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OSAMA-BIDEN — OSAMA BIN LADEN: UNA COINCIDENZA ? PENSO DI NO

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A cura di Davide
Il 26 Settembre 2008
115 Views

DI WILLIAM BLUM
Killing hope

Mi dispiace dire che penso che John McCain sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti. Dopo la lunga notte dell’orrore di Bush qualsiasi democratico dovrebbe vincere facilmente, ma i democratici la stanno mandando in vacca e McCain nei sondaggi sta andando più o meno in pari con Barack Obama. I democratici dovrebbero fare la loro campagna con lo slogan “Se Bush vi è piaciuto, adorerete McCain”, ma questo sarebbe troppo franco, troppo diretto per la smidollata Nancy Pelosi e per il suo partito smidollato. Oppure “Se vi è piaciuto l’Iraq, adorerete l’Iran”. Ma la leadership democratica non si è pubblicamente e categoricamente opposta a nessuno dei due conflitti.

Né, sembra, i democratici hanno il coraggio di sollevare il problema del fatto che McCain non è nato negli Stati Uniti come la Costituzione richiede. Né di interrogarlo sulle accuse dei suoi compagni prigionieri americani quanto alla sua notevole collaborazione con i vietnamiti che lo fecero prigioniero. E nemmeno una parola sul ruolo estremamente possibile di McCain nella brutale invasione georgiana dell’Ossezia del Sud il 7 agosto. (Su quest’ultimo punto vedete più avanti.)

Obama ha perso buona parte del cospicuo voto liberale/progressista per via del suo spostamento al centro-destra (o il suo smascheramento come uomo di centro-destra), e ora potrebbe aver perso anche il suo punto forte di essere contrario alla guerra con più forza di McCain – se in realtà lo è davvero – nominando Joe Biden come suo candidato alla vicepresidenza. Biden da tempo è un falco sull’Iraq (come sul resto della politica estera USA), avendo chiesto un invasione già nel 1998. [1] Nell’aprile 2007, quando in un’intervista fu incalzato sul suo voto a favore della guerra nel 2003, Biden ha detto: “È stato un errore. Rimpiango il mio voto. […] perché ho saputo di più, come chiunque altro ha saputo, su cosa, in realtà, ci era stato detto.” [2] Questa è stata una scusa comune dei sostenitori della guerra negli ultimi anni quando l’opinione pubblica ha cominciato a essere loro contrari. Ma perché milioni e milioni di americani marciarono contro la guerra nell’autunno del 2002 e all’inizio del 2003, prima che cominciasse? Cosa sapevano che Joe Biden non sapeva? Era chiaro per i dimostranti che George W. Bush e Dick Cheney erano bugiardi abituali, che nulla poteva importare loro meno degli iracheni, che il popolo indifeso di quell’antica civiltà sarebbe stato mandato all’inferno a forza di bombardamenti; i dimostranti sapevano qualcosa sui bombardamenti del Vietnam, della Cambogia, del Laos, di Panama, della Jugoslavia, dell’Afghanistan; sapevano del napalm, delle bombe a grappolo, dell’uranio impoverito. Biden non sapeva nessuna di queste cose? Chi marciò sapeva che la guerra imminente era qualcosa che una persona morale non poteva appoggiare; e che era totalmente illegale, un caso da manuale di “guerra di aggressione”; non bisognava essere un esperto di diritto internazionale per sapere questo. Joe Biden ci pensava a qualcuna di queste cose?

Se McCain ha avuto un ruolo nell’invasione da parte della Georgia della regione secessionista dell’Ossezia, questo sarà stato organizzato con l’aiuto di Randy Scheunemann, principale consigliere di politica estera di McCain e fino a poco tempo fa principale lobbista della Georgia a Washington. Scheunemann, come capo del neoconservatore Committee for the Liberation of Iraq nel 2002, è stato uno dei principali sostenitori americani dell’invasione dell’Iraq. Uno degli imbonimenti alle primarie di McCain è stato il sottolineare la sua presumibile superiore esperienza in questioni di politica estera, che – ancora una volta presumibilmente – significa qualcosa in questo mondo. McCain è costantemente davanti a Obama nei sondaggi sulla “prontezza ad essere comandante in capo”, o sciocchezze simili. Le ostilità fra Georgia e Russia sollevano – nei mass-media e nella mente di massa – il problema degli Stati Uniti che hanno bisogno di una persona esperta in politica estera per gestire una “crisi” del genere, e, standard in ogni crisi – un cattivo come nemico.

Tipico dei media è stato il Chicago Tribune che ha lodato McCain per le sue opinioni da statista sull’Iraq e ha affermato: “Quello che l’invasione russa della Georgia ha mostrato è che il mondo è ancora un posto assai pericoloso,” e la Russia è una “minacia incombente”. Oltre a usare l’espressione “invasione russa della Georgia”, l’articolo del Tribune faceva anche riferimento all’“invasione russa dell’Ossezia del Sud”. Nessuna menzione dell’invasione georgiana dell’Ossezia del Sud che ha dato inizio alla guerra. [3] In un articolo del Washington Post sugli eventi georgiani la seconda frase era: “La guerra era cominciata, i jet russi avevano appena bombardato la periferia di Tbilisi [la capitale georgiana].” L’articolo poi parla dell’“orrore” dell’“invasione russa”. Nel pezzo non può essere trovato neanche il minimo accenno a qualsiasi azione militare georgiana. [4] Naturalmente qua e là si può trovare una notizia che menziona o almeno implica di passaggio che è stata un’invasione ad opera della Georgia a suscitare il caos. Ma ancora devo trovare nei mass media americani una notizia che in realtà sottolinei questo punto, e certamente nessuno che lo metta nel titolo. Il risultato è che se oggi fra gli americani venisse condotto un sondaggio, sono sicuro che la maggioranza di chi ha un’opinione sarebbe convinta che i cattivi russi hanno cominciato tutto loro. [5]

Quello che abbiamo qui nei media americani è semplicemente la procedura operativa standard per un ODE (Officially Designated Enemy, [nemico ufficialmente designato, n.d.t.]). Quasi appena cominciati i combattimenti, Dick Cheney ha annunciato: “L’aggressione russa non deve restare senza risposta.” [6] I media non hanno avuto bisogno di ulteriori istruzioni. Sì, è così che funziona in realtà. (Vedi Cuba, Zimbabwe, Venezuela, Iran, Bolivia, ecc. ecc.)

Il presidente della Georgia, Mikhail Saakashvili, è un lacchè degli americani a un livello che imbarazzerebbe Tony Blair. Finché i loro 2.000 soldati non sono stati richiamati in patria per questa emergenza, il contingente georgiano in Iraq era il più grosso dopo quelli di USA e Regno Unito. Il presidente georgiano chiacchiera di libertà e democrazia e guerra fredda come George W., dichiarando che l’attuale conflitto “non riguarda più la Georgia. Riguarda l’America, i suoi valori”. [7] (Devo confessare che finché Saakashvili non lo ha sottolineato non avevo realizzato che nei combattimenti fossero coinvolti “valori americani”.) Il suo governo ha pubblicato pochi giorni fa un’inserzione a tutta pagina nel Washington Post. Il testo completo, scritto in verticale, era: “Lenin… Stalin… Putin… Arrendersi? Quando è troppo è troppo. Appoggiate la Georgia… sosgeorgia.org” [8]

Il primo ministro britannico Gordon Brown ha affermato che il riconoscimento russo dell’indipendenza delle due regioni georgiane secessioniste dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia era “pericoloso e inaccettabile.” [9] Alcuni mesi fa, quando il Kosovo ha dichiarato unilateralmente la sua indipendenza dalla Serbia, il Regno Unito, insieme con gli USA e con altri paesi alleati, lo ha rapidamente riconosciuto malgrado i diffusi avvertimenti che legittimizzare l’azione del Kosovo poteva portare alla dichiarazione di indipendenza da parte di varie altre regioni nel mondo.

L’ipocrisia di Brown appare semplicemente come la routine per un politico se paragonata a quella di John McCain e George W. relativa ai combattimenti in Georgia: “Sono interessato a buoni rapporti fra Stati Uniti e Russia, ma nel 21° secolo le nazioni non invadono altre nazioni,” ha detto McCain [10], il saldo sostenitore delle invasioni USA di Iraq e Afghanistan e uno dei campioni di punta di un’invasione dell’Iran.

Ed ecco Mahatma Gandhi Bush che medita sull’argomento: “La prepotenza e l’intimidazione non sono modi accettabili di condurre la politica estera nel 21° secolo.” [11]

Un’ipocrisia di questa portata impone il rispetto. Batte al confronto il motto sulle targhe automobilistiche dell’ stato del New Hampshire fatte da carcerati: “Vivi libero o muori”.

Il nostro amato presidente è stato anche spinto ad affermare che il riconoscimento russo dell’indipendenza di Ossezia del Sud e Abkhazia è stato una “decisione irresponsabile”. “L’azione della Russia non fa che inasprire le tensioni e complicare i negoziati diplomatici,” ha detto. [12] Belgrado, stai ascoltando?

Andrebbe osservato che Ossezia del Sud e Abkhazia, linguisticamente e storicamente distinte, erano state regioni o protettorati autonomi russo/sovietici dall’inizio del 19° secolo al 1991, quando il governo georgiano abolì la loro autonomia.

E allora qual era lo scopo dell’invasione georgiana dell’Ossezia se non servire la campagna elettorale di John McCain, un uomo che potrebbe essere il prossimo presidente USA ed essere così molto obbligato verso il presidente georgiano? Saakashvili avrebbe potuto voler rovesciare il governo osseto per rincorporarlo nella Georgia, allo stesso tempo con la speranza di promuovere la causa della richiesta georgiana di diventare un membro della NATO, che guarda di traverso a nuovi membri con territori disputati o installazioni militari appartenenti a stati non membri come la Russia. Ma la natura dell’invasione georgiana non si adatta a questa tesi. I georgiani non hanno fatto nessuna delle cose che chi organizza un colpo di stato ha tradizionalmente trovato indispensabile. Non si sono impadroniti di stazioni radio o TV, o dell’aeroporto, o di importanti edifici pubblici, o di installazioni militari o della polizia. Non hanno arrestato membri chiave del governo. Tutto quello che i militari georgiani armati e addestrati da gli USA/Israele hanno fatto è bombardare e uccidere, civili e soldati del contingente di pace russo, questi ultimi legalmente presenti da 16 anni ai sensi di un accordo internazionale. A che pro tutto questo se non per incitare un intervento russo?

L’unica ragione per la quale gli Stati Uniti non hanno attaccato a loro volta con forza le forze russe è che un preminente principio degli interventi militari americani è non prendersela con qualcuno capace di difendersi davvero.

Antichi veterani della guerra fredda ora si preoccupano dell’espansionismo russo, avvertendo che l’Ucraina potrebbe essere la prossima. Ma dei numerosi miti che circondano la guerra fredda, uno dei maggiori fu certamente l’“espansionismo comunista”. Dobbiamo ricordarci che nello spazio di 25 anni le potenze occidentali invasero la Russia tre volte – la prima guerra mondiale, l’“intervento” del 1918-20, e la seconda guerra mondiale, infliggendo una quarantina di milioni di perdite solo nelle due guerre mondiali. (L’Unione Sovietica ha riportato in guerre internazionali perdite considerevolmente maggiori sul proprio territorio rispetto che all’estero. Non ci sono molte grandi potenze che possano dirlo.) Per effettuare queste invasioni l’occidente usò l’Europa orientale come una strada maestra. Dovrebbe causare meraviglia che dopo la seconda guerra mondiale i sovietici fossero determinati a chiudere questa strada maestra? Senza l’atmosfera e l’indottrinamento da guerra fredda la maggior parte della gente non avrebbe avuto problemi a vedere l’occupazione societica dell’Europa orientale come un atto di autodifesa. Né il caso dell’Afghanistan appoggia l’idea dell’“espansionismo”. L’Afghanistan visse accanto all’URSS per più di 60 anni senza alcuna intrusione militare sovietica. È solo quando gli Stati Uniti intervennero in Afghanistan per sostituire un governo amico di Mosca con uno aggressivamente anticomunista che i russi invasero per dare battaglia ai jihadisti islamici appoggiati dagli USA.

Durante la guerra fredda, prima di intraprendere un nuovo intervento militare, i funzionari americani solitamente dovevano considerare come avrebbe reagito l’Unione Sovietica. Questo freno fu rimosso con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nei primi anni ’90. Tuttavia potremmo assistere adesso all’inizio di un nuovo tipo di polarizzazione nel mondo. Un numero crescente di paesi nel Terzo Mondo – con l’America Latina come esempio principale – ha rapporti più fraterni con Mosca e/o Pechino che con Washington. L’ex ambasciatore all’ONU di Singapore ha osservato: “La maggior parte del mondo è sconcertata dal moralismo occidentale sulla Georgia” […] Mentre l’opinione occidentale è che il mondo “dovrebbe appoggiare il più debole, la Georgia, contro la Russia […] la maggioranza appoggia la Russia contro l’occidente prepotente. Il divario fra la narrazione occidentale e il resto del mondo non potrebbe essere più chiaro.” [13] E il Washington Post ha riferito: “Saif al-Islam Gaddafi, l’influente figlio del leader libico Moammar Gheddafi, ha fatto eco al piacere espresso in buona parte dei mezzi di informazione arabi. ‘Quanto è successo in Georgia è un buon segno, che significa che l’America non è più l’unica potenza mondiale che stabilisce le regole del gioco […] c’è un equilibrio nel mondo adesso. La Russia sta risorgendo, il che è buono per noi, per l’intero Medio Oriente’.”[14]

Intrighi alla convenzione?

Sono l’unico a essere un tantino sospettoso su quanto è accaduto alla convenzione democratica il 27 agosto? Perché Hillary Clinton ha chiesto una sospensione dell’appello quando si era arrivati a New York e ha chiesto che Barack Obama venisse scelto dalla convenzione per acclamazione? Molti delegati avevano lavorato per fare votare la gente alle loro primarie e volevano l’opportunità di annunciare pubblicamente il conteggio dei delegati. Che male ci sarebbe stato a permettere a ogni stato di votare?

E perché, dopo la mozione di Clinton, la Speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi ha gridato immediatamente: “Tutti quelli a favore, dicano Sì”, seguita da un grande ruggito, e poi ha gridato: “Tutto quelli contrari dicano No”? È impossibile dire quanto sia stato forte il No perché il tempo trascorso fra questa richiesta della Pelosi e la sua dichiarazione “La misura è approvata” non è stato più di uno o due nanosecondi. Letteralmente non ha permesso che si sentisse un No.

Né sono riuscito a trovare una documentazione del voto effettuato prima di arrivare a New York.

Qualcun altro trova qualcosa di strano in tutto questo?

Tutte le coscienze sono uguali, eccetto che alcune coscienze sono più uguali di altre

L’amministrazione Bush ha proposto protezioni più forti per il lavoro di medici e altri operatori sanitari che rifiutano di partecipare ad aborti per obiezioni religiose o morali. Sia i sostenitori che i critici dicono che le nuove regolamentazioni sono tanto ampie da permettere a farmacisti, medici, infermiere e altri operatori di rifiutarsi di fornire pillole anticoncezionali, pillole del giorno dopo e altre forme di contraccezione, e permettono esplicitamente ai dipendenti di non dare informazioni su tali servizi e di rifiutarsi di indirizzare i pazienti altrove. “La gente non dovrebbe essere costretta a dire o fare cose che credono siano moralmente sbagliate,” ha detto il ministro della sanità Mike Leavitt. “Gli operatori sanitari non dovrebbero essere costretti a fornire servizi che violano la propria coscienza.” [15]

È difficile essere contrari a una filosofia del genere. È anche difficile essere coerenti al riguardo. Leavitt e altri nell’amministrazione Bush estendono questo concetto ai militari? Se un soldato in Iraq o in Afghanistan è profondamente disgustato dal suo coinvolgimento nell’eseguire l’orrore quotidiano dell’occupazione americana e chiede di essere congedato dalle forze armate come obiettore di coscienza, il Pentagono onorerà la sua richiesta perché “la gente non dovrebbe essere costretta a dire o fare cose che credono siano moralmente sbagliate”? Il fatto che il soldato si sia arruolato volontariamente non ha alcuna attinenza. La coscienza di una persona si sviluppa da esperienze di vita e da una continua riflessione. Chi può dire in che preciso momento nel tempo la coscienza di una persona deve ribellarsi contro il commettere crimini di guerra perché l’obiezione sia considerata legalmente o moralmente valida? La firma di un contratto non è una ragione per essere costretti a uccidere la gente.

Può un operatore sanitario fortemente contrario alle brutali guerre americane rifiutarsi di curare un soldato ferito che è stato direttamente coinvolto nella brutalità? Negli USA può uno psicologo, un farmacista o un medico civile rifiutarsi di curare un soldato perché se aiutasse a ristabilire la sua salute sarebbe rispedito al fronte di guerra a continuare ad ammazzare?

Si può permettere agli attivisti pacifisti di trattenere la parte delle loro imposte sul reddito che supportano le forze armate? Stanno cercando di farlo da decenni senza alcun appoggio dello Stato.

National Pentagon Radio

La stazione radiofonica WAMU, affiliata per Washington, DC alla National Public Radio (NPR), ha chiesto ai suoi ascoltatori di scrivere per dire per che cosa la usano come fonte. Alcuni di quelli che hanno risposto sono stati invitati per un’intervista registrata, e un nastro di parte dell’intervista è stato mandato in onda. Ho inviato loro la seguente email:

13 giugno 2008
A [email protected]
Carissimi,
io uso WAMU per ascoltare All Things Considered. Uso All Things Considered per avere il punto di vista del Pentagono sulla politica estera USA. È grandioso ascoltare dei generali in pensione che spiegano perché gli USA hanno appena bombardato o invaso un altro paese. Non sono disturbato da nessun ingenuo contestatore contrario alla guerra. Ricevo la verità ufficiale diritto dalla fonte. È un grande paese questo, o che altro? Spero che stiate preparando qualche altro grande generale in pensione per dirmi perché abbiamo dovuto bombardare l’Iran e uccidere migliaia di altre persone. Solo assicuratevi di non farmi ascoltare nessuno di sinistra.
Sinceramente,
William Blum, che dovrebbe essere sul Diane Rehm Show, ma non sarà mai invitato
[seguito da alcune informazioni sui miei libri]

Non mi aspettavo alcun tipo di risposta positiva. Immaginavo che se non l’avesse fatto la mia lettera, allora sicuramente i titoli dei miei libri avrebbero rivelato che in realtà non sono un amante delle forze armate americane o delle loro guerre. Ma non voglio davvero credere il peggio dei media mainstream. È troppo scoraggiante. Così è stata una sorpresa piacevole quando qualcuno alla stazione mi ha invitato a venire per un’intervista. È durata più di mezz’ora ed è andata benissimo. Ho espresso senza mezzi termini molti dei miei sospetti sulla copertura fatta dalla NPR della politica estera USA. L’intervistatore ha detto che era molto contento. Si aspettava che sarebbe stato un pezzo interessante da trasmettere per la stazione. Ma è andata a finire che questo è stato quanto. Non ho mai più avuto notizie dalla stazione, e la mia intervista non è stata mai trasmessa.

Un paio di mesi dopo ho inviato una mail all’intervistatore chiedendo se l’intervista sarebbe stata mandata in onda. Ho potuto verificare che l’aveva ricevuta, ma non ho avuto risposta. Penso che l’intervistatore fosse stato sincero, ed è per questo che non ne faccio il nome. Qualcuno al di sopra di lui deve aver ascoltato il nastro, ricordato nei confronti di chi è la vera lealtà della radio “pubblica” (verso il suo finanziatore, il Congresso), e ha messo il veto sul tutto. La mia (mancanza di) fede nei mass media americani non è stata messa alla prova. E chi lavora nei mass media continuerà a credere in quello che pratica, qualcosa che chiamano “obiettività”, mentre io continuerò a credere che l’obiettività non è un sostituto dell’onestà.

Gli ascoltatori danno il loro contributo alla sindrome. I consumatori di notizie, se alimentati abbastanza a lungo con cibo spazzatura sull’eccezionalismo americano finiscono per sentircisi in casa propria, a identificarlo con l’obiettività, e a identificare l’obiettività con l’avere un quadro completo ed equilibrato, ovvero la “verità”; appare neutrale e imparziale, come il sofà del salotto su cui stanno seduti mentre guardano la NBC o la CNN. Vedono i “media alternativi”, con uno stile piuttosto diverso da ciò a cui sono abituati, come non abbastanza obiettivi, dunque sospetti.

Il presidente della NPR, incidentalmente, è un signore che si chiama Kevin Klose. In precedenza ha aiutato a coordinare tutte le trasmissioni internazionali finanziate dagli USA: Radio Free Europe/Radio Liberty (Europa centrale e Unione Sovietica), Voice of America, Radio Free Asia, Radio/TV Marti (Cuba), Worldnet Television (Africa e altrove); tutti creati appositamente per diffondere presso un target di ascoltatori notizie mondiali passate attraverso il prisma delle convinzioni e degli obiettivi della politica estera americana. È stato anche presidente di Radio Free Europe/Radio Liberty. Sarebbe ingiusto dire che adesso gli americani sono diventati il suo nuovo target di ascoltatori? Tutto inconsapevole naturalmente; è questo che rende i mass media così efficaci; credono davvero nella propria obiettività. Per non parlare della propaganda consapevole.

William Blum
Fonte: http://members.aol.com
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer61.htm
5.09.08

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA TOMBOLESI

NOTE

[1] Vedi Stephen Zunes, “Biden, Iraq, and Obama’s Betrayal”, Foreign Policy in Focus, 24 agosto 2008, www.fpif.org/fpiftxt/5492.

[2] “Meet the press”, 29 aprile 2007, www.msnbc.msn.com/id/18381961/.

[3] Chicago Tribune, 28 agosto 2008.

[4] Washington Post, 31 agosto 2008, p. B1.

[5] Per un’ulteriore discussione del problema georgiano, vedi Robert Scheer, “Georgia War a Neocon Election Ploy?”, The Huffington Post, 14 agosto 2008; Pat Buchanan, commento di Creators Syndicate del 22 agosto 2008; Robert Dreyfuss, The Nation blogs, 21 agosto 2008.

[6] Reuters, 10 agosto 2008.

[7] Washington Post, 9 agosto 2008. p. 1.

[8] Washington Post, 28 agosto 2008, ripetuto il 1 settembre.

[9] The Guardian (Londra), 1 settembre 2008.

[10] Vedete e ascoltate queste stesse parole che escono veramente dalla vera bocca di quest’uomo – http://blog.indecision2008.com/2008/08/13/john-mccain-maybe-doesnt-know-what-the-word-invade-means/.

[11] National Public Radio (NPR), 15 agosto 2008.

[12] Associated Press, 27 agosto 2008.

[13] The Guardian (Londra), 28 agosto 2008, commento di Seumas Milne, che cita l’intervista dell’ambasciatore Kishore Mahbubani nel Financial Times (Londra) del 21 agosto.

[14] Washington Post, 30 agosto 2008, p. 18.

[15] Associated Press, 21 agosto 2008, Washington Post, 22 agosto 2008.

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