Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org
Nel grande kolossal sulla pandemia trasmesso, a reti unificate, in tv da oltre due anni, lautamente sponsorizzato dal Governo, sono stati scritturati sulla scena, a fianco dei soliti giullari, nuovi personaggi in cerca di fama: i televirologi.
Annoverati, infatti, nelle liste delle agenzie dello spettacolo, sotto la voce “artisti” (si veda “Elastica” per Roberto Burioni), più che in quelle dell’Ordine dei medici, sono usciti dall’ombra dei loro studi per ascendere, di colpo, alle luci della ribalta mediatica.
Il copione era chiaro fin dall’inizio: promuovere il vaccinismo come unico rimedio efficace per uscire dalla pandemia, la cui conditio sine qua non è la quotidiana somministrazione di dosi di terrorismo sanitario e la perenne negazione, anche di fronte all’evidenza, di qualsiasi cosa lo ostacoli. Come le cure somministrate con successo da migliaia di medici per bene che, dovendo scegliere fra il giuramento a Ippocrate e quello a Speranza, non hanno avuto dubbi nel guarire le persone.
“Specialisti” messi lì a divulgare le mirabolanti Verità di regime – dalla produzione seriale delle ondate virulente fino alla pandemia delle scimmie -, pozioni mediche e mediatiche distillate nel laboratorio sociale della tv, la grande fabbrica del consenso manipolato. Potenza del falso televisivo, oppio dei popoli dove attecchisce ogni allucinazione di massa, in un paese dove quasi la metà degli italiani è analfabeta funzionale e, per ciò, facile vittima del reato di “circonvenzione di incapace” ad opera del peggiore giornalismo dell’Occidente, stabilmente posizionato al sessantaquattresimo posto in quanto a indipendenza.
Appeso il camice bianco per indossare i panni dell’influencer, con il televirologo, la nobile figura del medico diviene una controfigura, o meglio, un simulacro (per dirla alla Baudrillard), giusto per ricordare, fra un balletto e una battuta comica, fra Fabio Fazio e Barbara D’Urso, qual è la parte in commedia destinata alla “scienza” nelle passerelle tv.
Segni, quindi, lì a simulare un’autorevolezza che fu, per portare la gente a credere che le opinioni divulgate urbi et orbi siano la Verità unanimamente condivisa dal mondo medico. Insomma, pubblicità occulta all’industria farmaceutica, dove tutto è marketing compresa la merce-salute. Dove per salute si intende l’Aifa, a sua volta dipendente dall’Ema, a sua volta dipendente dalle case farmaceutiche (che la finanziano all’87%), a sua volta dipendenti dalla grande Finanza.
“Italia prima al mondo per decessi covid” è l’esito di una gestione disastrosa e criminosa che avrebbe dovuto richiedere la cacciata immediata di politici, comitati di esperti, giornalisti e imbonitori vari… E, invece, sono ancora tutti lì, al loro posto. Anzi, per il lavoro svolto, c’è chi chiede una poltrona al Ministero della salute (Matteo Bassetti) e chi la ottiene in Senato (Andrea Crisanti).
E poi c’è lui, Roberto Burioni. Uno che il 2 febbraio 2020 dichiarava che “In Italia il rischio è zero, il virus non circola grazie alle precauzioni prese“, per convertirsi, subito dopo, all’allarmismo più forsennato. Uno che, ad inizio pandemia, scriveva che la “discriminazione contro i cinesi è una cosa barbara“, per poi augurare ai non vaccinati di finire agli “arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci” o degli “stupratori“, al grido di “no all’oscurantismo, no agli egoisti irresponsabili, ai quali secondo me dovrebbe essere sottratta la potestà genitoriale“. (1) L’ultima volta che un medico ha osato paragonare un essere umano a un sorcio eravamo nel blocco 10 di Auschwitz, dove “l’uomo era l’animale sperimentale che costava di meno, meno di un ratto”.
Già Burioni. Uno che affermava che un vaccino “non era immaginabile di poterlo avere prima di due anni“, salvo, poco dopo, pentirsene convinto dal fatto che “il tempo che è trascorso tra la scoperta di Sars-cov-2 alla iniezione del vaccino nel primo paziente è stato di 63 giorni”.. ovvero il nulla, in termini medici.
Uno che sentenziava “gira la notizia che (in generale) i vaccinati sono protetti ma possono trasmettere la malattia, questo non è vero”, per smentirsi subito dopo sostenendo che “chi si vaccina non finisce in ospedale e non muore”, finendo, in ultimo, con l’inveire contro il “no vax” di turno perché “toglie il posto a chi si è coscienziosamente vaccinato”.
Insomma, uno che non ne ha mai imbroccata nemmeno una. Ma subito pronto a cavalcare il vaccino contro il nuovo virus delle scimmie, lasciandosi sfuggire, in diretta tv, un imbarazzante “non sono come quelli per il covid“, lapsus freudiano che denuncia lo stress di tenere a memoria le battute della fiction…
Uno che, sotto i riflettori, denigrava la terapia al plasma di Giuseppe De Donno definendola “l’ennesima cura magica”, mentre, dietro le quinte, promuoveva le sue Srl specializzate, guarda caso, proprio nella ricerca sugli anticorpi monoclonali. (2) Dal pulpito dei suoi giganteschi conflitti di interessi, Burioni predica e scomunica, in totale assenza di contraddittorio, ospite fisso nel salotto di Fabio Fazio. Già Fabio Fazio…
Uno che ha scritto un libro intitolato “La congiura dei somari. Perché la scienza non è democratica”, in linea con l’autoglorificazione di una tecnocrazia che, letteralmente, significa “governo dei tecnici”, dove i tecnici sono, naturalmente, solo quelli decisi dal Potere, mentre gli altri (i Malone, i Montagner, ecc.) sono l’anti-scienza, i somari appunto. Incluso il candidato al premio Nobel per la medicina, professore Giulio Tarro, che, alla fine, querela Burioni, esasperato “per l’opera di denigrazione continuamente perpetrata a danno del suo prestigio scientifico professionale e personale“.
Soprattutto, Burioni è uno che non si arrende mai. Anche ora che si è contagiato nonostante la quarta dose dichiara coraggiosamente che “Il vaccino fa sì che io possa essere qui e non in ospedale”. Anche ora che è stato tradito dalla Pfizer, costretta ad ammettere, il 10 ottobre, di fronte al Parlamento europeo, che “il vaccino non è mai stato testato per prevenire l’infezione”, lui non demorde: “Il vaccino non ha più una grande efficacia nel proteggere dall’infezione, mentre lo aveva fino alla variante Delta e quindi aveva un senso renderlo obbligatorio”. (3)
Burioni contro Pfizer, pur di non perdere la faccia e confessare la verità: la truffa a danno dei vaccinati, che credevano di essere protetti, e la discriminazione a danno dei non vaccinati.
Già, lo spettacolo deve continuare.. I commedianti si rifanno il trucco e gli illusionisti presentano nuovi, abbaglianti, giochi di prestigio con cui dissolvere la realtà e cambiare le carte in tavola. Nel tempo della società mediatizzata, del mascheramento permanente e della volgarità senza confini, i virologi da avanspettacolo restituiscono una scena ormai deforme. La grande impalcatura crolla mostrando le sue fondamenta d’argilla. “La vaccinazione non offre alcuna protezione contro l’infezione, l’ulteriore diffusione e i gravi decorsi della malattia: efficacia pari a zero”, sentenza del tribunale di Padova del 28 aprile scorso.
Vaccino, appunto, inutile dal punto di vista sanitario, ma utilissimo per introdurre il green pass (ideato dall’Unione Europea nel marzo del 2019, ben prima, quindi, della pandemia, ed embrione del prossimo credito sociale) e per fare accettare alle persone l’idea che i diritti costituzionali, innati ed inviolabili siano condizionati all’autorizzazione di un’autorità. Se obbedisci, lo Stato ti restituisce benevolmente ciò che, in democrazia, sarebbe tuo per nascita, se non obbedisci sei privato di tutte le libertà.
Dai diritti alle concessioni premiali, da cittadini a schiavi, perchè questo è chi non ha più diritti inalienabili. È il ribaltamento di secoli di pensiero giuridico, filosofico ed etico alla base della nostra civiltà. È una torsione che non può essere semplicemente imposta con la forza dall’alto, ma ha bisogno di estorcere un certo consenso delle masse manipolando i mezzi di informazione. Nel dominio attraverso la tv, spopolano le virostar, i signorotti del nuovo feudalesimo fondato sulla terapia.
Roberto Burioni ha fatto dell’igiene sanitaria, più che una professione, una missione che esercita, con particolare intransigenza, non tanto in ospedale, quanto piuttosto fuori, nella società comune, convinto che l’epurazione dei patogeni debba riguardare il corpo sociale, prima ancora del corpo dei suoi pazienti. Abituato a scovare virus al microscopio, non sfugge al suo occhio arcigno chiunque osi dissentire dal credo vaccinale. Vi vedrà, ovunque voi siate, qualsiasi cosa facciate!
Prode giustiziere convocato per l’operazione di pulizia mediatica del dissenso, è l’uomo di risentimento che invoca l’assoluto. “Il vero inquisitore è un uomo lugubre” – ha scritto Oriana Fallaci – “Filosoficamente è il vero fascista, cioè il fascista privo di colore che serve tutti i fascismi, tutti i totalitarismi, tutti i regimi purché servano a mettere gli uomini in fila come croci in un cimitero. Lo trovi ovunque vi sia un’ideologia, un principio assoluto, una dottrina che proibisca all’individuo d’essere sé stesso“ (4).
Come tutti gli inquisitori, Burioni conosce una sola sentenza, quella di colpevolezza. Non vuole scoprire la verità, ritiene già di conoscerla. E si accampa, fanatico e rissoso, davanti al suo computer, al di là dell’ars medica che, all’opposto, procede per ipotesi, verifiche o confutazioni.
Alla sua mannaia, a mezzo internet, non è sfuggito nessuno: politici, vip e gente comune, fino ad una ragazza disabile, offesa per il suo aspetto, come se le persone fragili fossero un difetto della natura da raddrizzare, una malattia da curare..
Nella sua meschinità, Burioni crede che tutto sia lecito pur di portare avanti la sua guerra santa tramite l’uso violento dei mezzi di comunicazione.
Ha riversato un accanimento particolare contro il tennista Novak Djokovich: “Questo signore, fino a prova contraria sano di mente, pur di non farsi un vaccino dimostrato sicurissimo che ha salvato decine di milioni di vite preferisce perdere una montagna di soldi e distruggere la sua immagine pubblica“.
Il dottore non si capacita che possano esistere persone che hanno idee diverse dalle sue e che non le contrabbandano per fama e denaro. E dopo la criminalizzazione, arriva la psichiatrizzazione dei disallineati, come avveniva quando finiva in manicomio chiunque fosse ritenuto diverso. Il non vaccinato è un rifiuto dell’umanità oppure un pazzo. Le parole sono pietre e aprono la strada ai fatti: il reparto di pneumatologia dell’Università di Padova nega il trapianto di polmone ad un malato a causa di “tratti paranoici legati alla vaccinazione covid” che il paziente rifiuta (5). Gli ospedali iniziano a respingere i non vaccinati, Fabrizio Pregliasco rifiuta il ricovero al Galeazzi di Milano dei pazienti senza dose, una donna incinta perde il bambino fuori dal pronto soccorso di Sassari.
Nella notte della Repubblica, quando il sonno della ragione genera mostri,
è bastata la creazione della parola “no vax” per de-umanizzare e togliere la dignità a milioni di persone, bersaglio di frasi ingiuriose e di discriminazioni vergognose. È uno slogan semplice, facile da ricordare, incaricato di trasmettere non tanto un concetto ma già un giudizio, portatore insano di un linguaggio irrimediabilmente anticritico e antidialettico. Un capolavoro mediatico capace di concentrare in un’unica categoria tutte le voci dubbiose rispetto alla dittatura del pensiero unico, presentandole al pubblico come un solo nemico, fonte di tutti i mali.
Slogan accompagnato da una campagna moralistica tesa a far passare come non violenza l’uso di una violenza feroce da parte delle istituzioni e dei mass media e a far percepire, invece, come violenta ogni posizione disallineata. La nuova “virtù” del totalitarismo sanitario al posto della Costituzione, la biopolitica al posto dei diritti.
I militanti del “bene comune”, anche quando sfocia in un sistema persecutorio, si armano per silenziare il dissenso e punire il dissenziente:
“Non chiamateli no vax, chiamateli col loro nome: delinquenti” (Alessia Morani, deputato); “sono i nostri talebani” (Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria); “siete pericolosi, vi renderemo la vita difficile” (Pierpaolo Sileri, sottosegretario al Ministero della salute nel governo Draghi); “sono dei criminali, vanno perseguitati” (Matteo Bassetti), “una volta gli imboscati venivano fucilati” (Fabrizio Pregliasco); “serve test psichiatrico” (Carlo Nordio, magistrato); “c’è lo zampino di Satana!” (Don Gazzelli, parroco); “irresponsabili, ignoranti, superstiziosi” (Alessandro Sallusti, giornalista); “lasciateli a casa senza stipendio” (Pietro Senaldi, giornalista); “li andremo a prendere per il collo” (Lucia Annunziata, giornalista); “vagoni separati per non vaccinati” (Mauro Felicori, assessore); “i cani possono sempre entrare, voi, come è giusto, resterete fuori” (Sebastiano Messina, giornalista); “sfamare i novax col piombo” (Giuliano Cazzola, politico); “prego Dio affinché si infettino tra loro e muoiano velocemente” (Giovanni Spano, vicesindaco); “mi divertirei a vederli morire come mosche” (Andrea Scanzi, giornalista); “se fosse per me costruirei camere a gas” (Marianna Rubino, medico); “se potessi creerei dei campi di concentramento” (Fausto di Marco, dirigente medico); “campi di sterminio per chi non si vaccina” (Giuseppe Gigantino, cardiologo); “faremo una pulizia etnica dei non vaccinati, come il governo ruandese ha sterminato i tutsi” (Alfredo Faieta, giornalista); “è giusto lasciarli morire per strada” (Umberto Tognolli, medico); “se arrivi in ospedale positivo, il Covid ti sembrerà una spa rispetto a quello che ti farò io” (Vania Zavater, infermiera); “se riempiranno le terapie intensive mi impegnerò per staccare la spina” (Carlotta Saporetti, infermiera) ecc..
È il risveglio del Leviatano, il mostro biblico a cui, secondo Thomas Hobbes, gli esseri umani dovrebbero cedere ogni loro libertà in cambio della sicurezza, della tutela della “nuda” vita. Nuda perché spogliata di qualsiasi valore ed elevatezza che non sia l’istinto primordiale alla sopravvivenza biologica.
“Fatti non foste a viver come bruti”, scriveva Dante. Una pandemia non è la cosa peggiore che può capitare ad una società. Assai più grave è la perdita dei principi fondanti una civiltà come la difesa della libertà e della dignità umana, il rispetto per la pluralità delle idee, il senso di giustizia di un popolo, l’etica.
Principi faticosamente conquistati nel corso dei secoli, a cominciare dall’ “Habeas corpus“, cardine che fa di una persona un uomo e non un suddito, sancito nel 1215 dalla Magna Charta Libertatum, fino al Codice di Norimberga, promulgato dopo gli esperimenti medici nazisti: il corpo è inviolabile, nessuno può fare di me quello che vuole (con la forza o con la minaccia) per nessuna ragione, qualunque sia la cosiddetta idea di “salute collettiva”, perché il bene di oggi può essere il male di domani, come la storia purtroppo insegna.
È una società che non crede più in niente, questa, disposta a tutto pur di assicurarsi la bruta conservazione fisica e, di conseguenza, già preparata a sdoganare l’estremismo terapeutico e l’assolutismo scientista. Inquietante non è Burioni, ma il fatto che uno come lui trovi una società pronta a giustificarlo, con il plauso delle masse ghignanti.
Roberto Burioni è il segno dei tempi in cui viviamo, della barbarie che dilaga oramai ovunque. La paura della malattia ha risvegliato gli istinti di branco creando un’orda di persone in preda a un totale annientamento intellettuale e, soprattutto, umano. Un’orda pronta ad offendere, ingiuriare, discriminare o, ancora peggio, ad assistere impassibile mentre milioni di connazionali venivano privati del lavoro, del sostentamento, dello studio, dei servizi pubblici, della possibilità di prendere un bus o di entrare in un negozio. Indifferente persino di fronte all’emarginazione dei ragazzini.
“La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme” – come aveva capito Pierpaolo Pasolini già nel 1973 – “È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre”. (6)
Diffonderemo massicciamente, attraverso la televisione, intrattenimento lusinghiero, sempre l’emotivo o l’istintivo. Faremo gli spiriti con ciò che è inutile e divertente. In generale si farà in modo di bandire la serietà dell’esistenza, di trasformare in derisione tutto ciò che ha un valore elevato, di mantenere una costante apologia della leggerezza, in modo che l’euforia della pubblicità diventi lo standard di felicità umana e modello di libertà. Il condizionamento produrrà così da sé una tale integrazione, che l’unica paura – da mantenere – sarà quella di essere esclusi dal sistema. L’uomo di massa, così prodotto, deve essere trattato come quello che è: un vitello e deve essere sorvegliato come deve essere un gregge. Tutto ciò che permette di addormentare la sua lucidità è socialmente buono, ciò che minaccia di svegliarla deve essere ridicolizzato, soffocato, combattuto
ha scritto profeticamente il filosofo Günther Anders nel 1956. (7)
Nella produzione seriale di umanoidi massificati e omologati, acritici e obbedienti, incoscienti e indifferenti, il disallineato è il difetto di fabbricazione, la copia non conforme allo stampino, l’anomalia capace di mettere in pericolo tutto il sistema. E, proprio per questo, oggetto di una campagna di odio ingiuriosa.
Viene il tempo in cui l’uomo non potrà più generare alcuna stella. Ahimè! Giunge il tempo del più spregevole tra gli uomini che non sa più disprezzare sé stesso. Guardate! Io vi mostro l’ultimo uomo (…)
La terra sarà divenuta allora piccina e su di lei saltellerà l’ultimo uomo che rimpicciolisce ogni cosa. La sua razza è indistruttibile come quella della pulce; l’ultimo uomo vive più a lungo di tutti (8)
Friedrich Nietzesche
Prossimamente sui nostri schermi, Roberto Burioni sarà ospite a “Che tempo che fa”.
Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org
25.10.2022
Sonia Milone. Architetto, specializzata in antropologia culturale, è autrice di articoli e saggi dedicati all’arte e all’architettura (con un occhio particolare rivolto alle “culture altre”) per esplorare, con differenti coordinate critiche, le aree dei transiti, dei flussi e delle derive che solcano i territori della contemporaneità.
NOTE
(1) Le citazioni di Burioni sono tratte dai suoi profili social.
(2) Sonia Milone, “Giuseppe de Donno, il dono della guarigione e la tirannide dei malati” – Come Don Chisciotte.org, 03.08.2022
(3) Che il vaccino non impedisse l’infezione e il contagio era già esplicitato dalla Pfizer nei suoi documenti, ben noti a Oms, Ema, Aifa e Ministero della salute.
(4) Oriana Fallaci, “Un uomo”, 1979
(5) Si veda il documento del 30 aprile 2022, TRAPIANTO DI POLMONE NEGATO A PAZIENTE NON VACCINATO ,byoblu.com
(6) Pierpaolo Pasolini, “Scritti corsari”, 1975
(7) Günther Anders,′′L’obsolescenza dell’uomo“, 1956
(8) Friedrich Nietzesche, “Genealogia della morale”, 1887