Di Alireza Niknam
Pochi giorni fa ricorreva l’anniversario dell’uccisione, nel 1987, dei pellegrini iraniani alla Mecca da parte del governo saudita con la collaborazione del MEK e di Saddam. Il 31 luglio 1987, il governo saudita aveva represso con la violenza le cerimonie del Disconoscimento dei Politeisti praticate dai pellegrini e in questo incidente più di 300 pellegrini, la maggior parte dei quali iraniani, erano stati martirizzati. Ci sono ora prove che rivelano il ruolo dell’MKO e la sua collaborazione con il regime baathista in Iraq e in Arabia Saudita nell’uccisione dei pellegrini iraniani.
Sarebbe più giusto dire che questa tragedia si era verificata mentre l’Iran era impegnato nella guerra contro gli invasori iracheni e in questo incidente era probabilmente coinvolto il regime baathista. In questa situazione, subito dopo la tragedia del massacro dei pellegrini iraniani alla Mecca, l’MKO aveva rilasciato una dichiarazione in cui incolpava la Repubblica Islamica dell’Iran per questo massacro e assolveva i criminali salafiti, baatisti, wahabiti e sauditi.
Mehdi Abrishamchi, un membro dell’MKO, in un’intervista con ufficiali dell’intelligence irachena aveva preso atto della pubblicazione della dichiarazione e del riconoscimento saudita al riguardo e aveva dichiarato:
“Pensavamo che l’invito ufficiale inviatoci da ‘Malek Fahad’ fosse legato al nostro annuncio, ma quando siamo andati, ci hanno dato l’invito, quindi abbiamo menzionato questo direttamente per coordinarci con voi per prendere in considerazione i vostri punti di vista e vostri suggerimenti. A seguito della dichiarazione che abbiamo rilasciato dopo l’incidente della Mecca, di cui è stata inviata una trascrizione all’Ambasciata saudita a Baghdad, il signor ambasciatore ci ha chiamato dicendo che portava il messaggio del re Fahd e che oggi mi avrebbe fatto visita. L’ambasciatore ha annunciato l’attenzione di Fahd, ha invitato una delegazione dell’organizzazione a recarsi a Gedda per incontrare i funzionari sauditi e ha fissato per martedi la data per la delegazione”.
Secondo un ex membro dell’MKO di nome Rezvani, “Massoud Rajavi ha approfittato dell’occasione dell’Haj e, in accordo con un’operazione pre-pianificata e in collaborazione con l’Iraq, ha trasformato la manifestazione pacifica di Disconoscimento dei Politeisti dei pellegrini iraniani in un bagno di sangue per raggiungere i suoi obiettivi specifici”[1].
Naturalmente, prima delle rivelazioni dei membri dell’MKO, le informazioni sul ruolo dell’MKO nella strage popolare del 31 luglio erano già state ottenute dalle autorità della Repubblica Islamica. Ad esempio, il presidente dell’epoca, l’ayatollah Khamenei, nel suo discorso del luglio 1987 aveva sottolineato il ruolo dell’MKO nell’incidente del venerdì di sangue alla Mecca dicendo: “è molto probabile che l’MKO e dei miserabili mercenari che sono disposti a commettere qualsiasi crimine contro il loro Paese siano stati coinvolti in questo atroce crimine. Le prove dimostrano che alcune persone di lingua persiana e a volto coperto hanno aiutato l’arroganza mondiale e il regime della monarchia saudita. L’incidente è stato pre-pianificato ed è probabile che sia collegato al caso del Golfo Persico di pochi mesi fa”[2].
Molto tempo dopo, anche Ezatollah Sahabi, un membro del movimento per la libertà, aveva scritto nelle sue memorie delle opere diaboliche dell’MKO nell’incidente del “Venerdì di sangue“:
“Sfortunatamente, in quell’anno le manifestazioni erano stare represse a causa di una misteriosa interferenza e molti dei nostri erano stati uccisi. In quell’anno, durante un viaggio all’estero, un mio amico mi aveva detto che erano state le opere diaboliche dei mujaheddin a causare questo incidente, o che avevano fatto ricorso alla violenza. Speravo che la notizia non fosse vera… ma si è saputo che un membro dei Mujahedin, il signor Abbas[3], con la consuetudine di Ahram, quando i manifestanti si trovavano su un ponte chiamato “Hojum” aveva sparato un colpo di pistola contro la polizia mentre era tra i manifestanti. La polizia saudita, che era perfettamente preparata, aveva attaccato la folla e aveva sparato contro di loro, la gente era tornata indietro e un gran numero di persone, sopratutto donne, erano morte calpestate[4]”.
Il regime Ba’ath iracheno collabora con i mujaheddin alla Mecca.
Le prove suggeriscono che anche il regime iracheno, coinvolto nella guerra con l’Iran, era a conoscenza delle cospirazioni dell’MKO e dei sauditi, e aveva collaborato con l’MKO per ricorrere alla violenza durante i riti dell’Hajj. Durante una parte dei colloqui rivelatori, uno dei vecchi membri del quartier generale dell’MKO, Abbas Davari, che aveva guidato la rappresentanza dell’MKO nell’Hajj nel 1987, aveva discusso con gli ufficiali di sicurezza iracheni sulla questione della presenza dell’MKO nell’Hajj e della cooperazione dei baatisti, come segue:
Abbas Davari: volevamo poter andare all’Hajj insieme alla delegazione irachena, in modo che non si capisse che non siamo iracheni o che siamo dell’MKO, in modo da poterci unire agli iraniani lo stesso giorno in cui sono entrati; ovviamente sapete che gli iraniani vengono all’Hajj in gruppi numerosi, vogliamo infiltrare le nostre forze in mezzo loro per poter entrare in contatto.
Ufficiale di sicurezza iracheno: “come possiamo ottenere i vostri visti? Dove vogliono entrare in contatto con loro queste forze?”
Abbas Davari: “a Gedda, dove tutti i pellegrini scendono per primi e ci sono alcune persone che [intraducibile] non sono in Iraq in questo momento.”
Ufficiale di sicurezza iracheno: “possiamo rilasciare un passaporto iracheno e inviare alcune carovane Hajj con l’accordo. Loro mandano il passaporto a ogni persona e glielo consegnano e lo restituiranno a tempo debito, non abbiamo altro modo.”
Abbas Davari: “data la sua delicatezza, è meglio che tornino in un altro Paese e da lì vengano in Iraq.”
Ufficiale di sicurezza iracheno: “perché i passaporti andranno con una delle nostre carovane, non possono tornare con altre carovane. Poiché l’Arabia Saudita ha una lista di ogni carovana e la vostra persona potrà uscire dal Besse [???] non appena sarà arrivata e avrà fatto il suo lavoro e nessuno la riconoscerà, e, alla fine, si rivolgerà al nostro agente per ottenere il suo passaporto e tornare.”
Abbas Davari: “I membri dell’MKO vogliono essere all’interno della carovana iraniana e stare con loro giorno e notte e dovrebbe essere possibile riconoscere che provengono da un’altra carovana.” [5]
Il viaggio segreto di Massoud Rajavi in Arabia Saudita.
Nel marzo 2001, 13 anni dopo il disastro della Mecca, la rivista Mojahed aveva pubblicato un’immagine di Massoud Rajavi che provava la sua presenza alla Mecca nel 1987 [6]. In questa foto, oltre a Rajavi, Abbas Davari, Alireza Babakhani, Mohammad Seyed Almohadesin, Alireza Sadr, Haj Seyed Javadi e Reza Doroudi, tutti responsabili degli affari esteri e dell’intelligence e sicurezza dell’MKO.
Inoltre, ulteriori prove indicano che il leader dell’MKO si sarebbe recato segretamente in Arabia Saudita nel 1987 con l’invito ufficiale ricevuto da Malek Fahad e nello stesso periodo in cui si erano verificati gli eventi della Mecca.
A questo proposito, Mehdi Abrishamchi aveva detto a un ufficiale dell’intelligence irachena che: “abbiamo una tabella di marcia per tenere questo viaggio al sicuro, anche per essere nascosti al personale dell’aeroporto, e vi faremo sapere di basarvi su di esso e ci aspettiamo che venga fatto. Nessuno lo sa tranne noi tre”.
In altri incontri tra il MEK e l’intelligence irachena, era stato sottolineato che il viaggio era finalizzato a un ulteriore sostegno saudita all’MKO per affrontare la Repubblica Islamica dell’Iran[7].
La rivelazione di Massoud Rajavi sul rapporto tra MKO e Sauditi
Dopo l’intifada di Shabaaniye del 1991 e durante i negoziati con il tenente generale Saber al-Douri, capo dei servizi segreti iracheni, Massoud Rajavi aveva dichiarato: “Giovedì il nostro rappresentante ha incontrato “Murphy” negli Stati Uniti d’America. Hanno iniziato ad ascoltarci e abbiamo cercato di rivelare loro i piani e le trame del regime dell’Imam Khomeini. Abbiamo dimostrato loro che è il regime iraniano la prima minaccia, non l’Iraq. Abbiamo chiarito che questa minaccia è rivolta anche all’Arabia Saudita. Voi iracheni avete stabilito le nostre relazioni con l’Arabia Saudita, poiché Malek Fahad mi ha invitato a visitare l’Arabia Saudita, dove mi sono recato e l’ho incontrato”.
In un messaggio al capo dei servizi segreti iracheni aveva anche detto a proposito dei rapporti tra MKO e sauditi: “come il dottore sa, stiamo cercando di persuadere i sauditi a stabilire una salda relazione con l’Iraq per isolare Khomeini (il sistema Khomeini) nel modo più forte e il dottore sa bene che la notizia di questa relazione deve essere tenuta segreta tra voi e noi”. Inoltre, se il dottore ha bisogno di menzionare qualcosa, lo faccia prima che la delegazione (la delegazione inviata in Arabia Saudita) parta martedì [8]“.
Secondo uno degli ex membri dell’organizzazione, Rajavi aveva approfittato dell’occasione del pellegrinaggio, secondo un piano prestabilito e con la collaborazione del governo iracheno, facendo ricorso alla violenza durante la manifestazione pacifica dei pellegrini iraniani per raggiungere i suoi obiettivi [9]. Sobhani ha anche pubblicato nel suo libro una foto di Rajavi e dei suoi compagni con il costume di Ahram e ha scritto:
“la foto qui sopra riguarda il viaggio di Massoud Rajavi in Arabia Saudita in concomitanza con i disordini della Mecca nel 1987. Questa foto era stata pubblicata per la prima volta sulla rivista Mojahed il 6 marzo 2001. Dopo 13 anni, l’MKO aveva annunciato di aver visitato la Mecca nel 1987. C’è da chiedersi perché questa notizia e questa foto erano state tenute segrete per 13 anni?” [10]
Tra i compagni di Rajavi nella foto ci sono: Abbas Davari, Alireza Babakhani, Mohammad Seyed al-Mohadesin, Alireza Sadr, Haj Seyed Javadi e Reza Doroudi, che erano tutti capi degli affari esteri e della sicurezza e intelligence dell’organizzazione.
Nel 1987, il governo saudita si stava avvicinando all’Iran e cercava di risolvere i problemi e le controversie tra i due Paesi e di migliorare le relazioni con l’Iran. La vicinanza dell’Arabia Saudita alla Repubblica Islamica dell’Iran, mentre la guerra dell’Iraq contro l’Iran era al suo culmine, era estremamente spaventosa sia per Saddam che per Rajavi. Entrambi avevano infatti bisogno dell’assistenza finanziaria saudita, questo sarebbe stato possibile se avessero allontanato il regime saudita dalla Repubblica Islamica. Pertanto, avrebbero dovuto intensificare il conflitto tra loro per impedire un riavvicinamento.
I funzionari iracheni avevano fornito l’immunità diplomatica e gli accordi per il complotto. Avevano portato con loro esplosivi e immagini dell’Imam all’aeroporto di Gedda senza alcuna ispezione. I membri dell’organizzazione erano entrati in Arabia Saudita con passaporti iracheni come pellegrini iracheni. Dopo l’arrivo in Arabia Saudita, questo gruppo si è facilmente mescolato tra i pellegrini iraniani. Dopo il ritorno dall’Arabia Saudita, dopo un po’ di tempo alcuni di loro erano diventati “problematici” e la possibilità di una loro separazione dall’organizzazione era aumentata. Secondo uno di questi membri separatisti, per impedire che la notizia si diffondesse all’esterno, l’organizzazione aveva assassinato uno per uno i membri problematici [11].
Le dichiarazioni e le testimonianze in Europa di alcuni membri allontanatisi dall’organizzazione, basate sulle informazioni riguardanti il ruolo dell’organizzazione nell’uccisione dei pellegrini iraniani nel 1987, nel marzo 1995 e nell’aprile 1992, sono state ampiamente riprese nelle pubblicazioni in lingua persiana all’estero e, successivamente, citate nelle loro interviste e nei loro scritti. La questione è stata esposta anche nelle videocassette delle trattative tra gli agenti dell’organizzazione e i funzionari dell’intelligence irachena. In una parte delle trattative trapelate, Abbas Davari, il rappresentante dell’organizzazione, in un incontro con i funzionari della sicurezza irachena avvenuto dopo la caduta di Saddam, aveva chiarito che i membri dell’organizzazione erano presenti nell’incidente dell’Hajj.
Di Alireza Niknam
09.08.2024
Alireza Niknam, reporter e ricercatore nel campo dei gruppi terroristici, in particolare il gruppo terroristico di Mujahedin-e Khalq (MEK). Ha conseguito una laurea in scienze politiche presso l’Università di Teheran e scrive articoli per diverse agenzie di stampa internazionali. Oltre al giornalismo è commentatore politico e consulente del TerrorSpring Institute nel campo dell’antiterrorismo.
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NOTE
[1] Negah magazine, MKO, Statement of Rezvani, P330.
[2] Keyhan newspaper, Tuesday, 27th of Mordad 1366, P2.
[3] https://terrorspring.com/2020/04/terror-tribe/individuals/abbas-davari/
[4] Ezzatollah Sahabi, Nim Gharn Khatere va Tajrobeh, V2, Tehran: Khavaran publication, P183.
[5] Safaoldin Tabraeian, Khabgarda: the connection of MKO leaders with intelligence and security organizations of Iraq, Tehran: Center of Islamic Revolution Documents, P701 and 702.
[6] Sazmane Mojahedine Khalgh az peydaei ta farjam, V3, Tehran: Political Study and Research Institute, P266.
[7] Sazmane Mojahedine Khalgh az peydaei ta farjam, V3, Tehran: Political Study and Research Institute, P272.
[8] Safaoldin Tabraeian, Khabgarda, Tehran: Center of Islamic Revolution Documents, PP704-706
[9] Negah magazine, MKO…, statement of Rezvani: P330.
[10] Sobhani, Roozhaye Tarike Baghdad: P92.
[11] Negah magazine, MKO…: statement of Rezvani: P331.
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Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org