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Il bilancio delle vittime della repressione governativa siriana nella regione costiera ha superato i 1.311 morti, con i civili della minoranza alawita che costituiscono la stragrande maggioranza delle vittime, ha dichiarato il 9 marzo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR).
Tre giorni prima, la ribellione era scoppiata sulla costa siriana in seguito a una serie di violazioni da parte delle forze governative e delle milizie affiliate contro gli alawiti, una filiazione dell’Islam sciita. La famiglia dell’ex presidente siriano Bashar al-Assad appartiene a questa stessa confessione.
Dopo i successi iniziali a Latakia, Qardaha, Jableh, Banias e Tartus, i ribelli alawiti sono stati sopraffatti dalle forze governative che hanno portato ingenti rinforzi il 7 marzo. Da allora si sono verificati una serie di massacri contro i civili alawiti.
Il governo islamista siriano ha dichiarato di ritenere il suo esercito responsabile di qualsiasi violazione durante le operazioni contro i ribelli, composti principalmente da ex ufficiali e soldati dell’ormai disciolto Esercito Arabo Siriano.
Inoltre, il 9 marzo il governo ha annunciato di aver formato una commissione giudiziaria per indagare su quelli che ha descritto come “recenti eventi” sulla costa siriana. Tuttavia, i numeri forniti dal SOHR dimostrano che l’uccisione di massa dei civili alawiti è ancora in corso.
Il gruppo di monitoraggio con sede a Londra ha riportato 160 vittime civili il 7 marzo, 366 l’8 marzo e almeno 301 il 9 marzo.
In totale, il gruppo ha documentato la morte di 830 civili alawiti, oltre a 231 membri della sicurezza e 250 ribelli.
La maggior parte degli attacchi governativi del 9 marzo ha preso di mira aree alawite all’interno della città di Banias e in diverse città vicine, tra cui Tanita. Attacchi contro i civili sono stati segnalati anche nelle città di Tala, Beit Al-Shakouhi, Brabshbo, Datour e Al-Bahlouliya, nella campagna di Latakia. Gli attacchi hanno incluso esecuzioni di massa e bombardamenti di artiglieria, secondo i filmati pubblicati sui social network.
Secondo i media libanesi, i massacri hanno finora fatto sfollare circa 10.000 alawiti nel governatorato di Baalbek-Hermel, nel Libano orientale.
Altri 7.000 continuano a rifugiarsi nella base aerea russa di Khmeimim, vicino alla città di Jableh, dove ricevono aiuti umanitari.
Nel frattempo, la brutale repressione del governo siriano sulla costa continua ad avere ulteriori condanne da tutto il mondo.
In una dichiarazione alla stampa rilasciata il 9 marzo, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha affermato che i terroristi islamici radicali, compresi i jihadisti stranieri, hanno ucciso persone nella Siria occidentale.
“Gli Stati Uniti sono al fianco delle minoranze religiose ed etniche della Siria, comprese le comunità cristiane, druse, alawite e curde, e porgono le loro condoglianze alle vittime e alle loro famiglie”, ha dichiarato Rubio. “Le autorità siriane ad interim devono ritenere responsabili gli autori di questi massacri contro le comunità minoritarie della Siria”.
Anche Israele ha ribadito la sua posizione contro i governanti islamisti del Paese, con il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar che ha affermato che i Paesi europei devono “svegliarsi” e cambiare drasticamente il loro approccio al nuovo governo siriano.
“Nel fine settimana è caduta la maschera quando gli uomini del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa hanno massacrato senza pietà il loro stesso popolo, i cittadini della cosiddetta ‘Nuova Siria’”, ha dichiarato Sa’ar alla testata tedesca Bild.
“L’Europa deve alzare la voce: contro il massacro, contro il barbaro assassinio di civili, contro questa malvagità distillata dei jihadisti”, afferma Sa’ar. “Deve svegliarsi. Deve smettere di concedere legittimità a un regime le cui prime azioni – non sorprendenti, dato il suo noto background terroristico – sono queste atrocità”.
“La comunità internazionale in generale, e l’Europa in particolare, negli ultimi mesi è accorsa a Damasco per stringere la mano a Sharaa”, ha denunciato Sa’ar.
Il ministro ha poi affermato che i nuovi governanti in Siria “erano jihadisti e sono rimasti tali, anche se ora indossano abiti eleganti”.
Nel complesso, la situazione sulla costa siriana sembra peggiorare a tutti i livelli. I massacri contro gli alawiti indeboliranno l’unità del Paese per i decenni a venire.
Tuttavia, il governo siriano sembra essere determinato a proseguire con la repressione.
southfront.press
09.03.2025
Fonte: https://southfront.press/death-toll-from-massacres-on-syrias-coast-exceeds-1300-18-videos/
Traduzione a cura della Redazione di ComeDonChisciotte.org