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La Redazione

 

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La politica monetaria e creditizia del fascismo

Dagli "Annali di Economia" del 1934 a firma Bottai e Guarneri.
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A cura di Katia Migliore
Il 2 Luglio 2024
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Di Katia Migliore per ComeDonChisciotte.org

Nella prima fase del ventennio, la politica economica del regime seguì in tutto e per tutto le logiche liberiste, per iniziativa soprattutto del ministro delle Finanze e del tesoro Alberto De Stefani, che diede vita a una politica di diminuzione del disavanzo del bilancio dello Stato. La sua politica entrò in crisi nel 1925 in occasione del deprezzamento massiccio della lira, a causa del quale si dimise nel giugno 1925, sostituito da Giuseppe Volpi.  Il 18 luglio 1926 a Pesaro Mussolini pronunciò il discorso in cui lanciò l’obiettivo di quota 90, ossia il raggiungimento di un cambio con la sterlina pari a 90 lire. Iniziò così la politica di restringimento del credito che provocò la rivalutazione della lira, ma al contempo una deflazione “selvaggia” che comportò una contrazione dei salari, dell’occupazione industriale e una sostanziale stagnazione della domanda e dei consumi; impose cioè costi economici e sociali rilevanti che si ripercuoteranno nella fase successiva caratterizzata dalla crisi internazionale del 1929. Fu la necessità di un sostegno forte della domanda, oltre alla precaria situazione dei settori bancari e industriali, che provocò fin dai primi anni trenta un accentuarsi dell’intervento dello Stato in economia. 

Pubblichiamo qui alcuni stralci dalla relazione degli Annali di Economia a firma di Giuseppe Bottai e Felice Guarneri, che tracciano in modo chiaro le problematiche economiche affrontate dal Regime nel primo decennio della sua esistenza.

 

1. – Un campo dell’economia moderna, nel quale l’intervento dello Stato può ritenersi comune a tutti i paesi civili senza eccezione, è certamente quello della moneta. La generalità del fenomeno fa sì che esso sfugga all’ osservazione dei più; non è meno vero che l’intervento dello Stato assume proprio nel dominio monetario, oltre che l’estensione più ampia, anche sua maggiore intensità. Dappertutto la moneta è emessa o dallo Stato direttamente o da istituti, cui lo Stato ha concesso la facoltà
di emetterla ; più generalmente, lo Stato emette la moneta divisionale e gli istituti di emissione i biglietti di banca. Nell’un caso o nell’ altro, lo Stato regola l’emissione allo scopo di tenere la massa monetaria entro i limiti delle necessità economiche e finanziarie di ciascun paese.

3. – Nel complesso, la politica monetaria e creditizia è, fra tutte le forme di intervento statale, quella che raggiunge forse il massimo di estensione e di profondità e, data l’importanza fondamentale dell’ elemento su cui opera, è certamente quella che dà luogo alle ripercussioni più vaste ed imponenti, non soltanto nel campo strettamente economico, ma altresì nel più vasto campo dei rapporti sociali. Occorre appena ricordare, infatti, che, se la politica creditizia costituisce uno dei più cospicui fattori dell’ orientamento dell’ attività economica privata, e pertanto concorre in notevole misura a determinare, quando sia perseguita per un tempo abbastanza lungo e con uniformità di intenti, la struttura economica di ciascun Paese, la politica monetaria influisce, oltre che sull’ attività produttiva, anche sulla distribuzione dei redditi provocando conseguenze notevoli per quello che attiene alla esistenza ed alla posizione rispettiva delle differenti categorie sociali.

6. – Quando, nell’ ottobre del 1922, venne instaurato in Italia il Regime fascista, la situazione dei Paese era, dal punto di vista monetario, così come da ogni altro punto di vista, estremamente delicata. La lira aveva subito nei primi anni del dopoguerra una rapida e violenta svalutazione : il dollaro che nel marzo 1919 valeva ancora meno di 7 lire, era arrivato a valerne 29.80 alla fine di dicembre 1920.

7. – Sebbene una tendenza dell’ ulteriore svalutazione della lira non risulti dall’ andamento delle quotazioni, il pericolo di un improvviso crollo della nostra valuta incombeva ancora. Basterà ricordare la situazione del bilancio statale, che erasi chiuso nello esercizio 1921-22 con un deficit di oltre 15 miliardi e mezzo ; la situazione delicatissima che era venuta a crearsi in seguito alla crisi bancaria del 1921 e, infine, la scarsa copertura, che ammontava a poco più di un miliardo di lire (alla pari) in oro effettivo e poche centinaia di milioni di lire in valute equiparate, poco o nessun affidamento potendosi fare sull’ oro depositato all’ estero, che difatti non è rientrato ancora oggi che in minima parte.

8. – Nel corso dei secoli, gli Stati, essendo generalmente i più grandi debitori, sono sempre stati piuttosto favorevoli alle svalutazioni che hanno attuato prima di tutto a proprio beneficio. Ma il Governo fascista ha giustamente anteposto, ad ogni considerazione di bilancio, la necessità sociale ed economica di tutelare il risparmio ed il salario del lavoratore, ed ha conseguentemente messo in opera ogni sforzo per arrestare le pericolose fluttuazioni dei nostri cambi sull’ estero.
A tale scopo, oltre ad infrenare l’aumento della circolazione bancaria, soprattutto di quella emessa per conto dello Stato, il Governo fascista ha dato opera al risanamento del bilancio statale, riducendo le spese e aumentando le entrate.

10. – Il memorabile discorso di Pesaro, in cui il Duce riaffermò solennemente la volontà di difendere la lira a qualunque costo, ed il ben congegnato intervento del Tesoro sul mercato dei cambi, stroncarono la speculazione al ribasso della lira e, costringendola a coprirsi, determinarono in brevissimo volgere di tempo un movimento in senso opposto. Alla fine del 1926 il dollaro era già sceso a 22,12 e da sterlina a 107,93 ; alla fine di giugno 1927 il dollaro quotava 18,15 e la sterlina 88,09.

12. – Effettuata la stabilizzazione, la difesa della nuova parità diventava naturalmente il compito fondamentale della politica monetaria italiana. Ma, se l’assolvimento di tale compito fu relativamente facile nei primi anni, grazie alla notevole disponibilità di divise, creata, con l’ emissione di prestiti pubblici e privati sui principali mercati finanziari esteri, non così può dirsi certamente del periodo, a noi più vicino, che coincide con lo scoppio ed il progressivo aggravarsi della crisi economica mondiale.

Ma la precipitosa caduta dei prezzi delle merci sui mercati mondiali imponeva all’ interno un compito più arduo di quello che può comportare la difesa del
confronti dell’ estero. A mano a mano che il potere di acquisto dell’ oro aumenta, occorre, infatti, per mantenere l’equivalenza della moneta nazionale rispetto all’oro, provvedere a ciò che aumenti in proporzione il potere di acquisto di essa all’interno del Paese. S’impone, quindi, un processo continuo di deflazione, non facile ad attuarsi, anche dal punto di vista bancario, ma soprattutto gravoso per il continuo sforzo di adattamento nel campo economico e finanziario. Per renderci conto della gravità di tale sforzo basta, del resto, por mente alla serie numerosissima dei paesi che non hanno potuto resistervi ed abbandonare la parità legale delle rispettive monete.

15. – Per quel che concerne l’ attività creditizia italiana nell’ ultimo decennio, possiamo tranquillamente affermare che, se essa non è sfuggita ad alcune tendenze inflazionistiche manifestatesi in certi periodi in tutti i Paesi, ha saputo contenere le deviazioni in limiti relativamente modesti ; ed ha, soprattutto, saputo evitare il formarsi di quelle forti esposizioni a breve termine verso l’estero, che hanno altrove messo a dura prova anche la stabilità monetaria o hanno addirittura portato le monete fuori dei gold standard.

21. – Risulta, ad ogni modo, evidente da queste semplici indicazioni come il Governo fascista, se interviene per incoraggiare e sostenere l’attività economica privata, si preoccupa però nello stesso tempo di disciplinarla convenientemente indirizzandola al raggiungimento di fini di interesse generale. Il che non significa che lo Stato assume la diretta gestione delle aziende produttrici ; la sua azione mira essenzialmente ad orientare e disciplinare l’ attività e l’iniziativa privata che rimane pur sempre alla base della nostra organizzazione economica. Questa azione, che in passato esercitavasi sporadicamente e pressoché esclusivamente nel campo
della politica doganale, investe oggi tutta la politica economica mettendo in moto un complesso di mezzi assai più efficace e di effetto più immediato.

22. – I provvedimenti cui abbiamo fatto cenno nel corso di questa breve nota sono naturalmente ben lontani dall’ esaurire la complessa attività che il Governo fascista ha spiegato nel campo della politica monetaria e creditizia. Essi ci sono sembrati, tuttavia, particolarmente indicati per mettere in luce le linee direttive di
tale politica, nonché l’organicità di essa e la sua aderenza ai sani dettami della scienza e dell’ esperienza economica e finanziaria.

Quella che, tuttavia, merita di essere rilevata è la continuità della politica seguita dal Governo fascista e la sua perfetta aderenza agli interessi generali del Paese interpretati e tutelati con assoluta indipendenza da ogni ristretta visione particolaristica e da qualsiasi influenza perturbatrice di interessi di categoria.

 

Annali di Economia
Vol. 9, No. 2 (Giugno 1934)

 

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