DI GIOVANNI GIOVANNETTI
Il primo amore
Flavia Fulvio è una cara amica molto onesta leale e combattiva. A Pavia, come consigliere provinciale, ha condotto significative battaglie sulla moralizzazione della vita pubblica, brandendo la bandiera dell’Italia dei Valori, e pagando personalmente notevoli prezzi umani e politici. Il 3 gennaio il quotidiano locale ha pubblicato una lettera di Flavia, nella quale racconta di aver ricevuto da Antonio Di Pietro un biglietto natalizio con firma autografa, sottolineando che il costo di quegli auguri «non è a carico degli italiani», perché l’ex magistrato ha pagato il francobollo «di tasca sua». Flavia conclude affermando che la «moralità e l’etica» di Antonio Di Pietro «non sono a fasi alterne». Tutto questo è molto onorevole, come tante altre piccole cose. Ma veniamo a cose meno piccole: il 2 gennaio, su “il Giornale” di Belpietro leggo che il 26 luglio 2004 (il giorno prima dell’approvazione dei rimborsi elettorali europei da parte della Camera) Antonio Di Pietro «ha costituito una associazione composta da lui stesso, dalla moglie Susanna Mazzoleni e dall’onorevole Silvana Mura» denominata “Italia dei Valori”, totalmente estranea al partito-movimento omonimo. Leggo che il finanziamento pubblico al partito – ben 40 milioni di euro – non è andato nelle casse del partito-movimento ma in quelle della privatissima omonima associazione. Leggo che il Tribunale di Milano ha dato atto della «gravità dei fatti denunciati» consistenti tra l’altro nell’auto-approvazione «di rendiconti preventivi e consuntivi per milioni di euro», lamentando anche i mancati controlli della Camera. “il Giornale” berlusconiano insiste poi su altri dettagli – per niente marginali – che tralascio. Il 3 gennaio, anche “Libero” apre su questo argomento, dando la parola a Di Pietro; il 4 gennaio – implacabili – Gian Mario Chiocci e Massimo Malpica del “Giornale” replicano punto su punto al leader dell’Italia dei Valori. Ne esce un affresco imbarazzante. Nessun partito italiano – e forse nessun partito europeo – ha mai sdoppiato la struttura in questo modo. Se, come dice Di Pietro, partito-movimento e associazione «sono la stessa cosa» (e non è vero), allora perché fondare l’associazione? Sempre sul “Giornale” del 2 gennaio leggo che «ad approvare il rendiconto relativo alle elezioni 2004 è stato il solo Di Pietro, quale presidente dell’Associazione. Non esiste alcun verbale di approvazione da parte dell’assemblea del partito, né per il 2004, né per gli altri anni, precedenti e successivi».
Tutto vero? Tutto falso? Nel partito sapevano? Mi fiondo in internet. Mai fidarsi di internet, gira un sacco di spazzatura. Ma dal letame… Forse Antonio Di Pietro è solo un omonimo del proprietario dell’immobiliare An.to.cri. che gestisce una decina di case, alcune delle quali nella capitale, comprese le due affittate al partito-movimento Italia dei Valori. Con il ricavato l’omonimo di Tonino starebbe pagando il mutuo sulle medesime. Nulla di illegale, s’intende…
Interrogo Flavia, lo faccio pubblicamente, dal blog del Circolo Pasolini. Flavia abbozza una blanda linea difensiva: parla del «clima diffamatorio», dell’«obiettivo chiaro di denigrare l’unico politico che attualmente fa l’opposizione» e che lei non crede «alle accuse sull’utilizzo personale dei fondi del partito» (qualcuno lo ha accusato?). Mi ritrovo a pensare che “il Giornale” – e la carta stampata in genere – oggi contano come il due di picche; e che se Berlusconi avesse voluto attaccare Di Pietro per davvero, lo avrebbe fatto rosolare per giorni e giorni a fuoco lento dai suoi telegiornali. L’attacco sarà anche denigratorio (e spero che Di Pietro possa difendersi) ma a me è sembrata una puntura d’insetto, tanto fastidiosa quanto innocua, una specie di blando avvertimento.
Flavia sa solo ripetere quanto ha detto lo stesso Di Pietro, e questo è un modo per eludere la mia ben più modesta domanda: è vero oppure è falso? Lei replica, sostenendo che è solo «merda inserita nel ventilatore mediatico…»
A quanto pare, chiedere informazioni sul papa in chiesa equivale ad inserire merda nel «ventilatore mediatico», e spargere schizzi su chierici e addobbi. Ma se di giorno il “papa” guida la campagna contro la prostituzione, pretendo che la sera non vada a puttane! Vorrei che i suoi comportamenti fossero «morali ed etici» e che i preti e i chierici della sua “chiesa” sapessero dove vanno a finire i proventi delle questue.
Flavia ha infine ammesso di non sapere se il bilancio disponibile è quello del partito o quello dell’associazione; dice che si informerà. E forse ha ragione quando dice che «la moralità e l’etica» di Antonio Di Pietro «non sono a fasi alterne» bensì saldamente ancorate ai valori. Quali valori? Quelli bollati sulle cartoline di Natale o le banconote privatizzate sul conto di una associazione di tre persone, sfiduciabili solo da loro stesse?
In un qualsiasi altro Paese, dopo accuse come queste, uno come Di Pietro sarebbe tenuto a convocare immediatamente una conferenza stampa; e dovrebbe sentirsi in obbligo di esibire gli estratti conto bancari per dimostrare la totale infondatezza di certe “rivelazioni”; e naturalmente querelare i due giornalisti e il loro direttore per le diffamazioni di cui è stato vittima. Ma siamo in Italia, non a Bananopoli, e i dubbi restano. E con loro anche l’attuale opposizione parlamentare, che ci siamo meritati.