Giuseppe De Donno, il dono della guarigione e la tirannide dei malati

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Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

Il 27 luglio del 2021 si toglieva la vita Giuseppe de Donno.

Non ha fatto in tempo a vedere che la comunità scientifica internazionale gli ha dato ragione, oltre ogni ragionevole dubbio. Tre mesi fa, infatti, la John Hopkins University, con uno studio su 1.881 pazienti, condotto dai più autorevoli esperti del settore diretti dall’epidemiologo David J. Sullivan, ha confermato la validità della sua terapia. (1)

Eravamo nel pieno dell’emergenza pandemica, con un intero Paese in lockdown e le città avvolte in un silenzio tombale, quando arriva la notizia che, nell’ospedale Carlo Poma di Mantova, nessuno muore più da un mese.
Il primario di pneumologia, Giuseppe de Donno, aveva scoperto la prima terapia al mondo capace di curare il coronavirus. Aveva avuto la geniale intuizione di ricorrere a un metodo già conosciuto in medicina, sottoponendo i malati a trasfusioni di sangue proveniente dai convalescenti, ricco di anticorpi all’infezione. La ricerca era stata poi estesa al Policlinico San Matteo di Pavia.

La notizia fa il giro del mondo. Stati Uniti, Russia, Argentina, Brasile, Perù vogliono subito la sua cura: “ci hanno fatto i complimenti, è stato emozionante, non sono riuscito a trattenere le lacrime”, confida de Donno. (2) Di lì a poco, oltre 2.000 ospedali americani somministrano il plasma iperimmune, mentre le televisioni invitano la gente a donare il sangue.

In Italia, invece, nessuno lo contatta: né il Ministero della salute né l’Istituto superiore di sanità, né l’Agenzia italiana del farmaco. Anzi, gli mandano subito i NAS in ospedale, giusto per fare un controllo…
A maggio del 2020, dopo un po’ di titubanze, viene avviata una sperimentazione nazionale, con il particolare curioso di estromettere proprio chi, quella terapia, l’ha ideata. Aifa e Iss scelgono, infatti, l’ospedale di Pisa come capofila della ricerca, relegando a un ruolo del tutto marginale le strutture di Pavia e Mantova dove, peraltro, era già terminata la prima fase dello studio mentre a Pisa occorreva ricominciare tutto da capo, perdendo tempo prezioso.

La scoperta della cura al plasma nasce, fin da subito, in un clima di eccitazione faziosa generalizzata fatto di polemiche, querele, interrogazioni parlamentari. “Non sono arrabbiato, sono infuriato!” – urla de Donno – “Vogliono zittirmi, vogliono nascondere il trattamento al plasma, potevamo salvare vite!”.

In un’intervista rilasciata il 20 aprile 2020, Giulio Tarro saggiamente afferma

Noi accademici in questo momento siamo tutti in attesa di questo benedetto vaccino. Ma il vaccino che cos’è? È un anticorpo. E noi abbiamo già un vaccino naturale negli anticorpi di chi ha contratto il virus ma è guarito… È un aiuto enorme per qualsiasi malato. Si chiama plasmaferesi, e non l’ho certo inventata io (3)

L’industria farmaceutica stava, infatti, preparando i vaccini che verranno poi approvati a fine anno ma in via “condizionata”. La conditio sine qua non per il rilascio di tale autorizzazione è che devono rispondere a “esigenze mediche insoddisfatte”, ovvero non deve essere disponibile nessun’altra cura, come prescritto dal regolamento della Commissione Europea. (4)

Il sospetto che quelle “esigenze mediche” dovessero rimanere “insoddisfatte” è confermato dal fatto che tutte le cure contro la covid (un mix di farmaci a basso costo conosciuti da anni) non sono mai state nemmeno prese in considerazione, nonostante gli appelli, le denunce e le manifestazioni di migliaia di medici scesi in piazza con il cartello “abbiamo curato tanta gente, perché fate finta di niente?” (5) Il Governo ha deciso di puntare solo sul vaccino, biblicamente annunciato come unica via di salvezza per non finire all’Inferno, secondo il noto slogan “se non ti vaccini, ti contagi, muori”.

A marzo 2021, Aifa e Iss bocciano definitivamente la cura al plasma iperimmune di de Donno: “nessun beneficio”, comunicano a conclusione della sperimentazione nazionale. (6) Di lì a poco, l’industria farmaceutica fa uscire cinque terapie contro la covid, di cui ben quattro sono a base di anticorpi monoclonali, via via autorizzate dalla UE.

Le monoclonalisono la copia realizzata dall’industria della biologia molecolare dell’anticorpo presente nel siero iperimmune del guarito. In altre parole, sono gli anticorpi copiati dall’industria farmaceutica”, scrive l’infettivologo Lorenzo Mondello. (7)

In sintesi, la terapia monoclonale è la copia della terapia di de Donno. Con la differenza che la copia prodotta in laboratorio è brevettabile, il plasma iperimmune no, perché è una donazione da un guarito ad un ammalato. Ne consegue che una sacca di plasma donato e purificato costa 82 euro contro i 2.000 euro della sacca di monoclonali.
Le monoclonali sono de Donno in versione industrializzata, con logo, cartellino e prezzo annesso, nel grande shopping della medicina moderna, dove l’unica cosa che rischia di andare in svendita è la nostra salute. Perché, nel bene e nel male, o nell’indifferenza, anche la salute è stata mercificata.

Quindi, prima è stato impedito a de Donno di curare la gente dicendo che il suo metodo non funzionava, poi lo hanno replicato in laboratorio.

Per vendere la copia, però, occorreva cancellare l’originale, come ha giustamente rilevato Massimo Mazzucco. E così, mentre le istituzioni, fin da subito, minimizzano la sua scoperta fino a renderla irrilevante, in parallelo, la grande macchina della propaganda massmediatica inizia a denigrarlo.

L’ultima delle cure magiche che vengono proposte dalla rete…questa volta però non è proprio una bufala”, dice Roberto Burioni. (8) “Una trasfusione è sempre un po’ a rischio”, insinua Ilaria Capua (con buona pace dell’Avis). “Evitare di dare false speranze alla gente e affidarsi unicamente alla medicina dell’evidenza”, sentenzia Matteo Bassetti.(9)

Insomma, la “congiura dei somari” per riprendere il sottotitolo di un libro di Burioni, riferendolo però a questi sedicenti televirologi, presenze fisse di dibattiti e talk-show in cui si è allestito un carnevale grottesco, isterico e scomposto dove, alla fine, come in certe accalcate feste popolari, ci scappa sempre il morto…

Per comprendere fino in fondo il livello di cinismo raggiunto, basti ricordare che Burioni inizia a parlare dello sviluppo promettente della ricerca sulle monoclonali fin da maggio 2020, prevedendone persino la distribuzione dopo un anno come, infatti, è avvenuto. In contemporanea, però, sminuisce l’importanza della ricerca di de Donno: “è costosa”, “è impensabile utilizzare donazioni di sangue all’infinito”, “non possiamo svenare la gente all’infinito…”, afferma fra un twetter, una comparsata tv e un’occhiata al suo settore di interesse che, casualmente, riguarda le monoclonali. (8)

Le monoclonali, per intenderci, sono quelle che hanno salvato la pelle al trivaccinato e tamponato dottor Galli che si contagia alla cena di Natale con altri trivaccinati e tamponati, finendo ricoverato in gravi condizioni. “C’è qualche modesta evidenza che possano funzionare”… aveva detto, ai tempi, a proposito della terapia di de Donno…

Sull’efficacia delle monoclonali de Donno aveva espresso qualche dubbio a fronte di un virus che muta spesso.

In questa differenza fra un siero naturale che segue l’andamento del virus perché portato dall’uomo che, passo dopo passo, segue la vita e un siero artificiale contenente una quantità esatta e sempre identica di anticorpi, sta tutto il delirio di onnipotenza di una scienza che aspira a congelare l’imprevedibilità della vita in una formula astratta. Dell’essere umano, dell’animale a sangue caldo, non deve restare più niente, se non la sua oggettivazione in tracce bio-geniche universali…

Nonostante gli ostracismi, de Donno ha difeso fino all’ultimo il proprio lavoro: lo riteneva un dovere civico, prima ancora che deontologico. Non si rassegnava al fatto che la scoperta di una cura efficace, l’unica esistente in quel momento, non venisse autorizzata.

Diceva: “La terapia con il plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari e io sono un medico di campagna, non un azionista di big pharma“. E aggiungeva:

Il plasma è democratico perché è il popolo che lo dona per salvare il popolo

È qui, in questo passaggio, che emerge tutta la pericolosità di de Donno.

Di dono in dono, di corpo in corpo, di guarito in ammalato, la terapia si fonda sulla partecipazione collettiva delle persone che, prendendosi cura le une delle altre, si trasmettono gli anticorpi. Lo scambio gratuito di un bene prezioso come la salute è sottratto alla logica mercantile e unisce gli individui in una relazione circolare: il patto sociale diventa una relazione di sangue.…quasi un rituale, sicuramente una politica.

Donare, ricevere e ricambiare sono relazioni di riconoscimento, non di dominio. Talmente importanti che Marcel Mauss le considera un “fatto sociale totale” a fondamento di tutte le culture premoderne. La funzione antropologica del dono, infatti, consiste nel creare e vivificare le relazioni all’interno di una comune appartenenza. L’obbligo di restituire il dono è morale, non contrattuale o vincolante, è un atto di fiducia in base a un principio di reciprocità che distingue l’economia del dono da qualsiasi altro tipo di economia basato sull’equivalenza del valore dei beni scambiati. (10)

Una cura basata sulla donazione correva il rischio di tramutare una trasfusione di sangue in una trasmissione simbolica di valori relazionali, rivitalizzando, oltre il corpo dei malati, l’intero corpo sociale nei suoi principi costitutivi di vicinanza, solidarietà, condivisione. Una terapia potenzialmente sovversiva, quindi, poichè capace di insinuare, nel cuore stesso della biopolitica, un orizzonte differente rispetto all’imposizione di obblighi, divieti e isolamenti nei quali gli individui vengono reclusi.

L’animale sociale andava braccato e riportato nel recinto del branco globale, dominato dall’istinto primordiale alla sopravvivenza, ammansito dalla paura verso il prossimo e allevato alla virtù del distanziamento antisociale, nella disgregazione totale del tessuto comunitario. “Niente assembramenti”, per mantenere la collettività in una sudditanza più che in una cittadinanza, nella macelleria sociale di quell’uomo che, per due millenni, era rimasto ciò che era per Aristotele.

Marcel Mauss osservava che, presso alcuni popoli, ostacolare lo scambio dei doni era considerato un gesto talmente pericoloso da essere equiparato a una vera e propria dichiarazione di guerra contro la società…

Occorreva che gli anticorpi fossero strappati al circuito del dono e controdono, monopolizzati al vertice e ridistribuiti in basso. Bisognava delegare la salvezza a un’istanza scientifica “oggettiva” e non a una libera comunità di soggetti. Era necessario estirpare gli anticorpi dal sangue caldo del corpo vivo e sostituirli con un siero sintetizzato a freddo, nello spazio sterile di un laboratorio.

Occorreva arrestare l’emorragia e tutto quel sangue che sgorgava dallo scambio simbolico della guarigione, fermare i pulmann che arrivavano a Mantova da tutta Italia e bloccare il via vai caotico delle persone.

Era fondamentale che tutta l’operazione passasse dal disordine naturale del sociale all’ordine perfetto, uniforme e devastante della tecnica. Altrimenti è tutta la struttura del controllo sociale che crolla. Per questo, qualsiasi guarigione che sfugge a questo monopolio è sovversiva. Non è mai stata una questione di guarigione, ma di appropriazione della sopravvivenza in una sistema che mira a capitalizzare la vita.

De Donno si definiva con orgoglio “un medico di campagna”, ma il sistema non sa più che farsene dei medici. Non cerca individui che operino “in scienza e coscienza” con la loro peculiarità, ma burocrati, ingranaggi di una macchina addestrati ad osservare le regole ed eseguire gli ordini. “Tachipirina e vigile attesa” è il protocollo nazionale che da Roma raggiunge gli studi in ogni angolo d’Italia.

Ciononostante, centinaia di medici, dovendo scegliere fra il giuramento a Ippocrate e quello a Speranza, non hanno avuto dubbi nel curare le persone.

Solo nel mese di giugno sono stati sospesi Giuseppe Barbaro, Giovanni Frajese, Barbara Balanzoni.

In linea con l’esperienza ormai comune di miseria, intimidazione e abuso di potere perpetrati dagli Ordini dei medici che l’ex ministro della salute, Beatrice Lorenzin, trasformò in organi ausiliari del Governo, dopo aver firmato alla Casa Bianca, nel 2014, la politica del Global Health Security, di cui l’Italia sarebbe stata capofila.

Se qualcuno crede di scoraggiarmi, non ci riuscirà!“, ha detto de Donno rivendicando, fino all’ultimo, la sua dignità di dottore indipendente al servizio di una medicina etica: “la comunità scientifica dovrà rispondere ai cittadini di questo!

“Italia prima al mondo per numero di decessi covid”, è la sentenza inappellabile che incombe sul Governo italiano. Quanti morti si potevano evitare se non fosse stato vietato il plasma iperimmune?

L’accanimento contro la cura al plasma è la metafora esemplare di quei dispositivi di coercizione che la società esercita nei confronti di ogni alterità che sfugge alle omologazioni ideologiche del sistema.

Si introdusse dunque nel suo corpo, questa società assolta, consacrata, santificata e invasata… e con un ultimo sobbalzo…lo uccise…perché la logica anatomica dell’uomo moderno è proprio di non avere mai potuto vivere, né pensato di vivere, che da invasato (11)

Di Sonia Milone per ComeDonChisciotte.org

03.08.2022

NOTE

1 – The New England Journal of Medicine (Nejm)
2 – Terapia al plasma coronavirus, De Donno: «Funziona» – Corriere.it
Le citazioni del dottor de Donno sono tratte da vari giornali. Per una sintesi si rimanda al video Coronavirus, De Donno al Senato: “La politica vuole ammutolire la scienza” (14.05.20) – YouTube
3 – Il virologo Tarro: “Il caldo e il plasma dei guariti possono fermare il Covid” (tpi.it)
4 – Regolamento della Commissione europea n. 507/2006 del 29 marzo 2006, art. 3, n. 1, lett.c EUR-Lex – 32006R0507 – EN – EUR-Lex (europa.eu)
5 – Covid le cure proibite – Documentario di Massimo Mazzucco – Bing video
6 – COVID-19: Studio Tsunami, il plasma non riduce il rischio di peggioramento respiratorio o morte (aifa.gov.it)
7 – Anticorpi monoclonali, l’infettivologo: «Il via libera fondamentale per la cura del Coronavirus» – IN SANITAS
8 – Video – Coronavirus: i pro e i contro della terapia con anticorpi – Medicalfacts
9 – La cura con plasma non funziona: “Basta dare false speranze” – ilGiornale.it
Plasma iperimmune di De Donno, Massimo Galli: “Terapia adatta solo in caso di malattia grave” (notizie.it)
10 – Marcel Mauss, Saggio sul dono, Einaudi, 2002
11 – Antonin Artaud, Van Gogh, il suicidato della società, 1947

Pubblicato da Jacopo Brogi per ComeDonChisciotte.org

 

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