L’etica nella Storia

Attento studio di Loreto Giovannone su come l'etica si é rapportata alla storia italiana che ci è stata raccontata.

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Di Loreto Giovannone, ndmagazine.it

L’etica di cui qui si intende è il principio aristotelico della riflessione intorno al comportamento pratico dell’uomo, ai principi che lo devono guidare e al dove trarre questi principi. Essendo la storia il racconto della politica del passato, la sua utilità ha valore universale solo se fondata su testimonianze e documenti. Se la storia diviene strumentale agli scopi di chi la racconta, in questo secondo caso, è irrilevante, inutile, la discussione sulla verità o il suo raggiungimento.

Foto 1
Allegoria della Storia e suo trionfo sul tempo, affresco di Anton Raphael Mengs
sul soffitto della Camera dei Papiri ai Musei Vaticani (1772)

 

Nell’epoca attuale la manipolazione della Storia ha superato gli già alti livelli del passato. Le sofisticate, occulte, tecniche di manipolazione delle masse hanno condotto all’assenza di verità storica, il prezzo sarà il collasso dell’occidente. Sin dall’inizio del XXI secolo si osservano nella società occidentale segni di una irreversibile decadenza, sembra che un ciclo sia destinato a chiudersi e deviare verso l’esaurimento del sistema finanziario, materialista e globalista della storia moderna. È auspicabile per l’Italia che i gravi eventi storici attuali possano portare, almeno in parte, al superamento dell’accademismo che fa da cassa di risonanza alla propaganda del potere. È auspicabile il profilarsi una nuova lettura della storia al di fuori del condizionamento ideologico, non inquinata dal potere dominante. Mentre nelle università estere lo storicismo etico è praticato, nelle università italiche no, anzi si assiste ad un assurdo arroccamento sulle origini sabaude dello Stato odierno. Gli storici attuali o formati nel dopoguerra sono tutt’ora schierati per la propaganda unitarista e per le numerose invenzioni retoriche, artificiose, false della presunta Unità italica. Storici accademici italici che per rendita di posizione o per carriera, evitano l’etica nell’analisi del passato, adottano l’accomodante artificiosa versione ufficiale negando con protervia il contenuto dei documenti che le istituzioni conservano nei suoi stessi Archivi di Stato. D’altronde avrebbero dovuto affrontare l’argomento spinoso della finta democrazia che in soli ottant’anni c.a. è stata fatta passare dalle monarchie o reggenze granducali, alla monarchia parlamentare, al regime totalitario, alla repubblica, e poi alla falsa repubblica eterodiretta da un sistema di potere, economico finanziario, sovranazionale. Rimane inoltre aperta la questione, mai affrontata, delle costituzioni massoniche che a partire da quella di Cadice del 1812 sono state adattate a cascata nelle epoche successive. In fine c’è un argomento centrale per chi scrive la Storia: le norme morali scritte nella natura dell’essere umano. Le idee sono gli strumenti che abbiamo per smontare le falsità dei manipolatori accademici, forse con l’evoluzione del pensiero riusciremo a smascherare le imposture, l’inganno della narrazione storica e vedere le nuove prospettive storiche grazie ai documenti d’Archivio di Stato e all’apporto di storici stranieri.

Le origini dei fatti politici attuali sono da ricercare nella “grande trasformazione” concretizzata nell’800 che lo studioso ungherese Karl Polanyi, noto per la sua critica della società di mercato nel suo libro “La Grande Trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca”. Secondo Polanyi studioso dei fenomeni economici, prima della grande trasformazione l’economia era integrata nella società e le persone basavano i loro scambi non esclusivamente sul profitto ma sulla redistribuzione dei beni fondata su relazioni personali e comunitarie e su rapporti di reciprocità. Tuttavia, con l’affermazione della Rivoluzione industriale e la teoria dell’economia politica classica si è affermata una diversa concezione del rapporto tra società ed economia. Si crearono mercati competitivi che minarono queste precedenti tendenze sociali, sostituendole con istituzioni e mentalità che mirassero a promuovere un’economia di mercato auto-regolamentata. Secondo Polanyi, le conseguenze di questo nuovo modello economico si sono rivelate però distruttive ed insostenibili sia per le società in cui si è affermato sia per il sistema politico-economico internazionale. (1) La trasformazione avvenuta con l’Unificazione italica interessò anche il sistema del debito degli Stati preunitari, se per secoli i soggetti contraenti il debito erano stati i regnanti, con l’introduzione delle Costituzioni i soggetti contraenti il debito divennero i “cittadini” sudditi, trattati come soggetti fiscali nel consorzio sociale. Le masse popolari ottocentesche, interdette dai diritti civili, dal mondo monetario e dalle leve del credito, furono ideate e sviluppate come “forza lavoro”, massa e schiavi funzionali all’industria, proletariato urbano secondo alcuni. Il passaggio non fu né immediato, né indolore, dalla primaria definizione del censo che permetteva di acquisire i diritti civili quale il voto o un posto ai piani superiori della scala sociale, si usarono le Costituzioni che promettevano libertà e diritti in cambio di una implicitá sempre più crescente tassazione. Con l’Unità venne introdotto un sistema fiscale asfissiante, tassa sulla ricchezza mobile, tassa sul macinato, tassa sui beni di consumo (la più vessatoria colpì le classi più povere fu la tassa sul carbone detta “tassa del focolare”), neanche le classi agiate furono risparmiate la prima tassa sugli immobili fu introdotta a Napoli. Ad occuparsi della introduzione del nuovo sistema fiscale fu scelto l’ingegnere idraulico dal curioso cognome del comune di nascita Sella di Mosso. Quintino Sella il 3 marzo 1862 fu nominato Ministro delle finanze nel Governo Rattazzi, rieletto ministro delle finanze il 27 settembre del 1864 sotto il nuovo Governo La Marmora e anche successivamente. In parlamento fu formato il clan familiare Sella con Sella Giovanni Battista e suoi nipoti Quintino Sella, Giuseppe Saracco (cugino di Sella e coniugato con la cugina Virginia Sella, Quintino lo nominò Segretario generale delle finanze nel governo La Marmora II).

Sella

Foto 2

Quintino un ministro delle finanze in affari nelle miniere sarde, come del resto Vittorio Emanuele, fu il tenace esecutore degli ordini a lui impartiti in Inghilterra dalle tre case bancarie finanziatrici estere del nuovo Stato liberale; Rothschild Londra, Rothschild Parigi, Hamro Londra. Quintino Sella, cognome ebraico di ceppo germanico (2), liberale massone, ministro delle finanze nei primi governi liberali, al servizio delle direttive imposte dalle banche straniere, instaurò il nuovo sistema economico fiscale gravato altresì dai costi dell’unificazione. Sella attribuì ai singoli Comuni il gravame dei nuovi debiti che rischiarono il default per finanziare il nuovo Stato liberale, anche il comune di Firenze andò in bancarotta. Sella, attuando la politica dei prelievi periferici con inasprimenti fiscali, la tassazione sui consumi e sui redditi che prima non c’era, ricorse a pesantissimi provvedimenti impopolari e vessatori, era nata la disunità d’Italia.

SELLA va a LONDRAtory tax caricatura

A trarre vantaggio dalla introduzione di questo nuovo sistema economico finanziario furono le suddette case bancarie europee, sempre più ricche e potenti provvedevano ad indebitare i governi italici nelle differenti forme politiche, assoggettati alle rigide regole delle banche private europee che finanziavano e condizionavano gli Stati. Nei soli primi dieci anni di pessima Unità l’ammontare del debito complessivo superò la cifra spaventosa di un miliardo e trecento milioni di lire piemontesi. Il primo “grande reset” nell’Europa della metà dell’800, lungamente preparato, fu attuato con l’unificazione italica sotto stretto controllo della massoneria anglo-americana. Oggi viene spacciato ipocritamente per “attività di risanamento del bilancio italiano” senza considerare la precedente indipendenza economica e monetaria e il rastrellamento dell’ingente quantità di monete coniate (oro e argento) dai sette stati che avevano una propria sovranità monetaria, prima dell’Unità fatta manu militari, si mente difronte alla più plateale delle evidenze. La rilevanza della finanza statale è parte della adottata centralità dello Stato che amministra il denaro pubblico ma che era comunque finanziato da banche private. Con il grande “reset” di metà ‘800, non è un caso che vengono introdotti nuovi concetti ideologici di “ente” tipico dell’hegelismo, di liberismo, di colonialismo, di positivismo, con il superamento dell’epoca furono concetti destinati al fallimento e in parte abbandonati.

Dopo 162 anni di Unità il resoconto non è del tutto positivo. Al nord fu imposta con artifici pseudo patriottici, a sud fu imposta manu militari poi con un plebiscito farsa che molti storici hanno ignorato. L’analisi degli effetti dell’Unità sono stati abbandonati dagli storici su un binario morto tanto che è sconveniente parlare delle c.a. 250.000 vittime del “brigantaggio” e della deportazione di c.a. 160.000 civili nei 10 anni di guerra per l’annessione del Mezzogiorno; sconvenienti parlare dei 100 milioni della grande emigrazione in 160 anni; sconvenienti le 650.000 vittime della prima guerra mondiale; sconvenienti le 450.000 vittime della seconda guerra mondiale; sconveniente constatare la creazione della colonia interna nel mezzogiorno teorizzata dalla scuola ligure e attuata dei liberali e da tutti i successivi governi politici, infine non è conveniente cimentarsi nell’analisi delle crisi economiche ricorrenti e costanti. L’ignavia degli accademici preferisce l’accusa di revisionismo per chiunque con mezzi propri, intellettuali o economici, abbia pubblicato studi storici non allineati con la propaganda sabaudo-liberale. La totalità degli storici indipendenti meridionalisti ha ricevuto l’etichetta di revisionista al di là del valore e della qualità dell’indagine storica, nel frattempo le condizioni economiche e sociali del sud, certificate dall’associazione SVIMEZ (3), furono e sono tutt’ora precipitate nel profondo sottosviluppo tipico della colonia interna.

Di Loreto Giovannone, ndmagazine.it

Loreto Giovannone. Studioso di storia alla ricerca dell’identità culturale e geografica delle origini. Studioso dei documenti amministrativi e ufficiali dell’Unità d’Italia conservati negli Archivi di Stato. Scopritore della prima deportazione di Stato di civili del Sud Italia nei lager del centro nord. La prima deportazione in Europa attuata dallo Stato italiano dal 1863, circa settanta anni prima del nazismo. Scrittore, articolista di argomenti storici con la predilezione della multidisciplinarietà di scuola francese. Convinto assertore che la Storia è la politica del passato.

NOTE

(1) – https://it.wikipedia.org/wiki/La_grande_trasformazione (26.08.2022)

(2) – Surnames in Dictionary of German-Jewish Surnames https://www.avotaynu.com/books/MenkNames.htm (27.08.2022)

(3) – http://lnx.svimez.info/svimez/ (27.08.2022)

Link fonte: www.ndmagazine.itNatura docet: la Natura insegna – Anno III – n.9 – Ottobre 2022, p.56/58

Articolo di Loreto Giovannone, Comitato Scientifico ND –  Pubblicato da Giulio Bona per ComeDonChisciotte.org

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