Le quattro età dell’uomo

AVVISO PER I LETTORI: Abbiamo cambiato il nostro indirizzo Telegram. Per restare aggiornato su tutti gli ultimi nostri articoli iscriviti al nostro canale "Ultime Notizie".

Di Marcello Veneziani

La vita dell’uomo, come quella del mondo, è scandita da quattro stagioni a cui corrispondono altrettante vocazioni. Da bambino l’uomo è filosofo, e a dirlo sorprende, pensando che la saggezza si acquisisca con gli anni, come stigmate dell’esperienza. Ma se la filosofia nasce dalla meraviglia per il cosmo e la vita, per l’essere e il morire, allora lo stupore infantile è alle fonti della filosofia. Il filosofo risale all’infanzia del cosmo, coglie la verità del mondo al suo atto sorgivo. E accoglie con meraviglia le manifestazioni della vita. Lo diceva del resto anche il grande Aristotele: la filosofia sorge dallo stupore, la sorpresa di essere al mondo.

Dopo la primavera del bambino filosofo viene l’estate del ragazzo poeta. L’età che parte dall’adolescenza e attraversa la giovinezza è l’età poetica per eccellenza. Lo stupore muta in emozione, a volte in commozione, nasce il desiderio non solo di conoscere ma di abbracciare il mondo, e questo è propriamente l’impulso di amore che domina la giovinezza. Il poeta è colui che fa, come insegnano i nostri maestri greci; il giovane crede di poter modificare poeticamente il mondo, di poter realizzare i sogni e di poter conquistare la vita e fecondare la sorte. Le energie eccedono, traboccano dal proprio corpo e si uniscono al mondo per renderlo gravido di sé.

Poi viene l’autunno della maturità, la perdita dell’incanto secondo taluni, la conquista della realtà e dei suoi limiti, secondo altri. L’albero della vita si spoglia delle sue foglie e appare nella sua nudità. Qui diventa centrale l’opera, il lavoro, la famiglia, la comunità, la città, l’edificazione e il mantenimento. L’uomo adulto è concittadino; la sua dimensione preminente è dunque la politica, la necessità principale è governare la vita, dalla famiglia alla città.
Ma col passare degli anni e con il sopraggiungere dell’età grave, ritornano le domande dell’infanzia e ritorna la poesia, non più legata all’azione ma alla contemplazione. E la precarietà della vita, la perdita di chi ti è caro con le sue cerimonie d’addio, la morte davanti, ti induce a pensare alla tragica sorte di chi vive sull’orlo dell’infinito conoscendo la sua finitezza e si dispone alla morte, aspirando all’immortalità. In quella quarta e finale stagione invernale l’uomo è religioso. La senilità gli ha profuso con l’esperienza e la prossimità della morte l’aura ieratica e la vanità delle cose mondane. Così l’uomo diventa profeta.

Ecco le quattro stagioni della vita: ciascuna di esse ha una sua propria bellezza, un suo fascino ed una sua piena ragione di esprimersi. A nessuna di esse possiamo rinunciare, perché l’uomo coincide con le sue quattro stagioni, la sua umanità è raccolta in quei quattro stati che si richiamano e si sostengono a vicenda. Il bambino filosofo può dirsi la primavera dell’uomo nel fiorito risveglio del mondo, il ragazzo poeta esprime invece la pienezza calda e fruttuosa dell’estate; il cives maturo coglie l’autunno della vita in cui la luce si ritira ma si raccoglie e si vendemmia; e la vecchiaia è infine il raccogliersi religioso intorno al focolare divino per scaldarsi dal frigido inverno.

(Lucilio a Seneca, in Vivere non basta, Mondadori, 2011)

Di Marcello Veneziani

06.03.2023

Marcello Veneziani, giornalista e scrittore.

Potrebbe piacerti anche
Notifica di
3 Commenti
vecchi
nuovi più votati
Inline Feedbacks
View all comments
3
0
È il momento di condividere le tue opinionix