Di Zivadin Jovanovic
Il 24 marzo scorso, il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, l’Associazione dei Generali e Ammiragli di Serbia, l’Associazione dei Veterani SUBNOR di Serbia e altre associazioni indipendenti e think tank, hanno celebrato il 24° anniversario dell’aggressione della NATO alla Serbia e al Montenegro (Repubblica Federale di Jugoslavia) onorando gli eroi caduti nella difesa del Paese e tutte le vittime di questo atto illegale e criminale.
Come è ampiamente riconosciuto, questa aggressione è stata intrapresa in violazione dei principi fondamentali del Diritto Internazionale, compresa la violazione della Carta delle Nazioni Unite e senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Considerando che la Jugoslavia non rappresentava una minaccia per nessun Paese membro della NATO, la leadership della NATO ha violato persino il suo stesso atto costitutivo, mentre i Paesi membri della NATO hanno violato le loro stesse costituzioni, nella misura in cui hanno agito senza l’autorizzazione dei rispettivi Parlamenti.
Alla conferenza di alto livello dell’Alleanza atlantica, tenutasi il 28-30 aprile 2000 a Bratislava, i rappresentanti degli Stati Uniti hanno confermato esplicitamente agli alleati e poi ai candidati alleati, tre importanti motivazioni per la “guerra contro la Jugoslavia”: in primo luogo, sottrarre il Kosovo (e Metohija) alla Serbia e renderlo uno Stato separato e indipendente; in secondo luogo, trasformarlo nella portaerei dei Balcani per le truppe statunitensi; e, in terzo luogo, creare un precedente per gli interventi militari in tutto il mondo senza richiedere il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Sebbene sia stata falsamente presentata dai mass media come “intervento umanitario”, in realtà è stata la guerra di espansione geopolitica della NATO/USA verso est, verso i confini russi, creando anche il precedente per aggressioni successive: Afghanistan, Irak, Libia, Siria… L’istituzione immediata della grande base militare statunitense “Bondstil”, nei pressi di Urosevac, in Kosovo e Metohija, è stata solo la prima di una lunga catena di nuove basi militari USA nell’Europa centrale e orientale: Bulgaria (3), Romania (3), Polonia…
Così la NATO non solo ha portato la prima guerra sul suolo europeo, ma allo stesso tempo ha fornito un impulso straordinario all’intenso processo di militarizzazione del Vecchio Continente. Tutti i Paesi membri sono stati obbligati a destinare il 2% della spesa militare del loro PIL, ad adattare le infrastrutture civili ai nuovi requisiti militari, a limitare la vendita delle principali aziende ai soli investitori potenziali dell’UE e della NATO (“per motivi di sicurezza”), a non importare nuove tecnologie da “fornitori inaffidabili” (5G), a non acquistare gas e petrolio da coloro che li utilizzano “per minare la sicurezza dell’Europa”.
I missili, compresi quelli con bombe all’uranio impoverito, incluse le bombe a grappolo, sono caduti in Serbia e Montenegro, uccidendo i loro cittadini e distruggendo la loro economia. La Serbia si sta ancora riprendendo dalle immense perdite economiche e sociali. Belgrado e altre grandi città, anche nelle zone centrali, continuano a convivere con le rovine e le macerie degli edifici governativi e di altri edifici bombardati dalla NATO. Ma allo stesso tempo, l’aggressione della NATO del 1999 contro la Serbia e Montenegro (RFJ) ha distrutto l’intera architettura di sicurezza e di cooperazione dell’Europa e del mondo, cancellando Teheran, Jalta, Potsdam, Helsinki e altri accordi e pilastri dell’ordine post-Seconda guerra mondiale, portando così disordine, insicurezza e persino il caos.
L’aggressione della NATO terminò con la risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (1999), che garantiva la sovranità e l’integrità territoriale della Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia) e un’ampia autonomia per la Provincia del Kosovo e Metohija all’interno della Serbia. L’aggressione, tuttavia, è continuata da allora con altri mezzi. Sebbene la Provincia fosse sotto il mandato dell’ONU e la KFOR, composta per lo più da truppe NATO, autorizzata a garantire una uguale sicurezza a tutti, circa 250.000 serbi e altri non albanesi sono stati epurati, le loro case bruciate, le terre usurpate. Nel 2008, l’ex leadership terroristica dell’UCK ha proclamato la secessione unilaterale. I Paesi della NATO e dell’UE, ad eccezione di Spagna, Romania, Slovacchia, Grecia e Cipro, sono stati tra i primi a riconoscere la secessione, consapevoli del fatto che era contraria al diritto internazionale, alla risoluzione 1244 del CS delle Nazioni Unite e alla Costituzione della Serbia.
Ultimamente, la Serbia sta subendo pressioni senza precedenti da parte di USA/NATO/UE perchè eviti di opporsi all’adesione del Kosovo alle organizzazioni internazionali, tra cui l’ONU, per stabilire relazioni di buon vicinato basate sull’uguaglianza, sul rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale, per riconoscere reciprocamente lo Stato e i simboli nazionali, per stabilire relazioni quasi diplomatiche. Con il pretesto della “normalizzazione delle relazioni”, l’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, cerca di fatto di obbligare la Serbia a riconoscere de facto il nuovo Stato del Kosovo, nato dall’aggressione della NATO del 1999. Le promesse di adesione all’UE, gli investimenti e le donazioni vengono sfruttati per spingere la Serbia a riconoscere la secessione di una parte del territorio del proprio Stato, rinunciando così a tutti i diritti fondati sul diritto internazionale, sulla Carta dell’ONU, sulle garanzie della CS dell’ONU e sulla propria Costituzione. Tutte queste richieste sono contenute nel cosiddetto “Accordo sul percorso di normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia”, presentato alla Serbia il 27 febbraio 2023 e confermato il 18 marzo 2023, a Ohrid, nella Macedonia del Nord, sotto forma di un ultimatum più o meno aperto. È interessante notare che questo ultimatum, accompagnato dalle minacce di misure e restrizioni economiche, finanziarie e di altro tipo in caso di mancato rispetto, sarà confermato dal Consiglio Europeo il 24 marzo 2023, data in cui esattamente 24 anni fa la NATO iniziò a bombardare Belgrado, Pristina e altre città in tutta la Serbia.
Quali sono le vere ragioni di tutto questo? Rendere il Kosovo idoneo a entrare nella NATO e persino a unirsi all’Albania; stabilire la completa egemonia NATO nei Balcani, Serbia e Bosnia-Erzegovina incluse; allontanare la presenza russa e cinese dai Balcani; rimuovere l’obiezione di cinque Stati membri dell’UE (quattro della NATO) al riconoscimento della secessione unilaterale del Kosovo, ristabilendo così l’unità all’interno delle alleanze.
L’aggressione della NATO a Serbia e Montenegro (RFJ) nel 1999, ha rappresentato il punto di svolta dell’Alleanza da difensiva ad aggressiva, dell’Europa parzialmente autonoma alla completa sottomissione agli Stati Uniti nel perseguimento della globalizzazione dell’interventismo e del confronto globale con Russia e Cina. Sebbene sembrasse il culmine dell’arroganza unipolare e dell’egemonia USA/NATO, essa è stata un campanello d’allarme per tutti coloro che credono in un nuovo ordine mondiale democratico.
Zivadin Jovanovic,
Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali
19 Marzo 2023
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Fonte: https://www.wpc-in.org/statements/nato-1999-aggression-yugoslavia-turning-point
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare – https://www.resistenze.org/sito/te/po/yu/poyunc29-026138.htm