Così affermava Albert Camus, e nulla ci pare più appropriato in questi tempi disordinati e confusi che stiamo vivendo.
L’occasione per ricordarcelo (una delle tante), è stata l’approvazione da parte del Parlamento della modifica del Codice della Strada proposta dal governo.
Più sicurezza e prevenzione, contrasto ad abusi e comportamenti scorretti, norme aggiornate ed educazione stradale”,
questa la promessa del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.
Tra le varie novità apportate in questo nuovo codice, tutte finalizzate a preservare la nostra “sicurezza”, la sanzione tra 173 e 694 euro quando il superamento del limite di velocità è tra i 10 e i 40 km/h. Se questo avviene all’interno di un centro abitato e per almeno due volte nell’arco di un anno, la multa varia da 220 e 880 euro, a cui si aggiunge la sospensione della patente da 15 a 30 giorni.
L’ideale per chi con l’auto, i furgoni e i TIR ci lavora, insomma.
E che importa, se nei fatti gli incidenti stradali tendono a diminuire in questi anni, e se le cause non sono prevalentemente legate alla velocità* ma piuttosto alla distrazione e all’imperizia di chi guida. Il legislatore ci dice che per tutti noi è meglio se la pressione aumenta.
Vi diminuiscono lo stipendio mentre le multe diventano più esose? Gaudete, popolo bue: lo fanno per il vostro bene!
Non possiamo fare a meno di notare, del resto, che queste iniziative si sposino perfettamente con l’agenda europea neomalthusiana (si, non sopportano l’umanità e i mezzi con i quali si sposta).
“Zero morti sulle strade” è frutto di una ideologia malata, di una propaganda pericolosa, che in effetti abbiamo già vissuto. Un po’ come la faccenda delle “zero emissioni”, che Dio solo lo sa cosa ci è costata in termini di recessione economica, di disoccupazione e rottura di scatole oggettiva.
La nostra politica di destra o di sinistra si adegua, non si distingue certo per autonomia di pensiero, tutti allineati e coperti sotto le bandiere di istituzioni sovranazionali. Questa mancanza di coraggio, questo conformismo acritico ci indigna di sicuro, e in effetti il numero di astenuti alle elezioni aumenta sempre, ma il problema è che le fanfare del trionfo suonano anche se vincono con solo il 10% di votanti, e allora bisogna capire se serva non esprimersi quando è il momento di votare. Ma la domanda resta: chi votare, a questo punto?
Nel frattempo, si danno un gran da fare, e le nostre libertà vengono erose sempre di più, strette dalla morsa soffocante della logica perversa che afferma che tutto viene fatto per il nostro bene, per la nostra sicurezza. Molti ci cascano (epoca COVID docet), qualcuno no. Forse bisognerebbe cercare di informarsi di più, e non accontentarsi di quello che passa la tv. Ma questa è una considerazione banale, forse un desiderio che non si avvererà mai.
Nella nostra conversazione al Bar, qualcuno di noi ha citato Walter Lippmann (1914), Drift and Mastery, Gustave Le Bon (1890), Psicologia delle Folle, fino ad arrivare a Idiocracy, di Mike Judge, film del 2006 che dipinge uno scenario distopico dove il livello di intelligenza medio raggiunge livelli talmente bassi da mettere a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano.
Succederà dunque questo? Diventeremo tutti talmente imbecilli da non capire che ci stanno costruendo attorno delle carceri, ammesso che non sia già successo?
Noi vogliamo rimanere ottimisti, nonostante tutto. Fino a che ci saranno persone che leggono e approfondiscono, una Resistenza civile sarà sempre possibile. Esattamente come la Civiltà che auspicava un grande economista mai dimenticato, Federico Caffè, che abbiamo voluto citare, anch’esso, in trasmissione.
Buona visione!
* https://www.aci.it/archivio-notizie/notizia.html?cHash=82c12a713a502ae96becfabe7cea6125&tx_ttnews%5Btt_news%5D=2786#:~:text=Rispetto%20al%202019%20%2D%20benchmark%20per,(1%20ogni%203%20ore).