Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
In una quindicina d’anni di consulenze nel software di gestione aziendale ho maturato la convinzione che le aziende sono tutte strutturalmente molto simili, in tutto il mondo. Cambia solo la dimensione e alcune particolarità legate al settore di appartenenza.
Si tratta di strutture governate in modo gerarchico e finalizzate a soddisfare esigenze di mercato, con lo scopo primario del lucro quando sono a capitale privato, come ormai accade nella stragrande maggioranza dei casi.
Una prima grossolana suddivisione per argomenti gestionali comprende:
Contabilità – acquisti – vendite – logistica – produzione – risorse umane – asset – profittabilità.
Tutte le informazioni relative all’attività aziendale vengono continuamente aggiornate in un complesso database relazionale, utilizzato quotidianamente, tramite software dedicato, dal management a tutti i livelli della gerarchia interna.
E’ probabile che, una volta fissati i fini statutari e relative priorità, l’intelligenza artificiale possa progressivamente sostituire l’azione umana nella maggior parte delle funzioni all’interno dell’azienda.
Le aziende più longeve e/o di maggior successo commerciale tendono a crescere dimensionalmente, assorbendo la concorrenza e l’indotto, fino a diventare multinazionali oligopoliste di settore.
In ogni caso è fondamentale la funzione finanziaria, assolta dal settore bancario-assicurativo, concepito dall’allora presidente di Confindustria Montezemolo come “aziende al servizio delle aziende”.
Nella prassi tale servizio è diventato molto più che un servizio. E’ diventato controllo proprietario del tutto, dell’intera economia planetaria da parte di un’elite di padroni universali, che oltre al loro smodato patrimonio personale governano l’azionariato diffuso e più in generale il risparmio gestito, con tecniche e finalità speculative, godendo di ampi spazi di manovra per indirizzare gli investimenti strategici globali sia delle aziende, direttamente, che degli Stati, indirettamente, nelle direzioni da loro decise.
Ogni settore oligopolistico tende poi a consolidarsi in un monopolio di fatto, e quello finanziario ne è il capofila in un mondo dominato da un’economia politica fondata sull’ideologia neoliberista, che fa delle privatizzazioni il suo cavallo di battaglia. Un mondo dove non esistono più cittadini ma solo consumatori solventi (gli altri sono zavorra eliminabile), e l’autodeterminazione dei Popoli viene soppiantata da presunte “leggi di mercato”, dietro le quali si nascondono strategie di controllo dispotico finalizzate al consolidamento di un siffatto potere economico-politico di natura elitaria-piramidale, che manovra le masse dei consumatori per sostenere ed efficientare il sistema nel suo complesso. Paradossalmente tale potere fonda la propria abusiva legittimità nella funzione pubblica, interamente infiltrata e controllata in funzione antipopolare, ma formalmente in nome di uno sbandierato principio democratico. Tale ipocrisia di fondo implica il sovvertimento dello stesso linguaggio popolare ispirato al modello orwelliano, dove ogni parola assume nei fatti un significato opposto a quello originale, ma ne conserva l’apparenza e l’ufficialità come scudo falsamente ideologico contro ogni eventuale reazione popolare, soffocata sul nascere o strumentalizzata in rivoluzione colorata nei Paesi potenzialmente d’intralcio ad una siffatta agenda globalista.
Le periodiche ed epocali rivoluzioni industriali, rese possibili dai continui progressi tecnologici, vengono regolarmente cavalcate da questo potere egemone, che ne trae crescenti vantaggi nel consolidarsi in modo sempre più totalitario, a fronte di un’umanità che pure invoca le comodità offerte dagli stessi progressi tecnologici, rendendosene schiava ed equivocando i fini con i mezzi, in un mondo ormai completamente alienato dalla realtà originaria dell’essere umano, che se fosse veramente libero di esprimersi tenderebbe all’armonia di corpo, anima e spirito al servizio della collettività.
D’altra parte la logica aziendale è anche la stessa dell’economia, consistente nel perseguire il massimo risultato col minimo impiego di risorse. Cosa di per sé buona, ma che nell’impresa privata si traduce nel conseguimento del massimo profitto col minor impiego di capitale finanziario, ovviamente a spese dell’ambiente e della collettività tramite varie tecniche di esternalizzazione dei costi reali.
L’ultimo e più importante di questi costi è a carico dell’umanità stessa, inteso come degrado della qualità dell’essere umano, che degenera nel tempo fino costituire una reale minaccia per la nostra sopravvivenza sul pianeta. Un apparente controsenso dal punto di vista dei pochi piloti-decisori al vertice della piramide umana, visto che sono essi stessi esseri umani. Ma anche a questo lorsignori stanno trovando “soluzioni”, tra le più distopiche che si possano immaginare, ai confini della fantascienza horror. Meglio lasciar perdere questi incubi estremi, confidando nella loro improbabile realizzazione grazie alle leggi superiori di Madre Natura. Piuttosto è estremamente importante ed attuale comprendere questa tecnotrappola globale, acquisendo la consapevolezza necessaria per indicare la strada giusta verso l’uscita d’emergenza salvifica.
Basterebbe seguire la logica più elementare, che suggerisce un controllo consapevole e condiviso del processo di modernizzazione dell’esistenza umana, affinché non degeneri nei modi suddetti, come purtroppo possiamo già chiaramente osservare nella realtà attuale che stiamo vivendo.
Ma è possibile una larga condivisione di fini positivi nel caso questi non fossero del tutto chiari e/o non fossero connaturati alla realtà dell’essere umano? Ovviamente no, ma confidiamo che non sia così, per molti buoni motivi, da approfondire in altra sede.
Quale sia la nostra realtà di esseri umani sul pianeta Terra lo possiamo sapere solo noi, indagando noi stessi, come già suggerito dai più grandi saggi millenni orsono.
Gli esiti di queste ricerche, tante quante sono le persone viventi e vissute, sono in parte già noti alla letteratura, che però fatica a descriverli, proprio perché appartenenti alla percezione individuale di senso originario, intraducibile in linguaggio simbolico. Una percezione intima e privata, nel senso nobile del termine “privato”, contrapposto all’abuso che se ne fa in altri contesti, causa di infinite contraddizioni sociali. Ma anche perché la consapevolezza di questi fini “ultimi” è l’immagine della consapevolezza stessa fatta coscienza, in un gioco di specchi che restituisce un’approssimazione a più livelli di profondità, senza limite. Ed è proprio questa illimitatezza dello spirito conoscitivo che ne fa un valore universale, mai superabile ed archiviabile definitivamente nella storia.
Tornando al concreto la questione è abbastanza semplice. L’azienda produttiva, nata come realtà di alcuni soci imprenditori, con lo scopo di meglio soddisfare le esigenze individuali e sociali, è cosa buona e necessaria in ogni civiltà organizzata. L’azienda però è anche il laboratorio di sempre più avanzate tecnologie, che inducono sia una sua continua crescita dimensionale, fino ai limiti di sviluppo dell’intero sistema, che una progressiva espulsione del lavoro umano in favore degli automatismi tecnologici. Entrambe i fenomeni concorrono a favorire la negazione della libertà e della dignità umana, considerate superflue al contrario del consumismo edonistico che va massimizzato a beneficio aziendale.
La prima cosa da riconoscere in queste dinamiche è la loro indipendenza dalle ideologie pregresse, trattandosi di un percorso evolutivo obbligato. In tal senso l’ideologia che promuove e giustifica tale processo è più una conseguenza degli stati di fatto che la loro causa. Perciò la collettivizzazione socialista e il neoliberismo capitalistico privatistico, con le loro alterne fortune/disgrazie epocali, finiscono per somigliarsi negli esiti finali nefasti ed evidentemente non possono costituire un baluardo valido per contrastare i fenomeni sovraesposti, la cui universalità va ben oltre il caso specifico della razza umana con le sue peculiari caratteristiche, intelligenza in primis. Ciò non toglie che una nuova ideologia valoriale possa essere concepita e sviluppata per superare questa crisi di crescita dell’umanità, come saldo riferimento condiviso per poter maturare le scelte politiche necessarie a reindirizzare l’azione economica verso finalità autenticamente umane, imbrigliando le enormi forze in gioco all’interno di percorsi virtuosi.
Tale immane compito, paragonabile alla fondazione delle religioni per importanza e difficoltà, non è però impossibile, e può anche procedere per gradi, in base alle evidenze più innegabili.
Ne accenno una sola, tanto per cominciare: l’incompatibilità tra grande azienda a scopo di lucro privato e bene comune. Basti pensare ad es. alla sanità vaccinomane genocida, o al complesso industriale-militare guerrafondaio, o alla privatizzazione dei servizi pubblici fondamentali per estrarne profitto sacrificandone la qualità e la convenienza per gli utenti. Ma a ben pensare il discorso si allarga all’intera produzione di beni e servizi utili alle popolazioni di tutto il mondo, dal comparto alimentare a quello educativo e formativo, dalla mobilità alla salute pubblica e la tutela ambientale, ecc. ecc.
Insomma è ora di farla finita col “privato e bello”, mettendo sullo stesso piano il verduraio sotto casa e il produttore di automobili. La dimensione fa la differenza, e come abbiamo visto le dimensioni aziendali, ormai multinazionali, sono destinate ad aumentare ancora saturando “il mercato”. Perciò la grande proprietà privata è diventata un controsenso storico, che va corretto con la forza di una ritrovata primazia della politica, risanata proprio da questo abuso epocale, dall’invasività dittatoriale del grande capitale finanziario privato.
I grandi investimenti devono tornare ad essere di dominio di un ricostituito capitale pubblico, per decisione politica autenticamente democratica a favore della gente, e questo non è “comunismo” vecchia maniera, o becero statalismo inefficiente e corrotto; è solo pura logica utilitaristica dal punto di vista umano e sociale. Il resto verrà a ruota, più libera è e meglio è.
Di Alberto Conti per ComeDonChisciotte.org
26.10.2022
Alberto Conti. Laureato in Fisica all’Università Statale di Milano, docente matematica e fisica, sviluppatore software gestionale, istruttore SAP, libero pensatore, collaboratore di Giulietto Chiesa, padre di famiglia, appassionato di filosofia, psicologia, economia politica, montagna, fotografia, fai da te creativo, sempre col gusto alla risoluzione dei problemi.