più bassa, destinata a una platea di circa 10milioni di persone, circa 3 milioni di nuclei familiari. Il costo della proposta è chiaro: 17 miliardi di euro (2% della spesa pubblica) di cui 15,5 miliardi per il sostegno economico (dato avvalorato dall’ISTAT) e 1,4 miliardi per rafforzare i Centri per l’Impiego, per incrementare il fondo per l’abitazione e per l’aiuto alla creazione di nuove start up innovative. L’Italia per di più ne avrebbe urgente necessità, perché sarebbe tra i Paesi con il più alto tassodi disoccupazione.

Sono state individuate oltre 20 coperture, tutte serie e reali, aggiornate recentemente, tra le quali spiccano le più rappresentative:

1) tagli alle spese militari (acquisto F35)

2) riduzione pensioni d’oro

3) aumento tassazione del gioco d’azzardo

4) 8 per mille non destinato

5) aumento della percentuale del canone annuo a carico concessionari autostradali

6) eliminazione esenzione del pagamento dell’IMU, della TASI e della TARES sugli immobili di proprietà della Chiesa con esclusione dei luoghi di culto.

7) riduzione dell’importo dell’indennità dei parlamentari in misura non superiore a 5.000 euro lordi

8) eliminazione di ogni contributo pubblico all’editoria

9) taglio del finanziamento pubblico ai partiti (non tagliati dai governi Letta-Renzi)

http://beppegrillo.it/marcia_perugia_assisi/coperture.html

Per di più il reddito minimo garantito è già presente in quasi tutta Europa, anche se in forme molto diverse tra loro. Belgio: con il Minimax, una forma di integrazione reddituale legata alla disponibilità del soggetto a lavorare, corrispondente a 644 euro al mese per individuo solo senza reddito, con assegni familiari forniti in aggiunta. Austria: con il Sozialhilfe vengono garantiti aiuti per affitto elettricità e cibo oltre all’assegno monetario che varia da 420 a 542 euro al mese per individuo solo. Germania: con Sozialhilfe previsto per i cittadini dai 16 ai 65 anni, viene garantita un’integrazione al reddito pari a 345 euro per individuo con in più una indennità integrativa per la copertura totale dei costi per l’affitto ed il riscaldamento, senza limiti temporali. Olanda: con il Bijstand oltre all’integrazione reddituale pari a 588 euro per individuo solo senza reddito con ulteriore integrazione di 235 euro da parte delle municipalità per singoli e genitori soli. Sono previsti aiuti per il materiale scolastico il cibo ed i trasporti.

Francia: con Revenue Minimum d’Insertion è previsto un sussidio pari a 441 euro per individuo solo senza reddito. I beneficiari hanno diritto a indennità per la casa e a servizi di copertura sanitaria per malattia e maternità. Danimarca: con il Starthjaelp vi è un sussidio pari a 1.201 euro per individuo solo senza reddito, in più è prevista l’indennità per la casa e la partecipazione in spese di salute fuori dai servizi sanitari gratuiti, farmaci e dentista. Regno Unito: vi sono varie forme di reddito di cittadinanza, ad esempio con l’Income Support vi è un sussidio attivo per i maggiori di 18 anni, che varia dai 330 euro ai 420 euro per individuo solo, in aggiunta l’indennità per la casa, il dentista gratuito, medicinali gratuiti e voucher per acquisto di beni.

Dunque queste le informazioni di base perché possa nascere un dibattito serio. Il Ddl del Reddito di cittadinanza verrà approvato? Non credo proprio, nei termini in cui è stato presentato. E allora perché il M5stelle lo ha proposto? Beh si chiama “fare opposizione”, cercare cioè di frenare la dilagante deriva sociale, che sta trasformando l’economia italiana in un paese sempre più sottoposto alla svendita sistematica dei beni pubblici e del welfare (vedi “Buona scuola”), dove molti cittadini italiani si ritrovano disoccupati e disperati, proprio perché il termine “cittadino” ha perso il proprio valore istituzionale (nonostante esista una Costituzione che lo ribadisce con forza in più punti) e non detiene più alcuna sovranità (monetaria, economica, politica), dato che le ha cedute all’Europa della Bce. Restano ancora gli ultimi residui di una fantomatica sovranità politica, che la Costituzione afferma inalienabile, e che Draghi continua a rivendicare, ma la cui indipendenza non durerà ancora molto.

Quindi che il nostro paese sia ormai governato da una vera dittatura finanziaria è un fatto piuttosto evidente, ciò che tuttavia continua a stupire è la disinvoltura con la quale negli anni, organi legislativi palesemente conniventi con gli organismi bancari siano riusciti a violentare i principi fondamentali degli ordinamenti senza incontrare sostanziale resistenza da parte dei giuristi (Corte Costituzionale).

Non è stato solo il ventennio berlusconiano a consegnarci a questa situazione, ma anche un processo di riscossa del capitale che viene da lontano e che ha provocato una redistribuzione verso l’alto della ricchezza nazionale, ha portato alla frantumazione e alla precarizzazione del lavoro (Pacchetto Treu, Legge Biagi e infine Jobs Act), e allo smantellamento dei diritti sociali dei più deboli. La sinistra insomma è rimasta vittima della travolgente mutazione epocale: la frantumazione della sacralità del moderno, schiantata dalla caduta del muro di Berlino, si è perduta nel flusso delle nuove dinamiche tecnologiche, che accelerano i contatti tra i confini del globo ma confondono il senso di vite, professioni, valori.

Però negli ultimi tempi si è verificata una strana invasione nell’areale mediatico: Palo Mieli, un vecchio gufo, favorito da esperienze decennali di mute complete del piumaggio grigiastro e spelacchiato, paroliere di prestigio, ex direttore della Stampa, del Corriere della Sera, e ora presidente di Rcs libri, dopo aver svolazzato a lungo nelle regioni limitrofe al potere, al servizio di quel cerchiobottismo democristiano, così diffuso e così pestilenziale, durante una trasmissione di 8 e mezzo, avrebbe smesso di gufare nei confronti del RdC, anzi addirittura lo avrebbe condiviso. La cosa appare molto bizzarra, ma alla luce degli ultimi sondaggi, che vedono il M5S in costante crescita, dovuta soprattutto a scelte politiche intelligenti (il Direttorio dei 5 giovani più capaci e la Marcia di Perugia), forse i poteri dominanti cercano di arginare in questo modo i dissensi politici, che inesorabilmente, dopo le ultime “Riforme socialmente devastanti”, si fanno sempre più consistenti. O forse stanno proprio meditando di appropriarsi della proposta socialmente allettante e foriera di consensi, per sedare momentaneamente i possibili dissensi sociali e poter così continuare indisturbati nella loro sporca rottamazione del ceto medio italiano.

Per affrontare infatti le sfide della globalizzazione, o meglio dell’imperialismo dominante, il “diritto al lavoro” dovrebbe sostituire il diritto al mercato, e la concezione del lavoro, inteso come diritto / dovere, dovrebbe trovare piena espressione legislativa, dato che costituzionale ce l’ha già. Un sistema dunque intermittente, con una giusta integrazione traservizi di collocamento e misure di sostegno al reddito, che permetta a tutti di esercitare il diritto / dovere di lavorare, e che consenta di avere, nel caso di temporanea disoccupazione, un reddito minimo che garantisca un’esistenza libera e dignitosa.

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

23.05.2015

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