Riceviamo e pubblichiamo.
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La geografia cambia con la Storia. Anche a Kazan, dove si è svolto il XVI° vertice dei capi di Stato dei BRICS, in cui Margherita Furlan ha rappresentato il giornalismo italiano. BRICS SCACCO MATTO, il suo ultimo libro, fa un’analisi spietata dei destini del mondo e dell’Italia, tratta di nuovi corridoi energetici e commerciali e di dedollarizzazione. La posta in gioco a Kazan, dal 22 al 24 ottobre 2024, non poteva essere più alta. Qui l’Eurasia è divenuta Afro-Eurasia. Coloro che in passato sono stati egemoni, e che sono abituati ancora oggi, sin dai tempi del colonialismo, a dominare il pianeta, sempre più spesso si rendono conto con stupore che gli altri non obbediscono più come prima.
Alla formazione originaria dei BRICS – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – si sono aggiunti nel gennaio 2024 Iran, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti. A Kazan i BRICS hanno raggiunto uno sforzo collettivo e interculturale potenzialmente in grado di progettare un mondo più equo, richiamandosi alla saggezza del vivere e all’armonia della stabilità delle antiche civiltà-Stato. Lì si sono riunite le delegazioni di trentasei nazioni e sei organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite. Tredici Paesi sono stati invitati a prendere parte all’organizzazione in qualità di membri partners: Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Indonesia, Malesia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Vietnam, Uganda e Uzbekistan. Il 1° gennaio 2025 otto tra questi hanno ufficialmente fatto ingresso nella nuova categoria, accettando formalmente la proposta ricevuta sotto la presidenza russa. L’Indonesia il 6 gennaio è divenuta membro ufficiale, mentre Argentina e Arabia Saudita hanno, nel frattempo, congelato l’invito all’ingresso. Oggi i BRICS contano dieci Paesi, il 40,4% della ricchezza globale, il 40% della produzione mondiale di petrolio, circa il 25% delle esportazioni di beni nel pianeta, il 51,31% della popolazione globale, circa il 50% della popolazione di fede islamica al mondo.
I Paesi del G7 rappresentano il 29,08% del PIL mondiale (PPP), un calo decisivo rispetto al 1990, quando ne esprimevano quasi il 52%. La ragione principale di questo cambiamento storico deriva dall’enorme crescita economica della Cina, divenuta super potenza industriale al mondo, responsabile del 35% della produzione manifatturiera lorda globale (quasi tre volte gli Stati Uniti). I membri e i partners dei BRICS sono leaders mondiali nella produzione di materie prime cruciali, cereali, carne, petrolio greggio, gas naturale e minerali strategici come ferro, rame e nichel. Sono inoltre potenza energetica. Considerare l’Occidente il fine del mondo lo precipita verso il dirupo. La dialettica invece esclude i solipsismi. Perché abbia ancora un senso, l’Occidente deve emanciparsi dalle distopie missionarie che lo vogliono magister mundi. Non sappiamo se più tragiche o ridicole. La grande rivoluzione dei BRICS riguarda la geoeconomia e ruota intorno ai corridoi di connettività. Con una nuova architettura geopolitica in piena fase di allestimento, Mosca, Pechino, Teheran, si avvicinano sempre più. Ciascuna a curare i propri interessi interni, regionali o macroregionali che siano, ma dentro una relazione basata su capisaldi strategici convergenti: smarcare le rispettive economie dalle maglie commerciali e dalle sanzioni occidentali, fronteggiare assieme il nemico americano e subordinati vari. Condividono lo sviluppo di reti mercantili alternative alle canoniche rotte sotto controllo occidentale. A cominciare dal Corridoio internazionale di trasporto Nord-Sud (Instc), che, collegando San Pietroburgo a Mumbai, passando per l’Iran, dà uno schiaffo a Suez e all’Occidente, tenendo anche conto delle Nuove Vie della Seta. A Kazan assistiamo anche allo sviluppo del corridoio di trasporto Est-Ovest. Comprendente Russia, Cina, Mongolia, Corea del Nord e Kazakistan, si basa principalmente sulla ferrovia transiberiana lunga attualmente 10mila chilometri. Data la sua posizione, Teheran si colloca come hub energetico cruciale nella regione e nel mondo. Il porto iraniano di Chabahar collega l’Asia meridionale con le forniture energetiche del Medio Oriente, riducendo la dipendenza dalle rotte convenzionali.
I BRICS stanno anche affrontando la necessità di una camera di compensazione per lo scambio di liquidità senza dover passare dal sistema SWIFT, creato dalle reti stay-behind della NATO, e di un sistema di riassicurazione che renda sicuro il trasporto mercantile superando le compagnie anglosassoni o da esse controllate indirettamente. Le due piattaforme si chiamano BRICS Clear e BRICS (Re)Insurance. I BRICS non affrontano il commercio dall’angolazione del libero scambio o dei dazi doganali, ma da quello della sicurezza, della stabilità ed efficienza delle catene di approvvigionamento. BRICS Clear utilizza le valute nazionali per il commercio internazionale. Nel prossimo futuro tutto sarà negoziato attraverso una stablecoin – un’unità di conto – gestita dalla NDB, la banca dei BRICS con sede a Shanghai. Attualmente il sistema è applicato da 22 nazioni. I flussi commerciali, all’interno dei BRICS e tra i partners – che già rappresentano almeno il 40% del totale globale – potrebbero aumentare in modo esponenziale. Non ravvisando la necessità di una moneta mondiale, i BRICS non si propongono di sostituire il dollaro con una moneta alternativa. Il nuovo sistema dei pagamenti si presenta non come un sostituto, bensì come un supplemento al sistema attuale. Non come un sistema chiuso e alternativo, ma aperto e complementare. Il sistema, una piattaforma di pagamento digitale per il commercio transfrontaliero nelle valute nazionali, è costruito sul modello di mBridge.
La situazione mondiale è incandescente. E richiede “esperimenti di laboratorio”. Due scenari sono stati discussi attivamente nelle sessioni chiuse al pubblico accreditato e negli incontri bilaterali. Il primo prevede una guerra calda Iran-Israele con una “reazione a catena” che coinvolgerebbe diversi attori arabi. Il secondo scenario prende in considerazione una crisi nell’Asia pan-occidentale, che trascinerebbe non solo le nazioni vicine, ma anche quelle che andrebbero a creare coalizioni differenti – una filo-araba, l’altra filo-israeliana. Ci si chiede dove si collocherebbero attori poco affidabili come Egitto e Giordania. E non è chiaro come i BRICS, in quanto organizzazione multilaterale, reagirebbero a entrambi gli scenari. Anche se non si può dire che “la storia è finita”, bisogna seguitare a credere che ci si sta lavorando e ci si arriverà. Nasce così il sospetto che sia questa la vera posta in gioco nello scontro mondiale in atto, che vede la lobby sionista, ancor più del blob, in realtà sua creatura, al centro dei giochi. A Kazan ci siamo avvicinati a un confine pericoloso. Il mondo non è più unipolare, l’America perde l’impero, l’Italia l’occasione, l’Europa muore. La situazione mondiale è incandescente. E richiede “esperimenti di laboratorio”. I BRICS sono pronti.
In ogni caso, l’intuizione che il dialogo euro-arabo fosse caratteristica innata dell’Italia fu di Aldo Moro. Oggi quel ruolo di portatore di dialogo, mediazione, pace, cooperazione, rispetto, elevazione sociale, responsabilità, spetta a pieno titolo ai BRICS usciti da Kazan, crogiolo di popoli e piattaforma di lancio per una società polifonica senza saccheggio. La politica italiana, ignara del volo partito dall’aeroporto di Kazan, snodo interzonale e multiculturale, con una spesa di circa un miliardo di euro in aiuti militari all’Ucraina (due miliardi secondo i dati secretati) e un export di 1,3 milioni di euro nel solo mese di dicembre 2023 in armi e munizioni verso Israele, abbandonata a se stessa ma mai dimenticata dalle già note menti raffinatissime, depauperizzata dei migliori intelletti e della sua naturale missione, esala gli ultimi respiri dopo avere ceduto sovranità, dignità e l’originaria idea di democrazia nella giungla dell’ignavia, fino all’ultimo ucraino.