Oggi la propaganda di regime ci ha regalato un titolone: “La carneficina” e sono ovviamente lo psicopatico Putin e i suoi sgherri i carnefici. Troneggia nella prima pagina un’immagine post-bombardamento, con un anziano signore che si mette le mani sulla faccia tra i cadaveri mutilati. Ai lati, il quotidiano ci informa dei “traumi dei bambini” e dei cittadini di Kiev che si preparano all’ “assalto finale” da parte del leviatano moscovita. Peccato, però, che quella foto mostri un bombardamento ucraino.
Si tratta di una notizia falsa così palese e ingenua da far sperare nella malafede del redattore de La Stampa, perché se così non è siamo davvero di fronte a un’incompetenza totale. Bastava aver guardato anche uno solo dei numerosissimi video girati per il web che mostravano il centro di Donetsk, città d’etnia russa nel Donbass, dilaniato da una testata Tochka U delle truppe ucraine che in pieno giorno aveva colpito una fila di anziani al bancomat, causando 20 morti e 23 feriti gravi. Bastava guardare i video girati sul posto dal giornalista italiano Vittorio Rangeloni che mostrano girare tra cadaveri e soccorritori lo stesso anziano che si mette le mani sul volto nella foto pubblicata in primo piano dal quotidiano degli Elkann. Ma di questo non hanno mica bisogno i “professionisti dell’informazione”! Loro hanno le spalle coperte, possono insultare, infangare, perseguitare chiunque esprima la propria voce libera, ma soprattutto possono mentire. Anzi, devono farlo. Perché il ruolo del giornalista in seno alla grande editoria è morto, e nella più parte dei casi si tratta di puri agenti della propaganda. Clip video risalenti ad anni fa e girati in altri luoghi ma spacciati per video attuali girati in Ucraina, videogame spacciati per video di guerra, inviati con l’elmetto mentre anziane signore passano tranquillamente con le borse della spesa, o che fingono palesemente di nascondersi da un bombardamento: mai come in questi giorni la stampa occidentale era caduta tanto in basso. Prima della libertà d’espressione, a morire in questa guerra è stata la professione di giornalista: che pena fanno questi manichini inespressivi che si rendono tanto ridicoli. E stavolta è proprio il caso di dirlo: meno male che ci siamo noi dell’informazione libera a tenere accesa una fiammella in questa notte tanto tetra.
MDM 16/03/2022