DI GEORGIOS
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«Il proletariato deve sostenere qualunque borghesia, anche la peggiore, nella misura in cui lotti concretamente contro la “troika”». (1)
«Il proletariato deve operare, insieme con la borghesia, l’abbattimento del potere reazionario “troikano”, instaurando una dittatura democratica degli operai e dei contadini». (1)
«La parola d’ordine della difesa della patria è legittima e progressista in caso di guerra di liberazione nazionale». (2)
Queste tre frasi sono state scritte da uno che di rivoluzioni se ne intendeva. Infatti fu il maestro d’orchestra di una rivoluzione che cambiò il corso della storia di tutto il mondo: Vladimir Il’ič Ul’janov meglio noto come Vladimir Lenin.
Per la verità, lui invece di “troika” scrisse “zarismo” e invece di “troikano” scrisse “zarista”. Ma questi non sono gli unici adattamenti che dovremmo fare per portare questo pensiero rivoluzionario ai nostri giorni.
Prima di tutto la definizione stessa di “proletariato” non sembra trovare riscontro nella realtà sociale di questo 21o secolo europeo. In secondo luogo la frase “operai e contadini”, a differenza di quello che rappresentava nella Russia dell’inizio del 20o secolo, oggi non include la stragrande maggioranza degli oppressi della società in cui viviamo. Infine, la storia ha dimostrato che la concezione della “dittatura democratica degli operai e dei contadini”, anche attribuendo al suo ideatore tutte le attenuanti di buona fede, non solo non e’ mai esistita, ma e’ finita per diventare un pretesto ideologico, quindi staccato dalla vita reale della società degli uomini, per l’instaurarsi di un duro regime della nomenclatura partitica sul resto del popolo sovietico. Per cui, il risultato finale fu una dittatura pura e semplice. Certo, le sue origini non si ebbero in un oscuro ufficio dei servizi segreti o del ministero degli Esteri di una superpotenza e neanche in una scuola militare per aspiranti dittatori latinoamericani.
Simpatizzanti delle teorie di complotto permettendo, essa fu il risultato genuino di una sollevazione popolare che complessivamente durò per almeno 12 anni: dal 1905 fino al 1917. Di conseguenza, se vogliamo basarci sullo studio della scienza della Storia, abbiamo la prova provata che la rivoluzione c’è stata e che questa rivoluzione, questo atto rivoluzionario delle forze popolari, le forze degli uomini e delle donne di quella società, riuscì, come in altri casi analoghi nel passato, a rovesciare un regime parassitario e reazionario che succhiava il sudore e il sangue del popolo.
Accettare questo equivale ad accettare che l’atto rivoluzionario e’ potenzialmente presente in quasi ogni momento del percorso storico anche se non sempre trova il modo per manifestarsi concretamente. Infatti, la prima, storicamente riferita, sollevazione rivoluzionaria di un popolo risale al 507 aC quando il popolo ateniese cacciò i rappresentanti del regime oligarchico con i quali l’aristocratico Isagora aveva arbitrariamente sostituito i membri dell’assemblea della città, e riportò in carica l’esiliato Clistene, uno dei padri della democrazia nella Grecia classica. Ma anche dopo, in tutta la storia della Grecia classica, la consapevolezza della parola magica “diritti”, ossia lo spirito democratico, era sempre viva, e c’è stato un susseguirsi di rivoluzioni democratiche popolari e di colpi di stato aristocratici che naturalmente come obbiettivo ultimo avevano la spartizione della torta sociale secondo il famoso detto dell’epicureo Mitròdoros: “Inizio e radice di ogni valore e’ la pancia e tutte le complicate matterie e problemi che affliggono l’uomo finiscono in essa”.
Il problema era che gli aristocratici, (àristos + kràtos cioè il potere dei migliori, ove per “migliori” i proprietari terrieri intendevano se stessi) non volevano spartire niente con i democratici (dìmos + kràtos cioè il potere del popolo) e la cosa, in un modo analogo, si svolse anche nella Res Pubblica dell’antica Roma tra patrizi e plebei. L’avvento del dio della guerra Ares in persona (Alessandro il Magno) in Grecia e dei generali imperatori in Italia mise fine a queste guerre di classe antiche, globalizzando per la prima volta il mondo, e per più di mille anni l’umanità sprofondò nell’oscurità più buia conoscendo un regresso senza precedenti in ogni settore della scienza: Tra Archimede e Copernico e tra Erone di Alessandria e Leonardo da Vinci il nulla assoluto. 1.600 anni uguali a zero.
Lo scontro sociale di classe riprese momento per ragioni relative al processo produttivo dell’attività umana, circa verso la metà del precedente millennio e specialmente dopo la Rivoluzione Francese del 1789. Come si e’ visto queste ragioni erano state per la prima volta accennate nella Grecia classica ma poi erano sostanzialmente neutralizzate tramite una specie di globalizzazione dell’epoca, cioè il susseguirsi di imperi da Alessandro in poi. Dal 1789 però e fino a buona parte della seconda metà del 900, tutto il mondo venne scosso da un susseguirsi di rivoluzioni in quasi tutti i continenti. Di nuovo il fattore determinante per questo tipo di sviluppo fu l’acquisizione, per una volta ancora, del senso dei diritti, cioè la riapertura dell’eterno problema della spartizione della torta.
La domanda scottante perciò non e’ se una rivoluzione e’ possibile, bensì se una rivoluzione e’ possibile oggi.
Cerchiamo allora di far corrispondere i pezzi del puzzle del 1917 con i pezzi che abbiamo a disposizione in questa malandata Europa della seconda decade del 21o secolo. Poi, ognuno sarà libero di trarre le proprie deduzioni.
Allora c’era lo zarismo mentre ora abbiamo la troika, i banchieri e i cosiddetti poteri forti. Naturalmente si possono fare varie riflessioni ma, come ruolo, stiamo parlando di due cose perfettamente analoghe.
Il punto chiave e’ la famosa questione delle alleanze di classe. Allora c’era l’alleanza tra proletari e contadini. Che cosa possiamo mettere al suo posto oggi? Ma esiste un problema più semplice di questo? Al tempo della rivoluzione russa si doveva pur fare una distinzione tra una classe sociale e l’altra che il progetto di alleanza di classe doveva lasciar fuori: solo tra la classe dei contadini esisteva una pletora di suddivisioni. Poi i vari piccoli funzionari o dipendenti pubblici erano fuori dall’equazione. Per non parlare della classe dei nobili che naturalmente si schieravano dall’altra parte costituendo però una classe in sé . E tutto ciò senza considerare le suddivisioni etniche di quel paese vastissimo. Insomma un bel caos. C’è da chiedersi come abbia fatto il maestro!
E oggi? Per essere onesti bisogna riconoscere che allora la gente aveva sulle spalle i 3 anni di massacri inutili e idioti della 1a GM e non ne poteva più a differenza di noi che oggi abbiamo sulle spalle 30 anni di consumismo idiota che affievolisce l’abilità critica e il senso di dignità del cittadino. Se però si va a ragionare in termini di interesse di classe e quindi di alleanze di classe, se si va ad esaminare chi viene colpito dalle “riforme strutturali”, l’austerità indiscriminata, la demolizione dello stato sociale e via dicendo, sfido io chi mi troverà una classe sociale che sia pro-troika per interesse di classe naturalmente. Non il cugino del vicino che gli hanno promesso il posto di non so che, ma una classe sociale intera. Non c’è niente. Oggi tutta la società civile e’ potenzialmente anti-troika, poliziotti e carcerieri compresi. La parola chiave e’ “Popolo”. Tutto il popolo.
E in più viviamo in un’epoca nella quale anche se hanno messo nel mirino i nostri diritti sociali, civili ed umani, questi diritti sono ben presenti non solo nella memoria collettiva della società, ma la quasi totalità di essi continuano a trovarsi in validità e sono contenuti nella Costituzione e nelle Leggi dello Stato.
Questa e’ una lotta per la liberazione nazionale e perciò per la difesa della patria che e’ la garanzia dei nostri diritti. Che loro vogliono abolire per riportarci con la loro globalizzazione verso un nuovo medioevo ove dimenticheremo il significato della parola “diritti”. Ma loro sono dei fuorilegge perché hanno calpestato ogni regola scritta e non hanno nessuna base di legittimazione.
Che cosa manca? Manca la presa di coscienza di classe. Il che vuol dire capire quanto siamo incazzati e forti noi e quanto sono, nella loro prepotenza e apparente supremazia, terrorizzati e inesistenti loro. Solo questo. Non e’ poco né e’ facile. Ma la storia non ha mai detto che la rivoluzione e’ una cosa facile. La storia dice che la rivoluzione e’ possibile.
Georgios
Fonte: www.comedonchisciotte.org
19.8.2014
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Lenin#La_rivoluzione_del_1905_e_il_III_congresso_del_POSDR
(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Lenin#La_prima_guerra_mondiale