Grecia: tanto peggio, tanto meglio (per la destra)

Analisi sul voto: le elezioni politiche del 21 maggio 2023.

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Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org

Domenica 21 maggio 2023 si sono svolte le elezioni politiche in Grecia. Il risultato è chiaro. Meno chiaro è perché ci sia stato questo risultato.

Vediamo anzitutto i dati, confrontandoli con quelli delle precedenti elezioni del 2019 (tabella 1). La stampa ha dato grande risalto alla vittoria della destra conservatrice di Nuova Democrazia, partito al governo del 2019. Non si tratta di un successo o di un terremoto, come qualcuno ha detto, ma di una robusta tenuta: l’aumento percentuale dei voti è di poco superiore all’1%. Il dato è significativo, ma non siamo certamente di fronte ad un’onda travolgente di suffragi. Si è consolidato l’esistente e, come vedremo, questo non era scontato.

Tabella 1. – Elezioni politiche in Grecia 2019-2023 (primo turno)
2023 2019
% seggi % seggi
Nuova Democrazia 41,1 145 39.85 158 (108)(*)
Siryza 20,0 71 31,53 86
Pasok/Kinal 11,6 41 8,10 22
KKE 7,2 26 5,3 15
Lysi 4,5 17 3,7 10
MeRA25 2,4 3,44 9
(*) 50 seggi corrispondono al premio di maggioranza attribuito dalla legge elettorale

Il dato che, invece, è molto importante è lo sfarinamento della sinistra. Syriza, il partito di Alexis Tsipras, fiero oppositore delle politiche di austerità, anche se poi costretto ad accettarle dal ricatto della Troika, perde il 10% dei voti. Il Partito comunista greco (KKE) guadagna il 2% e MeRA25, il partito di Yannis Varoufakis, figura iconica dell’anti-elitismo democratico, non riesce ad avere rappresentanza in Parlamento in quanto non riesce a superare la soglia di sbarramento del 3%. Il Pasok, partito socialista panellenico, guadagna ben 3 punti percentuali, dato significativo, ma sicuramente non certamente determinante.

Da notare, anche se in margine, la riduzione del bipartitismo che costituisce una caratteristica distintiva del sistema partitico greco. Nel 2019 i due partiti maggiori assommavano il 71,38% dei voti, nel 2023 il 61,1%.  

I risultati delle elezioni di domenica 21 maggio 2023  non consentono a Nuova Democrazia di costituire un governo in quanto per soli  6 seggi, non raggiunge la maggioranza assoluta di 151. Il primo ministro in carica Kyriakos Mitsotakis, di Nuova Democrazia, ha manifestato la sua intenzione di non voler costituire una alleanza in Parlamento per formare un governo, ma di voler andare al secondo turno delle elezioni, che probabilmente si terrà il 25 giugno 2023 o il 2 luglio 2023. Si tratta di una scelta perfettamente razionale da un punto di vista politico. La legge elettorale stabilisce, infatti, che nella seconda tornata elettorale il partito che ha ottenuto la maggioranza relativa, che Nuova Democrazia ha già, ha diritto al premio di maggioranza. Perché andare oggi a cercare alleanze “spurie” in Parlamento, quando tra qualche settimana Nuova Democrazia può governare da sola? La Grecia si prepara, quindi, ad altri cinque anni di un governo monocolore di centrodestra.

Questi i dati di fatto, vediamo ora di interpretarli. Da un lato, si tratta di capire per quali motivi il centrodestra sia stato in grado di consolidare le proprie posizioni, dall’altro di spiegare il crollo della sinistra.

Perché è strano che Nuova Democrazia abbia mantenuto solidamente le proprie posizioni? Per almeno quattro motivi. 

Primo, la crisi greca inizia quando George Papandreou arriva al governo del 2009 e si scopre che i conti pubblici greci sono palesemente falsi. Ma prima al governo c’era Nuova Democrazia. La responsabilità della crisi greca è stata di quel partito, non del Pasok. Evidentemente i Greci hanno la memoria corta. 

Secondo motivo, è vero che vi è stata una sorta di “rinascita greca” negli ultimi anni. Ma questa rinascita ha generato un aumento della precarietà del lavoro ed è stata “pompata” dall’arrivo dei finanziamenti del PNRR che nel caso greco sono stati assai cospicui. Nuova Democrazia, dalla sua posizione privilegiata, trovandosi al governo, ha saputo intestarsi i meriti del miglioramento della situazione economica e attuare politiche distributive che, ovviamente, aumentano il consenso. In generale gli incumbents, i partiti che stanno al governo, godono di una rendita di posizione nella gestione delle elezioni.

Terzo motivo, strettamente collegato al precedente, Nuova Democrazia e la destra conservatrice, a differenza di quella radicale, sono fortemente filoeuropeisti e questo ha costituito un vantaggio competitivo rispetto alla sinistra molto più critica nei confronti dell’Europa. Avere posizioni favorevoli alle istituzioni e alle politiche europee significa avere maggiore garanzia di accedere ai finanziamenti e, soprattutto, di godere la fiducia dei mercati. Su questo ultimo punto Nuova Democrazia ha puntato molto nella campagna elettorale anche con il supporto di esponenti di Bruxelles. In sintesi, Nuova Democrazia al governo significava avere maggiore afflusso di capitali esteri. Peccato che siano stati proprio “i mercati” e le istituzioni europee a condurre la Grecia verso la catastrofe umanitaria generata dalle politiche di austerità. Anche in questo caso, i Greci sembrano essere stati smemorati e aver scambiato il loro carnefice di ieri per il salvatore di oggi.

Quarto motivo, senza dover andare troppo indietro nel tempo, vi sono stati negli ultimi mesi due eventi che avrebbero dovuto mettere in difficoltà il governo in carica. Il primo, lo scandalo delle intercettazioni telefoniche di alcuni esponenti dell’opposizione da parte dei Servizi segreti del governo. Il secondo, l’incidente ferroviario in marzo in cui sono morte 46 persone che ha provocato violente manifestazioni di piazza nei confronti del governo. 

Come mai un partito di governo sul quale gravavano tali responsabilità ha visto consolidate le proprie posizioni, quando ci si sarebbe dovuti aspettare una flessione di consensi nei suoi confronti? Come e perché il peggio, cioè gravi responsabilità politiche di lungo e di breve periodo, si è tramutato in meglio, cioè in una vittoria elettorale?

Lasciamo aperta la domanda e passiamo, invece, alla seconda questione: come mai lo sfarinamento della sinistra? Qui occorre considerare almeno due aspetti. 

Il primo è l’insuccesso di MeRA25, il partito di Varoufakis. Nonostante il carisma del personaggio, non si può non notare come ad uno sfrenato attivismo sui canali social sia corrisposta una assai debole azione a livello parlamentare e territoriale. Un partito non è uno stato d’animo né un seminario universitario ma una organizzazione e qui Varoufakis è stato molto debole.

Il secondo aspetto è costituito dal vertiginoso calo di Syriza. Ed è questo il vero dato significativo. Ma si è trattata di una vera e propria disfatta? Certamente, se confrontati con il 2019, i risultati sono deludenti. Ma se ci muoviamo in un orizzonte temporale più ampio, cioè da prima della crisi finanziaria, dei Memorandum e delle politiche di austerità possiamo vedere che Syriza torna alla sua base elettorale originaria del 2012 (vedi figura 1).

Quindi, Syriza ha incanalato la protesta antiausterità. E quando la società greca ha metabolizzato l’austerità come un “male necessario” e dato per scontato, cioè quando in ampi segmenti della popolazione è subentrato la rassegnazione, i consensi per Syriza sono calati. La protesta non è più stata un fenomeno di massa, diffuso e pervasivo, ma ha coinvolto solo alcuni gruppi di avanguardia, i sindacati e gli anarchici.  

 

Ma questo non è sufficiente a spiegare il declino della sinistra radicale di Syriza, solo in minima parte compensato da un incremento del Partito comunista greco (KKE). Occorre andare più in profondità e considerare come a Syriza siano stati addebitati ingiustamente i costi dell’austerità e l’umiliazione subita dal popolo greco con il terzo Memorandum imposto dalla Troika.

Per uno dei tragici paradossi che costellano la storia, la forza politica che era stata la principale oppositrice delle politiche di austerità ne è diventata la principale responsabile. Gli sforzi fatti da Tsipras per introdurre politiche di supporto ai ceti popolari nonostante le pressioni delle istituzioni europee non sono stati riconosciuti ed è stato fatto passare come un traditore. Oggi si ricorda l’austerità del governo antiausterità di Tsipras, ma si dimenticano gli interventi a favore dei ceti disagiati a causa dell’austerità che quel governo ha cercato di attuare, contrastato dalle istituzioni europee. 

A screditare ulteriormente l’immagine di Syriza ha poi contribuito sicuramente l’abilissima campagna elettorale di Nuova Democrazia centrata intorno allo slogan “Torniamo indietro, o andiamo avanti?”. Votare Mitsotakis significava chiudere con un passato, di cui Nuova Democrazia era stata protagonista, fatto di austerità e di conflitti con l’Europa, mentre votare Syriza significava mantenere aperto quel periodo infausto, infelice, avvilente. Un invito a cancellare la memoria, in tutti i sensi.

Per concludere, torniamo alla domanda che abbiamo lasciato aperta poco sopra: perché una forza politica che, in base alle sue responsabilità, avrebbe dovuto essere penalizzata o perlomeno ridimensionata alle elezioni, ha comunque vinto? Dalle elezioni greche di domenica scorsa possiamo trarre tre insegnamenti.

Il primo è che l’elettore ha la memoria corta. Sa quello che succede oggi, ricorda vagamente ciò che è successo ieri, ma già la settimana scorsa è un territorio ignoto. La Grecia ci insegna che non bisogna fare affidamento sui peccati originali dell’avversario politico compiuti in epoche passate. Nuova Democrazia è stata la responsabile della deflagrazione della crisi greca, durante la campagna elettorale è riuscita ad affermarsi come la forza politica che ha sconfitto quella crisi. 

Il secondo è che l’elettore è insensibile ai richiami etici. Le ultime vicende – dalle intercettazioni al disastro ferroviario – non hanno minimamente scalfito il consenso per una forza politica ritenuta affidabile dalle istituzioni europee e dai mercati e quindi in grado di garantire un congruo flusso di risorse economiche e finanziarie.  Pecunia non olet. Un governo guidato da Nuova Democrazia, europeista e neoliberista, è un interlocutore sicuramente gradito ai mercati e all’Europa.

Terzo insegnamento, da non sottovalutare: l’importanza della comunicazione politica. Nuova Democrazia ha saputo presentarsi come il nuovo nonostante non lo fosse affatto. L’elettore ha bisogno della novità, della soluzione di continuità, del nuovo che avanza. Anche se avanza da ciò che rimane del passato. Mitsotakis, discendente di una delle più potenti famiglie greche da decenni, è riuscito a presentarsi come il nuovo, il futuro, la speranza. Tsipras è diventato, invece, l’emblema di un passato da esorcizzare.

Impariamo dal Laboratorio Grecia, che ha ancora molto da insegnarci. 

Di Luca Lanzalaco per ComeDonChisciotte.org

23.05.2023

Luca Lanzalaco è professore ordinario di Scienza politica presso l’Università di Macerata. Ha recentemente pubblicato, con Giampiero Cama e Sara Rocchi, Le banche centrali prima e dopo la crisi. Politica e politiche monetarie non convenzionali (ATì editore, 2019) e Fragile Boundaries. The Power of Global Finance and the Weakness of Political Institutions (Rivista Italiana di Politiche pubbliche, 2/2015, il Mulino). E’ autore del libro L’euro e la democrazia. Dalla crisi greca al nuovo Mes (Youcanprint, Bari, 2022).

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