Il modello One Health e la resa definitiva dell’homo sapiens

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Di Paolo Azzone

Le società umane si costruiscono da sempre rappresentazioni di sé e del mondo. Nelle società tradizionali e persino moderne le Weltanschauungen prevalenti riflettevano le aspirazioni ed i timori delle collettività in cui erano diffuse e condivise. Rimandavano in definitiva ai desideri, alle paure, alle rappresentazioni di sé e degli oggetti che popolano le fantasie consce ed inconsce degli uomini che abitavano un certo territorio. Si caratterizzavano quindi per una coerenza tra i contenuti che le costituivano e le logiche che le organizzavano.

Così, ad esempio, la cultura animista dei primitivi si confrontava con gli spiriti che animano il mondo naturale. L’uomo medievale contemplava sgomento i timori e le speranze per il suo destino ultraterreno. Il massone o carbonaro del secolo scorso combatteva arcigni imperatori e sognava l’unità fraterna del popolo italiano.

Nella società postmoderna la cultura è invece un mero prodotto industriale. È confezionata in modo più o meno automatico da asettici professionisti, che infarciscono di contenuti predeterminati la stampa come la televisione, il cinema come la letteratura, i programmi scolastici come i progetti di ricerca finanziati dalle istituzioni pubbliche e private.

La cultura contemporanea, e ancor più i modelli culturali e le filosofie ufficiali, non hanno quindi nulla in comune con i prodotti genuini della mente umana. Sono pensati o concepiti dai vertici della società per essere imposti, direi inoculati, negli strati inferiori. Le ideologie contemporanee non contengono nulla del mondo emotivo di chi le produce né di chi le fruisce. Non rispondono ad alcun bisogno decisivo dell’uomo. Non hanno impatto sulla vita emotiva degli esseri umani. Funzionano solo come organizzatori del consenso sociale e garanti della sottomissione delle masse al potere in tutte le sue forme.

Proprio per questo tali modelli sono totalmente privi di qualsiasi struttura organica che ne garantisca la coerenza interna. Di fatto, nelle mitologie di volta in volta proposte dalle istituzioni transnazionali, troviamo solo agglomerati informi di rappresentazioni astratte e di immaginari valori etici. Senz’altro è questa la prospettiva con cui dobbiamo avvicinare un recente editoriale di The Lancet. La più celebre rivista medica del mondo si unisce alle principali istituzioni internazionali e promuove ora il paradigma della One Health, la salute globale (The Lancet, 2023, 401:169).

Non c’è dubbio che la piena difesa della salute umana implichi una genuina sensibilità ecologica. L’inquinamento atmosferico è una nota causa di malattie respiratorie ed oncologiche. L’industrializzazione dell’agricoltura e le coltivazioni intensive sono anch’esse un’importante causa di allergie alimentari e di malattie neoplastiche. L’uomo ha senza dubbio bisogno di vivere esperienze a contatto con la natura per ritrovare il suo benessere. Chi potrebbe essere oggi sordo a queste istanze e all’esigenza di una seria sensibilità ecologica?

Di fronte ai testi della filosofia contemporanea occorre però attenzione. Come abbiamo detto, non vi è nessuna coerenza tra i contenuti affastellati nei documenti più o meno ufficiali, e una lettura attenta può riservare sorprese. Il recente editoriale di The Lancet ne riserva una davvero clamorosa.

Il testo raccoglie vari mantra innocui del pensiero contemporaneo. Conosciamo l’infatuazione delle élites per il patrimonio tradizionale delle “società indigene”. Del resto, l’enciclica Laudato si’ di Jorge Maria Bergoglio e i testi del sinodo sull’Amazzonia ci hanno spiegato che nella cultura animista degli indigeni dell’amazzonia risiede è un tesoro di verità e conoscenza del sacro non meno decisivo dei testi della rivelazione ebraico-cristiana (per le tesi esplicitamente eretiche incluse in questi testi si rimanda a un approfondito studio di Matteo D’Amico: Apostasia Verde, 2020). Non ci sorprende poi il consiglio di “abbandonare una dieta a base di alimenti animali e di passare ad un’alimentazione a base di vegetali”.

Ma tra le pieghe del testo si nasconde qualche affermazione assolutamente stupefacente. Certo il lettore condividerà il mio dolore e la mia delusione nell’apprendere che “Il moderno approccio alla salute umana assume un punto di vista puramente antropocentrico: l’essere umano è al centro dell’attenzione della preoccupazione medica”, mentre l’approccio One Health, conscio della “relazione interindipendente e interconnessa con animali non umani e con l’ambiente”, non ha dubbi: “ogni vita è uguale e di uguale valore”. Uomini e cani, donne e mele, bambini e pulcini!

Si compie il ciclo. Adamo aveva ricevuto da Dio la signoria del creato, e l’aveva conservata nonostante la cacciata dal paradiso:

Dio li benedisse e disse loro:

«Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra»” (Gen 1,28).

Con il rinascimento l’uomo aveva addirittura sfidato la centralità di Dio. Con la rivoluzione francese aveva ricacciato il Creatore nei cieli per attribuirsi autocraticamente e senza intermediari la titolarità di diritti inalienabili. Ma troppo alto ha volato questa volta il nostro Icaro e ora è caduto al suolo, degradato alla misera dignità di un sasso o di un verme.

Il globalismo transumano che abita l’immaginario della società contemporanea ha dato vita ad una feroce gerarchizzazione della società. Ha realizzato un verticismo senza precedenti. Ai sudditi che abitano la contemporaneità non è riconosciuta nemmeno la dignità della persona. Non siamo e saremo semplicemente trattati come bestie. Lo siamo ontologicamente. Con questi occhi oggi il potere legifera e governa. Quale altro giardino dovremmo scendere nella scala del vivente? quale altra servitù abbracciare con il sorriso sulle labbra?

Di Paolo Azzone

Paolo Azzone. Medico e psicoanalista.

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