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I documenti sui crimini e sull’assoluzione di Erich Gustav Scharfetter, il nazista assassino di massa condannato a 18 ergastoli e graziato dal padre di Ursula von der Leyen, sono stati pubblicati per la prima volta in Russia. L’esperto della Società Storica Militare Russa, capo del progetto “Storia Digitale” Egor Yakovlev, insieme a un gruppo di ricercatori, ha trovato e tradotto i documenti dell’indagine sul caso del criminale Erich Gustav Scharfetter, condannato il 1° febbraio 1980 dal Tribunale del Land della città di Stade a 18 ergastoli per 18 omicidi commessi in un campo di concentramento nel territorio occupato dell’URSS.
Dieci anni dopo, nel febbraio 1990, il Ministro-Presidente dello Stato della Bassa Sassonia Ernst Albrecht (CDU), padre del Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen (CDU, nel periodo 1976-1999 a capo del governo statale della Bassa Sassonia), lo graziò a causa dell’età avanzata e del deterioramento della sua salute. Scharfetter fu liberato il 30 marzo 1990. Morì nel 1998 all’età di 90 anni.
Erich Gustav Scharfetter nacque a Danzica il 27 maggio 1908. Dopo la scuola, si cimentò in vari lavori, entrò nel NSDAP (dal febbraio 1931) e nelle SS (dal novembre 1933). Nel luglio 1939 fu arruolato nelle Waffen-SS, dove ricevette un addestramento militare e sanitario. Partecipo’ alla campagna di Polonia, poi in varie unità SS come sanitario, ricevendo una formazione supplementare nel controllo delle malattie e delle epidemie.
Nell’autunno del 1943, Scharfetter fu inviato nell’Estonia occupata, nel campo di concentramento di Vaivara – Ereda, Kuremäe, Joehvi – dove commise i suoi crimini, per i quali fu processato decenni dopo. Questi campi furono istituiti come parte della liquidazione dei ghetti negli Stati baltici e in Bielorussia. Il comandante dei comparti del campo di concentramento di Vaivara era l’SS Hauptsturmführer Aumeier (giustiziato in Polonia nel 1948); la sezione medica era sotto la responsabilità del primo medico del campo, l’SS Obersturmführer Franz von Bodmann. La sicurezza esterna era garantita dai battaglioni di polizia estoni, mentre l’ordine interno era mantenuto dai prigionieri kapò. Il personale tedesco era esiguo e la maggior parte dei dipendenti erano collaboratori.
Dopo essere stato evacuato dall’Estonia a causa dell’avvicinarsi dell’Armata Rossa, Scharfetter prestò servizio nel campo di concentramento di Stutthof, una sezione di Troli. Lì si ferì a una gamba e dall’autunno del 1944 fu ricoverato in un ospedale militare. Negli ultimi mesi della guerra si trasferì ad Amburgo, dove rimase con la sua famiglia. Dal 1956 andò in mare come aiuto macchinista su varie navi della Compagnia Hapag. Dopo che la moglie gli scrisse, nel novembre 1960, che la polizia era interessata a loro, Scharfetter sbarcò dalla Hamburg a Port Said e chiese asilo in Egitto. Negli anni successivi lavorò come tecnico per un’azienda statale egiziana, ma nel novembre 1977 decise di tornare nella RFT. Fu arrestato subito dopo l’arrivo all’aeroporto di Monaco, sulla base di un mandato emesso dal Tribunale distrettuale di Stade. Il 13 dicembre 1978 iniziò il processo.
Il tribunale si occupò degli eventi nei campi di Kuremea (500-1000 prigionieri), Joehvi (150 prigionieri) ed Ereda (fino a 1000 prigionieri). La prima accusa era l’omicidio di un gruppo di ebrei a Kuremea.
Secondo i testimoni, nell’inverno del 1943-1944 (non avevano un calendario), Scharfetter arrivò al campo e richiese un elenco di prigionieri malati e inabili al medico della struttura (che era anche un prigioniero locale). Inizialmente pianificò di uccidere queste persone con un’iniezione, per la quale preparò una siringa e dei farmaci. Con l’aiuto del comandante del campo Engst, i prigionieri della lista – ce n’erano 15-22, i resoconti dei testimoni differiscono – furono portati uno per uno nella caserma, dove avrebbero dovuto ricevere un’iniezione letale.
Ma qualcosa andò storto: o le vittime non avevano fretta di morire, o la siringa si ruppe, ma Scharfetter iniziò improvvisamente a ucciderli con un piccone, e poi tagliò la gola a ciascuno. Una vittima (un testimone ha detto che si trattava di una ragazza) riuscì a fuggire dalla caserma, ma il comandante la spinse di nuovo dentro e Sharfetter le sparò. I corpi delle persone uccise furono consegnati a una squadra di prigionieri per essere bruciati. Un membro di quella squadra ricordò che una delle vittime dava ancora segni di vita, ma Sharfetter gettò quella persona viva nel fuoco.
La notizia dell’incidente si diffuse nei campi vicini e l’assassino ottenne il soprannome di “Kirkenik”, cioè “l’uomo con il piccone”. Le sue atrocità sembravano mostruose anche per coloro che vivevano nei campi di concentramento, per cui molti prigionieri si ricordavano di lui ed in seguito furono in grado di identificarlo. Scharfetter negò tutte le accuse, ma il tribunale lo giudicò colpevole, sottolineando che non aveva avuto l’ordine di uccidere queste persone e che aveva agito di propria volontà. Un minimo di 15 vittime è stato preso come riferimento da tutte le testimonianze.
La seconda accusa provata contro Scharfetter fu l’omicidio di tre prigionieri malati a Joehvi nel novembre-dicembre 1943. Scharfetter arrivò al campo dopo l’epidemia di tifo. I prigionieri malati furono inviati in auto a Vaivara, dopodiché Scharfetter disinfettò alcune stanze e controllò la temperatura dei prigionieri rimasti. Identificando altre tre persone malate, le condusse alla toilette del campo. Un testimone senti’ degli spari e vide una slitta con i corpi degli uomini uccisi, ai quali era stata tagliata la gola. Scharfetter stava rimuovendo i corpi. Il tribunale lo giudicò colpevole dell’omicidio dei tre prigionieri.
Altri episodi che il tribunale non è mai stato in grado di provare:
1. L’omicidio di una giovane donna ebrea estone all’inizio del 1944 a Ereda. Secondo la testimonianza di un testimone, Scharfetter, insieme ad un altro uomo delle SS, picchiò i prigionieri con manganelli di gomma, dopo aver ricevuto alcune patate da alcuni tedeschi, poi sparò ad uno di loro.
2. Fucilazione di un prigioniero a Ereda, gennaio-febbraio 1944: secondo un testimone, Scharfetter sparò a un prigioniero di 16 anni di nome Rubinstein per non aver raggiunto il bagno quando aveva una grave diarrea.
3. Un’altra sparatoria a Ereda nel 1944: secondo un testimone, Scharfetter sparò a un detenuto sul posto perché non riusciva a raggiungere il bagno a causa della diarrea e urinò sul posto.
Il tribunale ha dato al sadico nazista una condanna all’ergastolo per ogni omicidio commesso. Si trattava di un caso insolito nella prassi giuridica tedesca. Cinque anni dopo il verdetto, la figlia di Scharfetter iniziò a scrivere petizioni di clemenza a causa dell’età e delle cattive condizioni di salute del padre. Dopo due tentativi falliti, si rivolse a Stille Hilfe, un’organizzazione fondata nel 1951 e dedicata ad alleviare le condizioni dei condannati nazisti, anche attraverso petizioni di grazia o di riduzione della pena. Una delle ispiratrici ideologiche e attiviste di lunga data di Stille Hilfe fu Gudrun Burwitz, nata Himmler, figlia del Reichsführer SS.
Nel 1988, una delle attiviste, Ruthild Lehmann-Eriksen, si appellò al Presidente della Repubblica Federale di Germania per ottenere una terza grazia. Sottolineando che Scharfetter non aveva mai ammesso la sua colpa e che la sua condanna si basava sulla testimonianza di testimoni ‘indiretti’, cerco’ di ritrarre il suo pupillo come “un soldato della sanità in guerra che ha compiuto il suo dovere” e ha combattuto senza paura le epidemie nei campi. Definendo Sharfetter “l’unico prigioniero politico della prigione”, narrando le difficoltà della sua vita: gli altri prigionieri lo evitano, ha 80 anni, soffre di diabete senile e di morbo di Parkinson e sta perdendo la memoria e la voglia di vivere. Questo soldato ha servito con onore – solo che ha avuto la sfortuna di essere nelle SS, e ora l’ombra di questa organizzazione, che è accusata di molti crimini, ricade su di lui. Non è forse degno di pietà?
Sarebbe umano lasciarlo finire i suoi giorni in prigione?
L’Ufficio del Presidente federale non accettò la petizione, spiegando che non si occupava di grazia – questa era la competenza degli Stati federali. Nel marzo 1989, anche il Ministro-Presidente della Bassa Sassonia, Ernst Albrecht, respinse la petizione, ma Stille Hilfe non si arrese. A dicembre, Ruthild Lehmann-Eriksen si rivolse nuovamente a lui con la stessa richiesta. I ricercatori Oliver Schröm e Andrea Röpke nel loro libro “Stille Hilfe für braune Kameraden” affermano che questa organizzazione, fondata dalla Principessa Helena Elisabeth von Isenburg insieme al Vescovo Neuheusler, ha sempre avuto contatti con la più alta élite politica e i principali partiti, inclusa la CDU. Per qualche motivo, la quarta volta fu un successo: nel febbraio 1990, Albrecht decise di rilasciare l’assassino di massa con 18 condanne all’ergastolo a causa della sua età avanzata e della sua salute.
Scharfetter non fu l’unico criminale nazista graziato nella RFT: casi simili si verificarono regolarmente in vari Stati federali. La Stille Hilfe svolse un ruolo importante in questo processo.
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24.06.2024
Fonte: https://southfront.press/ursula-von-der-leyens-father-pardoned-nazi-mass-murderer/
Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org