Kalergi: il vero piano per l’Europa

Oggi 16 novembre, nel centenario della sua Unione Paneuropea, nacque l’ispiratore più ammirato della nuova Europa unita, pivot diplomatico attivissimo dei primi movimenti verso un radicale mutamento della società e dei popoli.

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Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org

Da dove è iniziata veramente la creazione dell’Unione Europea?

Il costume vuole che la dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950 suggelli l’incipit del percorso verso l’assimilazione politica sovranazionale degli stati europei. Molti altri risponderebbero invece che furono i firmatari del Trattato di Parigi (18 aprile 1951) che diede vita alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Oppure i protagonisti che poi diedero vita al Trattato di Roma (25 marzo 1957) creatori della Comunità Economica Europea (poi soltanto Comunità Europea, CE). Altri ancora, i più romantici o “patrioti” per così dire, concederebbero il (de)merito al nostrano Altiero Spinelli, il quale, confinato sull’omonima isola, redasse insieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni il manifesto di Ventotene per un’Europa libera ed unita.

Niente di più falso.
Per quanto vi sia ormai sufficiente ed accessibile informazione di dominio pubblico, risulta tuttora raro sentir fare il nome del vero (o almeno uno dei principali) responsabile dell’idea vigente di Unione Europea. Il nome per esteso è Richard Nikolaus Eijiro von Coudenhove-Kalergi. Il suo contributo nelle più importanti questioni politiche del Novecento post-WWI è fuoriuscito dall’oblio storico collettivo grazie al prof. Matteo Simonetti, il cui studio(1) è tuttora l’unica ricerca esistente incentrata sul pensiero filosofico-politico di Kalergi, nonché sul suo piano per l’Europa, il quale, come vedremo, ha tutti i motivi per essere rimasto ignoto ai più.

BIOGRAFIA
Nasce il 16 novembre 1894 a Tokyo dalla madre giapponese Mitzuko Aoyama, discendente da una famiglia di samurai, e da Heinrich Cudenhove-Kalergi, diplomatico poliglotta per l’Impero austroungarico. La famiglia Kalergi proviene probabilmente da un’antica dinastia imperiale greca bizantina, collegata con un ramo della nobiltà veneziana. Erano conti del Sacro Romano Impero. Intorno al 1300 Alexios Phokas Kalergis firmò il trattato che sancì la cessione di Creta ai veneziani. Sappiamo che Richard trascorse l’adolescenza in Boemia, temprandosi secondo un’educazione cavalleresca, unendo lo studio con gli esercizi ginnici e marziali. Studiò alla scuola episcopale di Bressanone per poi approdare all’Accademia Teresiana di Vienna. Nel 1915, mentre studiava all’Università della capitale, si sposò con la prima moglie Ida Roland, nota attrice di origini ebraiche.

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Ronsperg Castle, la dimora della famiglia Coudenhove-Kalergi presso Pobezovice, in Repubblica Ceca

La Prima guerra mondiale fu lo spartiacque che condusse Richard a speculare intorno ad un progetto di una unione paneuropea. Nel 1921 riceve l’iniziazione alla loggia massonica Humanitas presso l’Oriente di Vienna. Nel 1922 fonda l’Unione Paneuropea, il primo think tank per la promozione di una Europa federale, al cui interno sono passate personalità eminentissime della politica internazionale. L’anno seguente viene pubblicato l’omonimo Manifesto di Paneuropa, le cui copie distribuite contenevano anche una scheda di adesione all’associazione. Nel 1924 Kalergi entrò in contatto con il magnate della finanza Max Warburg, il quale donò 60.000 marchi d’oro a Kalergi e divenne finanziatore di fiducia dell’associazione. Sarà inoltre Warburg ad introdurre il suo uomo nel mondo finanziario, avvicinandolo a Paul Warburg, Bernard Baruch e Louis de Rotschild. Nello stesso anno viene fondata la rivista “Paneuropa”, mentre l’anno seguente viene pubblicato il suo saggio filosofico principale Praktischer Idealismus. Inoltre, è curioso che proprio nel 1925 esca il primo volume della trilogia Kampf um Paneuropa (la lotta per Paneuropa) in perfetta sincronia al Mein kampf di Hitler. Risale al 1926 il primo congresso paneuropeo a Vienna. L’attività dell’associazione continuerà con crescente successo fino all’avvento di Hitler.

Dopo l’Anschluss dell’Austria, Kalergi è costretto a fuggire in Francia, ma nel 1940 a causa della sconfitta e conseguente invasione da parte dei tedeschi, si rifugia in Svizzera per poi emigrare negli Stati Uniti, dove rimase ad insegnare all’Università di New York. Il periodo fu cruciale per continuare la promozione della causa paneuropea, nonché coinvolgere i giusti contatti americani, arrivando a convincere l’opinione pubblica statunitense che era nel loro interesse promuovere una soluzione federale per l’Europa. Fino ad allora, Kalergi era impegnato a diffondere le sue idee in lungo e largo. La campagna italiana gli permetterà di ottenere nel 1933 due colloqui con Mussolini. Instaurò inoltre una corrispondenza epistolare con J. Evola sulle pagine de “Il regime fascista”, dal quale emerge, secondo il prof. Simonetti, «una conoscenza superficiale del panorama culturale fascista(2)».

Kalergi
Kalergi

Terminata la guerra, Kalergi torna in Svizzera, nel momento propizio affinché vi sia terra fertile per i suoi semi: nel settembre 1947, assieme al confratello massone Ottone d’Asburgo, organizza il primo congresso dell’Unione Parlamentare Europea. Quest’ultimo si trasfigurerà, dopo il Congresso dell’Aia del 1948, nel Consiglio d’Europa, propedeutico anche per la formazione del Parlamento Europeo. Kalergi è il primo vincitore assoluto del premio Carlo Magno, ricevuto nel 1950. Fu sempre lui che, nel 1955, propose il coro della nona sinfonia di Beethoven come inno dell’Europa. Muore il 27 luglio 1972. È curioso il fatto che la segretaria ha scritto nelle sue memorie di aver nascosto al pubblico la causa di morte per non deludere i sostenitori del conte, suggerendo quindi che possa essersi suicidato.


IDEALISMO PRATICO

Prima di ricostruire le tappe e i contributi taciuti sull’origine dell’Unione Europea risulta imprescindibile affrontare il pensiero che ha mosso (e tuttora muove) le azioni. Questo viene evocato in un’opera del 1925 denominata Praktischer Idealismus (Idealismo Pratico). In tale ossimoro sono racchiusi temi di filosofia antropologica e politica di stampo nichilista, neoaristocratico, elitistico-reazionarie, razziste, progressiste e teco-scientiste (quindi più che mai attuali). Evidenti sono le influenze di pensatori come Spengler, Nietzsche, Platone, Schopenhauer, Kjellen. Già dalle prime pagine emerge il carattere antidemocratico del conte:

«La democrazia politica non può divenire feconda e creatrice se non demolisce la pseudo-aristocrazia del nome e dell’oro, per porre al suo posto la nascita di una nuova aristocrazia dello spirito e della mentalità, eternamente rinnovata. Il senso ultimo della democrazia politica è dunque una aristocrazia dello spirito; essa vuole forgiare il godimento/piacere dei materialisti e la potenza degli idealisti(3).»

Una nuova aristocrazia dello spirito sarà per Kalergi la degna guida della futura comunità mondiale. Una filosofia politica positivista che trasuda di quel materialismo storico marxista. In altre parole, il naturale sviluppo del capitalismo non può non essere che il suo stesso superamento a favore della realizzata utopia comunista. Si legge infatti:

«Dacché una nuova e vera nobiltà si sarà costituita, la democrazia scomparirà da sé (4) .»

Kalergi inserisce la visione neoaristocratica razzista all’interno delle teorie evoluzioniste e progressiste di fatto affermate ai suoi tempi in molti ambienti accademico-scientisti.
Ma la nuova nobiltà non è legittimata grazie al sangue od all’oro (come quelle antiche, da Kalergi definite pseudo-aristocrazie da demolire), bensì in base allo spirito, o meglio secondo una particolare natura:

«Tuttavia i leaders della plutocrazia formano in un certo senso una aristocrazia, una selezione […] si legittimano in quanto nature conquistatrici moderne, alle quali e loro superiori forze di volontà e di spirito apportano la vittoria (5).»

E ancora:

«L’indole nobile deve prendere il posto del nome più nobile (6) .»

Nei nuovi leader si ipostatizza quell’idealismo pratico che riporti e conservi per l’umanità quei valori etici ed estetici la cui noncuranza fu causa della caduta di tutte le classi dominanti. Il fine morale di una tale visione politica rimane in un rinnovato eudemonismo, un filantropico metro di misura della felicità umana. Ma di chi? Della nuova plutocrazia, ossia la vera forma di governo dietro il falso viso di una democrazia meramente procedurale. Ma lungi dal prospettare un rimedio o superamento del suddetto sistema, autorizza un’altra plutocrazia (la sua) nel tentativo di arrivare al nuovo mondo aristocratico-socialista. Anche qui un altro paradosso, che non si spiega se non si capisce che l’ideale kalergiano è quello di «forgiare il godimento/piacere dei materialisti e la potenza degli idealisti (7)». A sostegno della sua tesi interviene con enorme licenza poetica, se non proprio in errore, il discepolo prediletto di Socrate:

«Non è un caso se [Platone] è stato il profeta della aristocrazia spirituale e dell’economia socialista (8) »

Kalergi confessa che il nome “Idealismo Pratico” sta proprio a significare il legame aristocraziasocialismo. I due idealtipi si manifestano rispettivamente nello Junker, l’ultimo attore sociale della nobiltà latifondista tedesca, il quale lega «un massimo di carattere con un minimo d’intelletto» e dal letterato urbano dotato delle caratteristiche diametralmente contrarie (9). Il nuovo leader è un connubio di entrambi:

«Egli unisce una visione ampia con la forza di volontà, la forza di giudizio con la forza dell’azione, lo spirito con il carattere (10).»

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Bandiera e simbolo ufficiale dell’Unione Paneuropea: la croce solare rossa, riferimento al Cristianesimo (nonostante la croce solare in sé sia di origine pagana), sul sole giallo di Apollo Febo.

Vedremo dopo le caratteristiche psico-etniche dell’”uomo ideale”. Prima dobbiamo chiederci con quali strumenti il vecchio continente procederà verso l’evoluzione. Attraverso quella che Kalergi chiama “La missione tecnologica dell’Europa nel mondo”, rappresentata metastoricamente dal Lucifero della tradizione ebraica o dal Prometeo dei greci. Colui che portò la luce agli uomini, che si ribellò all’armonia asiatica celeste. In Kalergi opera una associazione speculativa tra l’Asia e un archetipico ordine divino, sotto la cui egida l’Europa avrebbe orbitato per secoli.

«Nel medioevo l’Europa era, spiritualmente e culturalmente, una provincia dell’Asia. È stata dominata dalla religione asiatica di Cristo. […] Solo con l’emancipazione dell’Europa dal cristianesimo […] l’Europa tornò in sé e si divise spiritualmente dall’Asia (11).»

All’Europa nella sua essenza, poi, Kalergi dedica un capitolo apposito chiamato La cultura europea è la cultura dei tempi moderni. Infatti, il merito di aver emancipato gli europei lo possiede il progresso tecnologico:

«È stata la tecnologia a far risvegliare dal medioevo l’Europa dal suo asiatico sonno da bella addormentata (12)»

Il fine della tecnologia che si comporta da motore del mobilismo storico: ha permesso agli europei di essere tali, senz’alcuna inferiorità rispetto alla civiltà egizia o babilonese, rispetto al quale in sua assenza non sarebbe ugualmente degna (13). Qualsivoglia tentativo di miglioramento umano non può che adoperare la tecnologia di Prometeo liberato. Non a caso il conte vede le sue idee ben perorate nella Nuova Atlantide di Bacone, in opposizione all’utopia etico-sociale di Moro. La gnosi tecnologica permetterà messianicamente all’uomo di mangiare il pane senza il sudore della fronte e alla donna di partorire indolore; Kalergi è anche convinto sostenitore dell’ingiustizia che reca il lavoro forzato all’umanità: sarà infatti l’ultimo e più importante atto verso cui il progresso tecnico-scientifico deve inesorabilmente proseguire. Ci penseranno le macchine a risollevare «l’intera umanità in una classe di signori».

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Non vi sarebbe niente di strano quindi se tra gli attuali ierofanti della quarta rivoluzione industriale vi fossero dei lettori accaniti del nostro padre pellegrino europeo. Egli, infatti, propone addirittura la dissoluzione della città moderna ed il ritorno dell’uomo nella natura; ma non specifica che il discorso vale soltanto per la nuova oligarchia ideal-pratica, perché poco dopo si smentisce(14): le nuove città del futuro dovranno riprendere l’isonomia urbana medievale, ossia secondo uno schema di ripartizione delle cose a partire da una cattedrale centrale. Quest’ultima, nella nuova città iperfunzionale, sarà un monolitico palazzo panoptico, al cui interno si intrinsecano tutti i servizi urbani essenziali. Al di fuori della bolla dovranno giustapporsi le abitazioni, dei meri ammassi di proletari la cui unica occupazione sarà il tragitto tra la propria “casa” e l’hub centrale, all’interno del quale verranno svolte tutte le attività.

Tutto torna in linea con gli attuali programmi di ristrutturazione dell’Europa all’insegna della transizione green che punta a distruggere messianicamente le istituzioni economico-sociali, così che,
in assenza di ricchezza (quindi potere) privata, legami famigliari, sociali, nazionali si ritrovi sottomesso al volere di una oligarchia di tecnocrati non eletti.


IL PIANO KALERGI: RAZZA E MESSIANISMO EBRAICO

Questione più controversa ma non meno cruciale della Weltanschauung kalergiana riguarda la sua visione antropologica del futuro europeo. Negli ultimi anni di pari passo con la graduale e flebile scoperta della figura di Kalergi nel dibattito pubblico non si sono fatte mancare le innumerevoli critiche, o meglio, rappresaglie retoriche, nel (vano) tentativo di censurare il discorso, nonché etichettare qualsivoglia interlocutore quale strampalate teorie su una presunta sostituzione etnica degli europei. Eppure, nella Paneuropa del futuro il conte prospetta un mutamento razziale degli individui secondo teorie che riprendono in parte concetti enunciati da Evola (con il quale, ricordiamo, ebbe uno scambio epistolare). Leggiamo infatti a pagina 21 di Praktischer Idealismus:

«L’endogamia rafforza il carattere, indebolisce lo spirito, viceversa l’incrocio indebolisce il carattere rinforzando lo spirito. Là dove la consanguineità e l’incrocio si incontrano sotto degli auspici favorevoli, essi creano il più alto tipo di essere umano, collegando al carattere più forte lo spirito più pungente (15).»

L’autore va immediatamente oltre: a pagina seguente afferma letteralmente che:

«L’uomo del lontano futuro sarà un meticcio […] la razza negroide-eurasiatica, simile in aspetto a quella dell’Egitto antico, rimpiazzerà la molteplicità dei popoli con una molteplicità di personalità (16)».

Il conte ha in mente un europeo meticcio, per forza di cose mischiato geneticamente con popolazioni negroidi, come lui stesso le definisce. Tutto ciò tra l’altro è decisamente in linea con l’andamento demografico del continente, caratterizzato da una bassissima media riproduttiva e dalle ondate immigratorie (ricordiamo che “migranti” è un concetto zoologico, prima che sociologico) provenienti dal continente africano, nonché dalle regioni medio-orientali e dell’asia indo-musulmana. Poi, quali caratteristiche saranno peculiari dei nuovi europei del futuro?
«Nei meticci si uniscono sesso, mancanza di carattere, assenza di scrupoli, debolezza di volontà, instabilità, mancanza di rispetto, infedeltà con obiettività, versatilità e agilità mentale, assenza di pregiudizi e ampiezza d’orizzonti (17).»

Anche un bambino capirebbe che tali caratteristiche non si addicono proprio ad un cittadino modello, meno ancora al cittadino virtuoso per il quale Platone ha dedicato i suoi dialoghi e sul quale Kalergi dovrebbe tornare a studiare. In qualsiasi modo ciascuno la voglia interpretare, è sicuramente legittima l’osservazione di chi sostiene che gli elementi sopra esposti sono l’identikit esemplare di un suddito ideale: indigente di identità, sia personale che collettiva, oltreché del senso di appartenenza alla propria comunità. Quando quest’ultima manca, come un noto passo del Leopardi afferma(18), non v’è premura nei confronti della terra che abitiamo; non ha senso combattere, cooperare, agire politicamente, nel momento in cui non si ha niente di proprio, che ci rappresenti, sia parte di noi stessi, da conservare. Quartieri, nuclei famigliari, comunità di paese, luoghi, opere e sepolcri di foscoliana memoria. Aristotele diceva che «quanti hanno accolto uomini d’altra razza sia come compagni di colonizzazione sia come concittadini, dopo la colonizzazione, la maggior parte sono caduti in preda alle fazioni (19)».

Tornando a Kalergi, la questione della razza non è limitata al meticcio ideale. Il conte è anche fautore della necessità di una leadership neoaristocratica di razza ebraica. Analogamente l’élite del nuovo mondo sorgerà grazie ad una fusione che ricalchi la metastoria, commistione tra asiatismo ed europeismo giudaico; sintesi che, come vedremo, permetterà il superamento dei due sessi a favore di un nuovo essere androgino. Infatti, l’elitismo razziale di Kalergi si fonda sul presupposto che l’Europa non sia altro che una cristianizzazione della base etnico-culturale ebraica originaria, tanto da ritenere che «nella misura in cui l’Europa è cristiana, essa è giudea(20)». La superiorità degli ebrei si giustifica secondo delle presunte doti, le quali predisporrebbero l’ebreo a separarsi dai “cittadini medi”, ossia:

«Il fatto che siano degli individui consanguinei. La forza di carattere alleata all’acutezza spirituale predestina l’ebreo a divenire, attraverso i suoi esponenti di spicco, il leader dell’umanità urbana, un falso o vero aristocratico dello spirito, un protagonista del capitalismo come della rivoluzione (21)». 

Non è un caso se l’ebreo sia considerato protagonista del capitalismo e allo stesso tempo della rivoluzione (francese e russa), nella misura in cui egli è presente, storicamente, in entrambi i lati della medaglia. Illuminante il passaggio a riguardo:

«Lo Stato Maggiore di questi due partiti s’incontra nella razza dei leaders spirituali europei: nell’ebraismo. Il capitalismo e il comunismo sono entrambi razionalistici, meccanicisti, astratti e urbani (22).»

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Kalergi è inequivocabile sul fatto che questa aristocrazia è o sarà prerogativa degli ebrei:

«Gli emissari principali della nobiltà cerebrale […] del capitalismo, del giornalismo, della letteratura, sono degli ebrei. La superiorità del loro spirito li predestina a divenire uno degli elementi più importanti della futura nobiltà. Guardando alla storia del popolo ebreo ci è chiaro da dove derivi il suo primeggiare nel combattimento per la leadership dell’umanità. […] Invece di annientare l’ebraismo, l’Europa, contro la sua volontà, attraverso tale processo di selezione artificiale lo ha nobilitato e lo ha elevato al rango di nazione leader del futuro. [Il giudaismo] è il nocciolo intorno al quale si riunisce una nuova nobiltà di spirito (23).»

Un suprematismo talmudico che non si giustifica ancora se non vi fossero riferimenti alla storia del popolo eletto, che ha dovuto subire la diaspora millenaria, sotto le persecuzioni dei popoli del mondo. Una selezione naturale che avrebbe infine permesso agli eletti di emanciparsi dal resto dell’umanità. Razza rinnovata non soltanto nell’intelligenza, ma geneticamente attraverso la preservazione della consanguineità, nonostante siano anche il «popolo dal sangue più mescolato (24)».

L’ultima tappa del percorso antropologico kalergiano riguarda l’emancipazione femminile. A riguardo Kalergi emette la sua ennesima visione profetica: se prima la donna femminile deteneva un rilevante potere di controllo sull’uomo, tanto da permetterle di detenere parte del dominio sul mondo, l’emancipazione contemporanea ha invece non solo annullato tale potere, ma addirittura avrebbe provocato una sorta di mutazione antropologica che l’avrebbe resa non-donna. Egli parla di «Uomini di entrambi i sessi». Confessa inoltre che il potere vuole la donna emancipata da inserire nel sistema capitalistico, affinché si allarghi il mercato di manodopera irregimentata (25). Verità, tra l’altro, confessata anche da Nick Rockefeller, secondo il quale i movimenti femministi ad altro non servirebbero che a sradicare le donne dalle rispettive tutele immanenti ai nuclei famigliari per poi inserirle nel mercato del lavoro e abbassare il costo salariale.

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Va precisato che il tono con il quale Kalergi parla è ben lungi dal lamento preoccupato; sulla scia della teoria tecnologica, preconizza la fusione tra i sessi, che di fatto è un annullamento di essi, a favore del futuro uomo androgino di platoniana memoria (26). Esso sarà funzionale alla futura efficienza tecnica, nella misura in cui tutti i problemi ed i disagi derivanti dalla natura di entrambi i sessi verranno superati per lasciare spazio ai geni superiori, il tutto racchiuso in un unico essere. Le odierne politiche di transizione sessuale propagandate a reti unificate, nonché la vera e propria demonizzazione delle figure famigliari tradizionali, si spiegano quindi non soltanto secondo calcoli di profitto, che evidentemente esistono, ma piuttosto in quanto vi è una visione dell’uomo e del mondo sulle agende dei c.d. policy-makers. Kalergi è sicuramente in alcune di queste agende.


LE RELAZIONI POLITICHE ED IL PROGETTO PANEUROPEO

Ricordiamo che la famiglia Coudenhove-Kalergi discende da una stirpe di diplomatici; il padre Heinrich era amico fraterno di T. Herzl, il fondatore del movimento sionista, oltre ad aver sempre lavorato nelle relazioni internazionali. Una eredità che Richard ha portato avanti con disinvoltura. I suoi rapporti molto stretti con il cancelliere gesuita austriaco Ignaz Seipel e con Dollfuss gli concessero un posto in prima fila nelle vicende politiche viennesi. Si svolse nella capitale, come già accennato, il primo congresso dell’Unione Paneuropea, al quale Seipel presiedette in qualità di presidente dell’associazione. Da notare che lo stesso rapporto con Mussolini fu cruciale ai fini dell’imbastimento di un argine contro l’annessione tedesca. Fu una importante carta diplomatica che per poco tempo permise a Paneuropa la sopravvivenza, minacciata questa sin dalla prima ascesa di Hitler.

Un altro membro influente, nonché presidente onorario dell’associazione, fu il ministro degli esteri francese Aristide Briand. Fu proprio il firmatario del famoso Patto Briand-Kellogg il primo attore politico governativo ad agire per attuare i programmi kalergiani: tenne un discorso alla commissione europea della Società delle Nazioni, nel quale veniva esposta l’ipotesi di una unione federale europea. Proposta ripresa in dettaglio con il memorandum depositato alla SdN il primo maggio 1930, durante il quale Briand argomentò a sostegno del progetto di una organizzazione interna e subordinata alla SdN.

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Kalergi con Aristide Briand al consiglio centrale dell’Unione Paneuropea del 1927

Tornando a Paneuropa, dall’associazione passarono decine di nomi prestigiosi, alcuni dei quali appartengono al mondo della cultura e della scienza. Un’altra variabile indipendente di non poco rilievo unisce gli associati di Paneuropa: l’appartenenza ad almeno una loggia massonica. Leggiamo a proposito alcuni dei più importanti soci di Kalergi, il cui elenco è ripreso dal noto Gran Maestro e studioso della Massoneria Gioele Magaldi (27):

Ottone d’Asburgo, Hajmar Schacht, L.N. von Rotschild, Konrad Adenauer, Rainer Maria Rilke, Paul Valerý, Thomas Mann, Felix Warburg, Stefan Zweig, Edvard Beneš, F.S. Nitti, Carlo Sforza, Sigmund Freud, Albert Einstein, Alexandr Kerenskij, Jean Monnet, J.M. Keynes, e altri.

Dopo l’oblio subito durante gli anni del secondo conflitto mondiale, l’idea federativa trova un rinnovato stimolo grazie all’impegno di W. Churchill, incontratosi nel 1946 con il conte austriaco di ritorno dall’esilio statunitense. Il 19 settembre Churchill promosse l’idea degli Stati Uniti d’Europa, riconoscendo tra l’altro il contributo di Kalergi. L’implementazione della federazione sarebbe dovuta avvenire in nove punti (28):

1) Conferimento della sovranità ai nuovi organi sovranazionali
2) Istituzione di una corte federale europea per la risoluzione delle controversie tra stati
3) Formazione di un esercito europeo
4) Unione doganale
5) Spartizione equa dei possedimenti coloniali
6) Moneta unica
7) Rispetto delle differenze culturali
8) Tutela delle minoranze etniche
9) Collaborazione con altre istituzioni sovranazionali, soprattutto la SdN

Una bozza di statuto, oggi realizzato parzialmente (punti 1,2,4,6) mentre per il resto gli stati hanno sopperito alla mancanza di un esercito comune con l’adesione al Patto Atlantico- Per il resto è contradditorio tentare di rispettare culture e minoranze, alla luce dell’idea kalergiana sulla futura razza europea meticcia. Per non parlare del cortocircuito mentale che provocherebbe ai tronfi europeisti della sinistra liberal se leggessero che il loro vero eroe propugnava l’idea di una nuova Conferenza di Berlino per la spartizione delle colonie in stile Risiko.

Ma, come già accennato, non passò molto tempo prima che arrivassero gli americani a gestire la questione. Lo stesso Kalergi tornò da New York con illustri amicizie massoniche e già nel 1944 inviò al presidente Truman la bozza di una “Costituzione degli Stati Uniti d’Europa (29) ”. Nel frattempo, Kalergi organizzò, nel 1947, il primo congresso dell’Unione Parlamentare Europea, ente dal quale vennero fuori le effettive istituzioni del diritto pubblico europeo, quali il Consiglio d’Europa ed il Parlamento Europeo. L’anno seguente nacque, sempre ad opera di Kalergi, la Commissione Americana per una Europa Unita (ACUE). Essa fu per tutti gli anni ’50 e ’60 la ruota motrice del progetto europeo, dietro al quale lavoravano massoni d’oltreoceano quali W.J. Donovan, considerato il padre dell’intelligence americana, capo dell’Office of Strategic Services e precursore della CIA; W. Dulles, vicepresidente dell’ACUE e direttore della CIA dal 1953 al 1961; W. Smith, primo direttore della CIA nel 1950.

Alla luce dei fatti, l’integrazione europea altro non è stata che l’ipostatizzazione delle idee di un ristretto gruppo affermatosi negli anni ’20. Grazie anche al supporto di politici quali Churchill, Seipel, ecc. e non meno importante è stato il contributo dei servizi segreti americani, tutti gravitanti intorno al conte Kalergi. Altri padri della Comunità Europea, quali Schuman, Monet, Retinger (fondatore quest’ultimo del Club Bilderberg) erano o sono poi passati inesorabilmente da quella scuola.

Non a caso esiste il Premio Kalergi, conferito ogni due anni a chi si è distinto per l’impegno verso la causa europea. Nel 2020 venne assegnato all’attuale presidente rumeno Klaus Iohannis30; altri illustri vincitori sono: l’ex presidente della commissione europea Juncker (2014), von Rompuy (2012), A. Merkel (2010), Reagan (1992), Pertini (1984).

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In conclusione, è facile rispondere al quesito sul perché venga mantenuto il silenzio nei confronti di uno dei padri, se non il padre indiscusso, dell’Europa (dis)unita. Non è facile digerire il fatto che le radici filosofiche dell’attuale Unione Europea germogliano dal pensiero di un conte austro-giapponese che intratteneva rapporti con Mussolini, aveva idee razziste eugenetiche, neo-oligarchiche e antidemocratiche. D’altronde, per suggellare lo spirito che ha animato questa storia, anche il confratello massone Jean Monnet affermava nel 1952:

«Le nazioni europee dovrebbero essere guidate verso un superstato senza che le loro popolazioni si accorgano di quanto sta accadendo. Tale obiettivo potrà essere raggiunto attraverso passi successivi ognuno dei quali nascosto sotto una veste e una finalità meramente economica (31)»

Di Matteo Parigi per ComeDonChisciotte.org

Matteo Parigi. Giornalista freelance, laureando in scienze politiche, studioso di filosofia, politica, economia e cultura.

15/11/2022

NOTE

1 KALERGI la prossima scomparsa degli europei, Nexus edizioni, 2017
2 Ivi p.25
3 Ivi p.28
4 Ivi p.29
5 Ivi p.31
6 Ivi p.30
7 Ivi p.29
8 Ibidem
9 Ivi p.37
10 Ibidem
11 Ivi p.55
12 Ibidem
13 Ivi p.56
14 Ivi p.61
15 Ivi p.40
16 Ibidem
17 Ibidem
18 “Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che
cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo
e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno, e i cittadini romani, avendo per patria il
mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto” – Zibaldone dei pensieri, pag.485, Mondadori, 2004
19 Politica, libro V, 1, Laterza 2007
20 op. cit. KALERGI, p.43
21 Ivi p.44
22 Ivi 45
23 Ivi p.48
24 Ibidem
25 Ivi p.64
26 Platone, Simposio, p.502, op.cit. in Platone tutti gli scritti, a cura di G. Reale, Bompiani, 2000
27 Massoni società a responsabilità limitata. La scoperta delle Ur-Lodges, Chiarelettere, 2019
28 Ivi p.132
29 F. Amodeo, La Matrix europea, p.137, EdizioniSì, 2014
30 https://www.presidency.ro/en/media/the-awarding-ceremony-of-the-european-prize-coudenhove-kalergi-2020-to-thepresident-of-romania-mr-klaus-iohannis
31 Ivi p.147

BIBLIOGRAFIA
– M. Simonetti, KALERGI la prossima scomparsa degli europei, Nexus edizioni, 2017
– F. Amodeo, La Matrix europea, EdizioniSì, 2014
– G. Magaldi, Massoni società a responsabilità limitata. La scoperta delle Ur-lodges, Chiarelettere, 2014
– E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, volume I: Dalla pace di Versailles alla conferenza di Postdam 1919-1945, Laterza, 2015

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